Curiae Veteres

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Le Curiae Veteres erano un santuario dell'antica Roma, che sorgeva lungo il lato nordorientale del Palatino. I resti del monumento sono stati recentemente individuati da scavi condotti dall'università La Sapienza di Roma, sotto la supervisione della professoressa Clementina Panella.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Citate da Varrone[1] e Festo[2], furono indicate da Tacito[3] come uno dei capisaldi del pomerium romuleo della Roma quadrata.

Divenute troppo piccole per le esigenze della popolazione, furono sostituite dalle Curiae Novae[4].

Secondo le fonti, Augusto era nato sia in curiis veteribus[5] sia ad capita bubula[6]; perciò questi due luoghi dovevano trovarsi in posizione vicina[4].

Ubicazione[modifica | modifica wikitesto]

I Cataloghi regionari collocano le Curiae Veteres nella decima regione augustea[4].

In passato, soprattutto per il passo di Tacito, si è ritenuto che sorgessero presso l'angolo nordorientale del Palatino, di fronte al margine settentrionale del Celio[4].

In un saggio basato sull'analisi di alcuni frammenti delle Forma Urbis Severiana si ipotizza che le Curiae Veteres dovessero sorgere più a sud lungo l'odierna via di San Gregorio, più o meno in corrispondenza dell'ingresso all'area archeologica del Palatino[7].

Nei pressi delle Curiae Veteres doveva trovarsi il vicus Curiarum, citato nella Base Capitolina[8].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Varrone, De lingua Latina, V.155.
  2. ^ Festo, De verborum significatu, 174: Curiae duarum generum: nam et ubi curarent sacerdotes res divinas, ut Curiae Veteres et ubi senatus humanas ut Curia Hostilia.
  3. ^ Tacito, Annales, XII.24.
  4. ^ a b c d Samuel Ball Platner (completato e rivisto da Thomas Ashby), A Topographical Dictionary of Ancient Rome, Oxford University Press, Londra, 1929, p. 147.
  5. ^ Servio, Aen., VIII.361.
  6. ^ Svetonio, Aug., 5.
  7. ^ Claudia Cecamore, Le Curiae Veteres sulla Forma Urbis Marmorea e il pomerio romuleo secondo Tacito, Mitteilungen des Deutsches Archaeologischen Institut, Roemische Abteilung, 109, 2002, pp. 43-58.
  8. ^ CIL VI, 975, elenco dei magistri vicorum urbis.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Samuel Ball Platner (completato e rivisto da Thomas Ashby), A Topographical Dictionary of Ancient Rome, Oxford University Press, Londra, 1929, p. 147.