Vai al contenuto

Avvelenamento da cadmio

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

L' avvelenamento da cadmio è una condizione clinica caratterizzata dall'assunzione acuta o cronica di cadmio. Il cadmio è un metallo pesante, tossico, presente in natura (in genere come impurità dello zinco o del piombo),[1] che può comportare esposizione per l'essere umano in alcuni luoghi di lavoro industriali, in terreni vegetali e dopo inalazione di fumo. A causa dei a bassi livelli di esposizione consentiti nell'uomo, può verificarsi sovraesposizione anche in situazioni in cui si trovano solo tracce di cadmio. Il cadmio è ampiamente utilizzato nella galvanica (raramente è però causa di intossicazione); si trova anche in alcune vernici industriali e può rappresentare un pericolo se spruzzato. L'uso principale del cadmio è nella produzione di batterie ricaricabili NiCd. La fonte primaria di cadmio è un sottoprodotto della raffinazione dello zinco. Le esposizioni al cadmio rientrano in specifici standard per l'industria generale, gli occupati nei cantieri navali, l'industria delle costruzioni e l'industria agricola.

Meccanismo di tossicità

[modifica | modifica wikitesto]

La tossicità del cadmio è stata dimostrata in diversi organi. Il cadmio induce danni ai tessuti creando stress ossidativo[2] e cambiamenti epigenetici nell'espressione del DNA.[3] All'interno delle cellule, gli ioni di cadmio agiscono come un generatore catalitico di perossido di idrogeno. Questa improvvisa ondata di perossido di idrogeno nel citosol della cellula provoca un aumento della perossidazione lipidica e inoltre esaurisce le riserve di ascorbato e glutatione. Il perossido di idrogeno può anche convertire i gruppi tiolo sulle proteine in acidi solfonici non funzionali ed è anche in grado di attaccare direttamente il DNA nucleare. Questo stress ossidativo fa sì che la cellula colpita produca grandi quantità di citochine infiammatorie.

Cause di esposizione

[modifica | modifica wikitesto]

I livelli di cadmio possono essere particolarmente elevati nell'acqua, nell'aria, e nel suolo di alcune aree industriali. L'esposizione ambientale è particolarmente problematica in Giappone, dove molte persone sono solite consumare riso cresciuto in coltivazioni irrigate con acqua contaminata.[4][5] Alcune fonti di fosfato (in particolare certi fertilizzanti sintetici) contengono rilevanti quantità di cadmio;[6][7] l'utilizzo di questi fertilizzanti può pertanto portare ad un aumento della concentrazione di cadmio nel suolo (un simile evento è stato registrato in Nuova Zelanda).[8] Il cadmio può essere rimosso dal suolo utilizzando dei nanopolimeri.

Il cadmio raramente è ingurgitato dagli esseri umani, tuttavia alcuni alimenti (ad esempio crostacei, carne di animali, verdure a foglia, riso proveniente da alcune aree del Giappone e della Cina) possono essere contaminati da scarichi di miniere o comunque acque inquinate (ad esempio vecchi tubi di acquedotto sigillati con Zn/Cd o inquinamento industriale) e possono produrre effetti a lungo termine sulla salute. Le piante possono contenere quantità piccole o moderate nelle aree non industriali, ma livelli elevati possono essere trovati nel fegato e nei reni di animali adulti. L'assunzione giornaliera di cadmio attraverso il cibo varia in base alla regione geografica.[9] Si ritiene che l'assunzione sia pari a circa 8-30 µg in Europa e negli Stati Uniti contro 59-113 µg in varie aree del Giappone. La Food and Agriculture Organization (FAO) e il Comitato congiunto di esperti sugli additivi alimentari e contaminanti della WHO (Organizzazione Mondiale della Sanità) hanno stabilito una linea guida per l'assunzione sicura di cadmio con la dieta e stabilito un limite di soglia di cadmio urinario. Il livello di assunzione di cadmio considerato tollerabile dalla FAO/OMS è di 25 µg per kg di peso corporeo al mese (0,83 µg/kg di peso corporeo/giorno ovvero 58 µg/giorno per una persona di 70 kg), mentre il livello soglia di cadmio urinario è pari a 5,24 µg/g creatinina.

