Despotato di Arta

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Despotato di Arta
Despotato di Arta - Stemma
Despotato di Arta - Localizzazione
Despotato di Arta - Localizzazione
Mappa del Despotato di Arta
Dati amministrativi
Lingue parlateVarie lingue in base alle nazionalità della nobiltà e della popolazione.[1]
CapitaleArta
Politica
Forma di governoDespotato
Despota/SignorePietro Losha (1367-1374)
Gjin Spata (1374-1399)[2]
Sguro Spata (1400-1401)[3]
Maurizio Spata (1401-1415)
Yakub Spata (1415-1416)
Nascitaaprile 1359
CausaIstituzione
Fine4 ottobre 1416
CausaDissoluzione
Territorio e popolazione
Religione e società
Religioni preminentiOrtodossia orientale
Evoluzione storica
Preceduto daDespotato d'Epiro
Despotato di Angelokastron e Lepanto
Succeduto daDespotato d'Epiro
Ora parte diBandiera della Grecia Grecia

Il Despotato di Arta (in albanese Despotati i Artës; in greco Δεσποτάτο της Άρτας?) fu un despotato fondato dai sovrani albanesi nel corso del XIV secolo, dopo la sconfitta del locale despota dell'Epiro, Niceforo II Orsini, da parte di tribù albanesi nella battaglia di Acheloo nel 1359 e cessò di esistere nel 1416, quando passò a Carlo I Tocco.[4][5][6][7]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Creazione[modifica | modifica wikitesto]

Nella tarda primavera del 1359, Niceforo II Orsini, l'ultimo despota dell'Epiro della dinastia Orsini, combatté contro gli albanesi nei pressi del fiume Acheloo, in Etolia. Gli albanesi vinsero la battaglia e riuscirono a creare due nuovi stati nei territori meridionali del Despotato d'Epiro. Poiché un certo numero di signori albanesi sostenne attivamente la vittoriosa campagna serba in Tessaglia ed Epiro, lo zar serbo concesse loro regioni specifiche e offrendo il titolo bizantino di despoti per assicurarsi la loro lealtà.

Alla fine del 1360 emersero due principati albanesi: il primo con capitale ad Arta sotto Pietro Losha, e il secondo, con centro ad Angelokastron, sotto Gjin Bua Spata. Dopo la morte di Pietro Losha nel 1374, i despotati albanesi di Arta e Angelocastron furono uniti sotto il governo di Gjin Bua Spata.

Nell'aprile 1378 il Gran Maestro dei Cavalieri Ospitalieri, Juan Fernández de Heredia, fallì di conquistare Arta e venne catturato in battaglia da Gjin Bua Spata. Herendia fu venduto da Spata ai turchi ottomani per un enorme premio. Tommaso II Preljubović, il despota dell'Epiro offrì un prezioso aiuto durante la battaglia, ma questa alleanza non durò a lungo.[3]

Il territorio di questo despotato nella sua massima estensione (1374-1403) andava dal Golfo di Corinto al fiume Acheronte a nord, confinante con il Principato di Argirocastro di Giovanni Zenevisi, un altro stato creato nell'area del Despotato d'Epiro. Il Despotato d'Epiro riuscì a controllare in questo periodo solo la parte orientale dell'Epiro, con capitale Giannina e il suo despota, Tommaso II Preljubović, era in aperto conflitto con Gjin Spata. Nel 1375, Gjin Bua Spata iniziò un'offensiva a Giannina, ma non poté invadere la città. Sebbene Spata si fosse sposato con la sorella di Tommaso, Helena, la loro guerra non si fermò.

Caduta del Despotato[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la morte di Gjin Bua Spata nel 1399, il Despotato di Arta si indebolì continuamente e la Famiglia Spata fu coinvolta nella guerra civile. Tra le animosità con i governanti di Giannina, Gjin il successore, Maurizio Spata, dovette fare i conti con le intenzioni dei veneziani e del conte Carlo I Tocco di Cefalonia. Nel frattempo, si intensificarono le incursioni ottomane, chiamate per l'occasione dal despota Esaù de' Buondelmonti del Despotato d'Epiro. Dopo la morte di de' Buondelmonti nel 1411, il trono fu offerto al nipote, Carlo I Tocco. Anche se il suo guadagno fu accompagnato da una grande perdita che le forze di Giovanni Zenevisi inflissero al suo esercito, in seguito avrebbe assoggettato i capi dell'Albania meridionale. Nonostante la vittoria di Maurizio su Carlo nel 1412, gli albanesi non riuscirono a conquistare Giannina. Al contrario, non molto tempo dopo aver ucciso Maurizio in battaglia nel 1414/5, Carlo avanzò su Arta. Nel 1416 sconfisse Yaqub Spata e conquistò Arta annettendo così il Despotato.

Eredità locale[modifica | modifica wikitesto]

La città di Arta era relativamente poco conosciuta durante il periodo della dominazione albanese (1358-1416). I capi albanesi, non abituati a vivere in città, in quanto montanari, acquisirono titoli legalmente bizantini e cercarono di adottare la struttura statale bizantina. Sebbene nessuna attività architettonica sia stata segnalata per questo periodo, poco sembra sia cambiato ad Arta e la popolazione albanese e greca della città convivesse pacificamente.[8]

Despoti[modifica | modifica wikitesto]

Dinastia Losha[modifica | modifica wikitesto]

  • Pietro Losha

Dinastia Shpata[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ L'etnia degli altri nobili è sconosciuta. Il greco era la lingua ufficiale nella religione e probabilmente usato anche nella corte dei nobili, insieme ad altre lingue parlate nel despotato: l'aromuno, l'italiano ecc., frontiers, contesting identities. (EN) Steven G. Ellis e Lud'a Klusáková, Imagining Frontiers, Contesting Identities, Edizioni Plus, 2007, pp. 138-139, ISBN 978-88-8492-466-7.
    «We cannot identify the nationality of the archons or the population. Probably they were both ethnically mixed (Non possiamo identificare la nazionalità degli arconti o della popolazione. Probabilmente erano entrambi etnicamente misti)»
  2. ^ Servì prima come despota di Angelokastro, divenne despota di Arta e Angelokastro dopo la morte di Pietro Losha.
  3. ^ a b John V. A. Fine, The late medieval Balkans : a critical survey from the late twelfth century to the Ottoman Conquest, 1st paperback edition, 1994, ISBN 978-0-472-10079-8, OCLC 749133662.
  4. ^ Skënder Anamali, Kristaq Prifti e Instituti i Historisë, Historia e popullit shqiptar në katër vëllime, Botimet Toena, 2002-<2008>, ISBN 99927-1-622-3, OCLC 52411919. URL consultato il 3 ottobre 2021.
  5. ^ Fine, John. The Late Medieval Balkans. Ann Arbor, 1987.
  6. ^ Oxford Dictionary of Byzantium, p. 191.
  7. ^ Oxford Dictionary of Byzantium, p. 53.
  8. ^ (EN) Steven G. Ellis e Lud'a Klusáková, Imagining Frontiers, Contesting Identities, Edizioni Plus, 2007, ISBN 978-88-8492-466-7. URL consultato il 3 ottobre 2021.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]