Bernardo Antonio Vittone

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Bernardo Antonio Vittone (Torino, 19 agosto 1704Torino, 19 ottobre 1770) è stato un architetto italiano.

La chiesa parrocchiale di Grignasco ad opera di Bernardo Antonio Vittone.

Era figlio del mercante in stoffe Giuseppe Nicolao Vittone (discendente a sua volta da tessitori originari di Cambiano nel chierese) e di Francesca Maria Comune, sorella di Cristina Maria Comune, sposa dell'architetto Giovanni Giacomo Plantery.

È comunemente considerato uno dei maggiori esponenti del Barocco piemontese, insieme a Guarino Guarini, Filippo Juvarra, Benedetto Alfieri.

Biografia

In giovane età rimase orfano del padre e crebbe con il fratello Filiberto Matteo, canonico del Duomo di Torino, il quale gli diede, seguendo le volontà testamentarie paterne, un'accurata educazione. La casa torinese dei Vittone, con la bottega di tessuti, prospettava su Piazza delle Erbe, dal lato settentrionale, con un portico di origini medioevali.[1]
Il fratello canonico e probabilmente lo zio architetto Giovanni Giacomo Plantery (Sindaco di Torino nel 1726 e nel 1751), si occuparono della sua formazione, iniziandolo allo studio dell'architettura. Fu probabilmente il fratello canonico a presentare Bernardo all'architetto Filippo Juvarra, verso la metà degli anni venti. Il debito dell'architetto torinese nei confronti del grande Messinese è stato più volte da Vittone stesso confermato nei suoi scritti (lo definì "Il mio maestro"). Negli stessi anni Vittone ebbe una fase di apprendimento con l'architetto Giuseppe Nicolis di Robilant, di cui rimane soltanto un'attestazione firmata (pubblicata nel 2007 da Rita Binaghi). Avviatosi alla professione di architetto (il primo progetto certo è il palazzo Rubatti in contrada di Po a Torino, 1727), Vittone fu probabilmente anche coinvolto in cantieri juvarriani.

Recuperato nel settembre 1731 l'intero asse ereditario della sua famiglia, un mese dopo fu a Roma per partecipare al Concorso Clementino indetto dall'Accademia di San Luca per il 1732. Il tema, una città in mezzo al mare, venne affrontato dall'architetto con grande abilità; il risultato gli valse il primo premio, l'ingresso quale Accademico di merito all'Accademia, ed un notevole incoraggiamento in denaro da parte del sovrano sabaudo.

A Roma Vittone partecipò con un progetto al concorso per la facciata della basilica di San Giovanni in Laterano, eseguì il disegno di un tempio dedicato a Mosè, e realizzò numerose copie da disegni originali di Carlo Fontana posseduti dal cardinale Alessandro Albani. Tali disegni, assieme all'esperienza juvarriana, costituirono gli elementi fondamentali della sua formazione.

Ripartito per il Piemonte nella primavera del 1733 con una tappa a Firenze, riprese negli anni successivi l'attività nella sua regione d'origine; operò come architetto in proprio ed insegnò nel contempo Matematica ed Architettura Civile presso il Collegio delle Province, il cui palazzo torinese fu innalzato da lui stesso (1736 e segg.).

Alla morte di Juvarra alcuni suoi cantieri furono portati avanti da Vittone (Sant'Andrea a Chieri), in totale autonomia progettuale. Anche taluni committenti di Juvarra, come i conti Roero di Guarene e Solaro di Govone, furono successivamente in rapporti con Vittone. Nel 1738 entrò nel suo studio come allievo il dotato Giovanni Battista Borra, destinato ad una luminosa carriera di archeologo, disegnatore ed architetto, tra Medio Oriente, Inghilterra e Piemonte. Negli stessi anni Vittone si avvalse di altri collaboratori, tra i quali spicca l'architetto carignanese Giovanni Battista Galletto, curiosa figura di erudito, esperto di scienze cabalistiche, al limite dell'esoterico, autore del saggio finale delle vittoniane "Istruzioni diverse"(1766).