Più frequentemente il cadmio può essere inalato: le operazioni che comportano la rimozione di vernici al cadmio mediante raschiatura o sabbiatura possono comportare un rischio significativo. Il cadmio si trova anche nell'aria che viene respirata quando la spazzatura viene bruciata (soprattutto in presenza di plastica o batterie). Il fumo di sigaretta è considerata la fonte più significativa di esposizione al cadmio nell'essere umano.[10][11] Perfino le piccole quantità di cadmio presenti nel fumo di sigaretta sono altamente tossiche per l'essere umano, in quanto il polmone assorbe il cadmio in modo molto più efficiente dello stomaco.[12] Per quanto attiene invece l'uso della sigaretta elettronica, il cadmio può essere riscontrato nell'aerosol di coloro che fanno uso dei vaporizzatori personali, ma il rischio di cancro durante la vita (LCR) calcolato non appare essere superiore al limite accettabile.[13][14]

Prodotti per il consumatore

[modifica | modifica wikitesto]

Il cadmio è comunemente utilizzato in diversi tipi di batterie alcaline. Alla fine del ciclo di vita del prodotto, il cadmio e molti altri elementi entrano nel sistema di trattamento dei rifiuti rappresentando una possibile fonte di contaminazione ambientale.[15]

Anche la contaminazione di farmaci e integratori alimentari, per quanto rara, può essere una fonte di contaminazione.[16]

Tipi di intossicazione

[modifica | modifica wikitesto]

Intossicazione acuta

[modifica | modifica wikitesto]

L'esposizione acuta ai fumi di cadmio può causare sintomi simil influenzali: brividi, febbre e dolori muscolari: la sintomatologia si manifesta a distanza di 4-6 ore dall'inalazione. I sintomi possono risolversi dopo una settimana in assenza di seri danni alle vie respiratorie. Esposizioni più gravi possono causare tracheobronchite, polmonite ed edema polmonare. I sintomi dell'infiammazione includono tosse, secchezza e irritazione del naso e della gola, cefalea, vertigini, debolezza, febbre, brividi e dolore toracico aspecifico.

Intossicazione cronica

[modifica | modifica wikitesto]

Le complicanze da avvelenamento cronico da cadmio includono: tosse persistente (spesso in concomitanza con enfisema polmonare), anosmia, anemia e insufficienza renale (associata a nefropatia tubulare), osteoporosi e osteomalacia. L'esposizione a cadmio aumenta le possibilità di sviluppare il cancro. In particolare ci sono evidenze che la comparsa di cancro alla prostata possa essere correlata ad esposizione al cadmio;[17][18] evidenze simili si hanno anche per il cancro al pancreas.[19][20] In modo simile allo zinco, l'esposizione a lungo termine ai fumi di cadmio può causare anosmia persistente.

Ossa e articolazioni

[modifica | modifica wikitesto]

Uno degli effetti principali dell'avvelenamento da cadmio comporta debolezza e fragilità ossea. Le ossa presentano un difetto di mineralizzazione della matrice (osteomalacia), perdono la densità minerale ossea (osteoporosi) e più in generale si indeboliscono. Ciò provoca dolore alle articolazioni (artralgia) e alla schiena (lombalgia) e aumenta il rischio di fratture. Il dolore alla colonna vertebrale e alle gambe è un sintomo comune; spesso si sviluppa un'andatura ondeggiante a causa delle deformità ossee causate dall'esposizione al cadmio a lungo termine. Il dolore alla fine diventa debilitante, la frequenza di fratture ossee diviene sempre più rilevante, man mano che l'osso si indebolisce.

Il danno renale causato dall'avvelenamento da cadmio è irreversibile. La capacità di filtrazione renale può ridursi fino al 30 %. I reni perdono la loro funzione primaria e diventano incapaci di rimuovere efficacemente gli acidi (ioni H+) dal sangue, in particolare in caso di disfunzione tubulare renale prossimale. La disfunzione tubulare renale prossimale causa ipofosfatemia (diminuzione del fosfato circolante nel sangue), che a sua volta porta a debolezza muscolare e in casi estremi a coma. Si verifica anche ipercloremia. La disfunzione renale predispone anche alla gotta, una forma di artrite dovuta all'accumulo di cristalli di acido urico nelle articolazioni: ciò a causa dell'elevata acidità del sangue (iperuricemia). L'esposizione al cadmio può essere anche associata allo sviluppo di calcoli renali.

