Dialetti della Campagna e Marittima

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Ferentino: Palazzo dei Consoli della Campagna e Marittima

Il territorio dell'antica provincia pontificia di Campagna e Marittima, corrispondente all'attuale area centro-settentrionale delle provincie di Frosinone e Latina e all'area meridionale dell'area metropolitana di Roma, era ed è tuttora caratterizzato da una serie di dialetti appartententi a due rami dialettali distinti:

La riunificazione del Lazio in epoca fascista che ha accorpato le aree laziali dell'antica provincia napoletana della Terra di Lavoro (dove rispetto al sud della Campagna e Marittima sono anche maggiormente diffusi i dialetti laziali meridionali) all'antica Campagna e Marittima ha comunque contribuito a un processo di avvicinamento delle due aree dialettali che rimangono però decisamente distinte.

Laziale centro-settentrionale[modifica | modifica wikitesto]

Situazione linguistica del Lazio meridionale: in rosa i dialetti mediani (romanesco, laziale centro-settentrionale, sabino), in magenta i dialetti meridionali (laziale meridionale -IVa-, campano, abruzzese occidentale).[3]
Lo stesso argomento in dettaglio: Dialetti laziali centro-settentrionali.

Fonologia[modifica | modifica wikitesto]

Con i dialetti italiani meridionali i dialetti laziali centro-settentrionali della Campagna e Marittima condividono la sonorizzazione della sorda dopo N (montone > mondone) e la posposizione del pronome personale possessivo (mio padre > patremo) mentre per la quasi totale assenza sia dello scevà. Rispetto all'area settentrionale, si distinguono inoltre dal sublacense per la totale assenza del vocalismo arcaico, tipico dei dialetti umbri e del sabino.

Distinzioni territoriali[modifica | modifica wikitesto]

Area interna[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Dialetto alatrense.

La finale muta è tuttavia registrata attualmente nelle parlate di Frosinone, Alatri, Amaseno e Monte San Giovanni Campano mentre torna la regola mediana con l'atona finale in -o e -u a Ceccano e Veroli (salvo Frosinone e pochi altri centri), sia della riduzione delle latine PL - CL > kj[4], è incluso nel gruppo dell'italiano centrale. Un confine meridionale intuitivo è delineato dalla fascia Veroli-Amaseno-Monte San Biagio: a sud di questo confine prevale il dialetto laziale meridionale, un dialetto affine al campano, che ha comunque diversi elementi in comune con il laziale centro-settentrionali.

Area di Terracina[modifica | modifica wikitesto]

I dialetti di Terracina e San Felice Circeo, pur presentando notevoli affinità con le parlate appena descritte, costituiscono una diversa varietà locale di transizione tra il gruppo mediano e quello meridionale: essi infatti presentano la caduta delle vocali finali ma molti vocaboli in comune con l'area romana, soprattutto per via della vicinanza con l'area pontina, che è stata "romanizzata" durante il fascismo.

Area romana[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Dialetti dei Castelli Romani e Dialetto marinese.

I dialetti dei Castelli Romani si caratterizzano per la presenza della metafonia napoletana (Albano, Ariccia, Genzano di Roma, Nemi, Lanuvio, Velletri) o di tracce di vocalismo arcaico (Marino).[3][5][6][7] Nei Castelli Romani è oggi, in particolare sul piano fonetico, ancora più forte l'influenza del romanesco.

Metafonia sabina[modifica | modifica wikitesto]

Giacomo Devoto identifica con «ciociaresco» (o più correttamente "metafonia sabina") un tipo di metafonia per cui le vocali mediane metafonizzate (per e preromanze) e si contraggono in é ed ó connotandola come una caratteristica territoriale.

Esempi
  • béglie < BIÉGL (lat. *bellŭ), bèlla < BELLA (lat. *bella) = bello/a
  • nóue < NUOV (lat. *novŭ), nòva < NOVA (lat. *nova) = nuovo/a

Questo fenomeno che il dialettologo Clemente Merlo studia nel suo Fonologia del dialetto di Sora è proprio di molti dialetti mediani e meridionali (Ancona, Sabina); il Merlo ipotizza che la metafonesi in è ed ó nel sorano sia passata per una fase in cui le sillabe mediane metafonizzavano in e , fenomeno conservatosi altrove e definito «metafonia napoletana» o «metafonia sannita»: gli sviluppi in è ed ó della metafonia da -ī ed -ŭ comunque sono scientificamente denominate «metafonia sabina» o «metafonia di tipo ciociaresco». Merlo inoltre descrive questi fenomeni nell'analizzare le differenze fra il dialetto arpinate e il sorano: ad Arpino si verifica la metafonia di a tonico quando la parola terminava in -ī ed -ŭ preromanze, che dittonga in : (iéze 'alzi', chiérene 'cadono'), contrariamente a quanto accade nel sorano (addàuse 'alzi') dove la a resta salda.[8][9]

Carta linguistica del Lazio meridionale
1. Aree a vocalismo arcaico e metafonia sabina in viola.
2. Aree con sola metafonia sabina in blu.
3. Aree a metafonia napoletana in verde.
4. Area di interscambio linguistico tra i dialetti mediani e quelli campani bordata di rosso (principalmente Sora, Frosinone, Veroli).[10]

Citazioni[modifica | modifica wikitesto]

«Tre ssò' (o suò') le grà pputénze: le papa, l'arré, i cchi nen té niente.»

