Basilica di Santa Maria di Collemaggio

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Basilica di Santa Maria di Collemaggio
La facciata della basilica
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneAbruzzo
LocalitàL'Aquila
IndirizzoPiazzale di Collemaggio, - L'Aquila
Coordinate42°20′34.24″N 13°24′15.1″E / 42.342845°N 13.404194°E42.342845; 13.404194
Religionecattolica di rito romano
TitolareMaria Assunta
ArcidiocesiAquila
Consacrazione1288
FondatorePietro da Morrone (Celestino V)
Stile architettonicoromanico, gotico, barocco
Inizio costruzione1287
Completamento1294
Sito webwww.santamariadicollemaggio.it/

La basilica di Santa Maria di Collemaggio è un edificio religioso dell'Aquila, sito appena fuori dalla cinta muraria, sull'omonimo colle.

Fondata nel 1288 per volere di Pietro da Morrone — qui incoronato papa con il nome di Celestino V il 29 agosto 1294 — è considerata la massima espressione dell'architettura abruzzese, oltre che il simbolo della città ed è stata dichiarata monumento nazionale nel 1902. Dal 1327 ospita le spoglie del pontefice, attualmente conservate all'interno del mausoleo di Celestino V, realizzato nel 1517 da Girolamo da Vicenza, maestro di Andrea Palladio. È sede di un giubileo annuale, il primo della storia, istituito con la Bolla del Perdono del 29 settembre 1294, oggi noto con il nome di Perdonanza Celestiniana[1] e inserito dall'UNESCO tra i patrimoni orali e immateriali dell'umanità;[2] pertanto, è caratterizzata dalla presenza di una Porta Santa sulla facciata laterale.

La chiesa, che vanta il titolo di basilica minore insieme alle concittadine San Bernardino e San Giuseppe Artigiano, è stata rimaneggiata più volte nel corso dei secoli, soprattutto a causa dei danni causati dai frequenti terremoti, e presenta una commistione di diversi stili architettonici. In seguito al sisma del 2009, è stata sottoposta a lavori di consolidamento e restauro che si sono conclusi nel 2017 e hanno ottenuto il premio del patrimonio culturale dell'Unione europea nel 2020.[3]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Origini[modifica | modifica wikitesto]

Prima della costruzione della basilica, l'area di Collemaggio — un piccolo promontorio alle porte della città dell'Aquila — era probabilmente occupata da un edificio religioso noto come Chiesa di Santa Maria dell'Assunzione e di cui, fino a oggi, rimangono solamente i resti dell'antico loggione, forse nello stesso stile architettonico cistercense del monastero di Santa Maria di Poblet in Catalogna. Proprio in questa chiesa trovò rifugio, negli anni settanta del Duecento, Pietro da Morrone, in viaggio verso la Francia per partecipare al secondo concilio di Lione;[4] l'eremita, secondo la tradizione, incontrò in sogno la Vergine che gli chiese la costruzione di una chiesa a lei dedicata.[5][6] Carla Bartolomucci colloca la primitiva chiesa visitata da Pietro da Morrone in una fase cronologica anteriore al 1287; tuttavia, gli scavi archeologici condotti dall'Università degli Studi dell'Aquila non hanno restituito tracce rilevanti riconducibili a tali preesistenze. Secondo Fabio Redi, il primitivo edificio dovette uniformarsi alle caratteristiche delle originarie fondazioni Celestiniane a vocazione eremitica, come l'eremo di Santo Spirito a Maiella, Santa Maria del Morrone e l'eremo di Sant'Onofrio al Morrone.[7]

L'eremo di Sant'Onofrio al Morrone, dove visse Pietro da Morrone prima dell'elezione al soglio pontificio

Prima fase costruttiva (1287-1315)[modifica | modifica wikitesto]

Il progetto si concretizzò qualche anno più tardi, esattamente nel 1287 quando i monaci celestini della Badia Morronese acquistarono il terreno e diedero inizio alla costruzione dell'edificio.[5][8] Il 25 agosto 1288, con una solenne concelebrazione di otto vescovi, venne consacrata Santa Maria di Collemaggio, nonostante l'edificio fosse probabilmente ancora in fase di completamento.[5]

Dopo i saggi di scavo, eseguiti durante i lavori per il Giubileo dell'anno 2000, Pezzuti giunse alla conclusione che la prima basilica celestiniana fosse a cinque absidi.[7] Secondo Fabio Redi, invece, l'originaria Collemaggio dovette avere un'estensione pressappoco simile a quella attuale ma con l'asse mediano longitudinale spostato di circa sei metri e con la facciata arretrata di quattordici, a dimostrazione di una basilica con proporzioni meno allungate, sull'asse longitudinale, ma comunque grandiosa. La progettazione di un edificio monumentale - che richiama nella tecnica muraria l'abbazia di Santa Maria della Vittoria a Scurcola Marsicana – spinge a riconoscere in Carlo d'Angiò l'evergete finanziatore e nei monaci cistercensi - forse francesi - le maestranze attive nel cantiere.[7]

L'incoronazione di papa Celestino V[modifica | modifica wikitesto]

A sorpresa, il 5 luglio 1294, Pietro da Morrone venne eletto papa. L'eremita dapprima rifiutò la carica salvo poi tornare sui suoi passi, probabilmente spinto dal dovere di obbedienza. Accompagnato dal corteo reale, Pietro si recò quindi all'Aquila e, proprio nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, da lui fortemente voluta, venne incoronato papa col nome di Celestino V il 29 agosto 1294. A quella data la chiesa era certamente completata e mostrava un impianto absidale a cinque tribune più complesso dell'attuale, che la rendeva l'edificio religioso più grande degli Abruzzi;[9] era stata realizzata anche la porta laterale che – in virtù dell'istituzione della Perdonanza Celestiniana da parte del pontefice – acquisì le caratteristiche di Porta Santa, la prima nel mondo.[5]

L'incoronazione di papa Celestino V

Tuttavia, dopo solo quattro mesi di mandato, Celestino V restituì le insegne pontificie e rinunciò alla carica. Venne catturato mentre stava per lasciare l'Italia, desideroso di tornare a fare l'eremita, e imprigionato nella rocca di Fumone, nella provincia pontificia di Campagna e Marittima, dove morì il 19 maggio 1296. Inizialmente fu sepolto nell'abbazia celestiniana della vicina Ferentino.

