Decomunistizzazione in Ucraina

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Piedistallo della statua di Lenin di Charkiv il giorno dopo il suo abbattimento da parte di dimostranti pro-Maidan (2014)

Per decomunistizzazione o desovietizzazione[1][2][3] dell'Ucraina s'intende quel processo di decomunistizzazione (in ucraino декомунізація?, dekomunizacija) volto alla rimozione delle tracce del passato sovietico nella nazione ucraina rimuovendo statue e monumenti, rinominando luoghi ed eliminando i simboli comunisto-sovietici.

Iniziata subito dopo l'indipendenza dell’Ucraina nel 1991, la decomunistizzazione è rimasta per molto tempo blanda e disomogenea[4], per poi subire un’accelerazione dopo la rivoluzione di Euromaidan e la promulgazione di leggi che hanno messo al bando i simboli comunisti[5].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La decomunistizzazione a livello nazionale iniziò de facto con la messa al bando il 30 agosto 1991 dello storico Partito Comunista dell'Ucraina fondato nel 1918, avvenuta subito dopo il colpo di Stato fallito a Mosca, pochi giorni prima della dichiarazione d'indipendenza dell'Ucraina.[4][6][7][8] I primi provvedimenti di desovietizzazione furono appoggiati dal presidente Kravčuk, con la reintitolazione di molte località da parte dei radi locali[4][9]. Il processo fu però meno radicale e capillare rispetto a quello messo in atto negli Stati baltici e negli ex-membri del patto di Varsavia ed ebbe un successo rilevante solo nella parte occidentale del paese: infatti in Galizia e Volinia, dove già dal 1990 era in atto una decomunistizzazione a livello locale, vennero rimossi in pochi anni circa 2000 monumenti a Lenin[10][11][12]. Nell'Ucraina centrale e nelle zone russofone dell'est (queste ultime storicamente più legate alla Russia ed all'industrializzazione staliniana) vi furono fino alla metà degli anni 2000 solo alcuni tentativi sporadici[9]. Inoltre la stessa Verchovna Rada, il 14 maggio 1993, consentì la costituzione di partiti di ispirazione comunista, permettendo così a formazioni politiche come il PCU di partecipare alle elezioni per oltre vent'anni[13]. Nel 2001, con la legge sullo stemma dell'Ucraina, si stabilì la rimozione dei simboli "dell'URSS, [...] gli slogan del PCUS" dagli edifici "non iscritti al registro dei monumenti storici e culturali."[14][15]

Una nuova spinta alla decomunistizzazione ci fu con la rivoluzione arancione e la presidenza Juščenko: questi infatti, tra il 2007 ed il 2009 promulgò una serie di ukazi coi quali si imponeva la rimozione dei monumenti e memoriali dedicati a personalità del regime sovietico legate all'holodomor[16][17]. A seguito di questi ukazi vennero abbattute dalle autorità altre 500 statue di Lenin ed il monumento a Grigorij Petrovskij eretto a Kiev[10][18]. A livello locale, nelle regioni orientali, queste iniziative furono criticate dai membri del PCU e di altri partiti comunisti o filosovietici ed ebbero come risposta l'inaugurazione di nuovi monumenti a Lenin a Novosvitovka e Sverdlovsk[19] e di una statua di Stalin (la prima eretta in Ucraina dopo la morte del dittatore) davanti alla sezione del PCU di Zaporižžja[20]. D'altra parte, verso la fine del decennio, iniziò una serie di atti vandalici da parte di gruppi nazionalistici contro le statue sovietiche rimaste in piedi[21]. La decomunistizzazione subì una battuta d'arresto con l'elezione di Viktor Janukovyč, che durante la sua presidenza incentivò la costruzione di monumenti legati alla grande guerra patriottica e fece approvare una legge per introdurre la bandiera della Vittoria per ingraziarsi una parte del paese nostalgica del passato sovietico[22].

