Callidula evander

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Callidula evander
Callidula evander
Stato di conservazione
Specie non valutata
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Superphylum Protostomia
Phylum Arthropoda
Subphylum Tracheata
Superclasse Hexapoda
Classe Insecta
Sottoclasse Pterygota
Coorte Endopterygota
Superordine Oligoneoptera
Sezione Panorpoidea
Ordine Lepidoptera
Sottordine Glossata
Infraordine Heteroneura
Divisione Ditrysia
Superfamiglia Calliduloidea
Famiglia Callidulidae
Sottofamiglia Callidulinae
Genere Callidula
Specie C. evander
Nomenclatura binomiale
Callidula evander
(Stoll, [1780])
Sinonimi

Callidula evandra
(Stoll, 1780)
Cleis clavata
(Pagenstecher, 1887)
Cleis evander
(Stoll, 1780)
Cleis externa
Kirsch, 1877
Damias clavata
Pagenstecher, 1887
Damias evander
(Stoll, 1780)
Damias evandra
(Stoll, 1780)
Damias fasciata
Röber, 1891, non Butler, 1877
Papilio evander
Stoll, 1780
Pentila evander
(Stoll, 1780)

Callidula evander (Stoll, 1780)[1] è un lepidottero diurno appartenente alla famiglia Callidulidae, endemico dell'Indonesia.[2][3]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di una falena eteroneura, appartenente ai Ditrysia, con un'apertura alare compresa tra 26 e 36 mm, dalle abitudini principalmente diurne; l'aspetto generale è alquanto simile a quello di un licenide.[2][4][5]

Anche la posizione verticale delle ali a riposo ("a vela" anziché "a tetto", come di regola si osserva nelle falene) può far pensare immediatamente a una farfalla.[6]

Adulto[modifica | modifica wikitesto]

Capo[modifica | modifica wikitesto]

Il capo presenta dei "ciuffi" di scaglie piliformi gialle.[4]

Gli occhi rivelano la presenza di minutissime setole interommatidiali; gli ocelli sono ridotti ma presenti; i chaetosemata sono invece ben sviluppati, con piccole scaglie inframmezzate alle setole sensoriali.[4][5][6]

Nell'apparato boccale, i lobi piliferi sono presenti, come pure la spirotromba, ben sviluppata e priva di scaglie.[6] I palpi mascellari sono ridotti, mentre quelli labiali sono trisegmentati e ascendenti, col III articolo che termina con un organo di vom Rath ben definito.[4][5][6]

Le antenne sono filiformi e non clavate; negli esemplari essiccati, spesso l'apice risulta uncinato; il flagello è provvisto di scaglie sulla superficie dorsale e i sensilli tricoidei sono di lunghezza ridotta.[4][5][6]

Torace[modifica | modifica wikitesto]

Illustrazione di Th. Kirsch (1877)[7]

Il processo ventrale della tegula è alquanto ridotto, mentre gli anepisterni del mesotorace sono ben sviluppati. Il metascuto è diviso in due parti.[4]

Nelle zampe, gialle ma punteggiate di marroncino, le tibie sono munite di spine; l'epifisi non è molto sviluppata e la formula degli speroni tibiali è 0-2-4; nel protarso, il IV tarsomero è munito sulla superficie ventrale di una coppia di robuste spine apicali, mentre il distitarso ne è privo; l'arolio è ben sviluppato e i pulvilli sono divisi; le unghie sono semplici, prive di dentellatura.[4][5][6]

Nel maschio manca un retinaculum sulla subcosta, mentre il frenulum è presente in entrambi i sessi;[4][6] manca una spinarea.[4]

Adulto nel nord di Sulawesi

Nell'ala anteriore, R è libera; Rs2 ed Rs3 sono unite con Rs1, mentre Rs4 è libera; M e CuA sono libere; la nervatura radio-mediale (r-m) è lunga e sottile; CuP è sostituita da una piega; la cellula discale è aperta tra M1 ed M2 con quest'ultima posizionata nettamente più vicino a M3 che a M1; 1A+2A è priva di biforcazione alla base.[2][4][5][6] Anche nell'ala posteriore, la cellula discale risulta aperta ed M2 è più vicina ad M3 che ad M1; non si osserva CuP.[2][4][5][6]