La popolarità del pontefice eremita, unita all'eccezionalità del Gran Rifiuto e alla particolarità del giubileo aquilano, accrebbero le visite dei pellegrini alla basilica aquilana, moltiplicandosi ancor di più in seguito alla canonizzazione di Celestino V nel 1313 da parte di papa Clemente V e, soprattutto, allo spostamento delle reliquie del santo da Ferentino all'Aquila nel 1327.[10]

Seconda fase costruttiva (1315-1461)[modifica | modifica wikitesto]

All'accrescimento d'importanza della chiesa seguì la necessità di abbellimento della stessa allontanandosi dall'austerità iniziale, il che produsse radicali interventi soprattutto in seguito alle devastazioni del terremoto del 1315 che provocò il crollo dell'abside.[11] Già nel 1316 veniva deliberata la ricostruzione della cappella del santo e gli interventi si implementarono ulteriormente tra il 1327 — all'arrivo delle reliquie — ed il 1335 grazie ad una dotazione della famiglia Camponeschi di 29 000 carlini d'argento.[10]

Particolare dei tabernacoli e delle statue sul portale principale, in una foto di Paolo Monti del 1969.

Un secondo terremoto colpì la città pochi anni più tardi, nel 1349, causando nuovi danni anche nella basilica, soprattutto nell'area presbiteriale.[12] L'edificio venne rimaneggiato già negli anni successivi mediante la vendita di alcuni beni della chiesa.[12] In seguito, si procedette ad una ricostruzione più invasiva dell'impianto planimetrico con il prolungamento delle navate e la realizzazione di tre vani poligonali sul luogo delle cinque absidi precedenti;[13] in questo periodo intervennero, probabilmente, maestranze forestiere altamente specializzate[14] del cui lavoro rimane traccia nella cura delle strutture e delle decorazioni del coro, la cui profondità volumetrica risulta essere una soluzione assolutamente originale per l'architettura religiosa abruzzese.[15]

Il cantiere di Collemaggio rimase attivo per più di un secolo nel corso del quale vennero ricostruite le mura perimetrali e ci si prodigò a rivestire interamente la chiesa grazie alle pitture di affermati artisti dell'epoca tra cui soprattutto Giovanni da Sulmona e — secondo lo storico Ferdinando BolognaAntonio Martini di Atri, cui si deve l'affresco della Porta Santa che fa la sua comparsa nella basilica alla fine del XIV secolo.[16] A questo periodo si è soliti riferirsi anche per il completamento della facciata, assoluto capolavoro dell'architettura abruzzese,[17] la cui evoluzione stilistica e di conseguenza la sua precisa datazione rimane ancora oggi motivo di discussione tra gli storici; appare comunque certo il lavoro di Domenico da Capodistria, soprattutto per quanto riguarda il prezioso portale principale, ornato da tabernacoli e statue.[18]

Nella prima metà del XV secolo la chiesa, e forse anche la stessa facciata, venne quasi certamente rimaneggiata[18] mentre risulta essere pronta in occasione dell'arrivo in città di san Bernardino da Siena, nel 1438, che rimase 12 giorni in preghiera sul sagrato di Collemaggio alla presenza di Renato I di Napoli e di una grande folla.[19] Di certo la basilica era ormai completata quando L'Aquila venne nuovamente colpita dal terremoto del 1456, che a Collemaggio causò presumibilmente il crollo del transetto[20] oltre che devastazioni nella parte del monastero.[21]

La basilica tra Cinquecento e Seicento[modifica | modifica wikitesto]

Il restauro di basilica e monastero avvenne probabilmente in seguito ad un secondo terremoto, quello del 1461.[21] Gli impianti planimetrici non vennero vistosamente modificati mentre fecero la loro comparsa apparati decorativi di stampo più prettamente cinquecentesco, attribuibili ai vari artisti che frequentavano la città in quel periodo, tra cui il celebre Saturnino Gatti;[21] nella stessa fase storica fa la sua comparsa il mausoleo in pietra in cui giace il corpo del beato Giovanni Bassand, nel secolo precedente priore di Collemaggio.[22] Nella prima metà del Cinquecento è Francesco da Montereale a lavorare nella basilica, precisamente nella cappella dei Baroncelli, sulla navata di sinistra, ove sono ancora visibili le tracce dell'affresco recante la Madonna con Bambino e Santi.[22] La cappella verrà poi abbellita sul finire del secolo con l'installazione di statue ligne di provenienza francese.[22]

Il mausoleo di Celestino V.

Al XVI secolo si data, inoltre, l'importante mausoleo di Celestino V, realizzato su progetto di Girolamo da Vicenza ad imitazione del mausoleo di San Bernardino nell'omonima basilica (1489-1505);[22] le spoglie del santo erano state conservate, fino a quel momento, in un sepolcro fatto edificare nel XIV secolo dalla famiglia Camponeschi.[22] Il monumento venne completato nel 1517 grazie al finanziamento dell'Arte aquilana della Lana ed è considerato un capolavoro dell'arte rinascimentale.[23][24] Venne successivamente completato con un altare d'origine seicentesca.[22]

Tra la metà del Seicento ed il 1669 la basilica venne profondamente rinnovata in uno stile proto-barocco: si realizzò un completo rivestimento in stucco, peraltro di qualità non eccelsa,[25] si inglobarono le colonne ottagonali dentro pilastri cruciformi in laterizio e si dette maggior risalto all'apparato decorativo.[26] In copertura, nella navata principale, faceva la sua comparsa un soffitto piano a cassettoni ottagoni, mentre una seconda controsoffittatura veniva estesa anche sulle navate laterali.[26] L'intervento venne completato nel 1673 con la stuccatura dell'abside principale: il lavoro viene giudicato di stile mitteleuropeo da parte del Moretti, forse legato alla presenza in città del monaco Carl Ruther (morto a Collemaggio nel 1680), mentre il Colapietra lo attribuisce a Francesco Bedeschini e quindi interamente alla scuola aquilana, seppur sotto la probabile ispirazione del barocco leccese di Santa Croce.[27]

Di queste lavorazioni, in seguito alla restaurazione morettiana del XX secolo, resiste solamente la Cappella dell'Abate posta a margine della navata destra.[28]

Il terremoto del 1703 e la ricostruzione barocca[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1703 il Grande Terremoto colpì L'Aquila devastando le principali architetture cittadine. A Collemaggio, a farne le spese, fu soprattutto l'area presbiteriale mentre l'aula rimase miracolosamente intatta.[28] Appena sgomberata la zona dalle macerie dei crolli, tuttavia, i monaci diedero immediatamente il via all'opera di ricostruzione, su impulso dell'abate Ludovico Quatrari e grazie all'aiuto di maestranze altamente specializzate.[29]

Al 1706 il ripristino di mura e volte doveva già essere completato, tanto che la data compare in un'incisione posta sopra il coro, mentre nel 1709 si concluse il restauro dell'organo — situato probabilmente in un'altra chiesa — e la sua collocazione all'interno della basilica.[29]

Sempre nella prima metà del XVIII secolo si procedette al ripristino degli apparati decorativi realizzati mediante l'utilizzo di materiali sia locali che forestieri di stampo prettamente settecentesco: degni di nota furono l'altare maggiore e relativa balaustra realizzati tra il 1715 ed il 1721 da Panfilo Ranalli di Pescocostanzo e Berardo Ferradini di Milano, oltre che l'altare del beato Bassand completato nel 1736.[29] All'aspetto sfavillante del nuovo interno barocco si contrappose, tuttavia, un rifacimento esterno piuttosto dimesso con la volumetria movimentata dal solo tamburo ottagonale della cupola.[29]

La basilica in un'incisione ottocentesca.

