Discussione:Casalduni

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Sindaco di Milano e Pier Eleonoro Negri[modifica wikitesto]

Parlando del Massacro di Pontelandolfo e Casalduni si cita Pier Eleonoro Negri come comandante , tra parentesi, lo si definisce "(futuro sindaco di Milano)". Ma tra i Sindaci di Milano non risulta. Risulta invece Giovanni Negri, con storia e carriera completamente diverse, che però alla sua pagina è anche lui indicato come il responsabile del Massacro. Uno dei due "Negri" è quello sbagliato. A giudicare da qui [1] sembra che il Colonnello eccida fosse Pier Eleonoro, e non Gaetano, mentre Gaetano fu sindaco di Milano, e non Pier Eleonoro.

AGGGIORNAMENTO: L'eccida era Pier Eleonoro Negri. http://www.pontelandolfonews.com/index.php?id=1456 http://www.pontelandolfonews.com/assets/files/Brigantaggio/Documenti/PIER%20ELEONORO%20NEGRI.pdf

Rimosso massiccio inserimento di testo senza fonti[modifica wikitesto]

L'utente [@ Casalduni1994], dopo più d'una violazione di copyright, ha enormemente arricchito la voce inserendo molte informazioni del tutto senza fonti. Le inserisco in questo cassetto augurandomi che l'utente provveda.--Decan (discutimi!) 11:44, 18 nov 2017 (CET)[rispondi]

Testo senza fonti

Monumenti e luoghi d'interesse

Castello ducale

il Castello Ducale

Il Castello Ducale, di origine medioevale e proprietà comunale, domina il territorio di Casalduni da un'altura a ridosso del torrente Alenta. Questo antico maniero ha visto il susseguirsi di vicende storiche i cui protagonisti furono i Normanni, gli Angioini, i Caracciolo e i Carafa.

La prima notizia storica sul Castello risale al 1309, data incisa su un architrave della cappella del Castello che, però, non è stata ritrovata. Prima del 1415, Casalduni apparteneva ai Sabrano, conti di Ariano di Puglia, Apice e Montecalvo. Tra il 1420 e il 1425 il Castello Ducale passò ai Caracciolo, poi ai Carafa di Maddaloni, e Diomede lo concesse in dote a Giovantommaso Carafa nel 29 Novembre 1506 ed il figlio di costui Diomede II Carafa lo vendette il 3 marzo 1538 a Pietro Sarriano.

Filippo III diede il titolo di Conte di Casalduni a Fabrizio Sarriano il 3 Aprile 1602. Precedentemente Carlo Sarriano portava i titoli di Conte di Casalduni e Duca di Ponte. Il terremoto che devasto Cerreto Sannita colpì anche Casalduni e rimasero in piedi il Castello, e, fuori le mura, le chiese di San Rocco e Santa Maria della Consolazione come risulta dagli atti di Monsignor De Bellis.

La famiglia Sarriano (Carlo Sarriano, duca di Ponte) lo abitò fino al 1850, anno in cui fu acquistato dai fratelli Cocucci Ferdinando e Vittore. Nel 1974 gli eredi Cocucci vendettero il Castello a Giuseppe De Michele, privato cittadino di Casalduni.

Ridotto a rudere, è stato infine acquistato dall'Amministrazione Comunale nel 1988, che lo ha restaurato e riaperto al pubblico il 12 Luglio 1997. Non si sa precisamente di quante stanze fosse costituito il maniero, poiché molte sono state distrutte dal terremoto del 1962.

Non aveva ponti levatoi ma vi era una struttura circostante che lo divideva dalle case abitate dai servi, di cui oggi non è pervenuta alcuna traccia; queste case si trovavano nella zona chiamata ancora oggi "Terravecchia". Al Castello era annessa, oltre alla Chiesa di San Rocco, anche una cappella all'interno del maniero, che però non è stata recuperata. Il plesso era anche fornito di una grande cisterna, conservata intatta fino ai giorni nostri, che serviva per raccogliere l'acqua piovana. L'entrata principale era situata di fronte al torrente Alenta, mentre lateralmente si trovava la Torretta di veduta.

Al Castello appartenevano anche la Torre di Racchi e la Torre dei Briganti di Ferrarise, che servivano come centri di avvistamento in caso di pericolo non solo per il paese di Casalduni ma anche di San Lupo, Campolattaro e Pontelandolfo. Di fronte al castello sorgeva una villa abitata dalla famiglia Biondi, di cui oggi non è rimasto niente.