Sulla pagina superiore dell'ala anteriore, la colorazione di fondo è un brunastro molto carico, alquanto uniforme, interrotto da una fascia di colore giallo-arancio che, iniziando molto stretta dal terzo basale della costa, prosegue grosso modo fino alla metà di quest'ultima, per poi allargarsi posteriormente ed andare ad occupare la parte distale dell'ala, pur senza mai raggiungere il termen, fino a restringersi e terminare con una punta posteriore in prossimità del tornus; ventralmente l'ala appare di una tonalità tra il giallo e l'arancio brillante, qui e là interrotta da linee più scure a forma di "U"; sono nettamente distinguibili quattro macchie discoidali bianco-giallastre, bordate di arancione scuro. L'ala posteriore riprende, sulla superficie dorsale, la colorazione di fondo dell'anteriore, ma qui la fascia giallo-ocra appare un po' più scura e ristretta, essendo posta nella zona submarginale, e andando a raggiungere il margine interno dell'ala solo dopo l'angolo anale; la superficie ventrale riprende i motivi di quella dell'ala anteriore, ma con solo due macchie discoidali bianche, quasi fuse tra loro.[2]

Adulto nel nord di Sulawesi

Addome[modifica | modifica wikitesto]

Nell'addome non sono presenti organi timpanici, così come nel torace; i bordi laterali del I tergite sono connessi anteriormente al II sternite attraverso uno sclerite tergosternale completo; i tergiti III-VI sono allargati; nel maschio, l'VIII sternite è ridotto a un paio di bastoncelli.[4]

Nell'apparato genitale maschile le valve sono unite ventralmente rispetto alla juxta; non si osserva uno gnathos completo, mentre l'uncus appare ristretto nella parte distale, quasi a formare una sorta di uncino; l'edeago presenta un coecum penis.[4]

Nel genitale femminile, l'ostium bursae è situato proprio in prossimità del margine anteriore arcuato dell'VIII sternite; le apofisi sono alquanto pronunciate; l'ovopositore appare appiattito e quadrilobato.[4]

Uovo[modifica | modifica wikitesto]

L'uovo è ellittico e lievemente appiattito.[4][5][6]

Tavola di Stoll [1780]: in F e G, recto e verso di C. evander[1]

Larva[modifica | modifica wikitesto]

Sul corpo della larva le setole primarie sono ben distribuite, ma quelle secondarie sono assenti.[4][5][6][8]

Il capo è ipognato.[4][5][6]

Nel torace, lo scudo dorsale (pronoto) è ampio, con cinque paia di setole; nel protorace, le setole laterali L sono due,[4][5] mentre soltanto una setola subdorsale (SD2) è presente.[6]

Ad ogni lato del primo segmento addominale si nota una ghiandola posta al di sotto della setola L2. Nei segmenti A1-A7 le due setole L sono distanziate una dall'altra, mentre appaiono ravvicinate in A8.[4][5][6]

Cinque paia di corte pseudozampe sono presenti sui segmenti A3-A6 e A10, con uncini disposti a cerchio, in doppio ordine.[4][5][6]

Pupa[modifica | modifica wikitesto]

La pupa è obtecta, con i segmenti A8-A10 fusi tra loro.[5]

Nel torace, i profemori non sono esposti, mentre il secondo paio di zampe si spinge caudalmente più avanti delle antenne.[4]

L'addome presenta solo due segmenti mobili;[4] sui segmenti A2-A4 si osservano dei calli ambulacrali.[6]

Il cremaster è costituito da una decina di robuste setole ricurve.[4][6]

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Gli adulti volano durante il giorno nel sottobosco.[5][6]

Ciclo biologico[modifica | modifica wikitesto]

Dopo l'accoppiamento, le uova sono deposte singolarmente al margine delle foglie della pianta nutrice.[5][6][9]

Le giovani larve arrotolano una o più foglie, fissandole con filamenti sericei, creando un riparo all'interno del quale si accrescono fino a compiuta maturazione.[5][6][9]

L'impupamento avviene all'interno di questa struttura di protezione, da cui in seguito emergono gli adulti.[5][6][9]

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

Si dispone di poche informazioni riguardo alle piante nutrici per le specie di Callidula, ma si ritiene che questi bruchi siano strettamente pteridofagi, ossia si alimentino esclusivamente di foglie di felce.[4][5][6][8][10]

Parassitoidismo[modifica | modifica wikitesto]

Non sono stati riportati fenomeni di parassitoidismo ai danni di queste larve.[11]

La Nuova Guinea, locus typicus della specie[1]

