Basilica di Sant'Abbondio

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Basilica di Sant'Abbondio
Veduta absidale di Sant'Abbondio (XI secolo)
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneLombardia
LocalitàComo
IndirizzoVia Regina, 35 e Via Regina 35
Coordinate45°48′08.83″N 9°04′49.8″E / 45.802453°N 9.080501°E45.802453; 9.080501
Religionecattolica
TitolareAbbondio di Como
Diocesi Como
ConsacrazioneV secolo
Stile architettonicoromanico
Inizio costruzione1050
Completamento1095

La basilica di Sant'Abbondio è una chiesa romanica di Como. Al suo fianco sorge un monastero costruito nel Medioevo, che, dopo essere stato restaurato, ospita la facoltà di Giurisprudenza, Scienze del Turismo e Mediazione Linguistica dell'Università degli Studi dell'Insubria.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La basilica venne edificata sul luogo di una preesistente basilica paleocristiana del V secolo,[1][2] intitolata ai santi apostoli[3] Pietro e Paolo, che la tradizione vuole costruita da Amanzio[1] (terzo vescovo di Como dopo Felice e Provino e predecessore di Abbondio, attuale patrono della Diocesi di Como). A sua volta, la basilica dei Santi Pietro e Paolo venne costruita su una base composta da massi erratici e avelli.[4] Da un viaggio a Roma, Amanzio riportò alcune reliquie degli apostoli Pietro e Paolo e per esse fece edificare una nuova chiesa, 1000 metri circa fuori le mura, oltre il fiume Cosia, lungo la Via Regina. La chiesa sarebbe sorta non lontano da un tempio romano del III secolo dedicato al dio Sole.[5]

Nell'818 la basilica fu dedicata a Sant'Abbondio[6][1][3] ed elevata a cattedrale . Nel 902 l'imperatore Ludovico III donò alla chiesa importanti fondi a Pavia, allora capitale del Regno d'Italia[7]. Servì da sede della cattedra vescovile sino al 1013 quando il vescovo Alberico, già cancelliere dell'imperatore Enrico II, la trasferì all'interno delle mura.[3] L'edificio venne, quindi, affidato da Alberico ai monaci benedettini[8] tramite un documento datato 1013[2][3] e controfirmato dal patriarca di Aquileia Giovanni e da altri dieci vescovi riuniti in sinodo presso l'allora sede metropolitana in Friuli.[9] Fra il 1050 ed il 1095, i benedettini riedificarono la chiesa in stile romanico, portandola alle dimensioni attuali[3]. Al termine dei lavori,[6] il 3 giugno 1095 la nuova basilica fu consacrata da papa Urbano II,[3][10][11][2] dopo che il 16 maggio dello stesso anno il pontefice aveva confermato il possedimento benedettino con un'apposita bolla.[11]

Un decreto di Sisto IV datato 1475 sancì l'assegnamento del monastero ad abati commendatari[12] – per lo più non residenti - e fu per iniziativa di alcuni di essi – prima il cardinale Gianpaolo della Chiesa, quindi il cardinale Tolomeo Gallio (dal 1575[13]) - che nel Cinquecento la basilica subì ristrutturazioni profonde, assumendo una veste classicheggiante, mentre si avviava anche la costruzione del grandioso chiostro. I lavori operati dal Gallio comportarono la demolizione di una tribuna.[14]

Nel 1616 l'abate Marco Gallio vendette la chiesa, parte del monastero e alcuni terreni vicini alle monache agostiniane di San Tommaso di Civiglio e anche questa novità comportò nuovi interventi per adattare la chiesa alle necessità liturgiche di una comunità monastica femminile.

Nel 1783 il monastero fu soppresso ma la chiesa, per la sua dedicazione al patrono della diocesi, non fu secolarizzata e divenne sussidiaria della parrocchiale della Santissima Annunciata.

Dopo un lungo periodo di abbandono, nel 1834 il complesso monastico fu acquistato dal vescovo Carlo Romanò per farvi trasferire il Seminario teologico: gli edifici, ormai in grave stato di degrado, furono in parte demoliti e quindi ricostruiti su progetto dell'architetto neoclassico Giuseppe Tazzini; nel 1881 la sede dell'istituto fu ampliata lungo la via Regina.

Dal 1863 don Serafino Balestra, insegnante presso il Seminario e studioso di archeologia e di epigrafia, promosse il restauro della basilica per restituirne la veste romanica; nel corso dei lavori furono rinvenute anche le fondazioni dell'edificio paleocristiano e quelle del nartece esterno, che era stato demolito nel corso del Cinquecento.[1] Proprio sulla base di quello che un tempo fu il portico si fonda l'attuale facciata.[1] Il restauro del Balestra comportò, tra i vari interventi, la distruzione delle volte, il ribassamento del pavimento, la ricostruzione della tribuna fatta demolire da Tolomeo Gallio e il completamento del campanile di sinistra[3],[15] il quale risultava essere monco già al tempo di una visita pastorale operata da Feliciano Ninguarda[14] (era infatti stato parzialmente demolito nel 1555[3]). Vennero inoltre cambiati alcuni capitelli (successivamente esposti al Museo Archeologico Paolo Giovio) e alcune finestre della facciata furono chiuse, mentre si aprirono quelle delle navate.[14]

Nel 1928 Antonio Giussani realizzò un nuovo restauro della chiesa, sostituendo tutti i vetri delle finestre, rifacendo le coperture delle navate, delle absidi e del coro, intonacando nuovamente pareti e volte e ricostruendo in marmo di Musso l'altare maggiore e gli altari collocati nelle absidi minori;[14] al Giussani si deve anche un nuovo restauro del campanile di sinistra, avvenuto nel 1936.[3] Atri interventi furono promossi negli anni Settanta del XX secolo.