Abbattimento di una statua di Lenin in un parco di Chmel'nickyj (2014)

Il risentimento verso i monumenti sovietici insito in parte della popolazione riemerse durante le proteste di Euromaidan, durante le quali iniziò la cosiddetta Leninopad[10] (Ленінопад; "pioggia dei Lenin"), ossia l'abbattimento da parte dei dimostranti delle statue comuniste, principalmente di Lenin, rimaste in piedi[23]. Tra la fine del 2013 e la fine del 2014 furono distrutti o rimossi 552 monumenti a Lenin (a Kiev[24], Charkiv, Dnipropetrovs'k[25], Odessa[26], Žitomyr[27], Chmel'nickyj[27], Berdičiv[26] e in altre località) e diverse decine di monumenti dedicati ad altri esponenti del regime sovietico[10]. Dopo l'impeachment e la fuga di Janukovyč, alcuni degli abbattimenti avvennero con l'autorizzazione delle autorità[24].

Il 9 aprile 2015 la Verchovna Rada approvò un "pacchetto decomunistizzante[28]", quattro leggi con le quali, oltre a celebrare ufficialmente "qualsiasi organizzazione che abbia combattuto per l'indipendenza dell'Ucraina nel XX secolo", si misero al bando, insieme all'ideologia e ai simboli nazionalsocialisti, la propaganda ed i simboli comunisti, in quanto espressione di regimi totalitari[29][30][31]. In particolare si identificava il regime sovietico come fautore di un "terrore di Stato.[32][33]" Le leggi anticomuniste furono poi firmate dal presidente Porošenko il 15 maggio e pubblicate sulla Holos Ukraïny, entrando in vigore il 21 maggio[34][35]. Le nuove norme prevedevano anche la rimozione di ogni simbolo del passato sovietico e del comunismo in genere (statue, slogan, stemmi, bandiere, ecc.), ad eccezione di quelli presenti in memoriali e cimiteri della seconda guerra mondiale o usati in contesti artistici e divulgativi[36]. Una delle quattro leggi sostituì in ogni contesto ufficiale la definizione "grande guerra patriottica" con "seconda guerra mondiale.[37]" Vennero anche rimosse le stelle a cinque punte dalle spalline dei militari, sostituendole con un altro simbolo[38].

Uno degli scopi principali delle leggi era quello di modificare i nomi di tutte quelle località intitolate a personaggi del passato sovietico e venne imposto un termine di sei mesi per il completamento dell'operazione; tuttavia nell'autunno del 2015 il processo ebbe una battuta di arresto a causa, secondo il coordinatore della commissione per la decomunistizzazione dell'oblast' di Černihiv Vasyl' Čepurnyj, "della paura dei capi delle comunità locali di perdere voti alle elezioni di ottobre[39]."

Per il 2017 furono rimosi 2389 monumenti sovietici, tra cui gli ultimi 1320 dedicati a Lenin rimasti nel territorio controllato dal governo ucraino e presenti nei registri pubblici[40][41]. La gran parte di queste sculture furono distrutte o fuse[40]. Alcune delle statue e dei gruppi scultorei più grandi vennero conservati in previsione dell'apertura di un "museo della propaganda monumentale dell'URSS" a Kiev[40][42]. Nel 2019 venne aperto un museo a cielo aperto sul totalitarismo sovietico nella foresta Spadščanskyj, nell'oblast' di Sumy[43].

Tra il 2017 e il 2018, la mis'ka rada di Kiev ha approvato la ridenominazione di molti spazi pubblici della città che richiamavano al periodo sovietico: tra questi un ponte, una stazione metropolitana e alcune strade[44][45].

Nel 2023 la statua monumentale Madre Ucraina di Kiev, è stata "desovietizzata" sostituendo lo stemma con falce e martello presente sullo scudo con il tridente ucraino.[46]

Situazione nel Donbass, in Crimea e nei territori sotto il controllo delle forze armate russe[modifica | modifica wikitesto]

Nei territori controllati dalle repubbliche popolari di Donec'k e Lugansk, così come in Crimea, la maggior parte dei monumenti sovietici sono rimasti in piedi[3][24]. Nonostante la Crimea e i territori di gran parte degli obast' di Donec'k e Lugansk non fossero più sotto il controllo diretto di Kiev, il parlamento ucraino ridenominò formalmente 148 località di quelle aree[47].

