Dialetto noneso

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Noneso
Nònes
Parlato inBandiera dell'Italia Italia
Regioni  Trentino-Alto Adige
Locutori
Totale~30.000
Classificanon tra le prime 100
Altre informazioni
Scritturaalfabeto latino
Tassonomia
FilogenesiLingue indoeuropee
 Lingue italiche
  Lingue romanze
   Lingue italo-occidentali
    Lingue romanze occidentali
     Lingue gallo-iberiche
      Lingue galloromanze
       Lingue gallo-retiche
        Lingue retoromanze
         Lingua ladina
          Dialetto noneso
Codici di classificazione
Glottolognone1236 (EN)

Il dialetto noneso (nome nativo nònes),[1] detto anche anaunico o naunico,[1] è un idioma romanzo in uso nella Val di Non in Trentino. Prende il nome dagli antichi abitanti retici della valle, gli Anauni.[2] Secondo alcuni linguisti, esso è una variante del ladino dolomitico; altri sostengono che il noneso non sia altro che l'adattamento temporale linguistico della lingua reto-romanza che veniva parlata nella Valle di Non e di Sole al latino; esso presenta numerose varianti, a seconda del villaggio in cui viene parlato. Sotto il profilo linguistico è molto affine al dialetto solandro della adiacente bassa Val di Sole e della Val di Rabbi, tanto che Graziadio Isaia Ascoli, uno dei maggiori studiosi di linguistica ladina, qualifica entrambe le parlate come "nonese".

Le origini retiche[modifica | modifica wikitesto]

Antichissime sono le tracce di insediamenti umani in Val di Non; la stessa toponomastica rivela molte radici preindoeuropee. Tuttavia l'ultimo popolo insediatosi sui due versanti delle Alpi Centrali e anche in Val di Non prima della conquista romana fu il popolo dei Reti, da cui questa parte delle Alpi prese il nome: una popolazione di origine ignota, anche se per molteplici segni essa rivela elementi di comunanza con la civiltà etrusca. Gli storici concordano sul fatto che le popolazioni retiche che abitavano la valle non furono oggetto di conquista da parte dei Romani, ma accettarono la loro egemonia almeno un secolo prima delle guerre retiche, acquisendo gradualmente lingua, ordinamenti politici, religioni e costumi del popolo dominante. Il riconoscimento della cittadinanza romana ai Siduni e agli Anauni, che risale al 46 d.C. (Tavola Clesiana), costituisce il segno dell'avvenuto innesto, sancendo la nascita di una popolazione retoromana nell'arco alpino.

Il nones in rapporto alle lingue retoromanze[modifica | modifica wikitesto]

Secondo il fondatore della dialettologia retoromanza, il linguista goriziano Graziadio Isaia Ascoli, venne così a crearsi a cavallo delle Alpi centrali una estesa regione geopolitica dell'Impero Romano, in cui le popolazioni romanizzate mantenevano però un sostrato linguistico, etnico e culturale proprio della componente retica. Questa vasta area retoromanza si sgretolò con la fine dell'Impero Romano e con le invasioni barbariche; fu poi in gran parte assimilata dalle culture delle altre popolazioni, per cui solo alcune "isole" nell'arco alpino centrale mantengono ancora le caratteristiche retoromanze, che l'Ascoli chiama ladine.[senza fonte] È ancora l'Ascoli nei suoi Saggi Ladini a identificare queste aree residue, che vanno dalla Svizzera romanza ai ladini del Gruppo di Sella, a quelli che egli chiama i ladini occidentali e cioè ai nonesi e ai solandri.

Va sotto il nome di "questione ladina" un lungo dibattito (protrattasi per oltre cent'anni) circa la posizione del retoromanzo nell'ambito delle lingue sorte dal latino: dibattito dai toni anche aspri, ove talvolta la linguistica trovava supporto in forti motivazioni nazionalistiche. Di seguito si riportano le principali tappe del percorso storico che definisce la ladinità nonesa e solandra come riassunte dallo studioso Fabrizio Da Trieste, poeta noneso contemporaneo.