In questa fase di ricostruzione, già a partire dal 1711, si ipotizzò un nuovo accesso alla chiesa a partire dall'area di San Michele anziché da Porta Bazzano.[30] Il nuovo percorso si consolidò nella seconda metà del XIX secolo quando le macerie della distruzione del vecchio Teatro San Ferdinando vennero riversate nel vallone che porta dalla Villa Comunale alla basilica, realizzando de facto il viale alberato poi completatosi negli anni trenta del XX secolo.[30]

Precedentemente, nel 1807, la soppressione dell'ordine celestiniano aveva segnato un importante spartiacque nella storia del complesso che difatti visse un momento di crisi sino alla metà del secolo successivo. Tuttavia, grazie alla nuova accessibilità e alla disponibilità di spazi, l'area di Collemaggio venne investita di una nuova importanza sociale e sportiva, arrivando ad ospitare importanti manifestazioni quali i giochi atletici legati all'Esposizione Universale del 1903.[31]

Gli interventi recenti[modifica | modifica wikitesto]

Fatto salvo un restauro della facciata in seguito ad un parziale crollo dovuto al terremoto della Marsica del 13 gennaio 1915, gli ultimi importanti rinnovamenti sulla basilica si verificarono nella seconda metà del XX secolo. Al 1960 è datato il rifacimento in cemento e mattoni della cupola,[29] eseguito per volontà del Genio Civile dopo che la chiesa era rimasta lievemente danneggiata dal terremoto del 24 giugno 1958[32] con un aggravamento delle lesioni preesistenti.[33]

Successivamente, tra il 1969 ed il 1973, la basilica venne sottoposta ad un discusso intervento di restauro operato dall'allora sovrintendente Mario Moretti che smantellò quasi completamente l'apparato decorativo barocco, compresa la pregevole soffittatura a cassettoni, per ripristinare la spazialità originale di stampo romanico.[4] Il restauro contribuì comunque a riportare alla luce i pregevoli affreschi posti sulle navate laterali.[4] Durante i lavori, la salma di Celestino V venne temporaneamente trasferita nel monastero di San Basilio.[34]

Il 18 aprile 1988 le spoglie del pontefice furono misteriosamente trafugate dalla basilica. Il corpo di Celestino V venne poi ritrovato, due giorni dopo, in un loculo nel cimitero di Cornelle e Roccapassa, nel territorio comunale di Amatrice, a circa 60 km dall'Aquila, probabilmente in procinto di essere trasferito altrove. I mandanti del furto, tuttavia, non furono mai scoperti.[34] Successivamente, le spoglie vennero nuovamente trasferite nel monastero di San Basilio per ricevere i sigilli della Chiesa, necessari in seguito a casi di profanazione, per poi tornare a Collemaggio la sera del 25 aprile con una solenne cerimonia.[34]

Il terremoto del 2009 e la nuova ricostruzione[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2009, l'ennesima sequenza sismica ferì nuovamente la città devastando il suo patrimonio artistico e monumentale e colpendo in modo evidente anche la basilica di Santa Maria di Collemaggio.

Si verificarono crolli nell'area presbiteriale e del transetto oltre che la distruzione della parte terminale della navata principale che causò l'abbattimento pressoché totale del pregiato organo a canne — peraltro restaurato solo un decennio prima — e della volta a crociera della prima campata dell'abside.[35] Durante il crollo rimase danneggiato anche il mausoleo di Celestino V le cui spoglie, integre, vennero recuperate nei giorni successivi.

La copertura provvisoria posta dopo il sisma del 2009.

Il 28 aprile 2009 Collemaggio ricevette la visita di papa Benedetto XVI, accompagnato da monsignor Georg Gaenswein e dall'arcivescovo dell'Aquila Giuseppe Molinari. In quell'occasione il papa pose il suo pallio sulla teca contenente il corpo di Celestino V, mentre l'anno seguente il Santo Padre — che successivamente abbandonò il pontificato emulando così il Gran Rifiuto celestiniano — tornò in Abruzzo in occasione delle celebrazioni della Perdonanza Celestiniana.[36]

Nei primi mesi successivi al sisma, la basilica venne messa in sicurezza e rivestita con una copertura provvisoria;[35] la prima parziale riapertura avvenne il 24 dicembre 2009 quando Collemaggio prese il titolo di procattedrale essendo la cattedrale dei santi Giorgio e Massimo totalmente inagibile.[37] La basilica venne tuttavia nuovamente chiusa al pubblico nel 2013.[35]

Il 25 novembre 2015 si è dato inizio ai lavori di restauro, finanziati e sponsorizzati dall'Eni.[38] Oltre che nella ricostruzione del transetto, l'intervento si è concentrato sul ripristino strutturale dei 14 pilastri della navata, sei dei quali avevano riportato danni gravissimi; i lavori hanno riguardato anche le murature — alcune delle quali, in opus reticulatum, hanno richiesto una particolare accortezza —, le stuccature, gli affreschi e la facciata.[39] La conclusione dei lavori è avvenuta il 13 dicembre 2017, in occasione del 723º anniversario dell'abdicazione di papa Celestino V; il 20 dicembre, alla presenza del ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini, la basilica è stata riaperta al pubblico ed è tornata ad ospitare le spoglie del pontefice.[40][41][42][43][44]

Nel 2020, il restauro di Santa Maria di Collemaggio è stato premiato dalla Commissione europea e da Europa Nostra con il premio del patrimonio culturale dell'Unione europea (European Heritage Award) nella categoria Conservazione.[3]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La basilica è situata a Collemaggio, piccolo promontorio situato appena fuori dalle mura dell'Aquila, a sud-est della città. L'area era posta in posizione baricentrica tra la cinta muraria e il terminale del regio tratturo L'Aquila-Foggia,[4] tra i principali sentieri dell'epoca, con vista panoramica sul Gran Sasso d'Italia a sinistra ed il Monte Ocre, con il Velino-Sirente retrostante, a destra.[45]

La basilica presenta un orientamento astronomico coincidente con il giorno dell'Assunzione di Maria, cui l'edificio è dedicato.

