Celebrazione dei 2500 anni dell'Impero Persiano

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il cilindro di Ciro si trova al centro dell'emblema per la celebrazione dei 2500 anni dell'Impero persiano

La Celebrazione dei 2500 anni dell'Impero Persiano è consistita in una complessa serie di cerimonie che hanno avuto luogo dal 12 al 16 ottobre 1971, in occasione del 2500º anniversario della fondazione dell'Impero Achemenide (il primo Impero Persiano) da parte di Ciro il Grande. L'intento della celebrazione era quello di glorificare l'antica civiltà e la storia iraniana per mostrare i suoi progressi contemporanei sotto Mohammad Reza Pahlavi, lo Scià dell'Iran, che si mostrava il restauratore dell'"Onore" della Persia.

Nastrino della medaglia commemorativa dei 2500 anni
Nastrino della medaglia di Persepoli

Preparativi[modifica | modifica wikitesto]

Celebrazione dei 2500 anni dell'Impero persiano a Persepoli, ottobre 1971.

La pianificazione dell'evento durò un intero anno, secondo il documentario della BBC Storyville Decadence and Downfall: The Shah of Iran's Ultimate Party, che ha intervistato le persone incaricate dallo Scià di organizzare la festa. Il cilindro di Ciro venne inserito nel logo ufficiale come simbolo dell'evento. Con la decisione di tenere la manifestazione principale presso l'antica città di Persepoli, vicino Shiraz, le infrastrutture locali dovettero essere migliorate, e tra queste l'aeroporto di Shiraz e una strada per Persepoli. Mentre la stampa e il personale di supporto erano alloggiati a Shiraz, le principali commemorazioni vennero pianificate a Persepoli che per l'occasione divenne il sito di una tendopoli molto sofisticata. La zona intorno a Persepoli venne disinfestata dai serpenti e altri rettili.[1] Altri eventi si svolsero a Pasargadae, il sito della Tomba di Ciro, e a Teheran.

La città tendata di Persepoli[modifica | modifica wikitesto]

Città tendata di Persepoli nel 1971

La Città tendata (o Golden City) fu progettatata dalla Maison Jansen di Parigi, specializzata in arredamenti d'interni, su una superficie di 0,65 km², ispirandosi all'incontro tra Francesco I di Francia e Enrico VIII d'Inghilterra avvenuto nel campo del Drappo d'Oro nel 1520.[1] Vennero realizzate cinquanta 'tende' (in effetti degli appartamenti di lusso prefabbricati, ricoperti all'esterno con una tenda in tela secondo la tradizione persiana) disposte a stella intorno ad una fontana centrale, e con un gran numero di alberi, piantati intorno all'accampamento in pieno deserto, ricreando quella che doveva essere l'antica Persepoli. Ogni tenda aveva collegamenti telefonici e telex diretti con il paese dei personaggi ospitati e tutte le celebrazioni vennero trasmesse in mondovisione per mezzo di un collegamento via satellite.

La grande Tenda d'onore venne progettata per ospitare i dignitari. La Sala dei banchetti era la struttura più grande e misurava 68 × 24 metri. Il sito tendato era circondato da giardini di alberi e altre piante giunte dalla Francia e disposti nelle adiacenze delle rovine di Persepoli. I servizi di ristorazione vennero forniti da Maxim de Paris, che chiuse il suo ristorante a Parigi per quasi due settimane per approntare il servizio. Il leggendario albergatore Max Blouet decise di rientrare dal pensionamento per supervisionare il banchetto. Lanvin disegnò le divise della servitù della famiglia imperiale. 250 limousine rosse della Mercedes-Benz vennero utilizzate per portare gli ospiti dall'aeroporto a Persepoli e ritorno. Le stoviglie furono create, per l'occasione, dalla manifattura di Limoges e la biancheria da Porthault.

Tenda a Persepoli nel 1971

Festeggiamenti[modifica | modifica wikitesto]

Tomba di Ciro a Pasargadae, dove è iniziata la calebrazione.
Immortali, durante le celebrazioni.

I festeggiamenti vennero aperti il 12 ottobre 1971, quando lo Scià e la moglie resero omaggio alla tomba di Ciro il Grande nel suo mausoleo a Pasargadae. Per i due giorni seguenti, lo Scià e la moglie accolsero gli ospiti che arrivano, direttamente dall'aeroporto di Shiraz. Il 14 ottobre, venne data una grande cena di gala, nella Sala dei banchetti, in occasione del compleanno della moglie dello Scià. Sessanta membri di famiglie reali e capi di stato si radunarono presso l'unico grande tavolo a serpentina presente nella Sala dei banchetti. Il brindisi ufficiale fu fatto con Dom Perignon Rosé 1959.

