Araldica civica
Questa voce o sezione sull'argomento araldica non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti.
|

1. Amsterdam, Paesi Bassi, 2. Oxford, Inghilterra
3. Bruxelles, Belgio, 4. Sciaffusa, Svizzera, 5. Le Havre, Francia
6. Murlo, Italia, 7. Sorbano, Italia, 8. Lipsia, Germania, 9. Hannover, Germania
10. Čáslav, Repubblica Ceca, 11. Târgu Mureș, Romania, 12. Mumbai, India
Araldica civica è il termine utilizzato per indicare quella specifica araldica applicata agli stemmi dei comuni e delle città nel mondo.
Sin dall'epoca medievale (e specificatamente da quella comunale), città, villaggi, sobborghi e altri corpi civici utilizzano stemmi araldici come simboli della loro autorità e per distinguersi tra i vari centri abitati, con la conseguenza che i diritti su tali simboli spettano unicamente alle differenti comunità o enti e non ai singoli cittadini che sono membri di quelle comunità, rappresentando quindi anche un elemento di distinzione tra la personalità giuridica degli enti stessi e quella dei loro singoli componenti. Pur nelle differenze dei singoli, ad ogni modo, ogni stato ha saputo sviluppare proprie norme comuni per l'araldica civica. L'elemento prominente è sicuramente la corona murale che è oggi il simbolo distintivo dell'autorità di molte città.
In Italia[modifica | modifica wikitesto]

L'araldica civica italiana si è oggi attestata ad alcuni canoni precisi che hanno carattere genericamente valido per tutti i comuni e le città della Penisola sulla base di quanto stabilito con il R.D. 5 luglio 1896, n. 314, con il quale si istituì il "Libro Araldico degli Enti Morali" dove ancora oggi vengono riportati tutti i decreti concessivi di stemmi, gonfaloni, sigilli e bandiere ad enti territoriali e morali.
Gli elementi fondamentali dell'araldica civica italiana sono: lo scudo, la corona e l'elemento decorativo.
Lo scudo[modifica | modifica wikitesto]
Lo scudo civico segue le medesime regole degli altri scudi per le armi gentilizie o ecclesiastiche in quanto lo stemma di un ente territoriale, pur essendo lo stemma di una comunità e non uno stemma personale o di famiglia, è a tutti gli effetti uno stemma araldico. Per l'araldica italiana è previsto che lo scudo abbia una forma di scudo sannitico, anche se alcuni enti storici come ad esempio la città di Venezia, legalmente utilizza lo scudo "alla veneta" riconosciuto con D.P.R. del 6 novembre 1996.
La corona muraria[modifica | modifica wikitesto]
Elemento fondamentale è, come già si è detto, la corona muraria che può essere d'argento per i comuni o d'oro per le città. Per le province italiane (in alcuni casi città metropolitane) è previsto uno stemma con una corona specifica formata da un cerchio d'oro gemmato dal quale emergono due rami, uno di alloro e l'altro di quercia, che vengono quindi aboliti come elementi esterni a sé stanti nello scudo.[1]
Una anomalia è la araldica dei comuni della Provincia Autonoma di Bolzano i quali sono dotati di stemmi rigorosamente privi di corona, esclusi pochi casi.
Le regioni d'Italia, essendo sorte dopo l'emanazione dei RR. DD. 7 giugno 1943 nn. 651 e 652 che regolavano appunto l'uso delle corone civiche, non dispongono di corone legalmente riconosciute sui loro stemmi, anche se per alcune regioni sono stati previsti dei decreti di legge appositi (come nel caso della Valle d'Aosta).
Elementi decorativi[modifica | modifica wikitesto]
Sotto lo stemma comunale, si trovano normalmente un ramo d'alloro ed uno di quercia montati a corona, sostenuti da un nastro tricolore.
Alcuni comuni, per particolari motivazioni storiche, conservano ad ogni modo stemmi, corone ed ornamenti esteriori che afferiscono all'aristocrazia e quindi all'araldica classica, in particolar modo per via di concessioni specifiche o di antichi privilegi.
Gli stemmi sono altresì riportati sul gonfalone cittadino che accompagna i momenti istituzionali della vita del paese.
Il capo littorio[modifica | modifica wikitesto]