Con l'avanzata delle truppe russe durante l'invasione dell'Ucraina del 2022, le località occupate videro il ritorno alla vecchia toponomastica, nonché una nuova erezione delle statue di Vladimir Il'ič Ul'janov abbattute in precedenza.[48][49]

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

Reazioni interne all'Ucraina[modifica | modifica wikitesto]

Manifestanti filorussi in piazza Lenin a Donec'k nel marzo 2014. Le regioni controllate dai separatisti della repubbliche di Donec'k e Lugansk sono le uniche aree in cui la decomunistizzazione post-Maidan non ha avuto luogo.

Il giorno prima dell'approvazione delle leggi anticomuniste, il presidente dell'istituto ucraino della memoria nazionale sollecitò i parlamentari a votare a favore sostenendo che " condannare i crimini non è una questione di vendetta, è una questione di giustizia. I paesi europei sopravvissuti al totalitarismo hanno approvato leggi che hanno confermato che lo Stato appena formato si impegna a non ripetere mai più pratiche totalitarie".[50][51]

L'opposizione filorussa presente nella Rada contestò la campagna di decomunistizzazione sostenendo che sarebbe costata tra i 7 ed i 15 miliardi di UAH[52].

All'indomani del voto della Rada, un gruppo di 70 intellettuali scrisse una lettera a Porošenko, criticando l'impostazione antisovietica e la legittimazione implicita delle azioni dell'Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN) e dell'Esercito insurrezionale ucraino (UPA) delle leggi.[53][54][55] Nel maggio 2017 46 parlamentari, principalmente appartenenti al partito filo-russo Blocco di Opposizione, presentarono un ricorso alla Corte costituzionale ucraina sollevando una questione di legittimità costituzionale delle leggi anticomuniste[56]. Il 16 giugno 2019 la Corte rigettò il ricorso[56][57].

In un sondaggio condotto in Ucraina nel novembre 2016, il 45% degli intervistati si dichiarò favorevole alla rimozione delle statue di Lenin, il 48% contro ed l'11% indeciso; il 57% si disse contrario al cambio di tutti i nomi della città di derivazione sovietica, mentre il 49% si dichiarò favorevole ed il 44% contrario ad una campagna di ridenominazione selettiva[58]. Un altro sondaggio, nel 2020, riscontrò un 30% degli intervistati favorevoli alla campagna di ridenominazione, un 44% contrario ed un 22% indifferente[59]. Nello stesso sondaggio il 34% si espresse a favore della condanna dell'URSS come "stato totalitario legato ad una politica di terrore", il 31% contrario, il 13% indeciso ed il 15% indifferente[59]. I maggiori sostenitori della decomunistizzazione risultavano essere i filo-europeisti[59].

Reazioni internazionali[modifica | modifica wikitesto]

Dunja Mijatović, rappresentante OSCE per la libertà dei media, scrisse nel maggio del 2015 a Petro Porošenko lamentando la formulazione vaga delle leggi anticomuniste, che "può facilmente portare alla soppressione del discorso politico, provocatorio e critico, soprattutto nei media.[60]" Amnesty International, nel dicembre 2015, criticò la messa al bando del Partito Comunista dell'Ucraina fondato nel 1993, parlando di una "flagrante violazione della libertà di espressione e di associazione.[61]" La commissione di Venezia, in un parere congiunto con l'OSCE/ODIHR del dicembre 2015, stabilì, pur riconoscendo all'Ucraina il diritto di mettere al bando i simboli di regimi totalitari, che le leggi del 2015 erano troppo larghe nel bandire a priori certe associazioni politiche[62].