I cibi e i vini vennero forniti dal ristorante Maxim's.[2] Il menù era:

  • Uova di quaglia stufate con caviale imperiale del mar Caspio (allo Scià vennero serviti carciofi dato che era allergico al caviale), Champagne e Château de Saran
  • Mousse di code di gamberi con salsa Nantua, Château Haut-Brion Blanc 1964
  • Arrosto di sella d'agnello con tartufi, Château Lafite Rothschil 1945
  • Sorbetto di champagne, Moët et Chandon 1911
  • 50 pavoni arrosto - antico simbolo nazionale dell'Iran, con inserite le piume della coda, ripieni di foie gras, accompagnati da quaglie arrosto e un'insalata di noci e tartufo, Musigny Comte Georges de Vogüé 1945
  • Anello di fichi freschi con panna, glassato al Porto, con lampone, champagne e sorbetto, Dom Pérignon Rose 1959 riserva vintage
  • Caffè
  • Cognac, Prince Eugene of Savoy

Seicento ospiti cenarono per più di cinque ore e mezzo, rendendo così il banchetto, come il più lungo e sontuoso ricevimento ufficiale nella storia moderna come registrato nelle edizioni successive del Guinness dei Primati. Seguì uno spettacolo di suoni e luci, il Polytope of Persepolis, una creazione di Iannis Xenakis, accompagnato dal pezzo di musica elettronica, Persepolis, appositamente commissionato[3] a conclusione della serata. Il giorno successivo ci fu una sfilata di eserciti di diversi imperi iraniani che coprì due millenni e mezzo di storia. Sfilarono 1.724 uomini delle forze armate iraniane, tutti in costume d'epoca. In serata, si tenne una "festa persiana tradizionale", meno formale, nella Sala dei banchetti come evento conclusivo a Persepoli.[4]

L'ultimo giorno, lo Shah inaugurò la Torre Shahyad (in seguito ribattezzata Torre Azadi dopo la rivoluzione iraniana) a Teheran, per commemorare l'evento. La torre è stata anche sede del Museo di Storia persiana. In essa è stato esposto il cilindro di Ciro, che lo Scià promosse come "la prima carta dei diritti umani della storia".[5][6] Il cilindro fu anche il simbolo ufficiale delle celebrazioni, e il primo discorso dello Scià alla tomba di Ciro, elogiò la libertà che esso aveva proclamato, due millenni e mezzo prima. I festeggiamenti si conclusero con l'omaggio che lo Scià rese a suo padre, Reza Shah Pahlavi, al suo mausoleo.[4]

L'evento riunì i sovrani di due delle più antiche monarchie esistenti, lo Scià e l'imperatore Haile Selassie d'Etiopia. Entro la fine del decennio, le due monarchie avrebbero cessato di esistere.

Sicurezza[modifica | modifica wikitesto]

La sicurezza fu una preoccupazione importante. Persepoli fu il luogo privilegiato per i festeggiamenti poiché isolato e quindi poteva essere ben protetto, una considerazione molto importante quando molti dei leader mondiali erano radunati lì. I servizi di sicurezza dell'Iran, SAVAK, arrestarono e presero in "preventiva custodia" chiunque fosse sospettato di essere un potenziale "piantagrane".[1]

Critiche[modifica | modifica wikitesto]

Critiche vennero espresse dalla stampa occidentale e da religiosi musulmani, come Khomeini e i suoi seguaci; Khomeini chiamò l'evento la "festa del Diavolo".[1] Il Ministero della Corte iraniana disse che la spesa era stata di 17 milioni di dollari, mentre Ansari, uno degli organizzatori, parlò di 22 milioni di dollari.[1] La cifra reale è difficile da calcolare esattamente, ma potrebbe aver superato i 200 milioni di dollari. I difensori delle celebrazioni sottolineano i benefici prodotti dall'evento, come ad esempio l'apertura di musei, il miglioramento delle infrastrutture e il suo effetto positivo sulle pubbliche relazioni internazionali dell'Iran.

Elenco degli ospiti[modifica | modifica wikitesto]

Moneta commemorativa di una serie di 9 monete in oro e argento, coniate in occasione della celebrazione

Alla regina Elisabetta II d'Inghilterra venne consigliato di non partecipare, per problemi di sicurezza.[1] Venne rappresentata dal marito Filippo di Edimburgo e dalla figlia Anna.[7] Fra gli altri governanti che non parteciparono vi furono il presidente degli USA Richard Nixon e quello francese Georges Pompidou. Nixon aveva in precedenza pensato di partecipare, ma successivamente inviò il vicepresidente Spiro Agnew.[1]

Alcuni degli ospiti invitati:

Re e principi[modifica | modifica wikitesto]