Durante il periodo del regime fascista, tutti gli stemmi civici vennero decorati col cosiddetto "Capo del Littorio". Esso venne istituito con Regio Decreto del 12 ottobre 1933 № 1440 e reso obbligatorio per tutti gli stemmi di comuni, province ed enti morali durante il regime fascista. Abolito con Decreto Legislativo Luogotenenziale del 10 dicembre 1944 № 394 che ne prevedeva la completa eliminazione fu da alcuni enti erroneamente cancellato il solo fascio o il fascio e i due rami lasciando il capo di rosso.
Le leggi che regolamentano l'araldica[modifica | modifica wikitesto]
Sulla base delle norme contenute nel D.P.C.M. del 28 gennaio 2011 gli enti che possono dotarsi di stemma proprio sono le Regioni, le Province (in alcuni casi le Città metropolitane), i Comuni, le Comunità montane, le Comunità isolane, i Consorzi, le unioni di Comuni, gli Enti con personalità giuridica, le banche, le fondazioni, le università, le società, le associazioni, le forze armate ed i corpi ad ordinamento civile e militare dello Stato. La domanda per la concessione ufficiale dell'uso di un simbolo come stemma civico dev'essere subordinata alla presentazione di adeguata documentazione al Presidente della Repubblica e contestualmente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Alcuni esempi di stemmi dell'araldica civica italiana[modifica | modifica wikitesto]
Stemma della provincia di Torino | Stemma della città di Napoli | Stemma del comune di Cogoleto | Stemma del comune di Floridia (si noti l'uso della corona principesca per antica concessione) | Stemma della città di Venezia (si noti l'uso della corona dogale e della diversa forma dello scudo) | Stemma della regione Valle d'Aosta (si noti la corona di fantasia) |
Corone dell'araldica civica italiana[modifica | modifica wikitesto]
L'araldica civica napoleonica[modifica | modifica wikitesto]
Durante il periodo napoleonico, i simboli tradizionali dell'araldica civica italiana vennero uniformati a quelli del Primo impero francese come segue:
Bonnes villes del Primo Impero
Città rappresentate dai loro sindaci all'incoronazione di Napoleone: prendono il rango di città duchesse. Sullo stemma: Capo di rosso caricato di tre api d'oro poste in fascia. Ornamenti esteriori: Corona murale a sette porte sormontata da un'aquila nascente d'oro per cimiero, il tutto sostenente un cadduceo d'oro che sospende due festoni a mo' di lambrecchini, l'uno a destra di quercia, l'altro a sinistra d'olivo, sempre d'oro, tenuti insieme da nastri di colore rosso. | ||
Città di seconda classe
Città rappresentate dai loro sindaci all'incoronazione di Napoleone: prendono il rango di città contesse. Sullo stemma: quarto in cantone d'azzurro caricato di una N d'oro, sormontato da una stella a cinque punte del medesimo. Ornamenti esteriori: Corona murale a sette porte per cimiero, sostenente un cadduceo del medesimo a cui sono attaccati due festoni che servono da lambrecchini, l'uno a destra di quercia, l'altro a sinistra d'olivo, tenuti insieme da un nastro azzurro. | ||
Città di terza classe
Città rappresentate dai loro sindaci alla nomina dei prefetti: prendono il rango di città baronesse. Sullo stemma: quarto in cantone di rosso caricato di una N d'argento, sormontato da una stella a cinque punte del medesimo. Ornamenti esteriori: Corona di fasci di grano d'oro, alla quale sono sospesi due festoni a mo' di lambrecchini, l'uno a destra d'olivo, l'altro a sinistra di quercia, tenuti insieme da nastri rossi. |
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Regio Decreto del 7 giugno 1943, n. 652, su presidenza.governo.it.
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su araldica civica