Carlo Felice Nicolis, conte di Robilant

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Template:Membro delle istituzioni italiane Carlo Felice Nicolis conte di Robilant (conosciuto come Robilant); Torino, 8 agosto 1826Londra, 17 ottobre 1888) è stato un generale, diplomatico e politico italiano.

Fu ambasciatore a Vienna dal 1871 al 1885; periodo nel quale si rivelò determinante per la conclusione della Triplice alleanza (1882).
Dal 1885 al 1887 fu Ministro degli Esteri e come tale riuscì nel 1887 a rinnovare la Triplice Alleanza ottenendo l’impegno della Germania a sostenere l’Italia in una eventuale guerra nel Mediterraneo, così come dell’Austria a riconoscere all'Italia la possibilità di compensi territoriali.
Nello stesso anno concluse con Gran Bretagna, Austria e Spagna specifici accordi per la salvaguardia degli interessi italiani nel Mediterraneo, completando un intenso lavoro politico e diplomatico tale da salvaguardare verosimilmente l’Italia da qualsiasi minaccia.

Prima della diplomazia

La Battaglia di Novara (1849) durante la quale Robilant fu gravemente ferito perdendo la mano sinistra. Dipinto di Giuseppe Ferrari.

Nato a Torino nel 1826, Carlo Nicolis conte di Robilant apparteneva all’alta nobiltà piemontese e all’aristocrazia internazionale, della quale faceva parte la madre che apparteneva all’antica famiglia tedesca dei Truchsess von Waldburg.
Appena tredicenne, a Vienna, dopo le insistenze del prozio materno, il principe Federico di Hohenzollern-Hechingen, che lo voleva in un collegio militare austriaco e poi ufficiale nel suo reggimento, Carlo scrisse romanticamente col proprio sangue la sua decisione: «je ne servirai jamais que mon Roi et ma patrie –signé de mon sang- Charles Robilant».[1][2]

Difatti, tornato in Piemonte, entrò nel 1839 nella Accademia Reale di Torino uscendone nel 1845 con il grado di sottotenente dell'Artiglieria a cavallo.
Nel 1849 fu al comando della 2° Batteria a cavallo delle Voloire durante la Battaglia di Novara, in cui, difendendo i cannoni dall'assalto nemico, venne ferito gravemente perdendo la mano sinistra.
In seguito fu nominato Ufficiale d'ordinanza onorario del Re Carlo Alberto, mentre sarà Ufficiale d'ordinanza effettivo di Re Vittorio Emanuele II.

Di antica famiglia austriaca e sudtirolese, i Clary-Aldringen, era anche la moglie di Robilant.
Robilant a sua volta era imparentato con il conte e generale russo Nicolaj Pavlovič Ignat’ev,[3] la cui moglie era sua cugina.[4]

Nel 1859 Robilant combatté nella seconda guerra di indipendenza, raggiungendo poi il grado di generale nella terza (1866). Fu nominato capo della Scuola di Guerra e nel 1867 ebbe l’incarico di prefetto di Ravenna dove represse alcuni disordini. Non fu eletto nel 1870 alla Camera e nel 1871 gli fu affidato l’incarico di ambasciatore a Vienna durante il Governo Lanza, il cui Ministro degli Esteri era Emilio Visconti Venosta.

Ambasciatore a Vienna (1871-1885)

Fin da principio del suo incarico nella capitale austriaca, Robilant ebbe modo di dimostrare la fermezza della sua indole anche su problematiche apparentemente di secondo piano. Nell’agosto 1871, ad esempio, il Ministro degli Esteri austriaco von Beust, nell’intento di dare voce al malcontento di Papa Pio IX, protestò presso l’ambasciatore italiano Robilant per il suono delle trombe dei soldati italiani che a Roma squillavano troppo vicino le mura vaticane.
Robilant, che già faceva attività di prevenzione su eventuali azioni politiche a favore dello Stato Pontificio, la considerò «una importuna ingerenza negli affari interni che nessuno Stato indipendente può ammettere; una grande nazione [come l'Italia] meno poi degli altri Stati».[5]

La Bosnia per il Trentino

Lo stesso argomento in dettaglio: Congresso di Berlino.
Il territorio alpino dell'Austria-Ungheria. Robilant riteneva indispensabile una lunga e salda amicizia con Vienna, unica strada per l'acquisizione italiana del Trentino (Tirol meridionale).