Titolo Ospite Paese
Imperatore Hailé Selassié[7] Bandiera dell'Etiopia Etiopia
Re Federico IX Bandiera della Danimarca Danimarca
Regina Ingrid
Re Baldovino Bandiera del Belgio Belgio
Regina Fabiola
Re Hussein Bandiera della Giordania Giordania
Principessa Muna
Re Mahendra Bandiera del Nepal Nepal
Regina Ratna
Re Olav V Bandiera della Norvegia Norvegia
Emiro Sheikh Isa bin Salman Al Khalifa Bandiera del Bahrein Bahrein
Emiro Sheikh Ahmad bin Ali Al Thani Bandiera del Qatar Qatar
Emiro Sheikh Sabah III Al-Salim Al-Sabah Bandiera del Kuwait Kuwait
Re Costantino II Bandiera della Grecia Grecia
Regina Anna Maria
Sultano Qabus dell'Oman Bandiera dell'Oman Oman
Sardar Abdul Wali Khan Bandiera dell'Afghanistan Afghanistan
Principessa Bilqis Begum
Re Moshoeshoe II Bandiera del Lesotho Lesotho
Re Tunku Abdul Halim Bandiera della Malaysia Malaysia
Regina Tuanku Bahiyah
Presidente Zayed bin Sultan Al Nahyan Bandiera degli Emirati Arabi Uniti Emirati Arabi Uniti
Principe Franz Josef II Bandiera del Liechtenstein Liechtenstein
Principessa Georgina von Wilczek
Principe Ranieri III Bandiera di Monaco Monaco
Principessa Grace di Monaco
Granduca Jean Bandiera del Lussemburgo Lussemburgo
Granduchessa Josephine Charlotte
Principe Bernhard von Lippe-Biesterfeld Bandiera dei Paesi Bassi Paesi Bassi
Duca di Edimburgo Filippo Bandiera del Regno Unito Regno Unito
Principessa Anna
Principe Aga Khan IV Bandiera della Francia Francia
Begum Begum Om Habibeh Aga Khan
Principe della Corona Carl Gustaf Bandiera della Svezia Svezia
Principe Juan Carlos Bandiera della Spagna Spagna
Principessa Sofia
Principe Vittorio Emanuele Bandiera dell'Italia Italia
Principessa Marina
Principe Takahito, principe Mikasa Bandiera del Giappone Giappone
Principessa Yuriko, principessa Mikasa
Principe Bhanubandhu Yugala Bandiera della Thailandia Thailandia
Principe Moulay Abdallah Bandiera del Marocco Marocco
Principessa Lamia
Governatore Generale Roland Michener Bandiera del Canada Canada
Governatore Generale Paul Hasluck Bandiera dell'Australia Australia

Presidenti e Primi Ministri[modifica | modifica wikitesto]

Titolo Ospite Paese
Presidente Josip Broz Tito bandiera Jugoslavia
First Lady Jovanka Broz
Presidente Nikolaj Podgornyj Bandiera dell'Unione Sovietica Unione Sovietica
Presidente Franz Jonas Bandiera dell'Austria Austria
Presidente Todor Živkov Bandiera della Bulgaria Bulgaria
Presidente Emílio Garrastazu Médici Bandiera del Brasile Brasile
Presidente Urho Kekkonen Bandiera della Finlandia Finlandia
Presidente Cevdet Sunay Bandiera della Turchia Turchia
Presidente Pál Losonczi Bandiera dell'Ungheria Ungheria
Presidente Suharto Bandiera dell'Indonesia Indonesia
Presidente Ludvík Svoboda Bandiera della Cecoslovacchia Cecoslovacchia
Presidente Yahya Khan Bandiera del Pakistan Pakistan
Presidente Sulayman Farangiyye Bandiera del Libano Libano
Presidente Jacobus Johannes Fouché Bandiera del Sudafrica Sudafrica
Presidente Léopold Sédar Senghor Bandiera del Senegal Senegal
Presidente Varahagiri Venkata Giri Bandiera dell'India India
Presidente Moktar Ould Daddah Bandiera della Mauritania Mauritania
Presidente Hubert Maga Bandiera del Benin Benin
Presidente Nicolae Ceaușescu Bandiera della Romania Romania[7]
First Lady Primo ministro Elena Ceaușescu
Presidente Mobutu Sese Seko Bandiera dello Zaire Zaire
Presidente Rudolf Gnägi Bandiera della Svizzera Svizzera
Primo Ministro Jacques Chaban-Delmas Bandiera della Francia Francia
Primo Ministro Kim Jong-pil Bandiera della Corea del Sud Corea del Sud
Primo Ministro Emilio Colombo Bandiera dell'Italia Italia
Primo Ministro Prince Makhosini Bandiera dell'eSwatini eSwatini
Vice Presidente Mieczysław Klimaszewski Bandiera della Polonia Polonia
Vice Presidente Spiro Agnew Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Vice Presidente del Congresso nazionale del popolo Guō Mòruò Bandiera della Cina Cina
Presidente del Bundestag Kai-Uwe von Hassel bandiera Germania Ovest
Ministro degli Esteri Rui Patricio Bandiera del Portogallo Portogallo
First Lady Imelda Marcos Bandiera delle Filippine Filippine
Cardinale Maximilien de Fürstenberg Bandiera della Città del Vaticano Città del Vaticano