Tossicità clinica

[modifica | modifica wikitesto]

Gli effetti clinici della tossicità da cadmio dipendono dalla via, dalla quantità e dalla velocità di esposizione. Il principale organo che risente della tossicità da cadmio è il rene. Il danno ossidativo indotto dal cadmio alle proteine di trasporto e ai mitocondri può indurre all'apoptosi delle cellule tubulari:[21][22] ciò si traduce in deficit di riassorbimento di proteine, amminoacidi, glucosio, bicarbonato e fosfato. Circa il 30% del cadmio corporeo si deposita nella regione dei tubuli renali; il conseguente danno tubulare è correlato proporzionalmente alla quantità di cadmio non legato alla metallotioneina. I soggetti diabetici sono più suscettibili al danno tubulare renale da esposizione a cadmio.[23] Il cadmio può anche alterare il metabolismo della vitamina D nel rene, con effetti deleteri sulle ossa. L'esempio più eclatante di questo processo è la malattia chiamata dai giapponesi itai-itai, che combina un forte dolore da osteomalacia con osteoporosi, disfunzione tubulare renale, anemia e malassorbimento di calcio.[5]

Il sospetto di intossicazione da cadmio è di tipo clinico. Esistono diversi test che misurano la presenza di cadmio nei tessuti (ad esempio nel sangue, nelle urine, nel rene e nel fegato, nelle feci e nei capelli). Questi test valutano se, e soprattutto in quale misura, si sia verificata un'esposizione a questo metallo pesante: si parla perciò di indicatori biologici o biomarcatori di esposizione. Il test urinario della beta-2 microglobulina è un metodo indiretto tra i più utilizzati per misurare l'esposizione al cadmio. L'aumento delle concentrazioni di beta-2 microglobulina urinaria può essere infatti un indicatore precoce di disfunzione renale in persone cronicamente esposte a livelli bassi, ma comunque eccessivi, di cadmio ambientale.[24] La misurazione delle concentrazioni di cadmio nel sangue o nelle urine fornisce un ottimo indice di esposizione eccessiva in situazioni industriali o in seguito ad avvelenamento acuto (è quindi indicativa di esposizione recente), mentre le concentrazioni di cadmio nei tessuti degli organi (polmoni, fegato, reni) possono essere più utili in caso di decessi causati da avvelenamento acuto o cronico. Le concentrazioni di cadmio in persone sane (senza una particolare esposizione al cadmio) sono generalmente inferiori a 1 µg/L nel sangue o nelle urine. Gli indici di esposizione biologica utilizzati dalla American Conference of Governmental Industrial Hygienists(ACGIH) per i livelli di cadmio nel sangue e nelle urine sono rispettivamente di 5 µg/L e 5 µg/g di creatinina. Questi intervalli sono solitamente 1000-3000 µg/L e 100-400 µg/g, rispettivamente, nei sopravvissuti ad avvelenamento acuto e possono essere sostanzialmente più alti nei casi fatali.[25][26]