Storicamente il primo impatto con l'edificio avveniva dal basso e lateralmente, essendo il percorso principale verso la basilica passante per Porta Bazzano e per l'attuale via Caldora.[30] Con il tempo si è potenziato invece l'accesso alla basilica dall'area di San Michele, attraverso uno squarcio nella cinta muraria ed una direttrice assiale, consolidata poi — tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento — con la realizzazione del viale di Collemaggio.[30] Tale capovolgimento dell'accesso, se da un lato ha appiattito e banalizzato la complessità volumetrica della chiesa, dall'altro ne ha accentuato il carattere monumentale, ulteriormente marcato dalla vasta distesa verde prospiciente la facciata che rimanda alla pisana piazza dei Miracoli.[30]

La facciata della basilica.

Esterno[modifica | modifica wikitesto]

«(...) lo smagliante paramento di pietre bianche e rosse a trapunto di croci, che è steso come fondale continuo,
e di cui i tre stupendi rosoni — merletti a tombolo d'Abruzzo — fendono il tessuto (...)»

La facciata di Collemaggio è considerata la massima espressione dell'architettura abruzzese, nonché uno dei punti più alti dell'architettura medievale italiana di stampo romanico-gotico.[17] Si staglia quadrangolare al termine di una vasta piazza verde, mantenendo un'assoluta prevalenza di pieni rispetto ai vuoti, seppur mitigata dalla colorazione, secondo uno schema che rimanda al disegno architettonico del Duomo di Todi.[17][47] La chiesa si presenta circoscritta da pesanti lesene angolari e suddivisa verticalmente da due cordonature che individuano la navata centrale; orizzontalmente, si rinconosce una zoccolatura, un primo marcapiano che si arcua in corrispondenza del portale principale, una cornice marcapiano a mensola ben delineata ed, infine, un coronamento orizzontale piano.[17]

Particolare del rosone principale e del disegno bicromatico della facciata.

Nel complesso, lo spazio risulta suddiviso in nove settori di cui tre caratterizzati dai portali ed altri tre da raffinati rosoni in stile gotico — di cui il centrale, a doppio giro di colonnine ed archetti, di particolare importanza[4] — che rilevano già in facciata l'impianto planimetrico della basilica, mostrando il collegato tra l'esterno e l'interno dell'edificio.[46] Motivo d'omogeneità è il rivestimento in pietra che il Serra rimanda al Palazzo Ducale di Venezia,[48] impreziosito da un inedito dualismo cromatico dovuto ai masselli di colore bianco e rosso[46] — gli originali colori civici aquilani — che la decorano con motivi geometrici caratteristici recanti la croce aquilana, una variante della croce mulinata; il disegno, d'influenza veneziana ed orientale,[46] si pone così in evoluzione rispetto allo schema semplicistico già presente su alcuni monumenti cittadini, quali ad esempio la fontana delle 99 cannelle.

Gli elementi decorativi della facciata riflettono un arco di tempo piuttosto vasto ed un'eterogeneità di maestranze impiegate; è evidente, ad esempio, la differenza tra il rosone destro, simile a quello presente in San Silvestro,[18] e gli altri due che mostrano decorazioni elaborate d'influenza francese,[49] più affini al rosone di Santa Giusta.[18] Per il Serra, la costruzione cominciò dalla parte destra della facciata, più spiccatamente romanica, per poi muoversi gradualmente verso sinistra, area d'influenza gotica,[46] mentre il Gavini attribuisce l'intero lavoro ad un solo autore, Domenico da Capodistria.[50] Lo stesso Gavini data la realizzazione della facciata tra la fine del Trecento ed il 1439, ipotesi giudicata verosimile dall'Antonini.[51] Il Moretti, invece, amplia il periodo costruttivo fino al Cinquecento, periodo cui attribuisce il cornicione di stampo rinascimentale.[52] Un'ultima ipotesi prevede, infine, la basilica priva della facciata fino al XV secolo.[51]

Il portale principale, con ogni probabilità il più antico dei tre,[52] è caratterizzato da una serie di archi concentrici a tutto sesto impostati su due pilastri e tabernacoli cuspidati, in origine contenenti 12 statue di santi di cui 4 sopravvivono ancora oggi;[45] la lunetta reca un affresco della Madonna con bambino.[4] Il portale venne rinnovato in stile gotico nel XIV secolo,[16] ed è attribuito al già citato Domenico di Capodistria che ne ripropose successivamente lo schema nella chiesa di San Giacomo a Vicovaro.[18] I battenti lignei risalgono invece al 1688.[45]

I portali laterali sono invece in stile neo-romanico,[19] con il sinistro che è l'esatta copia del portale principale di San Giovanni di Lucoli, datato al 1439.[53] Sono fiancheggiati, come nel caso del portale principale, da mensole al cui interno rimane oggi una sola statua.[45]

All'angolo destro della facciata si staglia un maestose torrione a pianta ottagonale che in origine costituiva la base di un campanile, definitivamente demolito nel 1880 e sostituito da un altro, a vela, posto all'estremità della facciata laterale sinistra.[54] Il torrione, probabilmente realizzato per consentire le benedizioni all'aperto, viene utilizzato durante le celebrazioni della Perdonanza Celestiniana.[54] L'autore della copertura in pietra concia, posizionata sulla torre preesistente, è Pietro Giovanni Rivera[55]

La Porta Santa.

Porta Santa[modifica | modifica wikitesto]

«Una scultura piatta, minuta, ritagliata con forme precise e pazienti, con frastagliare freddo e simmetrico, quasi cristallino.»