  • 1855 In ambito locale, Giorgio Sulzer colloca il "dialetto della Val di Non in Trentino (Nones)" nell'elemento celto-vallico tra i dialetti consimili al reto romanzo della Engadina.[3]
  • 1873 Con Graziadio Isaia Ascoli di Gorizia iniziano sia la "Questione ladina" che gli studi dialettologici. Lo studioso dimostra che i dialetti retoromanzi formavano in origine una unità linguistica autonoma da collocare alla pari dello spagnolo, del francese, del romeno. Denomina tale parlata "ladino" dalla parola ladins che aveva trovato in Marebbe. Individua pure tre "anfizone" ladine di cui una comprendente le Valli di Non e di Sole qualificandone la parlata come "nonese".[4]
  • Vigilio Inama di Fondo sostiene la tesi ascoliana e parla di romanizzazione dell'antica lingua retica.[5]
  • 1917 Per Carlo Salvioni i ladini sono da collocare nel sistema gallo-padano in cui gli alpino-tridentini costituiscono il gruppo dei "dolomitici". La nuova tesi accende forti polemiche sull'italianità o meno delle parlate alpine.[6]
  • 1935 Tagliavini sviluppa ancor più lo studio dei dialetti ladini che considera strettamente connessi con l'alto italiano. Per le valli del Noce parla di varietà ladineggianti del Trentino occidentale.
  • 1938 Per reazione dei linguisti svizzeri alle tendenze nazionalistiche dei seguaci del Salvioni il retoromanzo viene riconosciuto come quarta lingua ufficiale della Confederazione Elvetica.
  • 1940 Bertoni confuta le tesi battistiane affermando che il ladino può o deve essere considerato come lingua. Anche i linguisti esteri e l'italiano Merlo si contrappongono alle tesi battistiane.[senza fonte]
  • 1953 Carlo Battisti afferma che il ladino è intimamente collegato con l'italiano settentrionale di tipo arcaico.[senza fonte]
  • 1962 G.B. Pellegrini, attraverso la toponomastica e testi antichi, individua caratteristiche ladine in aree più ampie.[senza fonte]
  • 1964 Enrico Quaresima di Tuenno edita il "Vocabolario anaunico e solandro". Evidenzia le concordanze con le altre parlate ladine, ma aggiunge qualche cosa in più: "l'anaunosolandro presenta anche spiccate caratteristiche sue proprie che lo distaccano nettamente dai dialetti ladini".[7]
  • 1965 Barbagallo ammette l'unità del ladino concepita dall'Ascoli.[senza fonte]
  • 1982 G.B. Pellegrini scrive: "Essi sono assai poco conosciuti poiché non hanno mai fatto tanto chiasso, non hanno avuto buoni maestri circa la loro ”latinità” e mancano per lo più di un adeguato appoggio politico, in Italia essenziale per qualsiasi decisione (finora esso è stato chiesto, ma sotto voce). Ben s'intende che tale osservazione è valida se “ladino“ continuasse ad essere, come pel passato, un concetto linguistico. In tal caso (... ) dovrebbero essere giudicati ”ladini” - non so ancora se come una minoranza non riconosciuta - buona parte dei Bellunesi, Cadorini, Agordini e Zoldani, ai quali potrebbero aggregarsi altri ”Ladini” ascoliani della provincia di Trento: Fiammazzi, Cembrani, Nonesi, Solandri."[senza fonte]

È perseguendo questo obiettivo che alcune associazioni culturali della valle, hanno promosso negli ultimi anni, numerosi convegni e serate sulla ladinità nonesa, al fine di sensibilizzare e informare la popolazione sulla possibilità di vedere realizzarsi il riconoscimento della propria identità con il Censimento generale delle popolazioni linguistiche tenutosi lo scorso 21 ottobre 2001. Fino ad ora, infatti, alcune norme di attuazione riconoscevano in provincia di Trento come popolazioni ladine solo quelle residenti nei sette comuni della Valle di Fassa.

