Appio Claudio Sabino Inregillense (console 471 a.C.)
Appio Claudio Sabino Inregillense | |
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Console della Repubblica romana | |
Nome originale | Appius Claudius Sabinus Inregillensis |
Morte | 470 a.C. |
Gens | Claudia |
Consolato | 471 a.C. |
Appio Claudio Sabino Inregillense (in latino Appius Claudius Sabinus Inregillensis; ... – 470 a.C.) è stato un politico romano.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Figlio di Appio Claudio Sabino Inregillense, il fondatore della gens Claudia, di origine sabina. Il padre proveniva da una località chiamata Inregillum,[1] la cui collocazione attuale è sconosciuta.
Candidato al consolato nel 482 a.C., non riuscì ad essere eletto a causa dell'opposizione dei tribuni[senza fonte].
Fu eletto console nel 471 a.C.[2] grazie all'appoggio dei patrizi, che si opponevano alla Lex Publilia Voleronis, che attribuiva l'elezione dei tribuni dai Concilia Plebis Tributa, comizi dai quali i patrizi erano esclusi[3].
Appio Claudio si oppose strenuamente a che la proposta dei Tribuni diventasse legge, scontrandosi verbalmente violentemente con il tribuno della plebe Caio Letorio, anche a rischio di gravi disordini e della propria incolumità personale, che furono garantiti dall'intervento di mediazione del collega console Tito Quinzio[4]; alla fine la legge fu approvata dal Senato[5].
Approvata la legge[6], ad Appio Claudio spettò il comando della campagna contro i Volsci e a Quinzio quella contro gli Equi[7]. Infatti queste due popolazioni, come accadeva ogni qualvolta Roma era percorsa da tensioni e disordini sociali, ne avevano approfittato per compiere razzie e ruberie nei territori romani.
Il malumore che serpeggiava tra i soldati per i recenti avvenimenti, che avevano acuito le diffidenze tra le due classi, fu acuito dall'atteggiamento eccessivamente severo del console. Ciò creò malcontenti e diversi episodi di insubordinazione, che compromisero la campagna del console contro i Volsci, che inflissero ai romani una cocente sconfitta. Per questa ragione, ri-organizzato l'esercito in rotta, prima del rientro in città, il console punì i soldati con la decimazione.[7][8]
L'anno successivo si batté contro l'applicazione della legge agraria di Spurio Cassio Vecellino (Lex Cassia agraria), difesa dai plebei, e per questo fu condotto in giudizio da due dei tribuni. Il processo fu l'ennesima occasione di divisione tra i due ordini, accentuata dall'atteggiamento di Appio Claudio, che neppure in questa circostanza, mancò l'occasione per lanciare le sue accuse contro i plebei[9].
Secondo Tito Livio[10] Appio si ammalò gravemente e morì prima di essere posto sotto processo, secondo Dionigi si suicidò, ma i parenti dissero che morì per una malattia[11].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, II, 16.
- ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Libro IX, 43
- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, Libro II, 56
- ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Libro IX, 48
- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, Libro II, 57
- ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Libro IX, 49
- ^ a b Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Libro IX, 50
- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, Libro II, 59
- ^ Dionigi, Antichità romane, Libro IX, 51-54.
- ^ Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, Libro II, 61.
- ^ Dionigi, Antichità romane, Libro IX, 54.
Voci correlate
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