Robilant tuttavia vedeva nell’amicizia con l’Austria diversi vantaggi, fra cui l’unico modo per congiungere alla nazione i territori a maggioranza italiana ancora sotto il dominio asburgico. In un rapporto a Visconti Venosta del 4 luglio 1874, dove si accennava alla probabilità che Vienna si annettesse territori ottomani nei Balcani, scrisse:
«Gli ottimisti sperano [...] l’annessione della Bosnia-Erzegovina [all’Austria]. Io confesso che dal canto mio desidererei per molte ragioni vedere ciò effettuarsi: e principalmente perché si presenterebbe [...] la sola occasione di ottenere alla nostra volta l’annessione all’Italia di quelle terre la cui popolazione è della nostra famiglia».
Ripeté il concetto l’anno dopo («un’occasione forse unica di migliorare la nostra frontiera in Val d'Adige e sull’Isonzo»), questa volta auspicando anche un’alleanza con la Germania, sia per proteggere il Paese da un attacco della Francia, sia per ottenere un appoggio che procurasse all’Italia il compenso del Trentino nel caso delle previste annessioni dell’Austria nei Balcani.[6]

Ben presto, però, il clima fra Italia e Austria si riscaldò, soprattutto dopo l’avvento a Roma del governo di sinistra di Agostino Depretis nel marzo 1876. Robilant si scontrò spesso con il Ministro degli Esteri austriaco Andrassy che rifiutò decisamente compensi all’Italia. Con il Congresso di Berlino del 1878, infatti, l’Austria ottenne l’amministrazione della Bosnia e l’Italia nulla. Il Ministro degli Esteri italiano Luigi Corti fu costretto a dimettersi e Robilant lo difese, ben conoscendo le difficoltà a cui era andato incontro. Poco dopo (gennaio 1879), l'ambasciatore Robilant spronò ancora il governo a far uscire l’Italia dal pericoloso immobilismo e dall’isolamento in cui si trovava.[7]

L’Austria e l’irredentismo

Difensore dell'Austria, nel 1878 Robilant era convinto che, finito l'Impero asburgico, l’Italia si sarebbe trovata a contatto con il pangermanesimo e il panslavismo, la cui contiguità sarebbe stata ben più pericolosa dell’Austria.[8]

Molti italiani non erano però entusiasti dell'amicizia con l'Austria e fin dal 1880 Robilant ebbe numerosi colloqui con il nuovo Ministro degli Esteri austriaco Heinrich Haymerle, dai quali apprese della crescente irritazione del governo di Vienna per l'irredentismo italiano. Circostanza grave se si considera che dall’anno prima, con la Duplice alleanza, l’Austria poteva contare sull’appoggio della Germania.[9]

I negoziati per la Triplice Alleanza

Lo stesso argomento in dettaglio: Triplice alleanza (1882).

Con la conquista della Tunisia da parte della Francia, sostenitrice del Papato, la bilancia delle relazioni internazionali dell’Italia oscillò inevitabilmente verso l’Austria.
Il Ministro degli Esteri italiano Pasquale Mancini, infatti, assegnò a Robilant il difficile compito di avvicinare il Ministro degli Esteri austriaco Gustav Kálnoky.
Il primo incontro fra i due avvenne il 18 gennaio 1882 e fu caratterizzato dalla massima cautela da entrambe le parti. Fu un relativo insuccesso, al quale Robilant rispose con un rapporto a Mancini il 29 gennaio. Nel memorandum l'ambasciatore italiano sottolineava la diversità della politica interna italiana rispetto a quella di Austria e Germania e affermava che se si voleva ottenere un avvicinamento agli Imperi dell'Europa centrale, bisognava «rallentare la nostra marcia verso gli ideali». Solo così, pur con tutte le difficoltà di un simile passo, si poteva evitare l’isolamento. Ma Mancini non era disposto a pagare un prezzo così alto.[10]

