Discorso sul debito

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Il Discorso sul debito fu pronunciato il 29 luglio 1987 ad Addis Abeba in occasione del vertice dell’Organizzazione dell'unità africana da Thomas Sankara, Presidente del Burkina Faso e figura carismatica per milioni di africani, comunemente indicato come il "Che Guevara africano"[1].

Contenuti[modifica | modifica wikitesto]

Thomas Sankara in un manifesto elettorale davanti alla sede dell'Unione per la Rinascita/Partito Sankarista a Ouagadougou.

Ispirato a Fidel Castro (che incontrò durante una visita di stato), a Che Guevara, a Jerry Rawlings e Karl Marx, Sankara promosse nel suo paese una "Rivoluzione Democratica e Popolare", definendo la sua ideologia anti-imperialista.

Nel discorso tenuto ad Addis Abeba, in Etiopia, suggerì l'istituzione di un nuovo fronte economico africano che si potesse contrapporre a quello europeo e statunitense. Inoltre cercò invano di convincere gli altri capi di Stato africani a rifiutarsi di saldare i debiti con gli Stati Uniti e i paesi europei, poiché era convinto che i soldi da restituire agli altri Stati potevano essere reinvestiti in riforme sanitarie e scolastiche[2].

«Perciò vorrei proporre, signor presidente, che stabilissimo dei livelli di sanzione per i capi di stato che non rispondono all'appello. Facciamo in modo che attraverso un sistema di punti di buona condotta quelli che vengono regolarmente, come noi, per esempio, possano essere sostenuti in alcuni dei loro sforzi. Per esempio: ai progetti che presentiamo alla Banca africana di sviluppo deve essere attribuito un coefficiente di africanità. I meno africani saranno penalizzati. Così tutti verranno alle riunioni qui.
Noi pensiamo che il debito si analizza prima di tutto dalla sua origine. Le origini del debito risalgono alle origini del colonialismo. Quelli che ci hanno prestato denaro, sono gli stessi che ci avevano colonizzato. Sono gli stessi che gestivano i nostri Stati e le nostre economie. Sono i colonizzatori che indebitavano l'Africa con i finanziatori internazionali che erano i loro fratelli e cugini. Noi non c'entravamo niente con questo debito. Quindi non possiamo pagarlo. Il debito è ancora il neocolonialismo con i colonizzatori trasformati in assistenti tecnici. Anzi, dovremmo invece dire "assassini tecnici". Sono loro che ci hanno proposto i canali di finanziamento dei finanziatori. Un termine che si impiega ogni giorno come se ci fossero degli uomini che solo sbadigliando possono creare lo sviluppo degli altri. Questi finanziatori ci sono stati consigliati, raccomandati. Ci hanno presentato dei dossier e dei movimenti finanziari allettanti. Noi ci siamo indebitati per 50, 60 anni e più. Cioè siamo stati portati a compromettere i nostri popoli per 50 anni e più. Il debito nella sua forma attuale, controllata e dominata dall'imperialismo, è una riconquista dell'Africa sapientemente organizzata, in modo che la sua crescita e il suo sviluppo obbediscano a delle norme che ci sono completamente estranee. In modo che ognuno di noi diventi schiavo finanziario, cioè schiavo tout court, di quelli che hanno avuto l'opportunità, l'intelligenza, la furbizia, di investire da noi con l'obbligo di rimborso.
»

[1]

Il discorso contro il debito sovrano pronunciato all'Oua fu una grande prova di coerenza di Sankara con le sue idee, ma contribuì ad attirargli numerose antipatie tra i leader occidentali, in particolare da parte di François Mitterrand.

Eventi successivi[modifica | modifica wikitesto]

Dopo numerosi attacchi al presidente francese Mitterrand, reo di appoggiare il governo di Pieter Willem Botha in Sudafrica, e dopo aver rifiutato l'appoggio militare a Charles Taylor, Sankara venne ucciso il 15 ottobre 1987 insieme a dodici ufficiali, in un colpo di Stato organizzato dall'ex-compagno d'armi e collaboratore Blaise Compaoré con l'appoggio di Francia, Stati Uniti d'America e militari liberiani[2].

Venne sepolto in una tomba anonima al cimitero di Dagnoën, alla periferia di Ouagadougou[3], tuttavia in occasione del ventennale della sua morte la tomba è stata ricostruita e abbellita dai familiari, salvo poi essere danneggiata dai miliziani pro-Compaoré e di nuovo fu ricostruita a seguito della caduta del regime.[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]