Discussione:Nuvolera

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Il Castello Bianco Speroni

Il Castello Rosso o di Camprelle è il più grande ed attrezzato dei castelli nuvoleresi. La tradizione ritiene che sia stato costruito direttamente dal Monastero di Santa Giulia in Brescia fra il X-XI secolo come luogo di rifugio per i dipendenti della vicina masseria del Monastero in caso di pericolo e di certo infatti sappiamo che era tenuto dalla famiglia Confalonieri, importanti feudatari di Santa Giulia. Mabilia Confalonieri è badessa di S. Giulia dal 1223 al 1243, Tutibe dal 1244 al 1260, Aimechina dal 1266 al 1296. Manfredo Confalonieri è Podestà a Piacenza nel 1242, Garzone ad Alba nel 1254, Enrico firma la Pace di Castel Romano a Castrezzato e dal 1267 al 1271 è capitano del popolo a Bologna. La famiglia Confalonieri si estingue alla fine del 1600 con Faustina che va sposa al nobile Tommaso Pedrocca al quale porta in dote oltre al cuore anche il Castello di Camprelle che i Pedrocca, famiglia tra le più potenti della città, dove nel 1400-1500 si tramandavano la carica di Cancelliere, continueranno a tenere fin oltre la metà dell’800. Attualmente il Castello è abitato dai Marchesi Bianco Speroni di San Giuliano, nobili pisani e patrizi genovesi legati al casato di Andrea Doria, la cui moglie era una Speroni, Eleonora. Il Castello ha un’ampia cinta a merli ghibellini, nella quale non sono comprese le cascine, ma l’orto, il vigneto e la collina adiacente con l’incolto della boschetta. L’interno del Castello impreziosito e ammodernato nel corso dei secoli conserva la distribuzione degli spazi tipica dei palazzi di campagna con una teoria continua di sale medie e grandi comunicanti e la galleria prospiciente chiusa successivamente da vetrate, il tutto ripetuto specularmene rispetto allo scalone centrale che reca un soffitto a cassettoni dipinto da Francesco Paderno nel 1595. Altri soffitti a cassettoni sono stati successivamente coperti per realizzare delle volte con decorazioni e affreschi, fra i quali è notevole nel Salone Giallo la “Primavera” dipinta da Pietro Scalvini negli anni ’80 del 1700. Da segnalare è anche l’imponente Sala della Musica lunga oltre 25 metri con alto soffitto a volta che realizza un’acustica perfetta per le esecuzioni musicali. La chiesina che secondo alcuni parametri storici è coeva del Castello, risalente al XII secolo circa, fa da cerniera all’angolo meridionale sulla strada d’accesso. L’attuale costruzione è quella realizzata però nei primi del ‘700. Un manoscritto privato del 1710 tramanda la notizia di una particolare festa di popolo e di nobili tenutasi il 28 settembre 1710 al Castello di Camprelle in occasione della consacrazione dell’Oratorio dell’Annunciata. Riferisce l’ignoto cronista che impartì la benedizione il Cardinale Giovanni Badoer, già Patriarca di Venezia e vescovo di Brescia dal 1706, morto in concetto di santità e ricordato tra i Venerabili dalla Chiesa bresciana. Il cronista prosegue il racconto della festa con il pranzo in tre atti, allietato da comparse e servito da 113 camerieri e ricorda per nome tutti i musicisti presenti, compreso quello Storto Fornaro, “sotto-organista”, che gli abitanti di Camprelle sono convinti faccia ancora rintoccare qualche volta le campane nel cuore della notte. L’oratorio si presenta con un solenne prospetto architettonico esterno, l’ingresso è infatti incorniciato da un portale architravato, sormontato da un timpano spezzato. Quattro specchiature rettangolari conferiscono ritmo alla facciata, conclusa da un timpano con cornice aggettata. L’interno ad aula unica è coperto da volta a botte e conservava nella destinazione originale (ora rimossa per motivi di sicurezza) la pregevolissima pala raffigurante l’Annunciazione dell’artista Ferdinando Cairo 1666-1743 dalla quale emergono la grazia delle figure e la morbidezza cromatica. Nell’archivio dell’Annunciata di Camprelle esistono tre documenti storici eccezionali per una piccola comunità quale quella di Nuvolera, tre documenti scritti in poesia: il primo è un’Ode stampata nel 1855 per sciogliere il voto fatto all’Annunciata in occasione dell’epidemia di colera che aveva fatto 44 morti a Nuvolera, il secondo del 1865 ricorda il decennio dal voto e il terzo del 1895 celebra la riapertura al culto dell’oratorio dopo anni di incuria.

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