Il secondo colloquio con Kálnoky, Robilant lo ottenne il 19 febbraio 1882. Durante questo secondo contatto, il ministro austriaco si dimostrò aperto ad una proposta personale dell'ambasciatore per un «patto sussidiario da aggiungersi a quello che formerebbe la principale base del trattato». Tale patto sussidiario avrebbe riguardato scelte comuni da attivarsi in determinate questioni europee.
La situazione internazionale, intanto, sembrava favorire l’Italia poiché l’Austria era alle prese con insurrezioni nei suoi possedimenti dei Balcani, il che incentivava sempre il panslavismo di cui poteva approfittare la Russia.
Mancini, il 17 marzo 1882, inviò quindi a Robilant le istruzioni per il suo terzo colloquio con Kálnoky: spingere Austria e Germania ad impegnarsi a difendere l'Italia in caso di aggressione della Francia; e promessa di neutralità dell’Italia nei confronti dell’Austria in caso di una guerra fra questa e la Russia.
Per esporgli queste proposte, Robilant si incontrò con Kálnoky il 22 marzo e lo trovò, con sorpresa, sostanzialmente d’accordo. L’ambasciatore convinse l’interlocutore del fatto che in uno scontro fra Italia e Francia, comunque la Germania e quindi l’Austria si sarebbero trovate coinvolte nel conflitto, per cui tanto valeva accettare da parte loro la proposta di appoggio all’Italia. Così come quest’ultima avrebbe appoggiato loro in caso di attacco della Francia, o della Francia alleata ad un’altra potenza (la Russia). In tutti gli altri casi (il cui più verosimile era: attacco della sola Russia all’Austria), l’Italia prometteva la sua benevola neutralità.[11]

La firma della Triplice Alleanza

Lo stesso argomento in dettaglio: Triplice alleanza (1882).
L'ex Ministero degli Esteri austro-ungarico (Ballhaus) a Vienna, oggi. Qui il 20 maggio 1882 alle ore 14, Robilant pose la sua firma in calce al trattato della Triplice Alleanza.

Lo stallo nei negoziati ci fu nell’aprile del 1882, quando Kálnoky dopo aver presentato una sua bozza del trattato rifiutò di accogliere alcune modifiche di Mancini.
Tali correzioni avrebbero annullato la possibilità dell’Austria di assicurarsi la benevola neutralità dell’Italia anche in caso di propria aggressione alla Russia.
Entrambi i ministri degli Esteri rimanevano sulle loro posizioni. Robilant si mise quindi all’opera ed escogitò una formula che conciliò entrambe le parti, l’articolo 4 fu così da lui riformulato:
«Nel caso che una grande potenza non firmataria del presente trattato [Russia] minacciasse la sicurezza degli Stati di una delle Alte Parti contraenti [Austria] e la parte minacciata si vedesse perciò costretta a farle guerra, le due altre Parti [Italia e Germania] si obbligano ad osservare verso la loro alleata una neutralità benevola. [...]».
L’obbligo di neutralità italiana nei confronti dell'Austria sarebbe perciò scattato anche in caso di attacco dell'Austria alla Russia, come voleva Kálnoky, ma solo se l’Austria fosse stata preventivamente minacciata dalla Russia. Un attacco improvviso e deliberato dell'Austria alla Russia, avrebbe potuto, cioè, trovare un'Italia sfavorevole all'Austria.
Sia Kálnoky che Mancini accettarono e il 20 maggio 1882, alle due pomeridiane, a Vienna, nella sede del Ministero degli Esteri austriaco (Ballhaus), Gustav Kálnoky, Robilant e l’ambasciatore tedesco, il principe Heinrich von Reuss VII [12] firmarono lo storico trattato.[13]

Ministro degli Esteri (1885-1887)

Dopo la conclusione della Triplice alleanza Robilant, pur raccomandando ancora prudenza sull’irredentismo per non guastare i delicati rapporti con l’Austria, non disdegnò una politica più aperta nei confronti della Gran Bretagna.