Ogni soggetto che sia stato esposto all'avvelenamento da cadmio necessita di immediato intervento medico.[27] In caso di esposizione acuta a seguito di ingestione la decontaminazione del contenuto gastrico tramite emesi o lavanda gastrica appare un intervento opportuno e benefico. L'assunzione di carbone attivo non sembra invece di provata efficacia. I tentativi iniziali per combattere l'avvelenamento acuto da cadmio includono l'uso di agenti chelanti come l'acido etilendiamminotetraacetico (EDTA) e il British anti-Lewisite (BAL).[28][29] L'EDTA è l'agente più ampiamente accettato per l'uso clinico: appare evidente che la riduzione del carico di cadmio corporeo ne riduce gli effetti tossici. Tuttavia non tutte le società scientifiche concordano sul fatto che siano indicate misure attive (oltre all'allontanamento dalla fonte di intossicazione), almeno per quanto riguarda l'avvelenamento acuto: da diverso tempo, infatti, la preoccupazione è che la chelazione possa aggravare il danno ai tubuli renali.[30][31] Per l'esposizione cronica, in ogni caso, vi sono considerevoli evidenze che la chelazione sia clinicamente efficace. In letteratura medica si è fatto ricorso a diversi chelanti, tra cui l'EDTA,[32] l'acido dimercapto solfonico (DMPS), l'acido meso-2 ,3-dimercaptosuccinico (DMSA)[33] e il British Anti-Lewisite (BAL).[34][35] Il BAL appare essere decisamente più tossico dei suoi derivati.

La prognosi è spesso infausta se non viene effettuata un trattamento adeguato e rapido.