Le leggi anticomuniste suscitarono molte critiche in Russia: già prima della loro approvazione, Konstantin Dolgov, commissario del ministero degli esteri russo per i diritti umani, definì l'equiparazione del comunismo con il nazismo "contraria al diritto internazionale e alle decisioni di Norimberga."[63] Poco dopo il voto favorevole della Rada, il ministro degli esteri russo Lavrov disse che l'Ucraina "stava cancellando il [suo] passato eroico" e che le nuove norme di "stampo totalitario" danneggiavano la libertà di pensiero;[64][65] in un comunicato, il segretario del Partito comunista della Federazione russa Zjuganov dichiarò che "la giunta banderista" aveva compiuto "un ulteriore passo verso l'instaurazione del neofascismo" in Ucraina.[66] Rossiskaja gazeta definì "banderiste" ed "apologetiche" le politiche anticomuniste[67][68].

Vladimir Putin, il 21 febbraio 2022, pochi giorni prima dell'invasione dell'Ucraina, disse, dopo aver sostenuto che l'Ucraina era null'altro che una creazione di Lenin, che "la Russia era pronta a mostrare agli ucraini il vero significato di decomunistizzazione."[69]

Le decomunistizzazione ha provocato le lamentele di molti partiti di sinistra ed estrema sinistra, come il Partito Comunista Britannico[70], Partito Comunista Portoghese[71], il Polo di Rinascita Comunista in Francia[72], il Partito Comunista di Grecia[73], Rifondazione Comunista[74] ed il nuovo Partito Comunista Italiano[75], il Partito Comunista del Venezuela[76]. Nel 2014 l'europarlamentare francese Jean-Luc Mélenchon disse che la messa al bando del partito comunista ucraino faceva parte delle "politiche neonaziste" di Kiev[77].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Desovietizzazione, risovietizzazione. La battaglia sui toponimi in Russia e Ucraina, su East Journal, 7 luglio 2015. URL consultato il 4 maggio 2022.
  2. ^ (EN) President signs law on de-Sovietization of Ukrainian legislation, su Interfax-Ukraine. URL consultato il 7 maggio 2022.
  3. ^ a b (UK) Падіння Ленінів: наскільки глибока "дерадянізація" України, su BBC News Україна, 30 settembre 2014. URL consultato il 16 maggio 2022.
  4. ^ a b c (EN) Goodbye, Lenin: Ukraine moves to ban communist symbols, in BBC News, 14 aprile 2015. URL consultato il 4 maggio 2022.
  5. ^ (EN) Alexander J. Motyl, Kiev’s Purge, 10 dicembre 2020. URL consultato il 4 maggio 2022.
  6. ^ Про тимчасове припинення ді... | від 26.08.1991 № 1435-XII, su web.archive.org, 21 gennaio 2022. URL consultato il 4 maggio 2022 (archiviato dall'url originale il 21 gennaio 2022).
  7. ^ Про заборону діяльності Ком... | від 30.08.1991 № 1468-XII, su web.archive.org, 19 novembre 2018. URL consultato il 4 maggio 2022 (archiviato dall'url originale il 19 novembre 2018).
  8. ^ (EN) Serhij Guz, Ukraine’s Communists were banned, or so we thought, in Opendemocracy, 28 febbraio 2019.
  9. ^ a b (EN) Ukraine tears down controversial statue, 26 novembre 2009. URL consultato il 4 maggio 2022.
  10. ^ a b c d (UK) Від ленінізму до ленінопаду, su Радіо Свобода. URL consultato il 5 maggio 2022.
  11. ^ (UK) Перший Ленін впав 1990 року: як скидали ідола комунізму, in Gazeta.ua.
  12. ^ (UK) Падай, Леніне, падай, su Збруч, 10 agosto 2015. URL consultato il 5 maggio 2022.
  13. ^ (UK) Про Укази Президії Верховної Ради України від 26 і 30 серпня 1991 року "Про тимчасове припинення діяльності Компартії України", "Про заборону діяльності Компартії України", su Офіційний вебпортал парламенту України. URL consultato il 5 maggio 2022.