Nel giugno 1885, intanto, Agostino Depretis formava il suo settimo governo, nel quale fu costretto a prendere l’interim degli Affari Esteri, poiché sia Robilant sia Costantino Nigra rifiutarono l’incarico.
La motivazione che addusse Robilant di fronte a Re Umberto fu il difficile contesto di isolamento dell’Italia (nonostante la Triplice alleanza), accompagnato da una situazione di politica interna assolutamente precaria che impediva di assicurare continuità e credibilità nell’azione internazionale.
Depretis, convinto che ci si potesse aprire in qualche modo alla Francia, il 24 settembre 1885 incontrò a Milano Robilant per convincerlo ad accettare gli Affari Esteri.
Anche Re Umberto, preoccupato per le minacciate dimissioni di Depretis, intervenne, e il 27 settembre Robilant accettò l’incarico, assumendo la direzione del Ministero degli Esteri il 15 ottobre 1885.[14]

Il rinnovo della Triplice Alleanza

Lo stesso argomento in dettaglio: Triplice alleanza (1882).
Il Cancelliere tedesco Bismarck, che costrinse l'Austria ad accettare le proposte di Robilant in sede di rinnovo della Triplice alleanza nel 1887.

Il primo trattato della Triplice Alleanza sarebbe scaduto nel 1887 ma già nel 1885 Robilant aveva pensato di sfruttare la grave tensione tra Austria e Russia, che scaturì dalla Crisi bulgara, per rinnovare vantaggiosamente il patto.

Il 5 agosto 1886 parlò molto chiaramente all’ambasciatore tedesco a Roma, von Keudell [15] dichiarando che se i francesi avessero occupato anche Tripoli (dopo Tunisi), l’Italia avrebbe dovuto abbandonare l’alleanza e legarsi alla Francia per non far precipitare la situazione dei suoi interessi nel Mediterraneo, dato che Germania e Austria non li tutelavano. Inoltre, specie in caso di mutamenti territoriali a favore dell’Austria nei Balcani, l’Italia chiedeva di avere voce in capitolo.
Fatto ciò Robilant intraprese una tattica assolutamente attendista giocando una difficile partita con il Cancelliere tedesco Otto von Bismarck che, constatando un aggravarsi delle relazioni anche fra Germania e Francia, decise di rompere gli indugi e fare il primo passo verso l’Italia ai primi di ottobre.
Accettate le proposte di Robilant sulle garanzie nel Mediterraneo e nei Balcani, Bismarck le trasmise a Kálnoky che però non ne volle sapere e che anzi propose l’appoggio armato dell’Italia anche in caso di conflitto fra le sole Austria e Russia.[16]

A dicembre Bismarck minacciò Kálnoky di chiudere un patto a due con l’Italia se non avesse accettato le proposte di Robilant che consistevano, nei riguardi di Vienna, di ottenere per l’Italia compensi territoriali nel caso di ingrandimenti territoriali dell’Austria nei Balcani.
Ai primi di febbraio del 1887, finalmente, Bismarck la spuntò e Kálnoky dovette cedere, anche di fronte al rifiuto di Robilant alla proposta di Vienna che un’annessione austriaca della Bosnia non avrebbe comportato compensi per l’Italia.[17]

Il primo rinnovo, ovvero il secondo trattato, della Triplice Alleanza fu firmato a Berlino il 20 febbraio 1887.

Gli accordi per il Mediterraneo

Al rinnovo della Triplice Alleanza, nel 1887 Robilant affiancò una serie di accordi per il Mediterraneo con Gran Bretagna, con l’Austria e con la Spagna che formarono un vero e proprio sistema difensivo, ponendo verosimilmente l’Italia in sicurezza da qualsivoglia seria minaccia.
Con il nuovo trattato della Triplice Alleanza, Robilant ottenne per l’Italia l’appoggio della Germania in un eventuale scontro con la Francia anche nel Mediterraneo. Tuttavia, contemporaneamente egli si era attivato per assicurarsi, pure nella stessa eventualità, almeno un’intesa preventiva con la Gran Bretagna.