Gli abitanti della Valle di Non e di Sole hanno potuto pertanto dichiararsi appartenenti al gruppo linguistico ladino. Nonostante la poca propaganda e lo scarso interesse di molte amministrazioni locali, il risultato del censimento è stato sorprendente. Più di 7500 fra nonesi e solandri si sono dichiarati infatti appartenenti al gruppo ladino.

Quello che segue è un breve elenco di citazioni di autori che hanno messo in risalto la contiguità del dialetto nones con il ladino dolomitico e con le altre lingue retoromanze:

  • Vigilio Inama (Storia delle Valli di Non e di Sole nel Trentino dalle origini fino al Secolo XVI): “Una sezione è costituita dal ladino … dei Grigioni, col versante settentrionale delle Alpi... La seconda sezione o centrale abbraccia le varietà ladine del trentino, ed è divisa a sua volta in due gruppi costituiti dai parlari delle Valli del Noce... La terza sezione, la orientale o friulana.”[8]
  • Ascoli (Saggi Ladini): “La sezione centrale della zona ladina, quale oggi ridotta, si estende pei seguenti territori: le valli del Noce e dell'Avisio, nel circolo di Trento; la valle della Gardena, nel circolo di Bolzano.”[4]
  • John W. Cole e Eric R. Wolf (La frontiera nascosta): "Nella misura in cui il noneso continua a essere lingua parlata in famiglia, e fornisce quindi una base per un senso di identità comune, gli abitanti romanzi (o ladini, n.d.r.) della val di Non ricordano un'altra popolazione montana del Mediterraneo".[senza fonte]
  • Giulia Maistrelli Anzilotti (I caratteri di tipo ladino nei dialetti dell'Alta Val di Non): "Nell'alto nònes sono presenti diverse voci che sono estranee allo stesso trentino (e al veneto come al lombardo) e che si trovano invece nelle parlate ladine".[9]
  • Ilaria De Biasi (Analisi linguistica del dialetto anaunico sulla base di testi): "Il ladino che dopo le compressioni dal Nord ad opera del tedesco e a sud dell'italiano si parla ancora oggi nell'Italia settentrionale, è diviso in tre gruppi: … il ladino centrale… con le Valli del Noce (Non e Sole)".[10]
  • Fabrizio Bartaletti (professore all'Università di Genova): "Nelle Alpi Italiane, si riconoscono quattro grandi dialetti appartenenti al gruppo italo-romanzo (ma secondo alcuni linguisti anche al gruppo gallo-romanzo), e cioè il ligure, il piemontese, il lombardo-alpino (parlato anche nell'Ossola) e il veneto, mentre la parlata del Trentino (Ad esclusione della Val di Fassa e della Val di Non, ladine o con influssi ladini) risente a ovest del lombardo e a est del veneto."[11]

Caratteristiche del dialetto nones[modifica | modifica wikitesto]

