Discussione:Dialetto della Lunigiana

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Confusione[modifica wikitesto]

Nella parte su morfologia o sintassi c'è una gran confusione fra occlusive, fricative e affricate. Molte annotazioni sono sbagliate. Si vuole anche creare un contrasto fittizio fra fonemi che bene o male ci sono sia in lunigiano che in italiano, ma hanno semplicemente grafia diversa (tipo "z" sorda e "ts"). Inoltre, che cosa vorrebbe dire "c sorda" o "c stretta", contando che in italiano la "c" rappresenta sempre uno di due (o tre) suoni sordi??? Come si trascrive "dt"? E riguardo alle vocali, non si capisce cosa si vuol dire. È però sicuro che la "àu" di "kàud" di sicuro non è uno iato, ma un dittongo. Inoltre: "Il dialetto è una lingua utilizzata da una società prettamente rurale, semplice e non strutturata sotto il profilo burocratico. Ciò porta anche a una semplificazione nell'utilizzo dei verbi poiché non tutti i modi e i tempi sono necessari." Questa frase è criminale e dimostra che chi l'ha scritta ha un concetto completamente sballato delle lingue.

Io non ho idea di chi abbia redatto la voce sul Dialetto della Lunigiana, né a quale titolo, ma trovo completamente caotico l'approccio sui verbi e i pronomi:

A gh'ho = io (c')ho
Te gh'è = tu (c')hai
I/la gh'ha = lui/lei (c')ha (inoltre ci sono anche i pronomi "lu/lulì" e "lé/lelà")
No' gh'avén = noi (c')abbiamo (inoltre c'è anche "nòautri" (noialtri))
Vo' gh'avé = voi (c')avete (inoltre c'è anche "vòautri" (voialtri))
I gh'han = loro (c')hanno (inoltre c'è anche "lorlà")


Quella "a" che si sente prima del pronome "la" è semplicemente enfatica e coesistono tranquillamente (cioè lo stesso parlante può usare o meno l'enfatica "a").
- Gh'è to' mà? = C'è tua mamma?
- No, a l'è 'ndà fora, se te fè 'r ziro te la veda = No, è uscita, se fai il giro la vedi.
- No, la 'n gh'è = No, non c'è.

La negazione si ottiene semplicemente inserendo una 'n (a volte il verbo è seguito anche da mìa o miga)

A 'n gh'ho etc...

Certe volte è possibile trovarlo prima del pronome, soprattutto te, anziché prima del verbo (vedi più avanti).

Perché il "gh'"? Perché è la contrazione di ghe che corrisponde esattamente al "ci" dell'italiano standard:

Te ghe vè? = Ci vai?
'N te ghe vè? = Non ci vai?
Qui, la negazione si antepone al pronome, te 'n ghe vè non l'ho mai sentito dire da nessuno e a orecchio suona pure malissimo. Comunque è possibile udire anche "An te ghe vè?", quindi suppongo che la negazione sottenda una "a" che scompare quasi sempre, dato che quasi si fonde con i pronomi. - Gh'è Marco? = C'è Marco?
- No, i 'n gh'è = No, non c'è.
- I 'n gh'è manco se' mà? = Non c'è neppure sua mamma?
- No, là 'n gh'è manco lé = No, non c'è neppure lei.

Quel "ghe" del verbo "avere" sparisce nelle forme composte. Ho pià 'n po' de pan = Ho preso (comprato) un po' di pane Gh'ho pià 'n po' de pan = Ci ho preso un po' di pane (da quella bottega specifica)

La questione di "dì/ito" (detto), in realtà essi coesistono. Si può udire dallo stesso parlante entrambi i modi:
A gh'ho dì c'a ghe vo = C'ho detto che ci vado (=gli/le ho detto...)
A me son scordà, a 'n ghe l'ho mìa ito c'a ghe vo = Mi sono scordato, non gliel'ho mica detto che ci vado.

Quello che viene brutalmente scritto "anglò", in realtà è un "a 'n gh'l'ho" (a = io; 'n = non; ghe = "ci" apostrofato; lo = complemento oggetto apostrofato; ho = verbo).