    «2. Громадяни України, які поділяють комуністичні ідеї, можуть утворювати партійні організації відповідно до діючого законодавства України.»
  14. ^ Hricenko, p. 34.
  15. ^ (UK) Питання щодо використання державних символів України, su Офіційний вебпортал парламенту України. URL consultato il 5 maggio 2022.
  16. ^ (UK) УКАЗ ПРЕЗИДЕНТА УКРАЇНИ №432/2009, su president.gov.ua.
    «вжиття в установленому порядку додаткових заходів щодо демонтажу пам'ятників і пам'ятних знаків, присвячених особам, які причетні до організації та здійснення голодоморів і політичних репресій в Україні, а також щодо перейменування в установленому порядку населених пунктів, вулиць, площ, провулків, проспектів, парків, скверів у населених пунктах України, назви яких пов'язані з іменами таких осіб.»
  17. ^ Hricenko, p.35.
  18. ^ (EN) Ukraine tears down controversial statue, 26 novembre 2009. URL consultato il 5 maggio 2022.
  19. ^ Hricenko, p. 42.
  20. ^ (EN) Stalin Statue In Ukraine Decapitated, su RadioFreeEurope/RadioLiberty. URL consultato il 5 maggio 2022.
  21. ^ Hricenko, p. 43.
  22. ^ Hricenko, p. 41.
  23. ^ Hricenko, p. 45.
  24. ^ a b c (RU) Украина без Ленина, su Радио Свобода. URL consultato il 7 giugno 2022.
  25. ^ (UK) Пам'ятник Леніну у Дніпропетровську остаточно перетворили в купу каміння, su ТСН.ua, 19 agosto 2014. URL consultato il 6 maggio 2022.
  26. ^ a b (EN) More Lenin Statues Toppled In Ukraine, su RadioFreeEurope/RadioLiberty. URL consultato il 6 maggio 2022.
  27. ^ a b (EN) Lenin statues toppled in Ukraine, in BBC News. URL consultato il 6 maggio 2022.
  28. ^ (UK) Декомунізація – від першого Леніна до Дніпра, su BBC News Україна, 20 maggio 2016. URL consultato il 16 maggio 2022.
  29. ^ (EN) Rada bans Communist, Nazi propaganda in Ukraine, su Interfax-Ukraine. URL consultato il 6 maggio 2022.
  30. ^ (EN) Lily Hyde in Kiev, Ukraine to rewrite Soviet history with controversial 'decommunisation' laws, su the Guardian, 20 aprile 2015. URL consultato il 6 maggio 2022.
  31. ^ (EN) Nolan Peterson, Ukraine Purges Symbols of Its Communist Past, su Newsweek, 10 aprile 2015. URL consultato il 6 maggio 2022.
  32. ^ (UK) Про засудження комуністичного та націонал-соціалістичного (нацистського) тоталітарних режимів в Україні та заборону пропаганди їхньої символіки, su Офіційний вебпортал парламенту України. URL consultato l'8 giugno 2022.
    «враховуючи засудження у 1991 році Законом України "Про реабілітацію жертв політичних репресій на Україні" політичних репресій, що здійснювалися протягом 1917-1991 років комуністичним тоталітарним режимом на території України, відмежування від методу державного терору в управлінні державою, притаманного комуністичному тоталітарному режиму, і проголошення намірів неухильно сприяти відновленню справедливості та усуненню наслідків свавілля і порушення громадянських прав,»
  33. ^ (EN) Ievgen Vorobiov, Ukraine Says Goodbye to Red October, su Foreign Policy. URL consultato l'8 giugno 2022.
  34. ^ (UK) Новини | Українська правда, su pda.pravda.com.ua. URL consultato il 6 maggio 2022.
  35. ^ (UK) Парламент мусить перейменувати “комуністичні” міста й села також у Криму і “ДНР/ЛНР” – В’ятрович - Новинарня, su novynarnia.com, 29 gennaio 2016. URL consultato il 16 maggio 2022.
  36. ^ Hricenko, p. 54.
  37. ^ (UK) Lilija Strilec', “Велику Вітчизняну війну” замінили на “Другу світову” – закон, in Fakty, 9 aprile 2015.