  • Palatalizzazione della c e della g davanti alla a, come ciaval (ital. cavallo, vedi francese cheval); giat (gatto) ecc. In alcuni villaggi della Valle di Non, nella bassa Valle di Sole e Rabbi la palatizzazione è parziale come avviene nel Friulano (es: cjaval, gjat).
  • 2a persona del verbo con -s (ti ciantes = tu canti)
  • Mantenimento dei gruppi di consonanti PL, BL, FL, CL, GL (p.e. plàser - ital. piacere, flà - fiato, blanć - bianco, glêsia - chiesa, clamar- chiamare)
  • Perdita delle vocali finali non accentate -o e -e (man - mano, braz - braccio) al termine delle parole.
  • Presenza del dittongo "uê" es. fuêr (fuori), cuêr (cuore), ancuêi (oggi), scuêla (scuola). Questa caratteristica è particolarmente viva soprattutto nell'alta valle, a Tres e a Vervò. Nei paesi Coredo-Tavon-Smarano-Sfruz troviamo il dittongo "uò" (fuòr, cuòr, ancuòi, scuòla). Nel resto della valle abbiamo "ô" aperta /ɔ/ o chiusa /o/ (fôr, côr, ancôi, scôla), che diviene /ø/ oppure /œ/ nella zona Solandra.
  • Trasformazione di -al- latina in -au- . Es: altus (Lat) > AUT (Nones), con "alto" in Italiano; calidus (lat) > CIAUT (nones) con "caldo" in Italiano, alter (lat) > AUTER (nones), con "altro" in Italiano
  • Diverse particolarità della sintassi e del vocabolario estranee sia alla lingua italiana, che ai dialetti lombardi e trentini. Esse sono state trasmesse nel nones da lingue preromane (retiche) e dal tedesco.

Tabella di comparazione del Nones con alcune lingue neolatine[modifica | modifica wikitesto]

latino nones trentino friulano occidentale lombardo francese italiano spagnolo occitano catalano portoghese romeno sardo còrso veneto
clave(m) clao/clau ciave clâf ciav clef chiave llave clau clau chave cheie crae/crai chjave ciave
nocte(m) not not gnot not/nocc nuit notte noche nuèit/nuèch nit noite noapte note/noti notte/notti note
cantare cjantar cantar cjantâ cantà chanter cantare cantar cantar cantar cantar cânta cantare/cantai cantà cantar
capra(m) cjaura caura cjavra cavra chèvre capra cabra cabra cabra cabra capra cabra capra càvara
lingua(m) lenga (léinga) lengua lenga lengua langue lingua lengua lenga' llengua língua limbă limba/lingua lingua łéngua
platea(m) plaz piaza plaça piazza place piazza plaza plaça plaça praça piață pratha/pratza piazza piasa
ponte(m) pònt pònt puint pont pont ponte puente pònt pont ponte pod' ponte/ponti ponte ponte
ecclesia(m) glesia ciesa glesia gesa église chiesa iglesia glèisa església igreja biserică creia/cresia ghjesgia ceza
hospitale(m) ospedal ospedal ospedâl ospedal hôpital ospedale hospital espital hospital hospital spital ispidale/spidali spedale/uspidali ospedałe
caseu(m)
lat.volg.formaticu(m)
formai formai formadi formagg/formai fromage formaggio/cacio queso formatge formatge queijo brânză casu casgiu formajo

Numeri in nones[modifica | modifica wikitesto]

  1. un
  2. doi
  3. trei
  4. cater
  5. zinć (cinć)
  1. sièi (sei)
  2. sèt
  3. òt
  4. nueu (nuou / nou / nof / néo)
  5. diês (dés)
  1. undes
  2. dódes
  3. trédes
  4. catòrdes
  5. chindes
  1. sédes
  2. desesèt
  3. desdòt
  4. desnueu (desnuou / desnòu / desnof / desnéo)
  5. vinti

Giorni della settimana in nones[modifica | modifica wikitesto]

Dì de la senmana en Nònes

  • Lunedì: luni
  • Martedì: marti
  • Mercoledì: mèrcol
  • Giovedì: zuebia (zuòbia / giuebia / giobia / zóbia / zòbia)
  • Venerdì: vènder
  • Sabato: sabo
  • Domenica: doméngja (doméngia)

Mesi dell'anno in nones[modifica | modifica wikitesto]

Mesi da l'an en nones

  • Gennaio: Zenar (Genar)
  • Febbraio: Feorar (Feurar)
  • Marzo: Marz
  • Aprile: Aoril (Auril)
  • Maggio: Mać (Maz)
  • Giugno: Zugn (Giugn)
  • Luglio: Lui
  • Agosto: Agost
  • Settembre: Setèmber
  • Ottobre: Otóber
  • Novembre: Novèmber
  • Dicembre: Dizèmber (Dezember)

