Dan Graham

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Daniel Harry Graham

Daniel Harry Graham (Urbana, 31 marzo 1942New York, 19 febbraio 2022[1]) è stato un performance artist e architetto statunitense, direttore dal 1964 al 1965 della Daniels Gallery di New York. La sua prima attività artistica anticipa la cosiddetta arte concettuale, a cui spesso viene successivamente associato. Nei suoi ultimi lavori ha utilizzato fotografia, video, arte performativa, strutture in vetro o specchi e televisori a circuito chiuso. Ha vissuto e lavorato a New York City, dove è morto il 19 febbraio 2022 all'età di 79 anni.[2][3]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato in Illinois ma cresciuto in New Jersey, dopo le scuole superiori continua gli studi da autodidatta, approfondendo in modo particolare autori come Claude Lévi-Strauss, Margaret Mead, Jean-Paul Sartre e Walter Benjamin. Dopo aver manifestato l'intenzione di diventare scrittore, inizia ad occuparsi anche di arte e, nel 1964, fonda la John Daniels Gallery a New York, che ospita la prima mostra di Sol LeWitt e di molti artisti minimalisti. Dopo aver insegnato al Nova Scotia College of Art, nel 1970 produce Roll, una doppia proiezione nello stile di Bruce Nauman. È pioniere del minimalismo e del concettualismo, nonché uno dei primi a produrre video artistici negli anni '60 e '70. Artista poliedrico e difficilmente classificabile, si ritiene al di là di qualunque corrente artistica, definendosi soprattutto un architetto e uno scrittore. Ispira molti fotografi, videomaker e scultori appartenenti alle generazioni successive, ed è accostato ad artisti come Rirkrit Tiravanija, Tony Oursler e Wade Guyton.[2]

La sua opera più nota è Homes for America (1966–67), una serie di fotografie a colori di villette monofamiliari di periferie americane, che vengono pubblicate a doppia pagina su Arts Magazine. Le fotografie sono affiancate da testi. L'alienante e monotono paesaggio di insediamenti abitativi, viene mostrato con la sua presunta desiderabilità. Le fotografie vengono anche scelte per l'esposizione "Projected Art" al Finch College Museum of Art.[4] Altre opere degli anni '60 sono Detumescence,[5] un collage composto da frammenti di testi di medicina, in cui è spiegato cosa succede al pene a seguito dell'orgasmo, e Schema (1966), composto da dettagli editoriali e tipografici di suoi testi e materiali usati in opere precedenti.[6] Nei suoi lavori sia architettonici che visivi, fa ampio uso di specchi. Le sue opere sono principalmente indirizzate a presentare la realtà in maniera alternativa rispetto ai mass media. Ha partecipato a cinque edizioni di Documenta (1972, 1977, 1982, 1992 e 1997), a quattro della Biennale di Venezia (1976, 2003, 2004, 2005) e a due degli Skulptur Projekte (1987, 1997) a Münster.[7]

Fotografia, performance, film e video[modifica | modifica wikitesto]

Abbandonato il progetto della John Daniels Gallery, si dedica alla fotografia, attività che prosegue fino ai primi anni del Duemila. Del suo lavoro pubblicato su riviste, Graham dice:

C'era questa forte intenzione nell'aria durante gli anni '60 di sconfiggere il valore monetario, pertanto la mia idea era di mettere le cose nelle pagine delle riviste, dove sarebbero state a disposizione senza niente da pagare. E questo divenne un ibrido anche perché il lavoro era una combinazione di saggio e critica d'arte: la pagina di una rivista come opera d'arte.[8]

Le sue fotografie interrogano la relazione tra architettura pubblica e privata e i modi in cui ogni spazio influenza il comportamento. Dalla fine degli anni '60 Graham si concentra sulle performance e sui film con l'intento di studiare i comportamenti del pubblico fino ad includerlo nell'opera stessa.[9] [10] [11] [12] [13] [14]

Padiglioni[modifica | modifica wikitesto]