Sulla parete sinistra della basilica è il portale monumentale noto come Porta Santa[16] perché legata alle celebrazioni della Perdonanza Celestiniana. Rimane aperta ed accessibile durante il giubileo aquilano per una sola giornata — tra la sera del 28 agosto e quella del 29 — e i fedeli che l'attraversano ottengono l'indulgenza plenaria a condizione d'essere «veramente pentiti e confessati».[1] È considerata la prima porta santa della storia, nonostante abbia assunto questo nome solo nel XV secolo ad emulazione delle porte sante romane.[4] Il portale attuale fece la sua comparsa, secondo l'Antonini, alla fine del Trecento (risulta, difatti, in costruzione nel 1397)[57] e sia il Gavini che il Moretti riconoscono nella sua realizzazione una mano diversa da quella che lavorò sulla facciata, con quest'ultimo che ipotizza, al posto di un singolo artista, una pluralità di maestranze d'origine settentrionale o addirittura francese.[53] È caratterizzato da intagli di particolare pregio ed è sormontato dallo stemma di un'aquila, tra i più antichi e preziosi simboli della città.[54] La lunetta riporta l'affresco con la Madonna con bambino e i santi Giovanni Battista e Pietro Celestino,[54] all'interno del quale viene anche mostrata la Bolla del Perdono;[4] venne decorata, come ipotizzato dal Bologna, da Antonio Martini di Atri.[16] Il terminus "ante quem" per la costruzione della Porta Santa è fornito da un lascito testamentario del 1397;con questo, un certo Simone di Cola di Cocullo avrebbe destinato parte dei suoi averi alla realizzazione dell'affresco inserito nella lunetta del portale. In tempi recenti, tuttavia, la tradizionale interpretazione dell'atto notarile è stata messa in discussione; non è possibile escludere che l'opera commissionata da Simone di Cola fosse in realtà un gruppo scultoreo destinato alla basilica, eventualità che metterebbe in crisi la cronologia del portale.[58]

Interno[modifica | modifica wikitesto]

L'impianto della basilica viene ricondotto, dal Moretti, alle chiese sulmonesi di Santa Maria della Tomba e San Panfilo.[59] Ugualmente importante, secondo l'Antonini, è l'influenza degli edifici religiosi realizzati sino a quel momento in città ed in particolare l'organizzazione spaziale della quasi coeva Santa Giusta, completata solo vent'anni prima.[60] È interessante rimarcare che la basilica rientra essa stessa nel quarto di Santa Giusta, essendo la suddivisione storica dell'Aquila non limitata alla sola città intra moenia bensì estesa all'intero contado.

L'interno della basilica, riportato alla semplicità romanica originale con i discussi restauri novecenteschi.

Internamente la basilica si suddivide in tre navate di cui la destra, come in Santa Giusta, è curiosamente più larga della sinistra.[60] Le arcate, otto per lato, sono ogivali e poggiate su pilastri a pianta ottagonale.[54] Di particolare importanza i dipinti collocati lungo la navata destra ed in particolare la Madonna con le sante Agnese e Apollonia nella prima nicchia, l'Assunzione ed incoronazione della Vergine nella seconda e la Crocefissione nella terza, tutti databili alla prima metà del XV secolo.[54] Lungo la navata sinistra, invece, è il celebre ciclo pittorico con Storie della vita di papa Celestino V ad opera di Carl Ruther da Danzica, allievo del Rubens;[61] alla metà della navata faceva la sua comparsa, inoltre, un pregiato organo a canne[54] andato distrutto nel terremoto del 2009. A questi si aggiungono alcuni frammenti sopravvissuti agli esiziali interventi di restauro, promossi negli anni Settanta del Novecento dal Soprintendente Mario Moretti; si tratta di un frammento della testa del Battista, di una santa – forse Margherita – e della testa di una santa monaca. In questi affreschi, come nella Madonna con Bambino della Porta Santa, si riconosce l'intervento di una bottega di artisti attivi nell'Aquilano dalla fine del XIV secolo ma rintracciabili anche nella cappella Caldora di Sulmona, nella chiesa dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista a Celano e nel Sacro Speco di Subiaco.[62] La copertura lignea a vista, molto semplice, sostituisce il pregevole soffitto a cassettoni di stampo barocco smantellato durante il discusso restauro novecentesco.[54] Della chiesa settecentesca rimane invece il transetto, cui si accede tramite il passaggio sotto tre archi trasversali; quest'ultimo venne ricostruito dopo il terremoto del 1703, mentre in origine si presentava simile a quello di Santa Giusta e San Nicola d'Anza ed era probabilmente voltato a crociera.[60]

L'impianto absidale era inizialmente molto complesso, suddiviso in cinque parti e caratterizzato dalla presenza di una cripta, elemento raro nell'architettura religiosa aquilana;[60] venne radicalmente trasformato nel XIV secolo con il prolungamento delle tre navate oltre che la realizzazione di due tribune laterali a semiottagono e di una tribuna centrale di forma ottagonale all'interno e quadrata sul volume esterno.[13] Il coronamento, inizialmente a timpano, si presenta oggi a padiglione.[13] Sull'abside minore di destra, che conduce al mausoleo di Celestino V, rimane il paramento originale in pietra levigata e i resti di una monofora tamponata nel XVIII secolo.[14] Sotto l'altare di sinistra è il corpo del beato Giovanni Bassand, priore di Collemaggio nel Quattrocento.[22] L'altare di destra è invece caratterizzato da una Madonna con bambino in terracotta attribuita, secondo alcuni, a Giovanni Francesco Gagliardelli o, secondo altri, a Silvestro dell'Aquila.[54]

Il coro, molto profondo, è in stile gotico a due campate;[14] le colonnine a pianta ottagonali, i capitelli finemente lavorati e l'intero apparato decorativo risultano di particolare pregio e sono da attribuirsi, con ogni probabilità, a maestranze forestiere, come nel caso della chiesa di San Domenico.[14] Al centro dell'abside è l'altare marmoreo barocco mentre a conclusione è una bifora, al di sotto della quale una nicchia recante una Crocefissione;[63] sulla parete di sinistra compare infine una Madonna con bambino e i santi Michele e Massimo che rimanda allo stile di Francesco da Montereale.[63]

La semplicità dello schema planimetrico è da ricondursi sia all'architettura cistercense che caratterizzava la conca aquilana in quel periodo, sia allo stile di vita umile predicato da Pietro da Morrone in tutta la sua vita.[5] Rimane ben vistoso il dualismo tra il piedicroce dal carattere borgognone della chiesa duecentesca e la diversa concezione di spazio e profondità in stile gotico della seconda fase costruttiva;[64] a tal proposito, l'Antonini specifica che tra i due stili, più che contrasto, vi è una complementarità non intaccata dai rimaneggiamenti novecenteschi.[64]

Crocifisso ligneo[modifica | modifica wikitesto]

Nella basilica si conservava un crocifisso ligneo della metà del XIV secolo, oggi tornato nella sede originaria di San Giuseppe Artigiano. In occasione del sisma del 2009, il crocifisso cadde al suolo subendo ingenti danni. Nell'opera, di notevole pregio, le forme del corpo sono appena abbozzate e l'espressione di dolore è accennata; l'elemento di maggiore qualità, tuttavia, è rappresentato dal brano del perizoma che ricade sulle cosce, sottolineando i volumi del Cristo.[58]

Secondo il Previtali, la scultura sarebbe da attribuire al Maestro di Visso, attivo in Umbria nel Quattrocento ma, recentemente, tale attribuzione è stata messa in discussione.[58]

Mausoleo di Celestino V[modifica | modifica wikitesto]

La tomba di papa Celestino V all'interno dell'omonimo mausoleo.
Lo stesso argomento in dettaglio: Mausoleo di Celestino V.

