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Artemisia II

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Artemisia II
Artemisia di Caria si prepara a bere le ceneri del marito Mausolo, attribuito a Francesco Furini, 1630 ca., Yale University Art Gallery, Università di Yale
Satrapo di Caria
In carica353 a.C. –
350 a.C.
PredecessoreMausolo
SuccessoreIdrieo
Morte350 a.C.
DinastiaEcatomnidi
PadreEcatomno
ConsorteMausolo

Artemisia di Caria (in greco antico: Ἀρτεμισία?, Artemisìa; ... – 350 a.C.) è stata una sovrana greca antica, sorella, moglie e successore del satrapo di Caria Mausolo; è famosa per aver fatto costruire, in suo ricordo, il Mausoleo di Alicarnasso, una delle sette meraviglie del mondo antico.

Artemisia, figlia di Ecatomno, dopo la morte del marito, regnò per due anni (352-350 a.C.), appoggiando, come già aveva fatto il marito, l'oligarchia di Rodi.[1][2]

Opere in memoria del marito

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È famosa nella storia per il suo straordinario dolore alla morte del marito Mausolo. Si racconta che, alla morte del marito, si rattristò tanto da preparare una bevanda colle sue ceneri e ossa tritate:[3] l'episodio sarebbe raffigurato nell'omonimo dipinto di Rembrandt.

Indisse una gara tra i più eminenti retori greci per proclamare una lode a Mausolo. A quest'opera si accinsero Teodette, Naucrate e Teopompo: quest'ultimo vinse la gara e si vantò, in seguito, di aver sconfitto il maestro, Isocrate,[4] che secondo alcune fonti[5] fu il quarto partecipante alla gara.[6] Alcune fonti[7] indicano in Teodette il vincitore, ma probabilmente si tennero due distinte gare: una oratoria, vinta da Teopompo, e una tragica, vinta da Teodette.[8]

Ricostruzione ipotetica del mausoleo di Alicarnasso.
Lo stesso argomento in dettaglio: Mausoleo di Alicarnasso.

Per perpetuare la memoria del marito scomparso, fece costruire in suo onore una sepoltura monumentale ad Alicarnasso: il celebre Mausoleo, una delle sette meraviglie del mondo (in greco antico: μαυσωλεῖον?). Il nome di mausoleo divenne poi il termine generico con cui si definì ogni sepoltura monumentale.[3][9][10][11]

Un'altra celebrata sepoltura monumentale fu eretta a Rodi, per commemorare il suo successo nel farsi signora dell'isola. Dopo aver riconquistato la propria libertà, i rodiesi lo resero inaccessibile, da cui il successivo nome di ἄβατον.[12]

  1. ^ Diodoro Siculo, Biblioteca historica, XVI, 36 e 45.
  2. ^ Demostene, Sulla libertà dei Rodesi, 11 e 27.
  3. ^ a b Aulo Gellio, Noctes Atticae, X, 18; Valerio Massimo, Facta et dicta memorabilia, IV, 6, ext. 1; Cicerone, Tusculanae Disputationes, III, 31, 75.
  4. ^ Porfirio fr. 408 Smith = Eusebio di Cesarea, Praeparatio evangelica, X, 3.
  5. ^ Secondo il lessico Suida (Θ 138 Adler), fu Isocrate di Apollonia e non Isocrate di Atene il partecipante all'agone, a differenza di quanto lasciano intuire Aulo Gellio e Porfirio, citato da Eusebio. Probabilmente un errore nella tradizione ha portato a confondere Isocrate di Apollonia con il ben più famoso Isocrate di Atene, che dunque non avrebbe partecipato all'agone; su questo problema si veda Flower, pp. 56-57.
  6. ^ Aulo Gellio, Noctes Atticae, X, 18; Charles Rollin, Storia antica degli Egizj, Cartaginesi, Assirj, Babilonesi, Medi, Persiani, Macedoni e Greci, Rosa, 1802, p. 144.
  7. ^ Suida Θ 138 Adler.
  8. ^ Flower, p. 57 n. 47.
  9. ^ Strabone, Geografia, XIV, 2.
  10. ^ Plinio il Vecchio, Naturalis historia, XXV, 36; XXXVI, 4.
  11. ^ Suda, s.v. "Artemisia" Archiviato il 24 settembre 2015 in Internet Archive., "Mausolo" Archiviato il 24 settembre 2015 in Internet Archive..
  12. ^ Vitruvio, De architectura, II, 8.
Fonti secondarie

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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