L'articolo maschile il coesiste nelle forme l e con rotacismo r, anche in una stessa frase.
Fo 'r ziro e pìo 'l pan = Faccio il giro e prendo (compro) il pane.

Inoltre, non so chi abbia detto che le parole terminano tutte con consonante, nell'area del sarzanese le vocali finali sono tutte preservate. Cos' t'ha fat(e)? - Cos'hai fatto (carrarino) Cos' t'è combina? / Cos' te fe? - Cos'hai combinato? / Cosa fai? (sarzanese)

Ci sarebbe molto altro da aggiungere, ma non avendo altre fonti a disposizione e non potendo spaziare su tutta la regione (eccetto l'area La Spezia-Sarzana-Massa-Carrara) non posso fare confronti e paragoni.

Piccola nota sul vocabolario, fiòlo non l'ho mai sentito dire: fante o fanto (e fanta) sono i "ragazzi/e" dai 13 ai 22 anni; i fantìn (e fantìna) sono i bimbetti grossomodo sotto i 13; e menìn (e menìna) sono i bimbi piccoli. Ma giacché è una questione di vocabolario, e fra i dialetti pasta a volte quartiere per avere termini diversi, è da considerarsi solo come nota a margine.


L'intestazione della pagina mi pare sbagliata, attribuendo i dialetti della lunigiana alla famiglia emiliano-romagnola, per due ragioni. Uno, non esiste il dialetto emiliano-romagnolo, ma la regione Emilia-Romagna, dove sono presenti due distinti sottogruppi galloitalici, l'emiliano e il romagnolo. Quindi al più il lunigianese e' un dialetto emiliano, non certo romagnolo. In secondo luogo, i dialetti della provincia di Massa-Carrara sebbene sia senza alcun dubbio ascrivibili al gruppo dei dialetti settentrionali, non hanno particolari affinita' con i dialetti emiliani.Mi pare che siano stati ascritti ai dialetti emiliani, più per esclusione, in quanto non classificabili né come toscani né come liguro-genovesi. Nonostante le indubbie influenze di talune parlate emiliane, i dialetti della provincia apuana, assieme ai dialetti dell'Alta Garfagnana e del versante orientale della provincia di La Spezia, sarebbe più corretto classificarli come dialetti gallo.italici del gruppo apuano.Essendosi sviluppati nell'antico areale delle popolazioni apuane e presentando molte più affinita tra di loro, che coi dialetti transappenninici dell'Emilia.

Imprecisioni[modifica wikitesto]

Si fa un sacco di confusione tra l'accento "spezzino" e i dialetti lunigianesi, ossia un certo modo di pronunciare e intonare le parole, che è diffuso ad Est del Bracco (e sulla costa da Bonassola verso Levante) coi dialetti lunigianesi. Allora tanto vale delimitare bene quelle che non sono parlate di tipo lunigianese:

1) non è lunigianese il (quasi estinto) dialetto urbano della Spezia; 2) non sono lunigianesi i dialetti costieri delle Cinque Terre; 3) non sono lunigianesi i dialetti della media e alta Val di Vara, da Brugnato (compreso) verso ovest e verso Nord.

Non lo sono e, fino a prova contraria, non lo sono mai stati.

Quelle sopra indicate sono tutte parlate di tipo schiettamente ligure. Tra l'altro la presenza di arcaismi nel (ligurissimo) dialetto delle Cinque Terre, dimostra che queste parlate hanno tratti liguri che persistono da molti secoli, quindi non possono aver mai fatto parte dell'area dialettale lunigianese, visto che queste forme arcaiche non sono presenti nei dialetti emiliani e nemmeno in Toscana ma erano presenti nei dialetti liguri e sono tutt'ora presenti anche in altre zone dell'area dialettologica ligure, anche in zone lontanissime, come l'entroterra savonese o l'alta Val Roya. Diciamo che queste aree sono entrate precocemente nell'area di influenza genovese e l'evoluzione del loro volgare ha seguito il modello genovese e non quello lunigianese.