Come da tradizione inglese l’intesa non vincolava se non il governo che l’aveva sottoscritta, per cui l’esecutivo di Lord Salisbury (che sarebbe durato fino al 1892) si impegnò a consultarsi con l’Italia per impedire che una terza potenza (la Francia) potesse mettere basi sulle coste del Mar Nero, del Mar Egeo, dell’Adriatico e (ciò che interessava più Robilant) dell’Africa settentrionale. L’accordo, noto come Prima intesa mediterranea, si concluse il 12 febbraio 1887 e il 24 marzo dello stesso anno, vi entrò a far parte anche l’Austria.
Il sistema difensivo di Robilant si completò con l’accordo italo-spagnolo del 4 maggio 1887, con il quale la Spagna si impegnava a non stipulare con la Francia alcuna intesa direttamente o indirettamente rivolta contro l’Italia, l’Austria e la Germania, allo scopo di mantenere lo status quo nel Mediterraneo. Vienna e Berlino vi aderirono il 21 maggio.[18]

L’autore di questo complesso sistema non potette però goderne i frutti. Quando infatti le firme si susseguivano sui documenti diplomatici, Robilant era dimissionario, travolto dalla sconfitta italiana a Dogali che gli costò la carica agli Affari Esteri, riacquisita ad interim da Depretis il 4 aprile 1887.

Dogali e le dimissioni

La Battaglia di Dogali. Dopo la sconfitta italiana, Robilant dovette dimettersi per alcune parole pronunciate alla Camera prima dell’evento. Dipinto del 1896 di Michele Cammarano.

Dopo la presa di Massaua del 1885, che Robilant non condivise, egli prese tuttavia la decisione di far avanzare le truppe verso l’interno dell’Eritrea, parlando alla Camera di un’incursione punitiva: «... e non conviene certamente attaccare tanta importanza a quattro predoni che possiamo avere tra i piedi in Africa».
Robilant e il governo avevano sottovalutato la forza del Negus d'Etiopia Giovanni IV, il cui esercito il 26 gennaio 1887 sterminò una colonna di 500 soldati italiani in un luogo dal nome, non meglio identificato, di “Dogali”.
Quando la notizia si diffuse, Robilant si scusò riconoscendo che «quelle parole furono infelici», ma non bastò, le strade si riempirono di folla e dimostrazioni furono segnalate in tutto il paese. L’ira della gente era rivolta principalmente contro Depretis e il suo Ministro degli Esteri.
In una votazione a Montecitorio la maggioranza registrò una forte flessione e Robilant annunciò la decisione di dimettersi.
A Vienna, Kálnoky e l’Imperatore Francesco Giuseppe espressero tutto il dispiacere per il passo compiuto da Robilant e per le conseguenze che a loro giudizio sarebbero state gravi. A Berlino Bismarck fece sapere quanto le dimissioni del ministro fossero motivo d’apprensione per l’esito dei negoziati in corso. Così, cedendo anche alle pressioni di Re Umberto, Robilant rimase ufficiosamente al suo posto offrendosi di ritirare le dimissioni nel caso si fosse raggiunta una maggioranza più ampia di quella esistente. Il tentativo non riuscì e Depretis fu costretto a costituire il suo ottavo e penultimo governo, richiamando a sé la carica di Ministro degli Esteri il 4 aprile 1887.[19]

Ambasciatore a Londra (1888)

Amareggiatissimo per le vicende trascorse, Robilant trovò tuttavia la forza di accettare l’incarico di ambasciatore a Londra offertogli da Francesco Crispi, che il 29 luglio 1887 aveva preso il posto di Depretis sull’onda della protesta nazionale.
Crispi e Robilant in realtà non si stimavano ma il nuovo Presidente del Consiglio all’inizio del 1888 scelse il conte per l’incarico di ambasciatore poiché era sicuro fosse gradito a Londra. Un ambasciatore solo di facciata dato che Crispi aveva invece fiducia nell’incaricato d’affari Tommaso Catalani,[20] sgradito al governo inglese, ma in grado di aggirare Robilant a causa del grave stato di salute di quest'ultimo. Robilant morirà, infatti, nella capitale britannica a 62 anni il 17 ottobre 1888.[21]