Esempio: En lode de la lénga nònesa / In lode della lingua nonesa (tratta da "Poesie ladino-nonese" di Sergio de Carneri)[modifica | modifica wikitesto]

La va via plana la parola nònesa,
la cjamina col pass de l aradór
ch'el tègn ben drit el sólć e no l s'encjanta
né mplànta el plòu en mèz ala vanégia.
La muda sòn de cà e de là de l'aca
ntel Mezalón, n la Media e Bassa Val,
'tra paesi persin nt'la stessa plagja,
ma stamp e cóndem resta sèmper chéi.
La lénga nònesa l'é n parlar frasà,
de tiritere e de bezgolamenti
no' la gje n'sènt e nancja en chanteclere
come i le usa da autre mande en do
canche i se parla mpar ch'i ntòna i Salmi.
Le parole le é curte e concentrade
e pù le é curte pù le sona ben,
ma pò ogni una la gjâ l so perché.
Enzì, sonora e spiza, la cór ladina
con en bel costrut, come en bon formai
su 'nt una spiatada de pasta. Però
l'è tant polita
ancja perché con el tamìs dei sècoi
s'é separà la pula dal formént.
Zènto generazion de nònesi i
à suclà l nònes en un col lat matèrn,
zènto generazión de spóse gióne
ninànt le crìe ntel brać o su le gjàide
le gj' nonesava co' parole tèndre
che canch' le séntes le cjaréza el côr.
Zènto generazión de nòne e nòni
i à contà nonesànt tute che storie
de prinzipesse, prìnzipi e ncjantésmi
e de romiti cjavalcjant su l órs
entant che i òcli dele crìe sgranadi
plan plan passava da la faula al sòn.
Canti che i vio o che i mantègn raìs
ntrà Cjavedać e i passi col Sudtiròl
entrà i planòri de la Revèna e le
gole davèrte envèrs el côr del Brenta,
i déo rènderte onor, favèla nònesa,
testimoni vivànt de la nòssa storia.
Ti às tegnù a un i genitori e i fiôi
nte na cjadéna de doimili ani,
ti às salvà i nomi, le regole, i valori
el nòs parlar e tut le tradizion perché
la stirpe nònesa la se desferènzia
da tut le autre che à butà l Trentin.
L è grazie a ti se la cossiènza fonda
de cji despéra su pontare érte
parla la vós de chéi che gjèra prima
e la gjé mét davanti come n spègjel
i patimenti e la vertù dei vècli.
Fintànt che parleràs dal laver de la gènt
podrén ben star seguri ch'ancja la Val
la tègn e che i so zènto paesi e pù
strucjadi ntórn a cjampanii ben spizi
ntra l vért entat de pradi e de pomari
postadi al sol e co' la frónt ben auta
segjiterà a smirar la tèra nònesa.