Sono lunigianesi: 1) le parlate della bassa Val di Vara da Padivarma (compresa) e dintorni fino al confine toscano e sono lunigianesi le parlate della Val di Magra. 2) sono parzialmente lunigianesi le parlate del tratto di Riviera spezzina tra La Spezia (centro-città escluso) e la foce del Magra. Ovviamente non c'è nessuna netta cesura tra dialetti lunigianesi e dialetti apuani, ma solo una sorta di clinale che arriva praticamente fino a Massa, con un progressivo aumento dei tratti toscani, che a Massa città diventano prevalenti. Il dialetto urbano carrarino è un po' un caso a parte: in origine era probabilmente un dialetto di tipo apuano-lunigianese del tutto simile a quello di Sarzana o di Castelnuovo, ma poi ha ricevuto forti influenze di tipo emiliano, legate alle strette relazioni col Ducato di Modena, per cui per paradosso suona più "emiliano" delle parlate della Lunigiana storica, che sono più vicine geograficamente all'Emilia.

Venendo ai tratti strutturali lunigianesi: 1) quelli fonetici e sintattici sono in gran parte di tipo emiliano, il lessico ha un grado di toscanizzazione variabile, che aumenta da NW a SE; le influenze lessicali di tipo ligure tendono ad aumentare verso la costa e verso ponente(sono abbastanza limitate a Pontremoli e Villafranca, notevoli ad Arcola o a Vezzano), verso la costa tende anche ad aumentare l'influenza dell'italiano "standard", questo perché La Spezia era città di forte immigrazione (Venezie e Sud Italia) già pochi anno dopo l'Unità d'Italia e quindi sostanzialmente italofona.

2) il rotacismo non ha niente di specificamente "lunigianese", perché è presente in vari gradi dal Piemonte occidentale, al Ponente ligure (incluso il roiasco) all'anfizona ligure-emiliana (dialetti della Val Trebbia). Inoltre si hanno forme di rotacismo anche in alcuni dialetti abruzzesi e pugliesi... oltrettutto non è nemmeno particolarmente diffuso in area lunigianese rispetto ad altre zone d'Italia.

E' molto difficile trovare un discrimine netto tra emiliano e romagnolo, molti tratti fonetici che comunemente si associano al romagnolo sono presenti anche nell'emiliano orientale e perfino in quello centrale. Se volessimo fare del romagnolo una lingua galloitalica distaccata dall'emiliano dovremmo far altrettanto con l'emiliano occidentale, che presenta differenze morfosintattiche e soprattutto fonetiche perfino maggiori (se il bolognese e il riminese sono parlate indubbiamente molto diverse, il bolognese e l'oltrepadano lo sono perfino di più). Il fatto che la Romagna sia una regione storica molto ben definita e che la sua parlata abbia una maggiore uniformità (pur nelle differenze locali) rispetto al resto delle parlate della lingua emiliano-romagnolo è un po' poco per fare del romagnolo una lingua distinta. Se poi tendiamo ad assecondare le inclinazioni di natura politico-localistica si arriva al paradosso di vedere differenze enormi laddove c'è sostanziale continuità.

Gran confusione, nella voce pubblicata e nella discussione[modifica wikitesto]