Alcune delle opere di Graham si collocano al confine tra scultura e architettura. Dagli anni '80 in poi l'artista lavora a una serie di oggetti scultorei indipendenti chiamati "padiglioni" visitabili che ne aumentano la popolarità, cosicché inizia a ricevere commissioni da tutto il mondo. Si tratta di sculture di acciaio e vetro, che combinano arte e architettura, creando una dimensione spaziale capace di disorientare lo spettatore. Sono fatti di pochi enormi pannelli di vetro-specchio oppure di vetro semi-specchiante.[15]

Nel 1981 Graham inizia a lavorare a un progetto di videoinstallazione per la città di New York: Two-Way Mirror Cylinder Inside Cube and Video Salon.[16] Dopo numerose commissioni ricevute in Europa, dal 1988 al 1993 è incaricato di progettare il Padiglione dei Bbmbini (Children's Pavilion) in collaborazione col fotografo canadese Jeff Wall.[17]

Scritti[modifica | modifica wikitesto]

Graham ha prodotto un notevole corpus di scritti, lavorando come critico d'arte, scrivendo articoli su arte, architettura, video, musica rock e artisti della sua generazione. Si è occupato di arte concettuale (heady art theory) e ha recensito i dipinti di Dwight D. Eisenhower[18] e gli show televisivi di Dean Martin. I suoi testi e lavori letterari sono raccolti in molti libri e cataloghi, tra i quali Dan Graham Beyond (MIT Press 2011),[16] Rock My Religion. Writings and Projects 1965–1990, a cura di Brian Wallis e Two Way Mirror Power: Selected Writings by Dan Graham on His Art.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Alex Greenberger, Dan Graham, Conceptual Artist Who Bent Time and Space, Dies at 79, su artnews.com, 19 febbraio 2022.
  2. ^ a b (EN) Alex Greenberger, Alex Greenberger, Dan Graham, Conceptual Artist Who Bent Time and Space, Dies at 79, su ARTnews.com, 20 febbraio 2022. URL consultato il 27 maggio 2022.
  3. ^ Greenberger, Alex (19 February 2022). "Dan Graham, Conceptual Artist Who Bent Time and Space, Dies at 79". Art News. Retrieved 20 February 2022., su artnews.com.
  4. ^ Dan Graham. Homes for America. 1966-67 | MoMA, su The Museum of Modern Art. URL consultato l'8 luglio 2022.
  5. ^ Detumescence - Graham, Dan, su Google Arts & Culture. URL consultato l'8 luglio 2022.
  6. ^ Dan Graham. Schema (March 1966). 1966–70 | MoMA, su The Museum of Modern Art. URL consultato l'8 luglio 2022.
  7. ^ Muore Dan Graham, critico e artista concettuale delle “architetture specchianti”, su artribune.com.
  8. ^ Carlos Brillembourg, "In Conversation: Dan Graham with Carlos Brillembourg" the Brooklyn Rail, July–August 2012.
  9. ^ Opening-Day Talk: Dan Graham in conversation with Bennett Simpson and Chrissie Iles. URL consultato l'8 luglio 2022.
  10. ^ - Opening-Day Talk: Dan Graham in Conversation with Bennett Simpson and Chrissie Iles, Walker Art Center, Minneapolis, Minnesota, 2009., su youtube.com.
  11. ^ MIF 13 – An Interview with Artist Dan Graham. Mayfield Depot, Manchester International Festival 2013., su youtube.com.
  12. ^ Dan Graham Interview: Recreating Childhood Desires -, su youtube.com.
  13. ^ Dan Graham on Rock ‘n Roll: interview by Veronica Simpson., su studiointernational.com.
  14. ^ Dan Graham interview with Nicolai Wallner, London 2019., su nicolaiwallner.com.
  15. ^ (EN) Dan Graham: Public/Private: A Retrospective | MIT List Visual Arts Center, su listart.mit.edu, 13 gennaio 2022. URL consultato l'8 luglio 2022.
  16. ^ a b Electronic Arts Intermix: Two-Way Mirror Cylinder Inside Cube and a Video Salon, Dan Graham, su www.eai.org. URL consultato l'8 luglio 2022.
  17. ^ The Children’s Pavilion: Jeff Wall & Dan Graham by Nancy Spector, su canadianart.ca.
  18. ^ (EN) Eisenhower Paintings, su WHHA (en-US). URL consultato l'8 luglio 2022.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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