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

La specie è endemica dell'Indonesia, e più in dettaglio è stata rinvenuta nelle seguenti isole: Molucche (Ambon, Bacan, Seram, Ternate, Gorom, isole Aru, isole Kai, isole Sula), Sulawesi, Nuova Guinea (Irian Jaya, Waigeo).[2]

L'habitat è rappresentato dal sottobosco della foresta pluviale.[5][9]

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

Callidula evander (Stoll, 1780) - In: Cramer, Uitl. Kapellen 4: 83, tav. 331, figg. F, G - locus typicus: costa della (Nuova?) Guinea.[1]

Sottospecie[modifica | modifica wikitesto]

Non sono state individuate sottospecie.[3][12]

Sinonimi[modifica | modifica wikitesto]

Sono stati riportati i seguenti sinonimi:[3][12]

Conservazione[modifica | modifica wikitesto]

Nessuna specie appartenente a questo genere è stata inserita nella Lista rossa IUCN.[20]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e (FRNL) Stoll, C., Pieter Cramer. Aanhangsel van het werk, De uitlandsche kapellen, voorkomende in de drie waereld-deelen: Asia, Africa en America, door den Heere Pieter Cramer, vervattende naauwkeurige afbeeldingen van Surinaamsche rupsen en poppen; als mede van veele zeldzaame en nieuwe ontdekte uitlandsche dag- en nagt-kapellen (PDF), Vol. 4, Amsterdam, Chez Nic. Th. Gravius. libraire sur le Nieuwendyk, 1782 [1780], p. 83, tav. 331, figg. F, G, DOI:10.5962/bhl.title.43777, ISBN non esistente, OCLC 78458052. URL consultato il 6 aprile 2017.
  2. ^ a b c d e f (DE) Pagenstecher, A., Callidulidae, bearbeitet von dr. Arnold Pagenstecher - Mit 19 abbildungen (PDF), collana Das Tierreich, Vol. 17, Berlino, R. Friedländer und Sohn, 1902, p. 14, DOI:10.5962/bhl.title.1237, ISBN non esistente, LCCN 06035713, OCLC 3623513. URL consultato il 6 aprile 2017.
  3. ^ a b c (EN) Beccaloni G., Scoble M., Kitching I., Simonsen T., Robinson G., Pitkin B., Hine A. & Lyal C., Callidula evander, su The Global Lepidoptera Names Index, Londra, Natural History Museum, ISSN 2405-8858 (WC · ACNP), OCLC 223993023. URL consultato il 6 aprile 2017.
  4. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x (EN) Minet, J., The Axioidea and Calliduloidea, in Kristensen, N. P. (Ed.) - Handbuch der Zoologie / Handbook of Zoology, Band 4: Arthropoda - 2. Hälfte: Insecta - Lepidoptera, moths and butterflies, Kükenthal, W. (Ed.), Fischer, M. (Scientific Ed.), Teilband/Part 35: Volume 1: Evolution, systematics, and biogeography, ristampa 2013, Berlino, New York, Walter de Gruyter, 1999 [1998], pp. 257 - 261, ISBN 978-3-11-015704-8, OCLC 174380917. URL consultato il 6 aprile 2017.
  5. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t (EN) Scoble, M. J., 12. Higher Ditrysia, in The Lepidoptera: Form, Function and Diversity, seconda edizione, London, Oxford University Press & Natural History Museum, 2011 [1992], pp. 290-341, ISBN 978-0-19-854952-9, LCCN 92004297, OCLC 25282932.
  6. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v (EN) Holloway, J. D., Callidulidae, su The Moths of Borneo - Part 8, OCLC 439140985. URL consultato il 6 aprile 2017.
  7. ^ a b (DE) Kirsch, Th., Beitrag zur Kenntniss der Lepidopteren-Fauna von Neu Guinea (PDF), in Mittheilungen aus dem K. Zoologischen Museum zu Dresden, vol. 2, Dresda, Verlag von R. v. Zahn, 1877, p. 130, tav. VII, fig. 1, ISSN 0233-1306 (WC · ACNP), LCCN 07038389, OCLC 220621402. URL consultato il 6 aprile 2017.
  8. ^ a b (JA) Tschistjakov, Yu. A.; Belyaev, E. A., The immature stages of Pterodecta felderi (Bremer) and systematic position of the family Callidulidae (Lepidoptera), in Tinea, 12 (suppl.), Tokyo, Japan Heterocerists' Society, 1987, pp. 285-289, ISSN 0493-3168 (WC · ACNP), OCLC 5172523335.