La leggenda dei 7 Duchi

Vi è una leggenda che caratterizza questo maniero, la "leggenda dei 7 Duchi": la leggenda narra che, secoli fa, il Castello di Casalduni era abitato da alcuni duchi provenienti da Napoli. Costoro erano molto crudeli e maltrattavano tutti gli abitanti del paese. Alcuni affermano che i duchi erano 4 fratelli (o forse 7), proprietari del Castello; essi attuavano il diritto della "prima notte" con tutte le giovani spose del paese; le meno disponibili venivano uccise e, tramite una rete di condotti, i loro corpi venivano scaricati nel fiume Alenta, che scorre alla base dello strapiombo sul quale sorge il Maniero. Questa situazione durò fino a quando alcuni parenti di una giovane sposa, travestiti da donne, si introdussero nel palazzo e uccisero tutti i proprietari, ponendo fine agli ingiusti soprusi di cui erano vittime i casaldunesi. Altri affermano che 4 fratelli che dovevano sposarsi decisero di uccidere i duchi per mettere fine a questa terribile usanza. Era sera e i signorotti si recarono in chiesa per i vespri. Presso Largo Croce, sotto un olmo, i fratelli, con cappelli e mantelle, sotto le quali nascondevano delle accette, li aspettarono. A termine della funzione religiosa, mentre tornavano al Castello, i Duchi furono assaliti dai fratelli che, con le accette, fecero un macello. Da questo episodio, la contrada Sant'Angelo, abitata dai fratelli, fu denominata "Macella". In quel periodo, ossia tra '600 e '800, accadevano nelle contrade casaldunesi episodi e rituali strani legati alla paura per i signorotti, le loro tasse e le loro guerre. Gli abitanti del territorio avevano contratto l'abitudine di sotterrare i propri tesori per impedire che fossero sottoposti a tasse o che fossero trafugati dai Duchi che erano padroni assoluti. Il sotterramento dei denari e dei tesori era accompagnato da uno strano rituale, durante il quale, ad assicurare il proprietario l'inviolabilità dei propri beni, si uccideva una gallina nera sul luogo del nascondiglio. La leggenda riferisce che, chi voleva dissotterrare il tesoro era obbligato a scavare nel luogo del nascondiglio a mezzanotte e mangiare metà della gallina nera, oppure doveva portare sul luogo una bambina appena nata.

Architetture religiose

Il paese, nella sua antichità, era ricco di chiese e cappelle; infatti, alla fine del XVI secolo, potevano annoverarsi la Chiesa Parrocchiale dell'Assunta, di San Nicola, Santa Maria degli Angeli e l'Oratorio di San Nicola nel Palazzo Baronale. Nel XVII secolo furono costruite di la Chiesa di Sant' Eligio e la Chiesa della Consolazione e di San Marco.

Da alcuni atti storici risulta che nel 1688 esisteva anche un Ospedale costituito da 5 camere.

Allo stato attuale il paese conta 3 Chiese; quella principale è la Chiesa dell'Assunta che, distrutta completamente dal terremoto del 1688, venne ricostruita nel luogo dove sussiste attualmente. In seguito, gravemente danneggiata dal terremoto del 1962 e poi restaurata, è stata riaperta al pubblico nel 1984.

Tra le varie tele ritrovate all'interno della chiesa e successivamente restaurate dalla sovrintendenza ai Beni Culturali, di grande importanza risultano una tavola del 1500 raffigurante l'Ultima Cena e un bellissimo quadro raffigurante la Madonna del Carmelo.

Altra Chiesa tuttora funzionante è quella di Sant'Eligio fondata nel 1635 da Eligio D'Aloia.

Esiste ancora oggi di San Rocco, adiacente il Castello Ducale, che nel 1596 veniva identificata come Oratorio.

Chiesa di Santa Maria Assunta

È la Chiesa Parrocchiale ed Arcipretale alla quale fu annessa la Confraternita del SS.Corpo di Cristo solo qualche anno prima del 1569.

Costruita a tre navate, aveva due campane e la sacrestia a sinistra della porta d'ingresso, laddove una volta sorgeva il cimitero. Si trovava “extra castrum”, confinante a sinistra con la casa della Confraternita di S.Maria degli Angeli, Confraternita e Cappella esistente nella stessa Chiesa. Era di patronato del feudatario, il quale aveva il diritto di nomina dell'Arciprete.