Nel 1968 il trasferimento del Seminario vescovile a Muggiò provocò nuovamente l'abbandono e il rapido deterioramento di quella che era stata la sede del monastero. Acquistata nel 1974 dal Comune di Como, che, in tempi recenti, ne ha curato il restauro e la riqualificazione, attualmente essa è la sede della facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi dell'Insubria.

La chiesa appartiene alla parrocchia della Santissima Annunciata - santuario del Santissimo Crocifisso, affidata ai Chierici regolari di Somasca.

Elenco dei rettori della basilica

  • Mons. Alessandro Riva (1992-1999)
  • Mons. Luciano Salvadè (1999-2008)
  • Don Maurizio Mosconi (2008-2010)
  • Mons. Renato Pini (2010-2013)
  • Don Andrea Messaggi (2013-2021)
  • Don Michele Pitino (2021-ad multos annos)

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

L'interno.
la pianta della chiesa
- ha garantito una reciproca influenza del romanico espresso al di qua e al di là delle Alpi[3].

basilica[16], che dimostra, peraltro, la vitalità - ancora agli inizi del II millennio - della tradizione tardo-antica, soprattutto nella facciata, in cui tanto i contrafforti quanto delle tozze semicolonne evidenziano la partizione interna delle 5 navate[2]. Infatti, una delle caratteristiche peculiari della facciata della basilica comasca sono i suoi quattro salienti laterali. Si tratta di una soluzione piuttosto insolita e corrisponde alla struttura interna. A sviluppare il senso di altezza e verticalità contribuiscono due notevoli campanili gemelli posti nella zona absidale, soluzione piuttosto comune nella zona renana, ma eccezionale in Italia.

Sui portali e intorno ad alcune delle finestre si trovano alcune sculture a motivi floreali, zoomorfi e geometrici,[3] scolpite direttamente sulle pietre già disposte nella loro posizione finale[16].

Sulla facciata, coronata da archetti pensili,[2] la parte inferiore delle lesene serviva un tempo come supporto per un nartece a due piani, costruito tra i secoli XII e XIV ma andato perduto in uno dei tanti interventi di rimaneggiamento occorsi nel corso dei secoli.[3] Questo nartece era probabilmente simile a quello della basilica milanese di San Simpliciano[2].

Interno[modifica | modifica wikitesto]

Presenta una pianta molto semplice, rettangolare senza transetto, divisa in cinque navate con un presbiterio caratterizzato da profonda abside, La navata centrale è delimitata da quattro pilastri e da grandi colonne composte con conci di pietra piuttosto piccoli; altre colonne delimitano le navate laterali. Una notevole varietà caratterizza i capitelli, da quelli semplici che richiamano forme geometriche basilari: il cubo e la sfera (forse dovuti a una fase dei tanti restauri) a quelli corinzi o a quelli decorati con motivi liberi. Una delle colonne si differenzia da tutte le altre per essere fatta in marmo cipollino e non granito[3].

La chiesa ospita poi bassorilievi romanici e, sia nel presbiterio sia nell'area destinata all'organo,[17] una serie completa di affreschi della metà del Trecento[2].

Sotto l'altare maggiore si conservano le reliquie del patrono, raffigurato anche in una statua del 1490 attribuita a Cristoforo Solari.[17]

Le strutture della basilica paleocristiana, scoperte durante i lavori di restauro avviati nel 1863, sono ancor oggi segnate nel pavimento della chiesa con lastre di marmo scuro,[3] mentre in corrispondenza delle antiche aperture è posto del marmo chiaro.

Sulla cantoria in controfacciata è collocato l'organo Mascioni op.733, costruito nel 1956. Lo strumento consta di due tastiere, 15 registri ed è a trasmissione elettrica.

Affreschi del presbiterio[modifica | modifica wikitesto]

Scena della Crocifissione

Gli affreschi che adornano il presbiterio costituiscono uno dei cicli pittorici più integri del primo Trecento in Lombardia. Realizzati da un artista anonimo, questi affreschi rimandano allo stile di analoghe pitture presenti a Siena e in Umbria[17].