  38. ^ (EN) Communist past spreads to servicemen’s insignia, su tass.com. URL consultato il 10 maggio 2022.
  39. ^ (UK) Як "комуністичні" міста і вулиці втрачають свої назви, su BBC News Україна, 9 novembre 2015. URL consultato il 16 maggio 2022.
  40. ^ a b c (RU) Вятрович: Агентура РФ в Польше действует в благоприятной среде, su news.liga.net, 17 agosto 2017. URL consultato il 10 maggio 2022.
  41. ^ (EN) Falling Down: The Last Lenins Of Ukraine, su RadioFreeEurope/RadioLiberty. URL consultato l'11 maggio 2022.
  42. ^ (RU) Музей монументальной пропаганды СССР: первым будет памятник Щорсу, su ukrinform.ru. URL consultato il 10 maggio 2022.
  43. ^ (RU) Парк советского периода: в Украине создали первый музей артефактов эпохи СССР, su ТСН.ua, 28 settembre 2019. URL consultato il 13 giugno 2022.
  44. ^ (RU) В Киеве "исчезнут" станция метро "Петровка" и улица Толстого: все подробности, su kiev.segodnya.ua. URL consultato il 6 maggio 2022.
  45. ^ (EN) Kyiv's Moscow bridge renamed, su unian.info. URL consultato il 6 maggio 2022.
  46. ^ Kiev installa lo stemma dell'Ucraina al posto di quello sovietico sulla Statua della Madre Patria, su amp-video.repubblica.it.
  47. ^ (RU) Верховная рада переименовала десятки населенных пунктов в ДНР, ЛНР и в Крыму, su Ведомости. URL consultato il 7 giugno 2022.
  48. ^ (RU) Никита МАКАРЕНКОВ | Павел ХАНАРИН, Городам и улицам Донецкой Народной Республики вернули прежние названия, su donetsk.kp.ru, 11 maggio 2022. URL consultato il 7 giugno 2022.
  49. ^ La guerra delle statue: a Melitopol torna Lenin. E Odessa vuole abbattere Caterina la Grande, su ilGiornale.it, 6 novembre 2022. URL consultato il 15 marzo 2023.
  50. ^ (UK) Декомунізація: завершальний етап Кремль — в істериці. Чому?, su Gazeta «Den'». URL consultato il 10 maggio 2022.
  51. ^ (EN) The Future Of The Past: Ukraine Pushes De-Communization, Amid Russian Protests, su RadioFreeEurope/RadioLiberty. URL consultato l'8 giugno 2022.
  52. ^ (UK) Декомунізація: як перейменувати 800 міст і сіл, su BBC News Україна, 29 maggio 2015. URL consultato il 13 maggio 2022.
  53. ^ (EN) Open Letter from Scholars and Experts on Ukraine Re. the So-Called, su Krytyka. URL consultato il 6 maggio 2022.
  54. ^ (EN) Letter: Experts Worry that "Decommunization" Laws Curtail Free Speech, su Atlantic Council, 22 aprile 2015. URL consultato il 6 maggio 2022.
  55. ^ (EN) Ukraine bans Soviet symbols and criminalises sympathy for communism, su the Guardian, 21 maggio 2015. URL consultato l'8 maggio 2022.
  56. ^ a b (EN) Ukraine ultimately puts Nazis, Communists on equal footing, su naviny.belsat.eu. URL consultato l'8 maggio 2022.
  57. ^ (EN) Ukraine's Constitutional Court Upholds Law Equating Communism To Nazism, su RadioFreeEurope/RadioLiberty. URL consultato l'8 maggio 2022.
  58. ^ (EN) Almost half of residents of Ukraine want decommunization - Nov. 18, 2016, su KyivPost, 18 novembre 2016. URL consultato il 10 maggio 2022.
  59. ^ a b c (UK) Шостий рік декомунізації: ставлення населення до заборони символів тоталітарного минулого, su dif.org.ua. URL consultato il 13 maggio 2022.
  60. ^ (EN) New laws in Ukraine potential threat to free expression and free media, OSCE Representative says, su osce.org. URL consultato l'8 maggio 2022.
  61. ^ (EN) Ukraine: Communist Party ban decisive blow for freedom of speech in the country, su Amnesty International, 17 dicembre 2015. URL consultato il 7 maggio 2022.