L'altare maggiore era ornato da una statua della Vergine col bambino alla quale Giovanni Soriano donò due corone d'argento. Gli altari che la chiesa custodiva erano numerosi, grazie alle sue tre navate; di contro le cappelle erano solo tre: quella del SS. Corpo di cristo, di SS. Maria Maddalena di patronato dei Martucci, e del SS. Rosario con l'omonima confraternita ed ornata da una tela rappresentante i misteri del Rosario.

La cappella di S. Maria Maddalena, divenuta poi Beneficio semplice, passò ai Franciosa.

Gli altari, tranne quelli di S. Antonio che nel 1652 divenne di Patronato dell'università, erano tutti di privati cittadini.

Nel 1639 si iniziò ad ampliarla, o piuttosto a costruirla ex novo “contigua all'altra antica”.

Dietro l'altare Maggiore vi era il Coro, alla cui destra si trovava la porta che conduceva al campanile, fornito di due campane; a sinistra vi era la porta che immetteva nella Sacrestia. Anche questa “Chiesa nuova”, come veniva detta, constava di tre navate lunghe cento palmi e larghe settanta, con al centro la tribuna con l'altare maggiore. La navata sinistra contava cinque arcate; quella di destra invece non fu portata a termine.

Questo lavoro incompiuto, forse sempre a causa della frana che produceva il vicino torrente, ci spiega la ragione per cui il monsignor De Rustici, nel 1642, ordinò all'università, all'arciprete delle Confraternite ed ai proprietari degli altari, di costruire daccapo la chiesa o mettervi urgente riparo. La chiesa, rifatta, aveva due porte: sulla maggiore vi era una croce in pietra. Le due porte infine, portavano sull'architrave due finestre.

Nella navata centrale vi erano due sepolture: quelle dei Romani e quella del clero. La Sacrestia, con il rifacimento radicale del luogo sacro, scomparve per creare al suo posto il Coro.

Purtroppo il terremoto del 1688 la fece cadere quasi del tutto, risorse poi nel XVIII secolo a custodire e proteggere il paese.

Chiesa di San Rocco

Cappella di San Rocco del XVIII secolo, vi si celebra la Santa Messa il giorno della festa di San Rocco (16 agosto).

La S. Visita del 1596 indica questa Chiesa con il nome di “Oratorium”e lo dice di patronato dell'Università. Fu ritrovato trascurato e disadorno. L'Oratorio era posto “extra moenia”, con una campanula “super portam in pinnacolo”, con un unico altare ornato da una tela raffigurante la Vergine con ai lati San Francesco e San Rocco.

Nel 1660 vi si portò il fonte battesimale della Chiesa di Santa Maria degli Angeli. L'oratorio era grande palmi 30 per 20 ed alto 20. Dopo il terremoto del 1688 funse da parrocchia ancora una volta: in essa, infatti, si portò l'Eucaristia, “et sacramentalia”. Furono, in tale epoca, innalzati gli altari di S. Maria delle Grazie e di San Rocco, quest'ultimo dove era il tabernacolo, “ex ordine III. Domini Episcopi”.

Attualmente la chiesa di San Rocco è di proprietà comunale.

Altro

Fontana vecchia

La Fontana Vecchia è una fontana a muro in pietra locale. È delimitata da una cornice scanalata, all'interno vi sono scolpiti tre mascheroni. Quello di sinistra è ben conservato, infatti nel volto si distinguono gli occhi e la parrucca, che consente di stabilire la costruzione di tale fontana nel XVIII secolo, periodo nel quale si usava tale ornamento. Al centro è raffigurata un'anfora detta “l'ancella”, recipiente usato per attingere l'acqua. Il mascherone di destra è costituito da un volto in cui si distinguono solo gli occhi, mentre la parte inferiore non è visibile.

Di questa fontana si ha notizia in un'indagine “murattiana” del 1812, da cui si deduce che l'acqua di questa fontana è stata sempre fonte di vanto per la popolazione di Casalduni, al punto che su di essa sono state scritte diverse canzoni entrate nel repertorio del gruppo folk del paese.

L'entrata della Biblioteca

Piazze

Tre sono le piazze che si trovano a Casalduni.