Incede piana la parola nonesa
cammina con il passo di chi ara
che tien ben dritto il solco e non si svia
né abbandona l'aratro in mezzo al campo.
Cambia pronuncia da una sponda all'altra
nel Mezalòn, in media e in bassa valle,
nei paesi perfino confinanti,
ma impronta e ritmo restan sempre quelli.
La lingua nonesa è un parlar conciso,
rifugge da lungaggini e balbuzie
e pur da certe cantilene insulse
che sono usate da altre parti dove
la gente parla e sembra intoni i salmi.
Le parole sono corte e spesso contratte
ma più son corte e più sono armoniose,
e ognuna ha un proprio senso nel discorso.
Così armoniosa e arguta procede piana
con un bel costrutto. Ed è tanto polita
anche perché, sotto il vaglio dei secoli,
la pula si è divisa dal frumento.
Cento generazion di nonesi han succhiato
assieme al latte la lor lingua materna,,
cento generazion di spose giovani
cullando i figli in braccio o sui ginocchi
gli nonesavan con parole dolci
che nell'udirle intenerisce il cuore.
Cento generazion di nonne e nonni
han raccontato nonesando storie
di principesse, principi incantesimi
e di romiti assisi in groppa agli orsi
infin che gli occhi dei piccoli sgranati
non reclinavan dalla fiaba al sonno.
Quanti oggi vivon o tengon radici
fra Cavedago e i Passi con il Sudtirolo
fra i pascoli di altura del Roèn,
e le gole protese sul profondo Brenta,
rendano onore a te favela nonesa,
testimone vivente della nostra storia.
Tu hai sempre unito genitori e figli
in un percorso di duemila anni,
tu hai preservato i nomi, le regole, i valori
la nostra lingua ed ogni tradizion per cui
la gente nonesa tanto si distingue
da tutte l'altre che il Trentino nutre.
È grazie a te se alla coscienza fonda
di chi dispera su salite erte,
parla la voce dei predecessori
che gli metton davanti come specchio
i patimenti e le virtù dei padri.
Finché tu parlerai dal labbro della gente
potrem ben star sicuri che la valle
resisterà e che i suoi cento paesi e più
serrati attorno a campanili aguzzi,
nel verde intatto di meleti e prati,
saldi nel suolo e con la fronte al sole
rimireranno ancor la terra nonesa.

La volpe e il corvo: esempio nelle diverse varianti ladine[modifica | modifica wikitesto]

Ladin dla Val Badia (Badiot)
La olp ê indô n iade afamada. Te zël vëighera n corf che tignî n tòch de ciajó te so bech. "Chël me savess bun", s'àra ponsè, y à cherdè le corf: "Tan bel che t'es! Sce to ciantè é tan bel co to ciarè fora, spo este dessigü tö le plü bel vicel de düc."
Ladin de Gherdëina (Gherdëina)
La bolp fova inò n iede arfameda. Te ciel vëijela n corf che tën n tòch de ciajuel te si bech. "Chël me savëssa bon", se ala mpensà y à cherdà l corf: "Ce bel che te ies! Sce te ciantes tan bel coche te cëles ora, pona ies dessegur tu l plu bel ucel de duc."
Ladin de Fascia (Fascian)
La bolp era endò famèda. Te ciel la veit n corf con n toch de formai tel bech. "Chel, vé, me saessa bon", la se peissa e la ge disc al corf: "Che bel che t'es! Se tie ciantèr l'é scì bel che tia parbuda dapò t'es de segur tu l più bel anter duc i ucìe."
Ladin Nones (Nones - Soratòu)
La bólp l'era amò famada. 'Nte l zél la vet en grol con en toć en formai ntel beć. "Chel iu, vè, el me saverues bon", la se 'mpensa 'ntra de ela, e la gi dis al grol: „Che bel che es! Se 'l to ciantar el fus bel come che vardes fuera, de sigur es el pu bel de tut i auzièi!"
Ladin Nones (Nones - Media Anaunia, Tuenno)
La bolp la era amò famada. Nte l cél la vet en gròl con en tòç en formai nte l bèç. "Chel io, veh, el me saverôs bon", la se mpensa ntra de ela, e la ge dis al gròl: “Che bel che ses! Se l to ciantar l é nzì bel come che vardes fôra, de segur ses el pu bel de tuti i aucèi!"
Ladin Nones (Nones - Val di Non Settentrionale [Brez, Cloz (dialèt de sòra), Tregiovo )
La bolp l'era amò famada. Ent al ziél la vet en grol con en toć de formai 'nt al beć. "Chel iu, vè, 'l me saruès bon", la s'è 'mpensada, e la gi dis al grol: "Che bel che es! Se 'l to ciantàr l'è 'nzì bel come che vardes fuèra, de sigur es el pu bel da tuti i auzièi!"
Ladin Àut Solandro (Solandro - Solander)
La bolp l'èra amò famada. Ntel ciel la vet en còrf con 'n toc de fromai (stavél) 'ntél bèch. "Quèl if, vè, el me savrós bòn", la pensà entrà de ela, e la ghe dis al còrf: "Che bèl che ses! Se 'l tó cantar l'é ausì bèl come che vardes for, de segur ses 'l pù bèl de tuti i auciéi!"
Ladin et Rabi (Rabiés)
La bolp l'era amò famada. Entel ciel la vet en corf con en toch de formai entel bech. "Quel if vè, el me savrò buon", ella s'mpensa entrà de ela e la ghje dis al corf:"Che bel chje ses! Se el to chjantar el fus ensi bel come chje vardes for de segur sarosti el pu bel de tut i aucjei!"
Ladin de Fodom (Fodom)
La volp l'eva ndavò afamada. Nte zela la veiga n còrf che l se tegniva n tòch de formai ntel bech. "Chël l me savëssa ben bon", la s'à pensé ntra de dëla, e l'à clamé l còrf: "Cotánt bel che t'es! Se tuo cianté l é bel coche ti te ciale fòra, nlouta t'es segur ti l plu bel de duc cánc i uciei!"
Ladin d'Ampez (Ampezan)
Ra volpe r'èa danoo infamentada. Ete zeila ra vede un cròo, che ‘l aéa inze ‘l bèco un tòco de forméi. "Chel sì che el me piajaràe", ra s'à pensà ra volpe, e r'à ciamà el croo: "Cé un bel che te sos! Se te ciantes polito cemodo che te se vede, de seguro te sos el pì bel de dute i uziéi!"