  62. ^ (EN) JOINT INTERIM OPINION ON THE LAW OF UKRAINE ON THE CONDEMNATION OF THE COMMUNIST AND NATIONAL SOCIALIST (NAZI) REGIMES AND PROHIBITION OF PROPAGANDA OF THEIR SYMBOLS.
    «e) Banning of associations (notably political parties): the Law should clarify that banning any association is a measure of last resort in exceptional cases, proportionate to the offence. This is particularly the case for political parties in the light of their important function in a democratic society.»
  63. ^ (EN) Kiev’s attempts to put communism on par with Nazism contravene Nuremberg decisions, su tass.com. URL consultato il 10 maggio 2022.
  64. ^ (RU) МИД РФ прокомментировал закон о декоммунизации Украины - ФОКУС, su web.archive.org, 16 aprile 2015. URL consultato il 6 maggio 2022 (archiviato dall'url originale il 16 aprile 2015).
  65. ^ (EN) Russia Lashes Out At Ukraine For Bans On Soviet Symbols, su RadioFreeEurope/RadioLiberty. URL consultato l'8 maggio 2022.
  66. ^ (RU) Антикоммунизм и нацизм на Украине должны получить отпор! Заявление Президиума ЦК КПРФ, su kprf.ru. URL consultato il 6 maggio 2022.
  67. ^ (RU) Pavel Dul'man, На Украине предложили отменить советские праздники, in Rossiskaja Gazeta, 29.01.2017.
    «Борьбу с советскими праздниками образцовый бандеровец Вятрович (вся его научная деятельность как историка сводится к апологетике украинского национализма) ведет не первый год. Всего через три месяца после государственного переворота, руководимый им УИНП разослал на телеканалы список военных фильмов, которые рекомендовалось транслировать 8-9 мая.»
  68. ^ (RU) Порошенко возвел в ранг официального праздника день рождения Бандеры, su Российская газета. URL consultato il 7 giugno 2022.
  69. ^ Russia ready to show what true de-communization means for Ukraine - Putin, su TASS. URL consultato il 6 maggio 2022.
  70. ^ Solidnet | CP of Britain, Statement on Ukraine [En], su www.solidnet.org. URL consultato il 19 giugno 2022.
  71. ^ (EN) We denounce the attempts to ban the Communist Party of Ukraine, su Portuguese Communist Party. URL consultato il 14 giugno 2022.
  72. ^ (FR) 29 Avr 2017 | 4-EUROPE: en sortir, S'en Sortir !, Articles | 0, Ukraine "Les dérives brunes de Maïdan" - [reprise L'Humanité], su INITIATIVE COMMUNISTE, 29 aprile 2017. URL consultato il 13 giugno 2022.
  73. ^ Solidnet | CP of Greece, THE GROUP OF THE KKE IN THE EUROPEAN PARLIAMENT - Question on the ban of the newspaper of the CP of Ukraine, su www.solidnet.org. URL consultato il 19 giugno 2022.
  74. ^ Umberto Bibi Ilari, Ucraina: solidarietà con i comunisti contro la repressione, su www.rifondazione.it. URL consultato il 14 giugno 2022.
  75. ^ ADESIONE DEL PCI AL COORDINAMENTO UCRAINA ANTIFASCISTA, su Partito Comunista Italiano, 30 luglio 2016. URL consultato il 13 giugno 2022.
  76. ^ (ES) Tribuna Popular, PCV condena prohibición del Partido Comunista de Ucrania, su Tribuna Popular, 27 maggio 2022. URL consultato il 14 giugno 2022.
  77. ^ (FR) Contributions sur l'Ukraine et la Russie, su Melenchon.fr, 4 maggio 2015. URL consultato il 13 giugno 2022.
    «Utilisation d’armes à sous-munitions interdites dans des zones civiles, procédures d’interdiction du parti communiste, interdiction de diffusion de certaines chaines de télévision, lois sur la censure, présence de néo-nazi au gouvernement. Je m’étonne donc même que l’on nous soumette une telle proposition.»

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]