Il programma iconografico inizia nell'arco trionfale che porta al presbiterio affrescato con la usuale rappresentazione dell'Annunciazione e figure di santi poste nel sottarco; la volta della prima campata (ormai scarsamente visibile) reca tracce di un cielo stellato e di quattro troni sui quali erano verosimilmente assisi i Dottori della Chiesa. Nell'arco che precede il catino absidale troviamo un Cristo benedicente affiancato da due Arcangeli e, racchiusi in otto tondi, figure di Patriarchi, Profeti ed altri santi nel sottarco. Il catino absidale presenta una raffigurazione della Deesis (Cristo benedicente tra la Madonna e Giovanni Battista) con ai lati le immagini di San Pietro e di San Paolo. Il programma iconografico prosegue sul cilindro dell'abside, diviso in cinque bande da quattro semicolonne, con venti episodi della vita di Gesù (che mostrano due temi cristologici: la Natività di Gesù, in alto, e la sua Passione, in basso). Nella fascia inferiore troviamo, a fianco dell'episodio delle Crocifissione, figure di Apostoli ed il Tetramorfo (simboli degli evangelisti). Le immagini presenti sulle lesene e sulle semicolonne che separano gli episodi della vita di Gesù rendono alquanto complesso il programma decorativo con le figure dei re e dei profeti, degli apostoli, dei vescovi e dei dottori della Chiesa e una miriade di personaggi minori, assieme ad animali e figure fantastiche di gusto medievale. La volta del coro ha un cielo stellato dipinto con polvere di lapislazzuli.

Non si conosce l'autore dell'importante ciclo di affreschi,[18] convenzionalmente chiamato "Maestro di Sant'Abbondio".[19] Studi recenti collocano quest'opera tra il 1315 e il 1324 durante l'episcopato del vescovo francescano Leone Lambertenghi, committente dell'opera[20] Nella esecuzione delle scene riguardanti la vita di Gesù l'artista si connota per un linguaggio capace di unire il ritmo pacato del racconto con l'attenzione naturalistica ai dettagli degli abbigliamenti, che offrono uno interessante spaccato sui costumi del tempo. Al di sotto dell'altare maggiore sono conservate ed esposte delle reliquie dei santi Abbondio, Console ed Eusperanzio.

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e AA. VV., Sant'Abondio, p. 57.
  2. ^ a b c d e f g Tettamanzi, cap. "Sant'Abondio COMO".
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m n TCI, Guida d'Italia [...], p. 277.
  4. ^ Bartolini, p. 65.
  5. ^ AA. VV., Il Duomo di Como, p. 7.
  6. ^ a b Belloni et al., p. 98.
  7. ^ (EN) Fabio Romanoni, Note sul porto di Sclavaria di Pavia, in "Bollettino della Società Pavese di Storia Patria", CIV (2004). URL consultato il 28 maggio 2019.
  8. ^ AA. VV., Il Duomo di Como, p. 8.
  9. ^ AA. VV., Sant'Abondio, p. 27.
  10. ^ AA. VV., Sant'Abondio, p. 25.
  11. ^ a b AA.VV., Una chiesa tra lago e montagne, pp. 21-23.
  12. ^ AA. VV., Sant'Abondio, p. 44.
  13. ^ AA. VV., Sant'Abondio, p. 58.
  14. ^ a b c d AA. VV., Sant'Abondio, p. 61.
  15. ^ AA. VV., Sant'Abondio, p. 46.
  16. ^ a b Belloni et al., p. 100.
  17. ^ a b c TCI, Guida d'Italia [...], p. 278.
  18. ^ AA. VV., Sant'Abondio, p. 71.
  19. ^ AA. VV., Sant'Abondio, p. 74.
  20. ^ Vedasi la scheda Archiviato il 26 ottobre 2013 in Internet Archive. sul sito Sant'Abbondio (1010-2010) Archiviato il 2 novembre 2012 in Internet Archive.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Pietro Gini e Liliana Balzaretti (a cura di), Sant'Abondio, Milano, Cassa di risparmio delle provincie lombarde, 1966.
  • Il Duomo di Como; testi di Pietro Gini, Ottavio Bernasconi, Luisa Cogliati Arano e Giorgio Mascherpa; fotografie di Mario Carrieri, Milano, Cassa di risparmio delle provincie lombarde, 1972.
  • Carlo Perogalli, Enzo Pifferi e Laura Tettamanzi, Romanico in Lombardia, Como, Editrice E.P.I., 1981.
  • Luigi Mario Belloni, Renato Besana e Oleg Zastrow, Castelli basiliche e ville - Tesori architettonici lariani nel tempo, a cura di Alberto Longatti, Como - Lecco, La Provincia S.p.A. Editoriale, 1991.
  • AA.VV., Una chiesa tra lago e montagne - A Giovanni Paolo II, Como-Lecco, La Provincia S.p.A. Editoriale, 1996.
  • Touring Club Italiano (a cura di), Guida d'Italia - Lombardia (esclusa Milano), Milano, Touring Editore, 1999, ISBN 88-365-1325-5.
  • AA.VV., Lombardia, Touring Club Italiano, Milano 2005, pp. 276–277
  • Franco Bartolini, I segreti del Lago di Como e del suo territorio, Cermenate, New Press Edizioni, 2016 [2006].

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