  1. ^ K.Hans Wedepohl, The composition of the continental crust, in Geochimica et Cosmochimica Acta, vol. 59, n. 7, aprile 1995, pp. 1217-1232, DOI:10.1016/0016-7037(95)00038-2. URL consultato il 16 maggio 2021.
  2. ^ Cuypers A, Plusquin M, Remans T, Jozefczak M, Keunen E, Gielen H, Opdenakker K, Nair AR, Munters E, Artois TJ, Nawrot T, Vangronsveld J, Smeets K, Cadmium stress: an oxidative challenge, in Biometals, vol. 23, n. 5, ottobre 2010, pp. 927-40, DOI:10.1007/s10534-010-9329-x, PMID 20361350.
  3. ^ Wang B, Li Y, Shao C, Tan Y, Cai L, Cadmium and its epigenetic effects, in Curr Med Chem, vol. 19, n. 16, 2012, pp. 2611-20, DOI:10.2174/092986712800492913, PMID 22471978.
  4. ^ (JA) Aoshima K, Itai-itai disease: Lessons from the investigations of environmental epidemiology conducted in the 1970's, with special reference to the studies of the Toyama Institute of Health, in Nihon Eiseigaku Zasshi, vol. 72, n. 3, 2017, pp. 149-158, DOI:10.1265/jjh.72.149, PMID 28931793.
  5. ^ a b Ogawa T, Kobayashi E, Okubo Y, Suwazono Y, Kido T, Nogawa K, Relationship among prevalence of patients with Itai-itai disease, prevalence of abnormal urinary findings, and cadmium concentrations in rice of individual hamlets in the Jinzu River basin, Toyama prefecture of Japan, in Int J Environ Health Res, vol. 14, n. 4, agosto 2004, pp. 243-52, DOI:10.1080/09603120410001725586, PMID 15369989.
  6. ^ Haider FU, Liqun C, Coulter JA, Cheema SA, Wu J, Zhang R, Wenjun M, Farooq M, Cadmium toxicity in plants: Impacts and remediation strategies, in Ecotoxicol Environ Saf, vol. 211, marzo 2021, p. 111887, DOI:10.1016/j.ecoenv.2020.111887, PMID 33450535.
  7. ^ Pan J, Plant JA, Voulvoulis N, Oates CJ, Ihlenfeld C, Cadmium levels in Europe: implications for human health, in Environ Geochem Health, vol. 32, n. 1, febbraio 2010, pp. 1-12, DOI:10.1007/s10653-009-9273-2, PMID 19688602.
  8. ^ Taylor MD, Accumulation of cadmium derived from fertilisers in New Zealand soils, in Sci Total Environ, vol. 208, n. 1-2, dicembre 1997, pp. 123-6, DOI:10.1016/s0048-9697(97)00273-8, PMID 9496656.
  9. ^ Ciobanu C, Slencu BG, Cuciureanu R, Estimation of dietary intake of cadmium and lead through food consumption, in Rev Med Chir Soc Med Nat Iasi, vol. 116, n. 2, 2012, pp. 617-23, PMID 23077963.
  10. ^ Friberg L, Cadmium, in Annu Rev Public Health, vol. 4, 1983, pp. 367-73, DOI:10.1146/annurev.pu.04.050183.002055, PMID 6860444.
  11. ^ Richter P, Faroon O, Pappas RS, Cadmium and Cadmium/Zinc Ratios and Tobacco-Related Morbidities, in Int J Environ Res Public Health, vol. 14, n. 10, settembre 2017, DOI:10.3390/ijerph14101154, PMC 5664655, PMID 28961214.
  12. ^ Järup L, Berglund M, Elinder CG, Nordberg G, Vahter M, Health effects of cadmium exposure--a review of the literature and a risk estimate, in Scand J Work Environ Health, 24 Suppl 1, 1998, pp. 1-51, PMID 9569444.
  13. ^ Zulkifli A, Abidin EZ, Abidin NZ, Amer Nordin AS, Praveena SM, Syed Ismail SN, Rasdi I, Karuppiah K, Rahman AA, Electronic cigarettes: a systematic review of available studies on health risk assessment, in Rev Environ Health, vol. 33, n. 1, marzo 2018, pp. 43-52, DOI:10.1515/reveh-2015-0075, PMID 27101543.
  14. ^ Farsalinos KE, Voudris V, Poulas K, Are metals emitted from electronic cigarettes a reason for health concern? A risk-assessment analysis of currently available literature, in Int J Environ Res Public Health, vol. 12, n. 5, maggio 2015, pp. 5215-32, DOI:10.3390/ijerph120505215, PMC 4454963, PMID 25988311.
  15. ^ Viczek SA, Aldrian A, Pomberger R, Sarc R, Origins and carriers of Sb, As, Cd, Cl, Cr, Co, Pb, Hg, and Ni in mixed solid waste - A literature-based evaluation, in Waste Manag, vol. 103, febbraio 2020, pp. 87-112, DOI:10.1016/j.wasman.2019.12.009, PMID 31881527.
  16. ^ Abernethy DR, Destefano AJ, Cecil TL, Zaidi K, Williams RL, Metal impurities in food and drugs, in Pharm Res, vol. 27, n. 5, maggio 2010, pp. 750-5, DOI:10.1007/s11095-010-0080-3, PMID 20217462.
  17. ^ Julin B, Wolk A, Johansson JE, Andersson SO, Andrén O, Akesson A, Dietary cadmium exposure and prostate cancer incidence: a population-based prospective cohort study, in Br J Cancer, vol. 107, n. 5, agosto 2012, pp. 895-900, DOI:10.1038/bjc.2012.311, PMC 3425979, PMID 22850555.