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Enrico Quaresima, Vocabolario anaunico e solandro, Firenze, Leo S. Olschki, 1991 [1964], p. 285, ISBN 88-222-0754-8.
  2. ^ Pietro Baroccelli, Anauni, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 23 febbraio 2020.
  3. ^ Sulzer Giuseppe Giorgio, Dell'origine e della natura dei dialetti romanici a confronto coi dialetti esistenti nel Tirolo (Trento, 1855). In-8, pp. 321, tavv. 10 f.t., br.
  4. ^ a b Ascoli Graziadio Isaia, Saggi ladini, Archivio Glottologico Italiano, I, 1873.
  5. ^ Virgilio Inama, Storia delle Valli di Non e di Sole nel Trentino – Dalle Origini fino al secolo XVI, La Grafica Anastatica, Mori, 1984
  6. ^ Carlo Salvioni, Ladinia e Italia, 1938
  7. ^ Enrico Quaresima, Vocabolario anaunico e solandro, Firenze, Leo S. Olschki, 1964 (rist. 1991). ISBN 8822207548
  8. ^ STORIA DELLE VALLI DI NON E DI SOLE NEL TRENTINO – Dalle Origini fino al secolo XVI di Vigilio Inama La Grafica Anastatica Mori 1984
  9. ^ Giulia Mastrelli Anzilotti, "I caratteri di tipo ladino nei dialetti dell'Alta Val di Non", in Ladinia et Romania, Festschrift für Guntram A. Plangg zum 65. Geburtstag, XXI (1997), pp. 491-501
  10. ^ Ilaria Di Biasi, Grammatica Noneso-Ladina, Trento: Regione Autonoma Trentino-Alto Adige, 2006.
  11. ^ Fabrizio Bartaletti, Geografia e cultura delle Alpi, Milano,FrancoAngeli, 2004.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Carlo Battisti, Die Nonsberger Mundart (Lautlehre) (Sitzungsberichte der Wiener Akademie 160:3), Vienna, Holder, 1908
  • Guglielmo Bertagnolli, Poesie e poeti della Valle di Non, 3 volumi

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]