Nell'abside di destra è presente il sepolcro di papa Celestino V, le cui spoglie giunsero all'Aquila nel 1327.[10] In un primo momento furono poste in una struttura collocata probabilmente al centro dell'attuale tribuna, decorata grazie all'aiuto economico di Mattia Camponeschi che continuò fino al 1335.[22] L'attuale mausoleo venne invece eretto nel 1517, poco dopo la realizzazione dell'altro grande mausoleo cittadino vale a dire quello di San Bernardino nell'omonima basilica (1489-1505).[22] Le similitudini tra i due monumenti sono evidenziate sia dal Serra che dal Moretti,[23][24] mentre il Gavini si pone più cauto.[22]

Il progetto, ad opera di Girolamo da Vicenza, prevede una pianta quadrata e un'alzato che si suddivide in due livelli, con le quattro pareti ornate da partiti a colonnine e pilastri finemente decorati terminanti in un frontone finale.[22] L'urna è in legno dorato e sostituisce l'originale in argento, trafugata da Filiberto di Chalons nel 1528, nonché la successiva del 1646, sottratta poi dai francesi nel 1799.[54] L'altare prospiciente il monumento è invece un'aggiunta del 1617.[22]

Nell'aprile del 1988 la salma fu misteriosamente trafugata dalla basilica per poi essere ritrovata due giorni dopo in una frazione di Amatrice; in seguito a questo avvenimento, il mausoleo venne dotato di teca in vetro antiproiettile e di un sistema d'allarme.[34]

Organo a canne[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Organo della basilica di Santa Maria di Collemaggio.

L'organo della basilica di Santa Maria di Collemaggio — rimasto distrutto nel terremoto dell'Aquila del 2009 — è un pregevole organo a canne storico, uno dei maggiori presenti in città.[61] Situato quasi al termine della navata principale, è addossato sul muro di divisione con la navata sinistra.

L'organo di Collemaggio prima del 2009.

La sua paternità è attribuita a Luca Neri di Leonessa (già autore dell'organo dell'oratorio di Sant'Antonio dei Cavalieri de' Nardis) che lo realizzò nella seconda metà del XVII secolo, probabilmente per un'altra chiesa.[65] Nel 1709, in seguito al sisma del 1703, l'organo venne restaurato e trasferito nella basilica, collocato all'interno di una struttura d'ispirazione seicentesca.[29] Nel 1999 lo strumento è stato oggetto di un profondo intervento di restauro, a conclusione del quale è stato poi inaugurato con concerto del direttore d'orchestra olandese Ton Koopman.[65] Il terremoto del 2009, che ha provocato il collasso della parte terminale della navata, lo ha quasi completamente distrutto; nel 2018 sono state rimontate, dopo un importante intervento di ripristino e ricostruzione delle parti mancanti, la cantoria e la cassa nella loro collocazione originaria, senza però la parte fonica.[66]

L'organo è situato sull'apposita cantoria lignea sorretta da quattro colonne tuscaniche in marmo, con parapetto decorato con bassorilievi recanti le Scene della vita di Cristo.[65] La cassa presenta un prospetto tripartito da colonne corinzie scanalate; i due campi laterali ospitavano ciascuno 11 canne in stagno di principale con bocche a mitria disposte a cuspide, mentre il campo centrale ospitava 7 canne di principale dello stesso materiale disposte a cuspide, con la canna centrale alta 12'. La cassa termina in alto con una corona al centro e le statue di San Pietro e San Paolo rispettivamente a sinistra e destra.[65]

Pavimentazione[modifica | modifica wikitesto]

Di particolare importanza ed originalità è la pavimentazione lapidea che ripropone a terra il gioco cromatico già visto in facciata mediante l'utilizzo di differenti campiture.[19] È disseminata di numerose pietre tombali, per lo più di abati dell'Ordine dei Celestini.[54]

Nella prima metà dell'aula è presente un disegno a losanghe bianche e rosse — forse d'origine tardo-trecentesca[20] — suddiviso orizzontalmente in quattro parti, con la geometria del disegno riporta al simbolismo della vesica piscis;[67] successivamente, nel quinto settore, fanno la loro ricomparsa i motivi orientaleggianti a croce aquilana della facciata, intervallati da una particolare croce-fiore o croce-quadrifoglio,[19] simile all'ottagono e richiamante il simbolismo dell'omphalos,[67] che più avanti diventa il disegno principale.[20]

Cuore della pavimentazione di Collemaggio è comunque il labirinto, un insieme di sei cerchi concentrici dalla forte connotazione mistica che caratterizzano la parte centrale della basilica.[19] Detto schema si ritrova nell'oratorio votivo di Santa Maria del Ponte a Roio, databile al 1457, da cui è possibile ipotizzare che l'origine di questi complessi disegni sia in qualche modo coeva.[20]

Monastero[modifica | modifica wikitesto]

Adiacente alla basilica, sul lato destro, è il monastero; anch'esso subì gravi danni dal terremoto del 1456, prima del quale presentava una terminazione turrita sul lato orientale, in corrispondenza dell'abside della chiesa;[21] la sua ricostruzione avvenne presumibilmente in seguito all'altro terremoto del 1461, come nel caso del monastero di Santa Maria del Soccorso.[21] L'edificio conserva tuttavia l'impianto planimetrico originale, articolato su un chiostro quadrato e porticato sul quale si affacciano i vari ambienti; tra questi, il più importante è il refettorio dei monaci, un vasto ambiente voltato a crociera e che presenta grandi affreschi di stampo cinquecentesco, tra cui anche una Crocefissione attribuita a Saturnino Gatti.[21]

Alla soppressione dell'ordine, avvenuto nel 1807, il complesso è stato riconvertito culturalmente.[61]

La basilica nella letteratura[modifica | modifica wikitesto]

Alla basilica è dedicato un saggio dello scrittore Carlo Emilio Gadda — a partire dal 1934 ospite all'Aquila in quanto inviato della Gazzetta del Popolo di Torino — dal titolo Le tre rose di Collemaggio. Lo scrittore milanese descrive diversi luoghi e monumenti cittadini soffermandosi in particolare sulla basilica di Santa Maria di Collemaggio, la cui visione viene così raccontata:[68]

«Le tre rose od occhi, dal musaico del fronte, mi guardano con la limpidezza d'un giovenile pensiero.
Una mano divota le ha colte, ne ha rifiorito, con l'alba, tutta la purità del disegno che si distende sul piano di facciata.
Paramento gaio e solenne, intessuto de' due colori della rupe, il rosa, l'avorio:
essi mi dicono chiare acque dai monti, che la Madonna sfiora, o tacitamente percorre.»

