Arco Lufiliano

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La parte orientale della Gondwana, con l'Africa meridionale sulla sinistra. L'arco Lufiliano è marcato con "LA" e si trova nella zona ombreggiata in rosa nella parte inferiore della mappa, tra il cratone del Congo e il cratone del Kalahari. L'arco è delimitato a sudest dalla cesura di Mwembeshi, marcata con "MD". (Cliccando sull'immagine, l'ingrandimento rende meglio leggibili le didascalie).

L'arco Lufiliano ( o cintura Lufiliana) fa parte del sistema di cinture orogenetiche dell'Africa meridionale che si sono formate durante l'orogenesi Pan-Africana, che rappresentò uno degli stadi che portarono alla formazione del supercontinente Gondwana.

L'arco ha una lunghezza di circa 800 km[1] e si estende attraverso la parte orientale dell'Angola, la Provincia del Katanga nella parte meridionale della Repubblica Democratica del Congo, e la parte nordovest dello Zambia.[2]

L'arco riveste una notevole importanza economica per i suoi vasti giacimenti di rame e cobalto.[2]

Evoluzione[modifica | modifica wikitesto]

I sedimenti risalenti al Neoproterozoico del Supergruppo del Katanga si posano su di un basamento del Paleoproterozoico o del Mesoproterozoico.
Il basamento inferiore è costituito da graniti, gneiss e scisti formatisi durante l'orogenesi eburniana, cioè all'incirca tra 2200 e 2000 milioni di anni fa.[3]
Il basamento superiore si estende al di sotto dell'arco nello Zambia ed è costituito prevalentemente da scisti, quarzite e scisti di quarzo-muscovite. L'orogenesi del Kibara ha deformato e metamorfizzato il basamento superiore tra 1350 e 1100 milioni di anni fa.[4]

I sedimenti del supergruppo del Katanga hanno uno spessore che va da 5 a 10 Km.[4] Il rifting tra il cratone del Congo e il cratone del Kalahari avvenuto attorno a 880 milioni di anni fa diede luogo all'apertura di due bacini, il rift Roan e il rift Nguba, che accolsero entrambi i sedimenti. Il movimento di estensione fu rimpiazzato da una compressione quando i due cratoni iniziarono a muoversi uno verso l'altro, all'inizio dell'orogenesi Pan-Africana. Il sollevamento compressivo che avanzava da sud depositò detriti olistostromici nel bacino di avampaese di Fungurume, a nord dell'arco. La deformazione dell'avampaese avvenne dopo che i sedimenti olistostromici si erano litificati.[5]

La crosta si è accorciata di circa 150 km tra 590 e 512 milioni di anni fa, durante l'orogenesi Pan-Africana. La compressione causò la deformazione delle rocce sedimentarie del supergruppo del Katanga che portò alla formazione di una cintura orogenetica di colline causate da pieghe e sovrascorrimenti, che diede origine all'arco Lufiliano.
L'inversione tettonica provocò il sollevamento dei depositi dai livelli più profondi.[6] L'orogenesi sollevò e piegò gli strati del Roan che contenevano depositi di rame e cobalto, esposti successivamente in seguito ai fenomeni di erosione. Questi depositi sono ora accessibili in molte aree attraverso le miniere a cielo aperto, come le miniere di Kambove nel Katanga.[5]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Peter Laznicka, Giant Metallic Deposits: Future Sources of Industrial Metals, Springer, 2010, ISBN 978-3-642-12404-4.; p=437
  2. ^ a b Jyotisankar Ray, Gautam Sen e Biswajit Ghosh, Topics in Igneous Petrology, Springer, 2010, ISBN 978-90-481-9599-2. p=452
  3. ^ Emmanuel Egal, Late Eburnean granitization and tectonics along the western and northwestern margin of the Archean Kenema–Man domain (Guinea, West African Craton) (PDF), in Precambrian Research, vol. 117, 2002, pp. 57–84, DOI:10.1016/s0301-9268(02)00060-8. URL consultato il 9 giugno 2012 (archiviato dall'url originale il 20 settembre 2009).
  4. ^ a b GECO Project, Stratigrahy overview of the Lufilian belt, su gecoproject.org, 2009. URL consultato il 14 ottobre 2019 (archiviato dall'url originale il 14 ottobre 2019).
  5. ^ a b Marek Wendorff, Tectonosedimentary expressions of the evolution of the Fungurume foreland basin in the Lufulian Arc, Neoproteterozoic-Lower Palaeozoic, Cantral Africa, in The Formation and Evolution of Africa: A Synopsis of 3.8 Ga of Earth History, Geological Society, 2011, ISBN 978-1-86239-335-6.
  6. ^ E. Arnaud, G. P. Halverson e G. Shields-Zhou, The Geological Record of Neoproterozoic Glaciations, Geological Society, 2012, ISBN 978-1-86239-334-9.; p. 176