Chiesa di Sant'Agostino (Siena)

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Chiesa di Sant'Agostino
Veduta dell'esterno
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneToscana
LocalitàSiena
Coordinate43°18′51.8″N 11°19′53.03″E / 43.31439°N 11.331398°E43.31439; 11.331398
Religionecattolica di rito romano
TitolareAgostino d'Ippona
Arcidiocesi Siena-Colle di Val d'Elsa-Montalcino
Stile architettonicoGotico, barocco
Inizio costruzione1258
Completamentoprimi anni del XIV secolo, ristrutturazione dell'interno dal 1747 al 1755

La chiesa di Sant'Agostino è un luogo di culto cattolico di Siena, sito in Prato Sant'Agostino.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La costruzione della chiesa e dell'attiguo convento fu iniziata dagli Agostiniani a partire dal 1258 e si protrasse per oltre cinquant'anni, subendo nel corso dei secoli ampliamenti e risistemazioni, soprattutto nel corso del Quattrocento, tra il 1450 e il 1490. Nel novembre 1492, in un codicillo delle sue disposizioni testamentarie, il conte Baldo di Mariotto Lucarini, Patrizio Senese, destinò 50 fiorini alle spese relative all'esecuzione della pala dell'altare maggiore.

In seguito a un rovinoso incendio nel 1747 richiese un completo rinnovo, che venne curato da Luigi Vanvitelli, dal 17 luglio 1747 al 1755. Nel 1785 la vicina parrocchia di san Salvatore si unì nella chiesa che quindi assunse titolo parrocchiale. All'inizio del XIX secolo, con le soppressioni napoleoniche degli ordini religiosi, gli agostiniani dovettero lasciare il convento che fu affidato al Convitto Tolomei. Gli agostiniani tornarono dopo pochi anni per reggere la parrocchia, ma non potendo rioccupare il convento dovettero sistemarsi in una piccola casetta. Alla fine del XX secolo hanno lasciato definitivamente la struttura e la chiesa è affidata alla Diocesi senese.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Architettura[modifica | modifica wikitesto]

Fianco sinistro, facciata e portico

La semplice facciata, originariamente in cotto, è nascosta da un atrio colonnato ottocentesco di Agostino Fantastici, in stile neoclassico, che introduce all'ex-convento.

L'interno settecentesco a croce latina consta di un'unica navata dotata di poderose colonne e voltata a crociere. Il transetto è sporgente e dotato di quattro cappelle laterali, due per parte. Chiude l'edificio un profondo presbiterio. La navata conserva i poderosi altari in marmi policromi eretti tra la fine del secolo XVI e l'inizio di quello successivo. All'epoca dell'intervento vanvitelliano risalgono le quattro statue in stucco della navata centrale e del transetto opera di Giuseppe Mazzuoli e di Giuseppe Silini.

Navata[modifica | modifica wikitesto]

L'interno
La Crocifissione del Perugino (1502-1504)

Ricchissimo il patrimonio artistico conservato nella chiesa. Nei quattro altari di sinistra della navata troviamo:

Nei quattro altari di destra troviamo:

Sulla cantoria in controfacciata si trova l'organo a canne, costruito tra il 1522 e il 1526 (anno della morte dell'organaro) da Giuseppe Piffero e portato a termine da un ignoto tra il 1533 e il 1538; alloggiato all'interno di una doppia cassa (quella anteriore barocca realizzata probabilmente da Giuseppe Silini nel 1770, quella posteriore secondo le misure rinascimentali frutto del restauro di Francesco Zanin del 1987), è a trasmissione integralmente meccanica ed ha 5 registri su unico manuale, e pedaliera costantemente unita alla tastiera.

Transetto[modifica | modifica wikitesto]

Sibilla Eritrea di Luca Signorelli

Nel transetto sinistro è collocato il monumento funerario di Agostino Chigi, già rettore dello Spedale di Santa Maria della Scala, realizzato nel 1631 da Tommaso Redi. Troviamo poi la statua in legno policromo di San Nicola da Tolentino di un artista prossimo a Giacomo Cozzarelli (fine del XV secolo).

Nella cappella in fondo a sinistra spicca la tela di Rutilio Manetti con Sant'Antonio tentato dal diavolo (1630 circa). Di fronte c'è invece un affresco con il monumento funerario della famiglia Fondi di Bartolomeo Neroni, detto il Riccio (seconda metà del XVI secolo). L'altare della cappella reca infine una tela di Stefano Volpi con il Battesimo di Gesù (1626). L'altra cappella del transetto sinistro presenta opere moderne.

Nel transetto destro è esposta una tela con la morte di san Tommaso da Villanova di Raffaello Vanni (1664) e il monumento sepolcrale di Orso d'Elci di Giovanni Antonio Mazzuoli.

Nella cappella Lucarini diversi lavori furono fatti da Domenico Cafaggi detto Capo, tra il 1605 e il 1606.

Nella cappella in fondo a destra, la cappella Bichi, sono stati recentemente messi in luce importantissimi affreschi risalenti al Quattrocento, prima del rinnovamento vanvitelliano del Settecento. Si tratta di due Sibille affrescate da Luca Signorelli nelle lunette della volta e di due affreschi monocromo raffiguranti la Nascita della Vergine e la Natività di Gesù, di Francesco di Giorgio Martini e bottega, forse con la collaborazione di Pietro degli Orioli. La stessa cappella ha un pavimento maiolicato del 1488 di Pietro e Niccolò Mazzaburroni e ospita anche una tela raffigurante San Cristoforo del 1755 del pittore Niccolò Franchini. L'altra cappella del transetto destro presenta opere moderne, ad eccezione di una statua in legno dipinto raffigurante la Madonna col Bambino di un ignoto artista quattrocentesco.

Presbiterio[modifica | modifica wikitesto]

Nel presbiterio spiccano l'altare maggiore con il tabernacolo in marmi policromi di Flaminio Del Turco (inizio del XVII secolo) e Il monumentale ciborio a tempietto con il bassorilievo di Cristo risorto e i due angeli adoranti di Francesco, Giovanni Antonio e Giuseppe Mazzuoli.

Cappella Piccolomini[modifica | modifica wikitesto]

Maestà di Ambrogio Lorenzetti (1337-1338)

Da una porta posta sulla parete destra della navata si accede alla celebre Cappella Piccolomini, così chiamata per la completa ristrutturazione della cappella preesistente voluto dall'omonima famiglia alla fine del XVI secolo. Vi si accede transitando da un vano dove è esposto il monumento marmoreo a Papa Pio II scolpito da Giovanni Duprè nel 1850. La cappella mostra l'altare Piccolomini, in marmi policromi, fatto erigere nel 1596, che racchiude il dipinto su tavola del Sodoma con l'Adorazione dei Magi;

Sulla parete opposta è visibile in una lunetta il celebre affresco raffigurante la Maestà di Ambrogio Lorenzetti, databile al 1337-1338. L'affresco, che è anche l'opera più antica conservata in chiesa, si salvò solo perché il progetto di trasformazione operato dalla famiglia Piccolomini portò ad addossare il poderoso altare contro la parete della Maestà del Lorenzetti. Venendo quest'ultima oscurata dall'altare, nessuno si curò di eliminarla, a differenza di altri affreschi che presumibilmente erano presenti nella cappella e che risultano oggi irrimediabilmente perduti. L'affresco fu riscoperto nel 1944, quando si volle mettere la tavola del Sodoma al sicuro dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. L'intero altare Piccolomini venne quindi spostato sul lato opposto della Cappella, dove si trova ancora oggi, permettendo alla Maestà del Lorenzetti di tornare alla luce.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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