Vittone fu autore di edifici sacri e di servizio (ospizi, collegi, ospedali, riplasmazione del palazzo dell'Università di Torino, il non realizzato Complesso diocesano di Pinerolo), ma è noto soprattutto per le sue celebri chiese, in particolare quelle a pianta centrale, di grande, incontenibile inventiva, dove la luce gioca un ruolo essenziale nell'animare quasi magicamente le strutture interne. In alcuni casi (Cappella del Vallinotto, San Bernardino a Chieri, Santa Chiara a Bra, ) il flusso luminoso, filtrato dalle aperture, è frutto di una immagine simbolica (il Nome di Gesù raggiante, ad es., in San Bernardino). A Bra il Vittone progetterà anche parte del palazzo municipale (1732)

A partire dal 1750 circa, il suo linguaggio, dapprima segnato dalle meraviglie "alla Bernina" fatte di luci nascoste e misteriose, lasciò il passo ad una luminosità specchiata e trionfante, in sintonia con il mutamento generale del gusto verso un classicismo alla francese presente in misura senz'altro più cospicua nell'architettura di Benedetto Alfieri.

Lavorò principalmente in Torino e provincia, ma anche in altre zone del Piemonte sabaudo (compresa Nizza). Negli anni ebbe anche numerosi allievi e collaboratori, come Tommaso Guerrino, Pietro Bonvicini, Mario Quarini, Giacomo Maria Contini; ad alcuni di loro trasmise anche la vocazione alla ricerca teorica. Il giovane architetto milanese Marcellino Segré, nell'atto di presentarsi a Giuseppe Piermarini per lavorare alla villa reale di Monza, vantò tra i suoi titoli di merito l'apprendistato con Vittone.

Secondariamente, ebbe una parallela attività di prestatore di denaro ad interesse, concentrata soprattutto negli anni sessanta, spalleggiato in questo dal fido notaio torinese Malacria e dal suo procuratore per i beni e gli affari chieresi notaio Ottavio Talpone. In questi anni (1763-1770) Vittone ha abitazione e studio in un casino posto all'interno del palazzo dei marchesi Ferrero d'Ormea, a Torino.

Il 19 ottobre 1770, in un momento di grande attività dello studio, l'architetto viene colto da un colpo apoplettico che lo conduce alla morte. Viene sepolto il 21 successivo nel sepolcro di famiglia posto nella chiesa di San Carlo a Torino. Nei mesi successivi partì una grande operazione di riscossione di crediti da parte dei misuratori dello studio, soprattutto da Contini; Bonvicini ne raccolse il testimone per quanto riguarda gli impegni con il cardinale Carlo Vittorio Amedeo Delle Lanze, mentre Giovanni Battista Galletto custodì i volumi rimasti inediti delle sue lezioni e dispense.

L'archivio dei disegni di Vittone fu disperso negli anni successivi. Una parte fu probabilmente comperata dall'architetto Andrea Cattaneo, e passò alla sua morte nelle mani di Pelagio Palagi (oggi alla Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna). Altri disegni della serie appartenuta a Cattaneo finirono a Parigi agli inizi del Novecento e sono oggi raccolti in due album al Musée des Arts Décoratifs (decurtati dei disegni di mano di Cattaneo finiti in altre serie). Una terza raccolta è presente ai Musei Civici torinesi, nella serie già appartenuta all'architetto Vandone di Cortemilia. Alla Biblioteca Reale di Torino è presente un volume di tavole intitolato "L'Architetto Civile" formato essenzialmente da disegni preparatori delle incisioni dei due trattati pubblicati. Gli archivi comunali e di Stato piemontesi accolgono a loro volta materiale documentario e figurativo dell'attività di Vittone, così come l'Archivio dell'Accademia di San Luca a Roma.

Le sue copie da disegni di Carlo Fontana sono importanti anche per la ricostruzione dell'archivio dei disegni di Fontana stesso, come dimostrano gli studi a questo riguardo di Hellmut Hager.

Progetti

Edifici sacri

La Chiesa della Visitazione al Vallinotto

Edifici civili

Scritti

  • curatore dell'edizione del manoscritto di Guarino Guarini L'architettura civile, Torino, 1737.
  • Istruzioni elementari per indirizzo dei giovani allo studio dell'architettura civile, Lugano, Agnelli, 1760 (ristampato nel 2008, a cura di Edoardo Piccoli, Editrice Librerie Dedalo).
  • Istruzioni diverse concernenti l'officio dell'Architetto Civile (Lugano, Agnelli, 1766).

Note

  1. ^ Sarà demolita con la realizzazione della nuova piazza avanti il Municipio torinese, ad opera di B. Alfieri, nella seconda metà del Settecento).

Bibliografia

Il voluttuoso genio dell'occhio. Nuovi studi su Bernardo Antonio Vittone, a cura di Walter Canavesio, Torino, SPABA, 2005 (con ampia bibliografia alle pp. 229–239).

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