Chiese di Cerreto Sannita

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Piazza San Martino con l'omonima collegiata e la fontana dei Delfini

Le chiese di Cerreto Sannita sono state principalmente ricostruite a cavallo fra il XVII ed il XVIII secolo a seguito del terremoto del 5 giugno 1688 e della successiva ricostruzione del paese decretata dal conte Marzio Carafa ed eseguita dal regio ingegnere Giovanni Battista Manni. Autori della ricostruzione delle chiese furono le potenti confraternite ed i ricchi commercianti di panni lana che entro il 1750 edificarono circa venti luoghi sacri sparsi fra il centro storico e le numerose contrade rurali.

Lavorarono all'abbellimento delle chiese sia maestranze locali che napoletane come l'arienzano Giacomo Caldarisi e il milanese Giovanni Borrelli per gli stucchi, il napoletano Francesco Celebrano ed il solopachese Lucantonio D'Onofrio per i dipinti, i cerretesi Nicolò Russo ed i Marchitto per le pavimentazioni in maiolica.

Storia e aspetti artistici[modifica | modifica wikitesto]

Particolare della scultura romanico-bizantina raffigurante la Madonna della Libera

A causa delle distruzioni dovute ai diversi terremoti susseguitisi nel tempo e alla carenza di fonti scritte non è possibile indicare quali fossero stati i primi luoghi di culto in età paleocristiana. È invece storicamente provato[1] che con la conversione dei Longobardi al cattolicesimo la grotta della Morgia Sant'Angelo venne aperta al culto in onore di san Michele, loro protettore. La prima chiesa citata in un documento scritto è la Collegiata di San Martino di cui si ha notizia in un diploma dell'anno 972 dell'imperatore Ottone II di Sassonia che la confermava all'abate Gregorio di Santa Sofia in Benevento[2].

Con la ricostruzione del paese a seguito del terremoto del 5 giugno 1688, la riedificazione delle chiese in gran parte in siti diversi dai precedenti fu eseguita principalmente a spese delle diverse confraternite e di privati cittadini. Furono i mercanti di panni lana, singolarmente, a costruire le chiese di San Gennaro, di San Nicola e di San Giuseppe mentre le confraternite della Madonna di Costantinopoli (del ceto alto), di Sant'Antonio (del ceto medio) e di San Rocco (del ceto povero) edificarono i rispettivi luoghi di culto. Diversamente avvenne per la Collegiata di San Martino (costruita con il denaro della confraternita del Corpo di Cristo, dei feudatari Marino e Marzio Carafa e dell'Universitas) e per la Cattedrale, eretta con i fondi più volte richiesti ai Papi dai vescovi[3].

Al contrario di ciò che avvenne per la costruzione delle abitazioni, i cantieri delle strutture religiose durarono diversi decenni e si protrassero a volte sino alla metà del XVIII secolo. Tale lungaggine fu dovuta principalmente o alla carenza dei fondi (ad esempio per la Collegiata di San Martino) o alla priorità dell'opera edilizia data alle case ed agli opifici. Dalle macerie del sisma del 1688 si salvarono poche opere artistiche come tre dipinti che erano ubicati nell'oratorio della confraternita della Madonna di Costantinopoli e una tela raffigurante l'Ecce Homo, datata al XV secolo ed indicata come il più antico dipinto oggi conservato nel paese. Fra le sculture venne recuperata una statua lignea romanico bizantina oggi sita nel museo civico di arte sacra. Nelle chiese di Cerreto Sannita gli stucchi sono molto simili perché eseguiti dalla stessa persona, mastro Giacomo Caldarisi, salvo alcuni rifacimenti postumi del Borrelli nella Collegiata e nella chiesa di san Gennaro. La tecnica di pittura ad affresco è quasi inesistente, sostituita invece dalla raffigurazione a tempera mentre in quasi tutte le architetture religiose sono presenti resti di pavimenti in maiolica cerretese settecentesca[4][5].

A Cerreto Sannita verso la metà del XVIII secolo sostò l'artista Francesco Celebrano che eseguì numerosi dipinti come la tela posta sull'altare maggiore della chiesa di sant'Antonio, alcune lunette nel Santuario Madonna delle Grazie e la decorazione a tempera di alcune sale di palazzo Ungaro. È conservata nel Tesoro della Cattedrale una tela raffigurante la Crocifissione ed attribuita a Luca Giordano[6].

Chiese del centro storico[modifica | modifica wikitesto]

Chiese fuori dal centro storico[modifica | modifica wikitesto]

Chiese non più esistenti[modifica | modifica wikitesto]

Chiesa di Santa Maria dell'Annunciata o de Foresta[modifica | modifica wikitesto]

Era un edificio sacro sito nel verde di monte Alto, a nord della chiesa della Madonna della Libera e data la troppa lontananza veniva spesso trascurata dalle visite pastorali. Una prima citazione del luogo sacro risale al 1595 mentre l'ultima al 1686. Nel 1601 l'Universitas donò 6 ducati per l'acquisto di una campana mentre nel 1605 la sig.ra Diodora Rao fece voto di recarvisi scalza. Vi era un unico altare con un dipinto avente in basso diversi stemmi fra cui quello del feudatario che godeva del diritto di patronato dello stabile[8].