«Carnualə uiecchiə i pazzə, s'è 'mpegnatə gliə matarazzə, i la mogliə pe' dispiettə, s'è 'mpegnata gliə scallaliettə.
Essegliè, essegliè, essegliè...
Carnualə è 'ne bon' omə : tè la faccia de galantomə, uà gerénne pe' Frusenone, pe' magnasse gli maccarune.
Nùi chə semə urtulanə, i sapemə benə culteua', pianteremə la rauanella, viva semprə la radechella!
Essegliè, essegliè, essegliè...
I s'è ammusciata la radeca: nən s'aradrizza chiù!»

«Onoramola 'sta terra addo simo nati pure pe rispetto 'gli nostri andennati»

«Te si missu l'anellu allu dito
vattela a trova che te maritu
povera a te Maria Gnicò»

«Io vellàno che tè le fico,
non conosce più j'amico»

«Io vo' j'ovo voie?
sé glio' vo', tè io tongo mo',
sé gno' vo' mé io bévo jé!!»

«Mamma gli tè, mamma gli vò,
mamma gli mette agli commò,
agli commò, agli commotino,
mamma gli chiute agli cassottino»

«Qua l'acqua de bòtta
nen tròua cchiù terra s'abbènda se ciònna
uà dritta sprefonna
s'abbòtta
fa schiuma
remore
fa fume
culore...
S'acquèta. S'addòrma.
Racchiappa la forma. (...)»

Da notare la presenza dello scevà (ə) nel dialetto di Frosinone.

Laziale meridionale[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Dialetti laziali meridionali.

Come accennato all'inizio, i dialetti della Campagna e Marittima propriamente detta comprendono anche una serie di parlate locali di tipo laziale meridionale. Sebbene infatti il confine tra Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie passasse a diversi chilometri più a sud di Frosinone, la città rappresenta di fatto tuttora un punto di transizione dialettale. I dialetti parlati già nei comuni limitrofi a sud del capoluogo sono ormai identificabili come laziale meridionale e dunque quasi del tutto identici alle altre parlate del Cassinate, dell'Arpinate e del Sorano e relativamente vicini alle parlate campane e abruzzesi. A differenza dei dialetti laziali centro-settentrionali, però, per i dialetti laziali meridionali non si applicava l'aggettivo "campanino".

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (Re Z., La vita di Cola di Rienzo)
  2. ^ (Giammarco E., Profilo dei dialetti italiani, CNR - Pacini ed., Pisa 1979: a pag. 87 l'autore parla di un dominio laziale di tipo ciociaresco che condivide con l'abruzzese le metafonie da e finali delle mediane e di a); il Giammarco poi denomina anche ciociaresco un gruppo di parlate esclusive dei dialetti italiani meridionali foneticamente divergenti ma unite dalla «metafonia sabina» o «di tipo ciociaresco» e da un sostrato lessicale al dialetto abruzzese occidentale, il sorano e l'arpinate. L'aggettivo ciociaresco fa dunque riferimento a un tipo di metafonia meglio conosciuta come metafonia sabina tipica di molti dialetti mediani e presente anche in alcuni dialetti meridionali. Si differenziano entro delle linee immaginarie che li separano dai dialetti campani, dal romanesco e, più debolmente, dal dialetto dei Castelli e dal sublacense
  3. ^ a b Pellegrini G., Carta dei dialetti d'Italia, CNR - Pacini ed., Pisa 1977
  4. ^ La riduzione delle latine PL - CL > kj (es. chiù per più, dal latino plus) segna un'isoglossa a sud della quale il fenomeno si verifica, che sembra solcare fedelmente nella provincia di Frosinone il confine tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli, con le eccezioni di Veroli, Castro dei Volsci (cfr. Merlo C., op. cit., 1978, p. 132) e Frosinone. È inoltre da rilevare per il dialetto frusinate la presenza di tratti metafonetici di tipo napoletano, tipici dei dialetti meridionali (tiempe per tempo).
  5. ^ Giammarco E., Profilo dei dialetti italiani, CNR - Pacini ed., Pisa 1979
  6. ^ AA. VV. Guida d'Italia - Lazio, Touring Club Italiano, 1935.
  7. ^ Poesia in dialetto veliterno[collegamento interrotto]
  8. ^ Devoto G., Per la storia linguistica della Ciociaria, in La Ciociaria. Storia, arte e costume, Editalia, Roma 1972.
  9. ^ Merlo C., Fonologia del dialetto di Sora, Arnaldo Forni ed., Sala Bolognese 1978.
  10. ^ Merlo C., Fonologia del Dialetto di Sora. Romano N., L'area di interscambio fra i dialetti centrali e quelli meridionali in Ciociaria. ALI - Atlante Linguistico Italiano. Pellegrini G. B., Carta dei dialetti d'Italia
  11. ^ Carlo Vignoli, Il Folklore di Castro dei Volsci, in «Studj Romanzi», XIII (1917), pp. 99-319, p. 186. Il testo è in grafia fonetica secondo il sistema di trascrizione CDI (non AFI).
  12. ^ La canzone è citata anche ne Il ferroviere di Pietro Germi, in una versione italianizzata.
  13. ^ Filmato audio La canzone «Maria Nicola» nel film di Germi, su YouTube.
  14. ^ Neno Pisani, 1990,"Lìsera. Poesie in dialetto isolano", Isola del Liri, Tipografia Francati

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]