Film[modifica | modifica wikitesto]

L'ente cinematografico iraniano produsse un documentario sulle celebrazioni, intitoloato Forugh-e Javidan (in persiano: فروغ جاویدان) e Flames of Persia in inglese. Venne diretto da Farrokh Golestan e Orson Welles accetto di fare da voce narrante, sul testo in inglese scritto da Macdonald Hastings, in cambio del fatto che il fratellastro dello Scià finanziò il suo film, The Other Side of the Wind.[8][9] Il film era dedicato ad un pubblico occidentale.[10] Nonostante l'obbligo di programmare il film in 60 cinema di Teheran, la sua "retorica surriscaldata" e il risentimento popolare alla stravaganza della manifestazione, non ebbe gran successo. [11]

Oggi[modifica | modifica wikitesto]

Rovine delle tende usate durante la celebrazione, 2007

Persepoli rimane una grande attrazione turistica dell'Iran e a quanto pare ci sono suggerimenti per riabilitare il sito archeologico in quanto proclamazione della storia iraniana.[7] Nel 2005, è stato visitato da circa 35 000 visitatori durante il capodanno iraniano.[7]

La città tendata rimase operativa fino al 1979, per attività private e governative, quando fu saccheggiata dagli attivisti pro-Khomeini dopo la partenza dello Scià. I tondini di ferro delle tende e le strade dell'area del festival, restano e sono aperte come un parco, ma non ci sono indicazioni o riferimenti a ciò che erano.[12] La rinominata Torre Azadi rimane come un importante punto di riferimento a Teheran.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g Kadivar C, We are awake. 2,500-year celebrations revisited, su iranian.com, 25 gennaio 2002. URL consultato il 23 ottobre 2006.
  2. ^ Willem Van Kemenade, Iran's relations with China and the West (PDF), su Clingendael, novembre 2009. URL consultato il 9 agosto 2013 (archiviato dall'url originale il 14 dicembre 2013).
  3. ^ Z. Karkowski, J. Harley, F. Szymanksi e B. Gable, Liner Notes, in Iannis Xenakis: Persepolis + Remixes, San Francisco, Asphodel LTD., 2002.
  4. ^ a b The Persepolis Celebrations, su angelfire.com. URL consultato il 23 ottobre 2006.
  5. ^ British Museum, note esplicative del "cilindro di Ciro": "Per quasi 100 anni il cilindro è stato considerato come antica propaganda mesopotamica. La situazione è cambiata nel 1971, quando lo Scià di Persia lo usò come immagine centrale della sua stessa propaganda per celebrare i 2500 anni di monarchia iraniana. In Iran, il cilindro è apparso sulle monete, banconote e francobolli. Pur essendo un documento babilonese è diventato parte dell'identità culturale iraniana."
  6. ^ Neil MacGregor, "The whole world in our hands", in Art and Cultural Heritage: Law, Policy, and Practice, p. 383–4, ed. Barbara T. Hoffman. Cambridge University Press, 2006. ISBN 0-521-85764-3
  7. ^ a b c d e Robert Tait, Iran to rebuild spectacular tent city at Persepolis, in The Guardian, Persepolis, 22 settembre 2005. URL consultato l'8 agosto 2013.
  8. ^ Hamid Naficy, Iranian Cinema, in Oliver Leaman (a cura di), Companion Encyclopedia of Middle Eastern and North African Film, Routledge, 16 dicembre 2003, p. 140, ISBN 978-1-134-66252-4. URL consultato il 15 febbraio 2016.
  9. ^ Orson Welles, This is Orson Welles, Perseus Books Group, 1998, p. xxvii, ISBN 978-0-306-80834-0.
  10. ^ James A.F. Watson, Stop, look, and listen: orientalism, modernity, and the Shah’s quest for the West’s imagination (PDF), in The UBC journal of Political Studies, vol. 17, Vancouver, Department of Political Science at the University of British Columbia, marzo 2015, pp. 22–36: 26–28 (archiviato dall'url originale il 22 febbraio 2016).
  11. ^ Hamid Naficy, A Social History of Iranian Cinema, Volume 2: The Industrializing Years, 1941–1978, Duke University Press, 16 settembre 2011, p. 139, ISBN 978-0-8223-4774-3. URL consultato il 15 febbraio 2016.
  12. ^ Iran Daily, Team Named For Renovating Persepolis, su iran-daily.com, 23 giugno 2007. URL consultato il 9 marzo 2008 (archiviato dall'url originale il 2 luglio 2007).

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