Discussione:Carlo Lapucci

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Salve, per errore ho creato la voce Carlo Lapucci che, invece, stavo abbozzando nella sandbox. E' possibile cancellare la voce Carlo Lapucci fino a che non avrò pronta la bozza definitiva?

Puoi lasciarla com'è e completarla appena finisci la bozza definitiva. Piuttosto, sei sicuro che la voce soddisfi i criteri di enciclopedicità? Ti consiglio di dare un'occhiata a Aiuto:Cosa mettere su Wikipedia. Inoltre, metti il cognome con la lettera maiuscola. E in generale, firmati nelle discussioni. --Vespiacic (msg) 13:06, 20 apr 2015 (CEST)[rispondi]

Violazione del copyright[modifica wikitesto]

Salve,

Riguardo alla violazione del copyright del contenuto della sezione "La visione d’insieme", volevo dire che mi sono dimenticato di inserire tutto il testo nel tag {Citazione}, così come ho fatto nelle altre sezioni che ne avevano bisogno, e quindi volevo sapere se si poteva sbloccare la pagina in modo che io possa fare la modifica ed inserire il testo nel seguente modo:

La visione d’insieme[modifica wikitesto]

«Volendo individuare un filo rosso che sia utile per legare il materiale piuttosto eterogeneo su cui Lapucci innesta le sue considerazioni, credo che questo potrebbe essere ravvisato in quella che, con un’espressione un po’ sommaria, potremmo definire come “la fine di un universo simbolico unitario”. In altri termini, nel saggio in questione, oltre che a tracciare una breve, ma non per questo superficiale, storia dell’estetica in rapporto al tema della trascendenza, si narra anche come la progressiva perdita di unità dell’universo simbolico in cui fino all’età medievale l’umanità è stata immersa abbia in seguito, progressivamente e inesorabilmente, fatto mancare un orizzonte di riferimento anche all’esperienza estetica, e con essa anche all’uomo in generale, alla sua capacità di relazionarsi tanto agli altri quanto alla propria stessa vita. Assecondando in buona parte una tesi di Johan Huizinga, Lapucci rileva come con l’epoca rinascimentale l’uomo si lasci progressivamente alle spalle un cosmo simbolico e spirituale che interagiva continuamente con la sua esistenza quotidiana. Antiche e consolidate certezze, "quali l’oggettività del reale, la provvidenzialità di Dio, la vita eterna, la comprensibilità del mondo, e il posto dell’uomo in questo, il suo compito, la morale, si disperdono e svaniscono, chiudendolo sempre più in se stesso e spingendolo verso una socialità cercata, programmata, incoraggiata, imposta e avversata di fatto da un individualismo via via più prepotente e forte, perché l’io occupa lo spazio che era di Dio" (pag. 99).»

Grazie.