Chiesa di Sant'Antonio di Castello

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Chiesa di Sant'Antonio di Castello
Punta Sant'Antonio, con la chiesa e il convento omonimi, nella mappa di Jacopo de' Barbari del 1500.
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneVeneto
LocalitàVenezia
Coordinate45°25′43.68″N 12°21′26.41″E / 45.428801°N 12.357337°E45.428801; 12.357337
Religionecattolica
TitolareAntonio abate
Patriarcato Venezia
Inizio costruzione1346
Demolizione1810

La chiesa di Sant'Antonio di Castello, ufficialmente chiesa di Sant'Antonio Abate, era un edificio religioso di Venezia.

Situata all'estremità sudorientale del sestiere di Castello, fu demolita nel 1810 per far spazio ai giardini Napoleonici.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Apparizione dei crocifissi del monte Ararat nella chiesa di Sant'Antonio di Castello del Carpaccio, in cui sono raffigurati gli interni della chiesa.

Venne fondata, con il monastero annesso, nel 1346 da fra Giotto degli Abbati, priore dei Canonici regolari di Sant'Antonio di Vienne. Nel 1471 per decisione del senato veneziano fu affidata ai Canonici regolari lateranensi di San Salvador[1]. Nel 1581, il monastero ospitava 35 religiosi.[2]

Edificio[modifica | modifica wikitesto]

L'aspetto originario dell'edificio ci è noto per l'interno grazie all'Apparizione dei Crocifissi del Monte Ararat nella chiesa di Sant'Antonio di Castello dipinto da Vittore Carpaccio e per la facciata dalla mappa del de' Barbari.

Quest'ultima fu ricostruita nel Cinquecento, forse su un progetto del Sansovino, e di questa versione ci rimangono alcune più tarde rappresentazioni ad acquaforte.

All'interno si trovavano dodici altari, tra i quali spiccavano quelli dei Cappello, Pasqualigo, Ottoboni e Querini. Vi erano conservate opere di Pietro Malombra, Pietro Mera, Bonifacio dei Pitati e dello scultore Guido Mazzoni (il pregevole gruppo del Compianto sul Cristo morto, andato distrutto, solo qualche frammento è conservato nei Musei Civici di Padova).

Vi erano tumulate le salme di personalità illustri, quali il doge Antonio Grimani, l'ammiraglio Nicolò Cappello, il diplomatico Pietro Pasqualigo e il capitano generale Vettor Pisani.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Alvise Zorzi, Venezia scomparsa, 2ª ed., Milano, Electa, 1984 [1972].
  • Umberto Franzoi e Dina Di Stefano, Le chiese di Venezia, Venezia, Alfieri, 1976.
  • Antonio Foscari e Manfredo Tafuri, Sebastiano da Lugano, i Grimani e Jacopo Sansovino. Artisti e committenti nella chiesa di Sant'Antonio di Castello, in Arte veneta, n. 36, Venezia, Alfieri, 1982, pp. 100-123.
  • Odilla Battiston (a cura di), Chiese e monasteri distrutti a Castello dopo il 1807 (S. Domenico, S. Nicolo di Bari, Ospedale di Messer Gesu Cristo, Seminario Ducale, convento della Cappuccine, S. Antonio), Venezia, Filippi, 1992.
  • Elena Bassi, Tracce di chiese veneziane distrutte: ricostruzioni dai disegni di Antonio Visentini, Venezia, Istituto Veneto di Scienze Lettere ed arti, 1997.
  • Alessandro Gaggiato, Le chiese distrutte a Venezia e nelle isole della Laguna, Venezia, Supernova, 2019.

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