Bruno Biagi

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Bruno Biagi

Deputato del Regno d'Italia[1]
Durata mandato24 maggio 1924 –
2 marzo 1939
LegislaturaXXVII, XXVIII, XXIX[1]
Gruppo
parlamentare
PNF
Sito istituzionale

Consigliere nazionale del Regno d'Italia[1]
Durata mandato23 marzo 1939 –
?
LegislaturaXXX[1]
Gruppo
parlamentare
Corporazione dei prodotti tessili[senza fonte]

Dati generali
Partito politicoPartito Nazionale Fascista
Titolo di studioLaurea in giurisprudenza[1]
ProfessioneAvvocato[1]

Bruno Biagi (Lizzano in Belvedere, 27 ottobre 1889Roma, 22 dicembre 1947) è stato un avvocato e politico italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque il 27 ottobre 1889 a Lizzano in Belvedere da Ferdinando, un commerciante, e Fabbri Erminia, una casalinga[2]. Si sposò a Lucca il 9 luglio 1911 con una benestante, Cappelletti Fedora[3]. La coppia non ebbe figli.

Era cugino del giornalista e scrittore Enzo Biagi[4].

Ingresso in politica[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1919 Bruno Biagi fondò la federazione dei combattenti di Bologna, che presiedette per molti anni[5].

Entrato in politica per rappresentare i veterani[6], fu eletto nell'ottobre 1920 nelle file dell'opposizione al consiglio comunale di Bologna, dominato dal PSI. Il 21 novembre 1920, in occasione dell'insediamento del nuovo consiglio, fu ferito durante la strage di Palazzo d'Accursio, in cui il consigliere comunale liberale storpio di guerra, l'avvocato Giulio Giordani rimase ucciso. Il consiglio comunale venne sciolto e fu nominato un commissario.

Il 28 ottobre 1922 Biagi partecipò alla marcia su Roma[7].

Fu nuovamente eletto consigliere comunale di Bologna nel 1923[8] e vi rimane fino al 1940, assegnato nel 1928 al gruppo degli artigiani[9] e nominato nel 1936 per l'unione dei professionisti e degli artisti[10].

Nel 1924 fu eletto alla Camera dei deputati, dove rimase ininterrottamente fino al 1943 (nel 1939 la Camera era divenuta Camera dei fasci e delle corporazioni) [1].

Nel settembre 1925 fece parte della delegazione italiana che ricevette i delegati alleati a Roma al secondo congresso della FIDAC[11].

Successore di Giuseppe Bottai, fu sottosegretario al Ministero delle corporazioni[1] e poi presidente dell'Istituto nazionale fascista della previdenza sociale[senza fonte].

All'interno del movimento cooperativo[modifica | modifica wikitesto]

Fu presidente dell'ECA, l'ente comunale di assistenza che sostituì le congregazioni di beneficenza, e presidente della federazione regionale emiliana delle cooperative. Fu commissario straordinario dei sindacati fascisti a Bologna. Venne inoltre nominato consigliere della Banca del Lavoro e della Cooperazione[5].

Nel 1922, dopo l'allontanamento dei socialisti Romeo Galli e Mario Longhena, assunse la guida dell'Ente autonomo consumistico di Bologna[12] e mantenne i suoi numerosi empori generali, 21, nonostante le richieste dei commercianti[13]. L'8 giugno 1924 fu fondata a Milano la Federazione nazionale delle cooperative di consumo con Bruno Biagi presidente[14].

Nel novembre 1929 succedette ad un altro bolognese, Dino Alfieri, come presidente dell'Agenzia nazionale per la cooperazione. Fu molto attivo nel raggiungimento dell'autonomia delle cooperative all'interno del regime. Con Rosario Labadessa, nel 1930, nonostante la concezione totalitaria e unitaria del fascismo, rivendicò la peculiarità della cooperazione come istituzione economica di diritto privato avanzando la proposta di riconoscimento giuridico di una confederazione nazionale di cooperazioni. Ma l'iniziativa fece pochi passi avanti e perfino Il Popolo d'Italia intervenne bruscamente contro le tesi di Bruno Biagi. Nel marzo 1931 fu sostituito dal milanese Carlo Peverelli[15].

Nel luglio 1931 Bruno Biagi venne nominato Commissario di Governo della Confederazione dei Sindacati Industriali, nominandolo per un mandato come membro del Gran consiglio del fascismo; si dimise dalla presidenza dell'ECA da lui promossa, da alcuni considerata come una delle migliori realizzazioni della cooperazione fascista[15] e fu sostituito dal bolognese Riccardo Muzzioli[15].

Detenne la cattedra di diritto corporativo all'Università Alma Mater Studiorum di Bologna[7].

Opere[modifica | modifica wikitesto]

  • Biagi, Bruno. Lo stato corporativo: I. il sindacato, II. la corporazione. Istituto nazionale fascista di cultura, 1934.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h Bruno Biagi, su Camera dei deputati, Portale Storico.
  2. ^ Atto di nascita, su familysearch.org.
  3. ^ Atto di matrimonio, su familysearch.org.
  4. ^ Casa della cultura Enzo Biagi - Biografia, su casadellaculturaenzobiagi.com. URL consultato il 2 novembre 2021.
  5. ^ a b Il PNF in Emilia Romagna (PDF), Milano, Franco Angeli, 1988, p. 19. URL consultato il 5 ottobre 2021 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  6. ^ Enzo Biagi, I libri della memoria, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 2006, p. 161.
  7. ^ a b Mattia Flamigni, Il processo epurativo all’Università di Bologna, in Annali di Storia delle Università italiane, volume 17, 2013, p. 455.
  8. ^ iperbole la rete civica di bologna storia amministrativa Mandato 1923 [collegamento interrotto], su comune.bologna.it.
  9. ^ iperbole la rete civica di bologna storia amministrativa Mandato 1928, su comune.bologna.it.
  10. ^ iperbole la rete civica di bologna storia amministrativa Mandato 1936, su comune.bologna.it.
  11. ^ (EN) Ángel Alcalde, Veterani di guerra e fascismo nell'Europa tra le due guerre, Cambridge, Cambridge University Presse, 2017, p. 184.
  12. ^ Il prezzo giusto - Storia della cooperazione dei consumatori nell'area adriatica (1861-1974), Andrea Baravelli, ed. Mulino
  13. ^ L'Ente Autonomo dei Consumi (PDF), su storiamemoriadibologna.it.
  14. ^ Un'immagine di luce tra Navigli, Lambro e Po, Modesto Tonani [1] p.324
  15. ^ a b c Il PNF in Emilia Romagna, Milano, Franco Angeli, 1988 [2] Archiviato il 4 marzo 2016 in Internet Archive. p.27-28

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN37277925 · ISNI (EN0000 0000 6124 0551 · SBN RAVV073395 · BAV 495/135998 · LCCN (ENno2010110115 · GND (DE1194869696 · J9U (ENHE987007576506505171 · WorldCat Identities (ENlccn-no2010110115