Chiesa di San Nicola[modifica | modifica wikitesto]

Venne edificata nell'attuale abitato a seguito del terremoto del 1688 da Giovan Angelo Rosato, ricco commerciante di panni lana. Nel suo testamento del 1708 che stilò il giorno stesso della morte, decise di donare alla chiesa 1400 ducati (circa 350.000 euro). Il suo cadavere fu posto temporaneamente nella Collegiata di San Martino in attesa che terminasse il cantiere dell'edificio. La chiesa trovava posto nell'attuale piazza Vincenzo Mazzacane e venne abbattuta nella metà del XX secolo. Il dipinto che trovava posto sull'altare è sito nella sacrestia della Collegiata[9].

Chiesa di San Paolo[modifica | modifica wikitesto]

Era un piccolo edificio sacro che doveva trovarsi nelle vicinanze della chiesa di San Giovanni dato che sino a pochi decenni fa la località veniva chiamata ancora "San Giovanni e San Paolo". Era di patronato dei germani Fabio, Tommaso e Martino Giamei che la fondarono nel XVI secolo. Nel 1686 risultava avere un solo altare con un dipinto raffigurante la Madonna[10].

Chiesa di San Sebastiano[modifica | modifica wikitesto]

Antica cappella rovinata agli inizi del XX secolo a causa di un dissesto del terreno sulla strada che conduce al Santuario della Madonna delle Grazie. Citata per la prima volta nel 1616, venne subito restaurata a seguito dei danni riportati nel 1688. Nel 1650 dinanzi alla chiesa per ordine del conte Diomede V Carafa venne assassinato il diacono Francesco Magnati, colpevole di aver denunciato le prepotenze del feudatario. L'esterno era con facciata a capanna ed aveva un piccolo campanile al centro[8].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Vigliotti Nicola, Il Culto Micaelico nella Grotta della Leonessa, Nuova Impronta, 2000.
  2. ^ Renato Pescitelli, La Chiesa Collegiata di San Martino Vescovo in Cerreto Sannita, Don Bosco, 1990. Cap. II
  3. ^ ANCeSCAO Cerreto Sannita, Guida di Cerreto Sannita 2009, ANCeSCAO, 2008.
  4. ^ AA.VV., Cerreto Sannita: Testimonianze d'arte tra Settecento e Ottocento, E.S.I., 1991.
  5. ^ ANCeSCAO Cerreto Sannita, Guida di...
  6. ^ AA.VV, Cerreto Sannita: Testimonianze...
  7. ^ ANCeSCAO Cerreto Sannita, Guida di.., pag. 43.
  8. ^ a b Renato Pescitelli, Chiesa Telesina.., pag. 94.
  9. ^ Renato Pescitelli, Palazzi.., pag. 265.
  10. ^ Renato Pescitelli, Chiesa Telesina.., pag. 93.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • AA.VV., Cerreto Sannita: Testimonianze d'arte tra Settecento e Ottocento, E.S.I., 1991.
  • ANCeSCAO Sez. di Cerreto Sannita, Guida di Cerreto Sannita 2009, ANCESCAO, 2008.
  • Mario Rotili, L'Arte nel Sannio, Ente Provinciale per il Turismo, 1952.
  • Nicola Ciaburri, La ricostruzione di Cerreto Sannita dopo il terremoto del 1688 in: Illuminismo meridionale e Comunità locali, ed. Guida, 1987.
  • Nicola Ciaburri, Di Città cadute per tremuoti... in: Cerreto Sannita - laboratorio di progettazione 1988, edizioni Kappa, 1989.
  • Vincenzo Mazzacane, Memorie storiche di Cerreto Sannita, Liguori Editore, 1990.
  • Renato Pescitelli, Chiesa Telesina: luoghi di culto, di educazione e di assistenza nel XVI e XVII secolo, Auxiliatrix, 1977.
  • Renato Pescitelli, La Chiesa Cattedrale, il Seminario e l'Episcopio in Cerreto Sannita, Laurenziana, 1989.
  • Renato Pescitelli, La Chiesa Collegiata di San Martino Vescovo in Cerreto Sannita, Don Bosco, 1990.
  • Renato Pescitelli, Palazzi, Case e famiglie cerretesi del XVIII secolo: la rinascita, l'urbanistica e la società di Cerreto Sannita dopo il sisma del 1688, Don Bosco, 2001.
  • Pro Loco Cerreto Sannita, Una passeggiata nella storia, Di Lauro, 2003.
  • Nicola Rotondi, Memorie storiche di Cerreto Sannita, manoscritto inedito conservato nell'Archivio Comunale, 1870.
  • Nicola Vigliotti, I Giustiniani e la ceramica cerretese, LER, 1970.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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