  18. ^ Guzel S, Kiziler L, Aydemir B, Alici B, Ataus S, Aksu A, Durak H, Association of Pb, Cd, and Se concentrations and oxidative damage-related markers in different grades of prostate carcinoma, in Biol Trace Elem Res, vol. 145, n. 1, gennaio 2012, pp. 23-32, DOI:10.1007/s12011-011-9162-2, PMID 21809052.
  19. ^ Dobrila-Dintinjana R, Vanis N, Dintinjana M, Radić M, Etiology and oncogenesis of pancreatic carcinoma, in Coll Antropol, vol. 36, n. 3, settembre 2012, pp. 1063-7, PMID 23213974.
  20. ^ Amaral AF, Porta M, Silverman DT, Milne RL, Kogevinas M, Rothman N, Cantor KP, Jackson BP, Pumarega JA, López T, Carrato A, Guarner L, Real FX, Malats N, Pancreatic cancer risk and levels of trace elements, in Gut, vol. 61, n. 11, novembre 2012, pp. 1583-8, DOI:10.1136/gutjnl-2011-301086, PMC 3310963, PMID 22184070.
  21. ^ Thévenod F, Nephrotoxicity and the proximal tubule. Insights from cadmium, in Nephron Physiol, vol. 93, n. 4, 2003, pp. p87–93, DOI:10.1159/000070241, PMID 12759569.
  22. ^ Fujiwara Y, Lee JY, Tokumoto M, Satoh M, Cadmium renal toxicity via apoptotic pathways, in Biol Pharm Bull, vol. 35, n. 11, 2012, pp. 1892-7, DOI:10.1248/bpb.b212014, PMID 23123462.
  23. ^ Nordberg GF, Jin T, Wu X, Lu J, Chen L, Lei L, Hong F, Nordberg M, Prevalence of kidney dysfunction in humans - relationship to cadmium dose, metallothionein, immunological and metabolic factors, in Biochimie, vol. 91, n. 10, ottobre 2009, pp. 1282-5, DOI:10.1016/j.biochi.2009.06.014, PMID 19563860.
  24. ^ Shaikh ZA, Smith LM, Biological indicators of cadmium exposure and toxicity, in Experientia Suppl, vol. 50, 1986, pp. 124-30, DOI:10.1007/978-3-0348-7238-6_16, PMID 3525214.
  25. ^ Nordberg GF, Biomarkers of exposure, effects and susceptibility in humans and their application in studies of interactions among metals in China, in Toxicol Lett, vol. 192, n. 1, gennaio 2010, pp. 45-9, DOI:10.1016/j.toxlet.2009.06.859, PMID 19540908.
  26. ^ Roels HA, Hoet P, Lison D, Usefulness of biomarkers of exposure to inorganic mercury, lead, or cadmium in controlling occupational and environmental risks of nephrotoxicity, in Ren Fail, vol. 21, n. 3-4, 1999, pp. 251-62, DOI:10.3109/08860229909085087, PMID 10416202.
  27. ^ Bernhoft RA, Cadmium toxicity and treatment, in ScientificWorldJournal, vol. 2013, 2013, p. 394652, DOI:10.1155/2013/394652, PMC 3686085, PMID 23844395.
  28. ^ Kelley C, Cadmium therapeutic agents, in Curr Pharm Des, vol. 5, n. 4, aprile 1999, pp. 229-40, PMID 10101222.
  29. ^ Blanusa M, Varnai VM, Piasek M, Kostial K, Chelators as antidotes of metal toxicity: therapeutic and experimental aspects, in Curr Med Chem, vol. 12, n. 23, 2005, pp. 2771-94, DOI:10.2174/092986705774462987, PMID 16305472.
  30. ^ Gilman A, Philips FS, The treatment of acute cadmium intoxication in rabbits with 2,3-dimercaptopropanol (BAL) and other mercaptans, in J Pharmacol Exp Ther, vol. 87, 4 Suppl, agosto 1946, pp. 85-101, PMID 20275118.
  31. ^ Nordberg GF, Nogawa K, Nordberg M, Friberg L., Cadmium. In:Handbook of the Toxicology of Metals. Chapter 23, 3rd edition, Elsevier, Amsterdam, The Netherlands, 2007.
  32. ^ Waters RS, Bryden NA, Patterson KY, Veillon C, Anderson RA, EDTA chelation effects on urinary losses of cadmium, calcium, chromium, cobalt, copper, lead, magnesium, and zinc, in Biol Trace Elem Res, vol. 83, n. 3, dicembre 2001, pp. 207-21, DOI:10.1385/BTER:83:3:207, PMID 11794513.
  33. ^ Klaassen CD, Waalkes MP, Cantilena LR, Alteration of tissue disposition of cadmium by chelating agents, in Environ Health Perspect, vol. 54, marzo 1984, pp. 233-42, DOI:10.1289/ehp.8454233, PMC 1568187, PMID 6734558.
  34. ^ Bjørklund G, Crisponi G, Nurchi VM, Cappai R, Buha Djordjevic A, Aaseth J, A Review on Coordination Properties of Thiol-Containing Chelating Agents Towards Mercury, Cadmium, and Lead, in Molecules, vol. 24, n. 18, settembre 2019, DOI:10.3390/molecules24183247, PMC 6767255, PMID 31489907.
  35. ^ Hruby K, Donner A, 2,3-Dimercapto-1-propanesulphonate in heavy metal poisoning, in Med Toxicol Adverse Drug Exp, vol. 2, n. 5, 1987, pp. 317-23, DOI:10.1007/BF03259951, PMID 3312928.

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]
Controllo di autoritàLCCN (ENsh2009118140 · J9U (ENHE987007552322105171 · NDL (ENJA01168047
  Portale Medicina: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di medicina