  9. ^ a b c d (EN) Barlow, H. S., An Introduction to the Moths of South East Asia, d'Abrera, B., Kuala Lumpur and Faringdon, U.K., The Malayan Nature Society and E.W. Classey, 1982, pp. x+305; 50 pls, ISBN 9780860960188, OCLC 252308130. URL consultato il 6 aprile 2017.
  10. ^ (EN) Robinson, G. S.; Ackery, P. R.; Kitching, I. J.; Beccaloni, G. W. & Hernández, L. M., Callidulidae, su HOSTS - A Database of the World's Lepidopteran Hostplants, Londra, NHM - Natural History Museum, 2010. URL consultato il 6 aprile 2017 (archiviato dall'url originale il 16 marzo 2017).
  11. ^ (EN) Yu, D. S., Callidulidae, su Home of Ichneumonoidea, 28 aprile 2012. URL consultato il 6 aprile 2017 (archiviato dall'url originale il 16 marzo 2017).
  12. ^ a b (EN) Markku Savela, Callidula evander, su Funet. URL consultato il 6 aprile 2017.
  13. ^ (DELA) Hübner, J., Verzeichniss bekannter Schmettlinge (PDF), Augusta, Verfasser zu Finden, 1819 [1816-1826], p. 66, ISBN non esistente, LCCN 08022995, OCLC 24336897. URL consultato il 6 aprile 2017.
  14. ^ (EN) Kirby, W., A synonymic catalogue of Lepidoptera Heterocera. (Moths) (PDF), Vol. 1. Sphinges and bombyces, Londra, Gurney & Jackson, 1892, p. 395, DOI:10.5962/bhl.title.9152, ISBN non esistente, OCLC 3776591. URL consultato il 6 aprile 2017.
  15. ^ (EN) Butler, A. G., Revision of the Lepidopterous Genus Cleis, with Descriptions of the new Species (PDF), in Annals and magazine of natural history; zoology, botany, and geology, (4) 19, n. 113, Londra, Taylor & Francis, 1877, p. 394, ISSN 0374-5481 (WC · ACNP), LCCN 16024009, OCLC 1481361. URL consultato il 6 aprile 2017.
  16. ^ a b (DE) Pagenstecher, A., Beiträge zur Lepidopteren-Fauna des Malayischen Archipels. IV, Über die Calliduliden (PDF), in Jahrbücher des Nassauischen Vereins für Naturkunde, vol. 40, Wiesbaden, J.F. Bergmann, 1887, p. 220; 229; tav. I, fig. 12, ISSN 0368-1254 (WC · ACNP), LCCN 06034484, OCLC 474530372. URL consultato il 6 aprile 2017.
  17. ^ (DE) Pagenstecher, A., Heteroceren der Insel Ceram (PDF), in Correspondenz-blatt des Entomologischen Vereins "Iris" zu Dresden, vol. 1, Dresda, Brummer, 1886, p. 41, LCCN sn87029501, OCLC 183147498. URL consultato il 6 aprile 2017.
  18. ^ (DE) Röber, J., Beitrag zur Kenntniss der Indo-Australischen Lepidopterenfauna (PDF), in Tijdschrift voor entomologie, vol. 34, L'Aia, Martinus Nijhoff, 1891, p. 323, ISSN 0040-7496 (WC · ACNP), LCCN 05037703, OCLC 1588093. URL consultato il 6 aprile 2017.
  19. ^ (EN) Westwood, J. O., Pentila (PDF), in Doubleday, E. - The genera of diurnal lepidoptera: comprising their generic characters, a notice of their habits and transformations, and a catalogue of the species of each genus, Hewitson, W. C. (ill.), Vol. 2, Londra, Longman, Brown, Green, and Longmans, 1851, p. 504, DOI:10.5962/bhl.title.14057, ISBN non esistente, LCCN 06023215, OCLC 13714910. URL consultato il 6 aprile 2017.
  20. ^ (EN) International Union for Conservation of Nature and Natural Resources, IUCN Red List of Threatened Species. Version 2016-3, su IUCN 2016, Cambridge, IUCN Global Species Programme Red List Unit, ISSN 2307-8235 (WC · ACNP), OCLC 943528404. URL consultato il 6 aprile 2017.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Pubblicazioni[modifica | modifica wikitesto]

Testi[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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