Castello di Acaya

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Castello di Acaya
Il torrione circolare
StatoContea di Lecce, Regno di Napoli
Stato attualeBandiera dell'Italia Italia
RegionePuglia
CittàAcaya
IndirizzoLargo Castello
Coordinate40°20′00.84″N 18°17′46.03″E / 40.333566°N 18.29612°E40.333566; 18.29612
Mappa di localizzazione: Italia
Castello di Acaya
Informazioni generali
Tipocastello
Stilerinascimentale-barocco
Costruzione1506-1608
CostruttoreGian Giacomo dell'Acaya
Primo proprietariofamiglia Acaya
Condizione attualerestaurato
Visitabilesi
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Il castello di Acaya, si trova nel Salento, 8 km a sud est di Lecce . Il castello sorge nel luogo dove sorgeva il piccolo insediamento medievale di Segine, di proprietà dei dell'Acaya, centro che nel 1535 mutò nome in Acaya, proprio dal nome della famiglia baronale.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1294 Carlo II D'Angiò donò Segine (antico nome di Acaya) a Gervaso dell'Acaya, valoroso capitano, la cui famiglia la possedette per tre secoli. Nel 1506 Alfonso di Acaya costruì il nucleo più antico del Castello; suo figlio Giangiacomo nel 1535 la fece cingere di mura, fece fortificare il castello con baluardi, bastioni e fossato e diede al villaggio un piano urbanistico. Morto Giangiacomo nel 1570 ,il feudo di Acaya passò al Regio Fisco e successivamente, nel 1608, ad Alessandro De Montibus che la fortificò ulteriormente per timore delle incursioni turche.[1] Verso la fine del secolo XVII, estintosi il ramo principale della famiglia De Montibus, il feudo tornò alla Corte Regia che nel 1688 lo vendette ai De Montibus-Sanfelice i quali, nello stesso anno lo vendettero ai Vernazza. I Vernazza fortunatamente non lo modificarono e passò così indenne attraverso il barocco conservando la sua struttura tipica di rocca rinascimentale. Il 23 settembre 1714, la cittadella fortificata fu attaccata ed espugnata per la prima volta dai pirati saraceni. Dai Vernazza fu venduto alla famiglia Onofrio Scarciglia da Lecce e poi alla famiglia Rugge. Per ultimo è stato acquistato dall'Amministrazione Provinciale di Lecce.[2]

Struttura[modifica | modifica wikitesto]

mappa
Veduta del castello e della porta

La rocca cinquecentesca seguì i dettami dell'epoca nell'ambito della fortificazione alla moderna. L'edificio infatti si presenta come un quadrilatero a cui vertici si innestano i bastioni, di forma bassa e robusta, adatti alla difesa\attacco contro armi da fuoco. In particolare in direzione N-W e S-E si innestano due speroni di forma triangolare, che con il loro profilo meglio si adattavano a deviare eventuali attacchi provenienti da armi da fuoco, ai due lati opposti si innestano invece possenti torrioni circolari. Tutti i bastioni posseggono cannoniere a tutti i livelli. L'impianto risulta opera dell'architetto militare Gian Giacomo dell'Acaya, figlio di Alfonso, per conto di Carlo V. Tale fortezza risulta tra le più innovative e meglio curate di tutto il "Vice Regno di Napoli", infatti il Dell'Acaya era uno dei più noti architetti militari del XVI secolo.[3] Nel vertice Sud-Est di tale fortezza, innestò un baluardo a forma di lancia, con scarpatura e difesa e cannoniere su due livelli, viene qui sperimentata per la prima volta la difesa radente. Un'epigrafe sul bastione, ricorda, la fine dei lavori nel 1536. I dell'Acaya si occuparono oltre che dell'edificazione della rocca, anche della difesa dell'intero abitato utilizzando anche qui i concetti più aggiornati dell'architettura militare, come le cortine arretrate per una migliore difesa. Il maniero ebbe si funzione contro le incursioni turche, ma è bene non esagerare tale aspetto, infatti tale castello poteva avere un importante ruolo anche nel controllo del territorio salentino, per il nascente regno di Carlo V. Il castello tuttavia non ebbe solo funzione difensiva, un esempio su tutti è la sala ennagonale, della torre N-E arricchita da pregevoli fregi. L'intero impianto è arricchito da diversi stemmi della famiglia dei dell'Acaya.[4]

Nel corso della recente ristrutturazione del Castello, dal lato nord dell'antico maniero sono affiorate le tracce di una costruzione di epoca medioevale poi rivelatasi una piccola chiesa bizantina e sotto di essa alcune sepoltura purtroppo già violate. Durante i lavori di restauro è stato ritrovato anche un affresco all'interno di una intercapedine. Si tratta della Dormitio Virginis databile alla seconda metà del Trecento, estesa circa quattro metri per tre. La raffigurazione, perfettamente conservata, rappresenta gli Apostoli che assistono la morte della Vergine e Gesù che ne raccoglie l'Anima e la presenta al Padre, secondo la tradizione iconografica che fa riferimento ai Vangeli apocrifi.[5]

Il 25 gennaio 2001, durante gli scavi a pochi metri dalle mura, in prossimità delle scuderia, sono state riportate alla luce una serie di tombe, fosse comuni e cunicoli. Nella prima fossa aperta stavano uno a fianco all'altro quattro teschi ed altre ossa umane che appartennero probabilmente a uomini di età compresa tra i 25 e 30 anni. Negli spazi adiacenti ancora ossa del bacino e degli arti inferiori di una persona molto alta. Elemento interessante emerso dal sopralluogo dei tecnici della Soprintendenza di Bari diretti dall'architetto Antonio Bramato è che le sepolture avvennero contestualmente. Dunque se saranno ritrovate altre tumulazioni collettive sarà legittimo supporre che siano di soldati caduti in una delle cruente battaglie che fra il 1200 ed 1300 tormentarono la zona, un tempo detta Segine. Al riguardo gli esperti hanno effettuato dei prelievi per determinare data e cause dei decessi. Si avanza già l'ipotesi di decapitazioni di massa.[6]

Dal 12 luglio al 31 ottobre (anno 2008) è allestita nel castello una mostra di architettura contemporanea dell'architetto portoghese Álvaro Siza.

È sede di una mostra permanente sugli scavi archeologici di Roca Vecchia e altri eventi per tutto il corso dell'anno.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Cazzato, p.12
  2. ^ Leo, p.35
  3. ^ Leo, p.41
  4. ^ Monte, p.37
  5. ^ Barletta, p.29
  6. ^ Leo, p.50

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • M. Cazzato-A. Costantini, Guida di Acaya, Galatina 1990.
  • G. Cisternino, Acaya nella storia, Zane 1998.
  • R. Barletta, Acaya, Cavallino 2010.
  • P. Leo, La città fortificata di Acaya, Galatina 2012.
  • A. Monte, Acaya, del Grifo 1996.
  • A. Pignataro, I misteri del castello di Acaya, Neftasia 2011.

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