Onorificenze

Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Commendatore dell'Ordine Militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria

Note

File:Torino-monumento-a-Carlo-di-Robilant-Ginotti-Giacomo.jpg
Il monumento a Robilant eretto a Torino nel 1900, oggi. Alla base, l’allegoria della Diplomazia, una donna velata con un libro chiuso da un lucchetto. Autori: Giacomo Ginotti (1845-1897) e l’allievo Casimiro Debiaggi (1855-1939).
  1. ^ In francese: «Non servirò che il mio re e la mia patria –firmato con il mio sangue- Carlo Robilant». Nel XIX Secolo presso la nobiltà piemontese la lingua francese era più diffusa di quella italiana.
  2. ^ Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, Bari, 1962, pp. 626, 628.
  3. ^ Nicolaj Pavlovič Ignat’ev (1832-1908). Generale, diplomatico, ambasciatore a Costantinopoli dal 1864, panslavista, fu l'artefice principale della Pace di Santo Stefano.
  4. ^ Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, Bari, 1962, p. 626.
  5. ^ Giordano, Cilindri e feluche, Roma, 2008, pp. 152, 157.
  6. ^ Albertini, Le origini della guerra del 1914, Milano, 1942, Vol. I, pp. 25, 26.
  7. ^ Giordano, Cilindri e feluche, Roma, 2008, pp. 185, 200, 201, 206.
  8. ^ Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, Bari, 1962, p. 474.
  9. ^ Giordano, Cilindri e feluche, Roma, 2008, p. 210.
  10. ^ Giordano, Cilindri e feluche, Roma, 2008, pp. 226, 227.
  11. ^ Giordano, Cilindri e feluche, Roma, 2008, pp. 228, 229, 231, 232, 233.
  12. ^ Heinrich, settimo principe di Reuss (1825-1906). Ambasciatore tedesco a Vienna dal 1878 al 1894.
  13. ^ Giordano, Cilindri e feluche, Roma, 2008, pp. 236, 237, 238, 239, 240.
  14. ^ Giordano, Cilindri e feluche, Roma, 2008, pp. 271, 272, 274, 275.
  15. ^ Robert von Keudell (1824-1903). Diplomatico tedesco, ambasciatore a Roma dal 1873 al 1887.
  16. ^ Giordano, Cilindri e feluche, Roma, 2008, pp. 282, 283, 286, 289, 290.
  17. ^ Giordano, Cilindri e feluche, Roma, 2008, pp. 291, 293, 294.
  18. ^ Giordano, Cilindri e feluche, Roma, 2008, pp. 296, 297, 298.
  19. ^ Duggan, Creare la nazione, Roma-Bari, 2000, pp. 562, 563. Giordano, Cilindri e feluche, Roma, 2008, pp. 298, 299.
  20. ^ Tommaso Catalani (1843-1895). Diplomatico, incaricato d’affari a Londra dal 1888 al 1889, ambasciatore a Costantinopoli dal 1894 al 1895.
  21. ^ Duggan, Creare la nazione, Roma-Bari, 2000, pp. 617, 618.

Bibliografia

  • Luigi Albertini, Le origini della guerra del 1914, Fratelli Bocca, Milano, 1942-1943, 3 volumi.
  • Federico Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, Laterza, Bari, 1962.
  • Christopher Duggan, Creare la nazione. Vita di Francesco Crispi, Laterza, Bari-Roma, 2000 ISBN 88-420-6219-7.
  • Giancarlo Giordano, Cilindri e feluche. La politica estera dell’Italia dopo l’Unità, Aracne, Roma, 2008 ISBN 978-88-548-1733-3.

Altre fonti


Predecessore Ministro degli Esteri del Regno d'Italia Successore
Agostino Depretis 6 ottobre 1885 - 4 aprile 1887 Agostino Depretis


Voci correlate