Discussione:Anonimo veneziano

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La trama è scritta in maniera un po' contorta e che tralascia il particolare più importante e cioé che lui è un malato terminale e che proprio per questo, perché ha saputo della sua imminente fine, va trovare la sua ex moglie e ripercorre con lei le vie dei ricordi del loro amore. Come è scritta invece sembra che si incontrino per caso e passino una giornata bighellonando per ammazzare il tempo. Della malattia di lui si fa un accenno di sfuggita e fin troppo celato e tutto sembra ridotto a una giornata un po' particolare dedicata ai ricordi. Tutto il contenuto e la carica drammatica, addirittura direi tragica, del film viene praticamente svuotata e ridotta a un evento casuale e quotidiano.--Galaxy 12:26, 23 mar 2009 (CET)[rispondi]

Ho provato a riscrivere la trama seguendo le tue giuste considerazioni. Se pensi che sia ulteriormente migliorabile puoi tranquillamente intervenire direttamente. --Fantomas (msg) 12:45, 23 mar 2009 (CET)[rispondi]

Recensione di Anonimo Veneziano scritto da Giuseppe Berto, 106 pagine.

Fra romanzo e racconto, scritta da uno sceneggiatore, nell’anno 1970, questa storia è ambientata a Venezia. Il protagonista è “l’uomo”, l’omonimo “anonimo veneziano”. È marito separato da sua moglie che abita ora a Milano ma fa visita a Venezia su richiesta di lui. Lui è anche padre di Giorgio, un ragazzo di 11 anni, ma soprattuto è musicista; suona l’oboe con l’orchestra della Fenice e dirige un’orchestra di giovani che incidono una registrazione del concerto in Re minore, anche questo intitolato “Anonimo Veneziano”. L’altro personaggio principale è la donna, moglie dell’uomo, madre di Giorgio, ma anche di Silvia, figlia di lei e del suo nuovo compagno Atillio, un milanese ricchissimo.

Al cuore della storia si trova la malattia dell’uomo e tutto quello che lui rappresenta, cioè tutti gli uomini, tutto il mondo e, come dice l’autore “tutto cio che ha già vissuto abbastanza”.

Intorno a lui e alla sua malattia, da prima sconosciuta, girano sua moglie e le sue emozioni, soprattutto la paura, ma anche l’amore, l’odio, il disprezzo, e tutto ciò che sta fra loro.

Incluso nel “tutto cio che ha già vissuto abbastanza” ci sono la città di Venezia stessa, la religione, almeno la Chiesa Cattolica, e forse l’istituzione del matrimonio, e specie il matrimonio di quest’uomo con questa donna.

Il racconto si sviluppa attraverso un viaggio nella città di Venezia in motoscafo poi a piedi. Non so se l’autore sia pagato dall’ufficio del turismo di Venezia o dai proprietarii di Harry’s Bar o di Florian, ma immagino fossero grati all’autore quando è uscito l’inevitabile film adadatto da questo romanzo. Non è un caso che l’autore abbia trascorso gran parte della sua vita per scrivere copioni di film. È un testo che sembrerebbe più il copione di un film. C’è molto discorso diretto e quello che non è discorso diretto mi sembrano didascalie per attori.

Durante il viaggio è narrata la vita dell’uomo e di sua moglie, le liti, le lotte, le altre donne di lui, l’impossibiltà di vivere insieme. Come capita così spesso, lui usa il loro figlio come arma contro di lei.

Man mano, riescono a parlarsi dei loro sentimenti, delle loro paure, e , infine lui svela la ragione per cui l’ha fatta venire a trovarlo. Dopodichè sorge il loro amore e il desiderio di lei di fare l’amore con lui. Questo offre l’opportunità per l’obbligatorio scena di nudità nei film degli anni settanta.

Se cercate messaggi, simboli, metafore, ce n’è un’infinità tra cui scegliere. C’è la marea sulla quale i rifiuti di Venezia vanno e vengano, e, a volte, non riescono a raggiungere il mare; ci sono i vecchi palazzi che sprofondano e ritornano nel fango dal quale erano risorti alcuni secoli prima.

Il tema centrale è molto triste ma può darsi che l’orchestra dei giovani musicisti rappresenta la speranza per il futuro, così come Giorgio che aspetta la “registrazione” del concerto che s’intitola “’Anonimo veneziano” quando avrà l’abilita’ di capirlo. I cinici possono intravedere la ricetta per queste montagne russe di sentimenti; mettete tutte le emozioni a cui riuscite a pensare, spingetele per la passaemozioni, spargetele attraverso 100 fogli di carta. Se non atterrano dove volete, riprovate, fino a quando arrivino dove vi piaccia.

Alla fine, è una storia poco soddisfacente, finisce in mezz’aria, senza risolvere niente, ma può darsi che questa sia la vita che vuol dipingere l’autore.

Non male questa recensione, però in alcuni punti ci sembra che è di un romanzo e non di un film: È un testo che sembrerebbe più il copione di un film. C’è molto discorso diretto e quello che non è discorso diretto mi sembrano didascalie per attori.
In altri punti invece sembra la recensione del film: Questo offre l’opportunità per l’obbligatorio scena di nudità nei film degli anni settanta.(?).
Manca inoltre un particolare importante del finale: alla fine lei si volta e lascia lui con la sua orchestra alle spalle e davanti c'è la strada; questo starebbe a rappresentare che lei si lascia il passato alle spalle e va per la strada che è davanti a lei. :-)
PS: Non è che si dovrebbe citare il romanzo di Berto nella voce? --Mig (msg) 11:52, 16 ago 2010 (CEST)[rispondi]

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