Colore fugace

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Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il colore fugace (conosciuto anche con il sinonimo di falsa tinta) è una sostanza colorante che può essere facilmente applicata su carta, fibre tessili naturali o sintetiche, pelo, pelle o capelli, o altre superfici, che a causa di una bassa affinità con il materiale, può essere rimosso facilmente (più spesso per mezzo di un rapido risciacquo con acqua e sapone) senza lasciarne traccia o alterare le caratteristiche del substrato. I coloranti fugaci trovano impiego nell'industria tessile come mezzo di distinzione fra filati con differenti caratteristiche, in cosmesi come coloranti non permanenti e di rapida rimozione, nei prodotti per le arti grafiche e ricreative.

Il termine colorante fugace o falsa tinta deriva dalla tradizione tessile, con il quale si indicava già nel XVIII secolo quelle tinture (al tempo ottenute con materie prime di origine vegetale e minerale) non particolarmente resistenti e permanenti ovvero solide.[1]

Nel corso del XIX secolo alcune esigenze produttive soprattutto in campo tessile, hanno fatto sì che il termine finisse per identificare quei coloranti e pigmenti usati in filatura o torcitura, allo scopo di tingere i filati greggi e di poterli distinguere e riconoscere prima delle successive lavorazioni. Negli anni Cinquanta del XX secolo il termine è poi stato esteso a nuove sostanze coloranti facilmente lavabili, specificatamente sintetizzate per poter essere impiegate non solo nell'industria ma anche in cosmetica ed in prodotti per la grafica.

Nella stampa grafica[modifica | modifica wikitesto]

Gli inchiostri che quando immersi in acqua si rimuovono e scompaiono dal supporto, sono stati utilizzati deliberatamente per evitare che i francobolli rimossi dalle buste poste in ammollo potessero essere riutilizzatiː storico è il caso del francobollo Lilla-Verde della Regina Victoria del 1883.

Nei prodotti per l'arte[modifica | modifica wikitesto]

Anche se i pittori hanno sempre ricercato in prevalenza i colori più permanenti, non mancano casi di utilizzo di tinte fugaci dovute a diversi motivi: ignoranza per quanto riguarda la volatilità dei pigmenti, un maggiore interesse per l'effetto cromatico rispetto alla durabilità, utilizzando i colori disponibili anche se con pigmenti fuggitivi, o addirittura il desiderio di avere un dipinto che cambiasse aspetto nel tempo.[2] [3]

Nel settore tessile[modifica | modifica wikitesto]

Nel settore tessile, una rapida e precisa identificazione dei filati o dei tessuti è essenziale, ed il modo più semplice e più sicuro per raggiungerlo consiste nell'impartire loro un colore facilmente riconoscibile e distinguibile secondo un codice. La distinzione tra fibre diverse, forme diverse della stessa fibra, diverse lunghezze del fiocco, differenza fra la torcitura di tipo S o Z del filo, differenze fra le estremità in un ordito, sono di grande importanza nell'evitare problematiche di tessitura e difetti di maglieria. L'avvento delle fibre artificiali e sintetiche ha poi aggiunto ulteriori problematiche con la necessità di identificazione delle fibre. Fino a metà del 1900, poche sostanze coloranti potevano essere usate come coloranti fugaci, e spesso il loro utilizzo, pur risolvendo o migliorando l'efficienza di alcuni fasi della lavorazione tessile, comportava non pochi altri problemi o compromessi nelle lavorazioni successive.[4]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Dell'arte di tingere in filo in seta, in cotone, in lana ed in pelle, Venezia 1793. https://books.google.it/books?id=8qFbAAAAQAAJ&lpg=PA221&ots=J9xS5wYE0f&dq=%22falsa%20tinta%22&hl=it&pg=PA221#v=onepage&q=%22falsa%20tinta%22&f=false.
  2. ^ George Field, 4, in Thomas W. Salter (a cura di), Field's Chromatography or Treatise on Colours and Pigments as Used by Artists, Salter's, London, Project Guttenberg, 1869, p. 31. URL consultato il 9 marzo 2014.
  3. ^ Tiarna Doherty e Anne T. Woollett, Looking at Paintings: A Guide to Technical Terms, Revised, Los Angeles, J. Paul Getty Museum, 2009, p. 59.
  4. ^ Wesson A. J., H. C. Olpin (1953), The Application of Identification Tints, with particular reference to Acetate Rayon Staple, inː "Journal of the Society of Dyers and Colourists", 69: 357–362. doi:10.1111/j.1478-4408.1953.tb02780.x.