Capacità di intendere e di volere
«Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. È imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere».[1]
In diritto, la definizione di capacità di intendere e di volere comprende due elementi:
- la capacità di intendere è l'attitudine dell'individuo a comprendere il significato delle proprie azioni nel contesto in cui agisce, quindi rendersi conto del valore sociale dell'atto che si compie. I periti e gli psichiatri forensi tendono quasi sempre a riconoscere la capacità di intendere tranne che nei casi di delirio, allucinazioni e, in genere, fenomeni di assoluto scompenso rispetto alla realtà standard.
- la capacità di volere si intende come potere di controllo dei propri stimoli e impulsi ad agire. Dal punto di vista della prova dell'imputabilità è un fattore molto difficile da dimostrare nel processo per il quale è spesso richiesta una perizia sullo stato mentale del soggetto.
Va precisato che il concetto di capacità di intendere e di volere va inteso come necessariamente comprensivo di entrambe le capacità. Il soggetto incapace di intendere e di volere non è imputabile, ossia non risponde delle conseguenze di fatti dannosi da lui commessi (se quando li ha commessi era effettivamente incapace di intendere e di volere) - Art. 2046 c.c. I casi in cui un soggetto viene considerato incapace di intendere e di volere sono descritti dall'Art. 85 del codice penale.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Art. 85 Codice penale (R.D. 19 ottobre 1930, n.1398)
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
- Responsabilità
- Responsabilità oggettiva
- Responsabilità civile
- Responsabilità penale
- Danno (diritto)
- Circonvenzione di incapace
- Perizia psichiatrica
- Infermità mentale
- Psichiatria forense
- Psicologia forense
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