La principale è Piazza Municipio, che prende il nome proprio dal palazzo comunale ubicato nella parte ovest. Si tratta di un luogo di passaggio e sosta per coloro che si recano agli uffici, per gli alunni e i professori della scuola, che la circonda a sud. Essa era anticamente abbellita da quattro aiuole pentagonali con tanto di maestose magnolie, prima della ristrutturazione avvenuta negli ultimi anni.

Nella piazza ci si raduna dopo le cerimonie religiose che si svolgono nella chiesa, distante da essa poco più di 30 metri e che si affaccia su via Roma, la strada che la costeggia nella parte nord. La piazza è il punto di riferimento e di aggregazione soprattutto per i giovani, uno spazio dove sedersi, parlare, discutere, organizzarsi; essa è luogo di ritrovo anche perché fa angolo con la principale via Roma e perché su di essa si affaccia la Pro Loco del paese, frequentata sia dai giovani che dai meno giovani del posto.

Continuando di poco su via Roma, si incontra un'antica fontana, oltre la quale, stavolta dal lato opposto alla piazza comunale, si apre la seconda piazza del paese: Piazza Fontana, anch'essa ristrutturata pochi anni addietro. Il suo svilupparsi in leggera salita fa sì che alle case in primo piano facciano da sfondo casupole arroccate, ed è certamente questo carattere peculiare a conferirle la suggestività propria di un borgo antico. In questa piazza si sistemano di solito le fiere in occasione di Santa Rita, della Madonna del Carmelo e di San Matteo e gli spettacoli musicali organizzati durante queste festività.

Per ultimo, continuando su via Roma, c'è un piccolo spazio detto Largo Croce, da cui si allunga la via Comunale, a sinistra della quale un'ampia strada, costeggiata da alberi, porta al Castello Ducale, che si apre su una piazza delimitata dall'antico maniero e dalla cappella di San Rocco. Passeggiando in questa piazza, si gode della bella vista del paese in basso e del verdeggiante poggio alle spalle, sotto cui scorre l'Alente, un affluente del Calore.


Persone legate a Casalduni

  • Luigi Antonio Ursini (Cameriere d'onore di spada e di cappa di Sua Santità)
URSINI: Sindaco di Casalduni durante i moti rivoluzionari del 1861.
  • Vittorio Mucci (Casalduni 1917-Casalduni 1999): Poeta e Scrittore; Direttore Didattico dei Circoli di Benevento, Telese Terme, Ponte, San Marco de Cavoti, ecc.

Sindaco di Casalduni dal 1956 al 1971. Ha partecipato alla Seconda Guerra Mondiale con il grado di Sottotenente del 34° Regg. Fanteria.

Autore di moltissimi libri di poesie e racconti per bambini.

Don Vittorio Mucci in divisa militare
  • Carlo Romano (Casalduni 1922-Torino 1984): Comandante della Regione Militare Nord-Ovest e addetto anche all'Ambasciata in Francia.
Il Generale Romano

Cultura

Il Museo di Arte Contadina "La vita d' 'na vota"

Il museo è uno spaccato di vita che ci fa tornare indietro di 100 anni e ci fa capire come all’epoca i contadini vivevano. Il nome dato al museo “La vita d’ ‘na vota” (“La vita di una volta”) è stato estrapolato da una canzone scritta su Casalduni. Esso è composto di 3 stanze che sono: la cucina, la stanza da letto e la cantina/deposito.

L'allestimento delle sale espositive è stato preceduto da anni di ricerche, da parte di Mirko Borrelli, mirata a oggetti di uso quotidiano e di attrezzi di vari mestieri che erano alla base della vita economica e sociale non solo di Casalduni. Un criterio fondamentale ha ispirato l'impostazione dei vari ambienti: il museo non doveva risultare una fredda esposizione di oggetti e arnesi, ma una ricostruzione di ambienti il più possibile fedele alla realtà. La fase di allestimento è stata preceduta dalla consulenza di anziani che hanno vissuto questa storia la cui testimonianza è costellata di particolari che nessun testo potrebbe fornire, perché sgorgano da esperienze personali.

Paragrafo riscritto: testo in contraddizione con quanto riportato in Massacro di Pontelandolfo e Casalduni[modifica wikitesto]

Si veda: https://it.wikipedia.org/wiki/Discussioni_progetto:Storia#Massacro_di_Pontelandolfo_e_Casalduni --Paolobon140 (msg) 17:52, 3 gen 2020 (CET)[rispondi]