Il saggio è stato ricompreso nella raccolta Verso la Certosa e pubblicato nel 1961.[68]

La basilica nella numerologia[modifica | modifica wikitesto]

Secondo alcuni studi, la basilica presenta numerosi richiami alla numerologia e più in generale al simbolismo. Il rosone, ad esempio, è composto da 36 braccia mentre le propaggini sono 72; la moltiplicazione tra il numero dei due elementi (2592) rappresenterebbe un richiamo alla precessione degli equinozi. Altri fattori d'interpretazione numerica sono presenti nel cosiddetto labirinto, già citato in precedenza: oltre ai tre 8 — rappresentati in forma di cerchi bicromi e che verrebbero illuminati dal rosone il 21 giugno di ogni anno — la sequenza degli elementi nella pavimentazione presenta proporzioni il cui valore finale sembrerebbe coincidere con quello precessionario.[69]

Omaggi[modifica | modifica wikitesto]

Il 10 febbraio 2010 le Poste Italiane hanno emesso un francobollo da 0,60 € dedicato alla basilica.[70]

Collegamenti[modifica | modifica wikitesto]

In corrispondenza della basilica di Santa Maria di Collemaggio è il terminal Lorenzo Natali, il principale scalo cittadino per le linee urbane ed extraurbane; l'autostazione è dotata di parcheggio interrato e collegata direttamente a piazza del Duomo mediante un sistema di scale mobili.[71]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Perdonanza Celestiniana, Sito ufficiale, su perdonanza-celestiniana.it. URL consultato il 14 settembre 2016.
  2. ^ UNESCO, Celestinian forgiveness celebration, su ich.unesco.org. URL consultato il 12 maggio 2020.
  3. ^ a b European Heritage Awards, Basilica of Santa Maria di Collemaggio, su europeanheritageawards.eu. URL consultato il 7 maggio 2020.
  4. ^ a b c d e f g h Regione Abruzzo, Chiesa di Santa Maria di Collemaggio, su regione.abruzzo.it. URL consultato il 29 luglio 2016 (archiviato dall'url originale il 10 agosto 2016).
  5. ^ a b c d e Orlando Antonini, p. 164
  6. ^ Cammilleri, p. 424.
  7. ^ a b c Fabio Redi, Santa Maria di Collemaggio. Archeologia di un monumento in Celestino V e la sua Basilica, Silvana, 2006,pp.115-123
  8. ^ Carlo Ignazio Gavini, p. 208
  9. ^ Carlo Ignazio Gavini, p. 214
  10. ^ a b c Orlando Antonini, p. 170
  11. ^ Orlando Antonini, p. 171
  12. ^ a b Orlando Antonini, p. 172
  13. ^ a b c Orlando Antonini, p. 173
  14. ^ a b c d Orlando Antonini, p. 174
  15. ^ Orlando Antonini, p. 175
  16. ^ a b c d Orlando Antonini, p. 178
  17. ^ a b c d Orlando Antonini, p. 179
  18. ^ a b c d e Orlando Antonini, p. 187
  19. ^ a b c d e Orlando Antonini, p. 189
  20. ^ a b c d Orlando Antonini, p. 190
  21. ^ a b c d e f Orlando Antonini, p. 191
  22. ^ a b c d e f g h i j k l Orlando Antonini, p. 192
  23. ^ a b Luigi Serra, p. 53
  24. ^ a b Mario Moretti, pp. 60-61
  25. ^ Sandro Benedetti, p. 272
  26. ^ a b Orlando Antonini, p. 194
  27. ^ Orlando Antonini, p. 195
  28. ^ a b Orlando Antonini, p. 196
  29. ^ a b c d e f Orlando Antonini, p. 197
  30. ^ a b c d e Orlando Antonini, p. 163
  31. ^ Matteo Massacesi, Da Collemaggio all'Acquasanta, viaggio tra i campi dei rossoblù, in news-town.it, 5 settembre 2016. URL consultato il 5 settembre 2016 (archiviato dall'url originale il 13 settembre 2016).
  32. ^ INGV, Catalogo parametrico dei terremoti italiani 1691-1899, su emidius.mi.ingv.it. URL consultato il 21 settembre 2016.
  33. ^ ENI, Storia, su ungiornoacollemaggio.it. URL consultato il 21 settembre 2016 (archiviato dall'url originale il 19 novembre 2016).
  34. ^ a b c d Marco Visconti, IL 'POVERO CRISTIANO' È A CASA, in la Repubblica, 21 aprile 1988.
  35. ^ a b c BASILICA DI SANTA MARIA DI COLLEMAGGIO DOPO IL TERREMOTO, IL RESTAURO IN RITARDO DI UN ANNO, in Rai News, 30 agosto 2015.
  36. ^ Ratzinger come Celestino V, nel 2009 regalò il pallio al Papa del "Gran rifiuto", in Il Centro, 11 febbraio 2013. URL consultato il 9 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 18 ottobre 2016).
  37. ^ La messa di Natale 2009 nella Collemaggio distrutta, in abruzzo24ore.tv, 28 dicembre 2009.
  38. ^ Ricostruzione dei beni culturali all'Aquila, lo stato dell'arte, in ANSA, 6 aprile 2016.
  39. ^ Michela Corridore, Alla scoperta dei segreti di Collemaggio, in Il Centro, 2 aprile 2017. URL consultato il 3 aprile 2017 (archiviato dall'url originale il 4 aprile 2017).
  40. ^ L'Aquila, Collemaggio riapre alla citt, in Il Centro, 20 dicembre 2017.
  41. ^ L'Aquila, rinasce Basilica di Collemaggio, in ANSA, 20 dicembre 2017.
  42. ^ L'Aquila ritrova la sua basilica, in la Repubblica, 20 dicembre 2017.
  43. ^ L'Aquila, rinasce la basilica di Collemaggio simbolo della città ferita dal sisma. E arrivano due milioni per il Maxxi, in Il Messaggero, 20 dicembre 2017.
  44. ^ Terremoto 2009, riapre la Basilica di Collemaggio simbolo dell'Aquila e custode della Porta Santa, in Rai News, 20 dicembre 2017.
  45. ^ a b c d Touring Club Italiano, p. 116
  46. ^ a b c d e Orlando Antonini, p. 180
  47. ^ Luigi Serra, p. 27
  48. ^ Luigi Serra, p. 29
  49. ^ Orlando Antonini, p. 181
  50. ^ Carlo Ignazio Gavini, p. 310
  51. ^ a b Orlando Antonini, p. 186
  52. ^ a b Orlando Antonini, p. 184
  53. ^ a b Orlando Antonini, p. 182
  54. ^ a b c d e f g h i j k Touring Club Italiano, p. 117
  55. ^ Alice Petrongolo, Santa Maria di Collemaggio, in Prima e dopo il sisma,Teramo, Edizioni d'Errico, 2011
  56. ^ Carlo Ignazio Gavini, p. 307
  57. ^ Orlando Antonini, p. 183
  58. ^ a b c Valeria Gambi, Santa Maria di Collemaggio, in Prima e dopo il sisma. Vicende conservative dell'arte medievale in Abruzzo, Teramo, D'Errico, 2011, pp. 63-64.
  59. ^ Orlando Antonini, p. 166
  60. ^ a b c d Orlando Antonini, p. 167
  61. ^ a b c L'Aquila. Una città d'arte da salvare.
  62. ^ Stefania Paone, Il primo Quattrocento e la diffusione della cultura tardogotica in La Pittura medievale nell'Abruzzo aquilano, Silvana, 2010, pp.111-130
  63. ^ a b Touring Club Italiano, p. 119
  64. ^ a b Orlando Antonini, p. 177
  65. ^ a b c d Luciano Bologna, A tre anni dal terremoto ciò che resta degli organi aquilani (PDF), su rivista.consaq.it. URL consultato il 28 marzo 2015.
  66. ^ Collemaggio, via al rimontaggio dell'organo distrutto dal sisma, in Il Centro, 14 luglio 2018.
  67. ^ a b Giannandrea Capecchi e Maria Grazia Lopardi
  68. ^ a b Carlo Emilio Gadda, Le tre rose di Collemaggio, in Verso la Certosa, Milano-Napoli, Ricciardi, 1961.
  69. ^ Michele Proclamato, L'ottava, la scienza degli dei, Torino, Melchisedek, 2015, ISBN 88-86126-38-7.
  70. ^ Arte romanica d'Abruzzo: Basilica di Santa Maria di Collemaggio, su ibolli.it. URL consultato il 19 giugno 2022 (archiviato l'8 maggio 2021).
  71. ^ Mobilità & Parcheggi, Terminal Bus Lorenzo Natali, su mobilitaparcheggi.com. URL consultato il 19 settembre 2016 (archiviato dall'url originale il 4 aprile 2016).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia generale[modifica | modifica wikitesto]