Noto che la voce “Dialetto della Lunigiana” è stata modificata in maniera sostanziale rispetto a quella a cui avevo apportato alcune aggiunte. Innanzi tutto è sbagliato il titolo: non esiste un dialetto lunigianese, ma diversi dialetti lunigianesi (o lunigiani, come qualcuno preferisce per tener separata la Lunigiana storica da quella linguistica attuale). Mi pare che ci sia una eccessiva veemenza nel classificare come “emiliano” il nostro gruppo di dialetti. Gli esempi riportati rispecchiano la situazione delle sole varietà della zona di fondovalle della alta Val di Magra (effettivamente le più esposte all’influsso Emiliano proveniente dalla Cisa;lo stesso errore lo si riscontra nel pur importante “Lunigiana” di Maffei Bellucci 1977, che prende come riferimento standard il pontremolese urbano) mentre nella media valle (oltre che nella bassa) così come sulle pendici montane dell’alta valle esistono dialetti che mantengono caratteristiche anti emiliane e anti padane che per ovvi motivi geolinguistici non possono essere recenti. Parlo del mantenimento delle vocali finali, presenti anche nel comune di Zeri, in quello di Pontremoli tra Guinadi, Cervara, Grondola e Succisa (a Bratto c’è ancora in alcuni casi l’indistinta; siamo in zone che confinano o coi dialetti genovesizzati della Val i Vara o con quelli, prevalentemente liguri, dell’alto Taro), ma anche a Pracchiola e nella zona Montana del Bagnonese (Vico, Treschietto e dintorni), quindi anche sul versante direttamente a contatto con l’emiliano “vero” (cioè in questo caso la Val Parma e la Val d’Enza); mi riferisco anche a pronunce “liguroidi” quali quelle che vedono la doppia “n” velare-nasale nella valle del Verde e nella già citata Pracchiola. Sul rotacismo non sarei così scettico come chi ha scritto il commento precedente in questa discussione: è indubbiamente un tratto che non è solo ligure, ma che in Val di Magra è in continuità con la Liguria linguistica e in netta cesura con l’Emilia e la Padania tutta ed è notevole proprio che gli articoli rotacizzati (_ar_ o _er_ per “il”) tipici di molti dialetti lunigianesi siano presenti pure nei dialetti liguri alpini, a riprova della validità della teoria delle “ali laterali”, in questo caso relitto di una Liguria protoromanza (uso il termine con tutte le cautele del caso), più ampia di quella genovesizzata. Potremmo continuare a lungo, ma, senza dilungarci, forse basta questo, unitamente alla relativamente modesta estensione ed alla collocazione geo-linguisticamente “debole” (fondovalle, prossimità della via proveniente dalla Cisa ecc.) dell’area dei dialetti di tipo ”padanizzato”, a sconsigliare dal parlare di dialetti emiliani (ovviamente senza negare l’apporto Emiliano ai dialetti lunigianesi), come anche gli studi più recenti dei maggiori studiosi degli stessi dialetti emiliani dimostrano. Allora che dialetti sono quelli lunigianesi, liguri? Certamente no, almeno non liguri nel senso moderno, nel senso, cioè, di “genovesi”. A questo proposito, facendo riferimento ad un commento in questa discussione, ci andrei cauto del definire “schiettamente liguri” i dialetti della media Val di Vara e della Riviera spezzina centro-orientale, essendo presenti fino a Bonassola, Levanto, Carrodano, Sesta G. e dintorni tratti non liguri presenti anche in Val di Magra (ed in parte in Emilia!) quali il trattamento di CL che nel ligure genovese dà [gg] mentre da quelle zone dà [ʧ] come in Lunigiana (dove anche[c]). C’è ne sono diversi altri e tra questi, con buona pace di chi ha scritto il commento precedente, non rientra la “cocina” o l’inflessione, tratto poco derimente a fini classificatori e comunque di tipo genovese già in alcune zone dove fonetica e morfologia di genovese hanno poco. Anzi, ci sono molti “indizi”, se non proprio “prove contrarie”, che si oppongono al considerare “originariamente liguri” gli stessi dialetti oggi genovesi (o genovesizzati) dell’alta Val di Vara (Varese, Carro e Maissana), come dimostrano studi anche recenti di W. Forner, ad esempio. Non si può che concludere che i dialetti lunigianesi o lunigiani sono un gruppo di dialetti originariamente appartenenti ad un ceppo comune, forse in origine imparentato più a quelli liguri che non ad altri, ma forse sostanzialmente a sé stante; con la scomparsa di un centro egemone di riferimento (Luni), l’originaria (e presumibilmente parziale) unitarietà iniziò a sfaldarsi, subendo poi influssi dai sistemi confinanti (genovese, emiliano e, in alta e media Garfagnana e Apuane centrali, toscano).