Cristiani per il Socialismo

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Il movimento dei Cristiani per il Socialismo è stata un'organizzazione politica e culturale nata all'inizio degli anni Settanta originariamente in Cile come aggregazione di cristiani progressisti a sostegno della candidatura a presidente del socialista Salvador Allende. Movimenti analoghi nacquero immediatamente dopo in Spagna e in Italia.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nel panorama italiano il primo convegno nazionale dei "Cristiani per il socialismo" si tenne a Bologna nel settembre del 1973, proprio nei giorni tragici della caduta e della fine di Salvador Allende. Il gruppo raccoglieva cristiani di sinistra che avevano vissuto con entusiasmo l'esperienza di apertura e rinnovamento della Chiesa cattolica seguita al Concilio Vaticano II. Furono diversi gli esponenti dell'associazionismo cattolico ad aderire all'idea di una "via cristiana al socialismo" e di un "socialismo dal volto umano". Le Acli in particolare manifestarono interesse per la nuova prospettiva di un socialismo cristiano.

Tra i simpatizzanti vi fu infatti un ex presidente delle Acli come Livio Labor (che l'anno prima aveva tentato di fondare un vero partito politico di cristiani di sinistra: il Movimento Politico dei Lavoratori[2]), altri provenienti dallo stesso movimento come Domenico Jervolino. Molti furono i giovani che avevano vissuto la contestazione del '68 nelle università come Marco Boato e Antonio Parisella. Personaggio carismatico del movimento fu un sacerdote salesiano come Giulio Girardi che svolse un ruolo di primo piano nell'organizzazione del movimento[3] e che aveva ben conosciuto l'esperienza cilena. Dell'esperienza fece parte anche Lidia Menapace, storica esponente della Resistenza cattolica. Attualmente tale componente è forte nei paesi dell'America Latina in particolare nei paesi come Venezuela, Ecuador, Bolivia e vi sono molti movimenti e partiti di ispirazione cristiana e socialista rifacenti per la maggior parte alla Teologia della Liberazione.

Il movimento ebbe vita breve e un'adesione significativa, ma piuttosto elitaria. La Chiesa cattolica lo osteggiò. A poco a poco il movimento, per le sue posizioni molto progressiste (tra le quali la scelta per NO al referendum sull'abrogazione del divorzio[4]), divenne espressione esclusiva dei "cattolici del dissenso". Negli anni successivi molti dei suoi esponenti svolsero attività politica, aderendo a diversi partiti della sinistra, chi alle correnti di sinistra del Partito Socialista Italiano (come Livio Labor), chi a Democrazia Proletaria e poi a Rifondazione Comunista come Domenico Jervolino.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giambattista Scirè, La "tregua armata", in Il divorzio in Italia: partiti, Chiesa, società civile dalla legge al referendum (1965-1974), Pearson Italia, 2007, p. 119. URL consultato l'8 gennaio 2020.
  2. ^ Simona Colarizi, 5. L'unità politica dei cattolici e la crisi della DC, in Un paese in movimento: l’Italia negli anni Sessanta e Settanta, Gius.Laterza & figli. URL consultato il 23 gennaio 2020.
  3. ^ Marta Margotti e Silvia Inaudi, Una carta geografica e culturale della sinistra cattolica, in La rivoluzione del Concilio: la contestazione cattolica negli anni Sessanta e Settanta, Edizioni Studium, o 2017. URL consultato il 23 gennaio 2020.
  4. ^ Sandro Magister, La politica vaticana e l'Italia, 1943-1978, Editori riuniti, pp. 445.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • José Ramos-Regidor e Aldo Gecchelin, Cristiani per il socialismo: storia, problematica e prospettive, Mondadori, 1977.
  • Giulio Girardi, Cristiani per il socialismo, perché?: questionne cattolica e questione socialista, Cittadella editrice, 1975.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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