  • L'Aquila. Una città d'arte da salvare - Saving an Art City, Pescara, Carsa, 2009.
  • Orlando Antonini, Architettura religiosa aquilana, I, Todi (PG), Tau Editrice, 2010.
  • Rino Cammilleri, Tutti i giorni con Maria, calendario delle apparizioni, Milano, Edizioni Ares, 2020, ISBN 978-88-815-59-367.
  • Carlo Ignazio Gavini, Storia dell'architettura in Abruzzo, volume II, Milano-Roma, Bestetti e Tumminelli, 1928.
  • Luigi Serra, Aquila, Roma, Istituto Italiano D'Arti Grafiche, 1929.
  • Gianfranco Spagnesi e Pierluigi Properzi, L'Aquila: problemi di forma e storia della città, Bari, Dedalo, 1972.
  • Touring Club Italiano, L'Italia - Abruzzo e Molise, Milano, Touring Editore, 2005.

Bibliografia specifica[modifica | modifica wikitesto]

  • Carla Bartolomucci, Santa Maria di Collemaggio: interpretazione critica e problemi di conservazione, Roma, Palombi, 2004.
  • Giannandrea Capecchi e Maria Grazia Lopardi, Notre Dame di Collemaggio. Conoscenze e misteri degli antichi costruttori, Roma, Arkeios, 2009.
  • Carlo Cilleni Nepis, Il tempio di Collemaggio, L'Aquila, Giuseppe Mele, 1894.
  • Claudia D'Alberto (a cura di), Prima e dopo il sisma. Vicende conservative dell'arte medievale in Abruzzo, Teramo, Edizioni d'Errico, 2011.
  • Leonida Giardini, Marcello Pezzuti, Fabio Redi, Celestino V e la sua Basilica, Cinisello Balsamo (BG), Silvana Editore, 2006.
  • Roberto Grillo, Il luogo del perdono, L'Aquila, Idearte, 2000.
  • Luigi Lopez, Celestino V, la Perdonanza, Collemaggio, L'Aquila, Tazzi, 1987.
  • Mario Moretti, Collemaggio, Tivoli (RM), De Luca, 1972.
  • Stefania Paone, Alessandro Tomei, La Pittura medievale nell'Abruzzo aquilano, Silvana, 2010.
  • Fabiano Petricone, La Basilica di Santa Maria di Collemaggio all'Aquila: guida storica, artistica, religiosa, L'Aquila, GTE, 2005.

Pubblicazioni[modifica | modifica wikitesto]

  • Orlando Antonini, Collemaggio. Autobiografia della città, in Il papa eremita. Celestino V e la Perdonanza all'Aquila, Roma, 1996, pp. 102-115.
  • Sandro Benedetti, L'architettura dell'epoca barocca in Abruzzo, in Atti del XIX congresso di storia dell'architettura, L'Aquila 15-21 Settembre 1975, II, L'Aquila, 1980.
  • Ferdinando Bologna, Dati di fatti e ipotesi per la restituzione della prima facciata di Santa Maria di Collemaggio, in I Celestini in Abruzzo. Atti del Convegno, L'Aquila 19-20 maggio 1995, L'Aquila, Colacchi, 1996, pp. 29-40.
  • Ferdinando Bologna, Una facciata dallo stile "veneto", in Il papa eremita Celestino V e la Perdonanza all'Aquila, Roma, 1996, pp. 116-127.
  • Camillo Catalano, Santa Maria di Collemaggio nella città dell'Aquila, in Il Risorgimento d'Abruzzo e Molise, 1927.
  • Marcello Pezzuti, Basilica di Santa Maria di Collemaggio, in Giornale degli Architetti, n. 1-3, 2002, pp. 3-8.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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