Antropologia biblica

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Per antropologia biblica si intende la branca dell'antropologia e della teologia che studia l'uomo dal punto di vista delle Sacre Scritture dell'ebraismo e del cristianesimo, esaminando l'origine, la natura, il destino dell'essere umano, nonché la definizione di corpo, spirito e anima.[1]

Concezione dell'uomo nell'Antico Testamento[modifica | modifica wikitesto]

La concezione biblica dell'uomo ha due caratteristiche importanti che si ritrovano sia nell'Antico Testamento sia nel Nuovo Testamento:

  • L'essere umano è sempre considerato nell'ambito del suo rapporto con Dio, sia come creatura sia come peccatore. Non vi è la concezione della sua indipendenza da Dio, dell'uomo che fa di sé quel che vuole, né di un suo valore intrinseco. Quel che vale nel bene o nel male, è determinato, in ultima istanza dal suo rapporto con Dio.
  • L'essere umano è sempre considerato nella sua unità indivisibile di corpo e anima. Nella Bibbia manca totalmente l'idea greca dell'uomo come anima imprigionata da un corpo, che troverebbe la sua identità migliore sfuggendone. La corporeità umana è buona, dono di Dio. L'essere umano può goderne appieno senza preoccupazioni ascetiche (con saggia moderazione) come pure i suoi beni materiali. Questa, però, non è nemmeno una concezione materialista, perché nel concetto di uomo predominano aspetti "spirituali", personali, affetti, volontà, coscienza. I termini biblici si riferiscono i vari termini biblici. "Corpo", così, non designa solo l'organismo fisico, ma l'intera persona. "Carne" non designa solo i tessuti dell'organismo umano, ma la persona nel suo aspetto di fragilità creaturale e peccato. "Cuore" designa il suo centro cosciente, affettivo, ma anche l'intelligenza. Gli aspetti fisici del corpo non si contrappongono così a quelli spirituali, o la sua limitazione o negazione, ma ne sono l'espressione diretta e legittima. Tutta la corporeità è specchio trasparente, simbolo e segno personale dell'uomo. Nella preghiera, infatti, il corpo prostrato e inginocchiato esprime l'adorazione dell'uomo non meno che le sue parole e pensieri pii.

Concezione dell'uomo nel Nuovo Testamento[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante l'influenza dell'Ellenismo, la concezione dell'uomo nel Nuovo Testamento rimane sostanzialmente la stessa che nell'Antico. Il termine ἄνθρωπος (anthrōpos) designa l'essere umano in generale, contrapposto agli animali (Matteo 12:12), agli angeli (1 Corinzi 4:9), a Gesù Cristo (Galati 1:12), A Dio (Marco 11:30, dove Dio è designato dalla perifrasi rispettosa" il cielo"). Esprime la debolezza creaturale umana (Giacomo 5:17), che è mortale (Ebrei 9:27), e peccatore (Romani 3:4; 5:12). Tali caratteristiche negative si esprimono nella locuzione "secondo l'uomo", che talvolta intende sottolineare l'inadeguatezza di una espressione umana ("εἰ κατὰ ἄνθρωπον ἐθηριομάχησα ἐν ᾿Εφέσῳ, τί μοι τὸ ὄφελος; εἰ νεκροὶ οὐκ ἐγείρονται φάγωμεν καὶ πίωμεν, αὔριον γὰρ ἀποθνῄσκομεν" 1 Corinzi 15:32), soprattutto riferita alle affermazioni della fede (Romani 3:5) o contrapposta all'autorità della Parola di Dio (1 Corinzi 9:8; Galati 1:11); e tal altra assume un senso di fragilità peccaminosa ("camminare secondo l'uomo", 1 Corinzi 3:3).

Espressioni tipicamente ebraiche sono quelle in cui ἄνθρωπος (anthrōpos) è seguito da un genitivo: ["δόξα ἐν ὑψίστοις Θεῷ καὶ ἐπὶ γῆς εἰρήνη, ἐν ἀνθρώποις εὐδοκία" "Gloria a Dio nei luoghi altissimi, e pace in terra agli uomini ch'egli gradisce! (lett. 'gli uomini del buon volere'" Luca 2:14]; "l'uomo di iniquità", "ὁ ἄνθρωπος τῆς ἁμαρτίας", cioè l'iniquo per eccellenza, l'Anticristo (2 Tessalonicesi 2:3), "uomo di Dio" ("ὁ τοῦ Θεοῦ ἄνθρωπος") 2 Timoteo 3:17), che indica, secondo l'uso ebraico, soprattutto i servitori di Dio, apostoli, profeti, responsabili della Chiesa. Sì rinviene anche una designazione messianica di Gesù Cristo (Romani 5:15; 1 Corinzi 16:21,47, il "secondo Adamo", al quale è anche da avvicinarsi 1 Timoteo 2:5; Ebrei 2:6, e forse qualche brano come Matteo 4:4).

Terminologia[modifica | modifica wikitesto]

Nella Bibbia vi sono due termini che designano l'uomo:

  • (ebr.) אדם (âdâm); (gr.) ἄνθρωπος (anthrōpos); (lat.) homo. Designa l'uomo in generale, l'essere umano, come individuo e anche come specie, in quanto si differenzia dagli animali, ma anche ha di comune con essi. אדם (âdâm) ha la stessa radice di אדמה ('ădâmâh), la terra, con allusione al colore dell'argilla אדם ('âdôm) essere rosso. בּן אדם (bên âdâm), figlio dell'uomo, designa il singolo, come figlio della specie umana, dell'umanità.
  • (ebr.) אישׁ (îysh); (gr.) ἀνήρ (anēr); (lat.) vir, l'uomo individuo, nella sua forza e nel suo valore. Questo concetto è anche espresso, quando si tratta di guerrieri, eroi, dal termine גּבּר (gibbôr), il forte; mentre il poetico אנשׁ ('ĕnash) soprattutto nell'espressione di Daniele בר אנשׁ (bar nâsha'), il "figlio dell'uomo".

Scrittori cristiani[modifica | modifica wikitesto]

Gregorio di Nissa[modifica | modifica wikitesto]

La fonte di riferimento per l'antropologia di san Gregorio, Dottore della Chiesa, è il suo trattato ‘’De opificio hominis’’.[2][3][4] [La sua concezione dell'uomo si fonda sulla distinzione ontologica tra il creato e l'increato. L'uomo è una creazione materiale, e quindi limitata, ma infinita in quanto la sua anima immortale possiede una capacità senza limiti di avvicinarsi al divino.[5] Gregorio credeva che l'anima e il corpo fossero creati (in opposizione a Origene, che speculava sulla preesistenza dell'anima), e quindi che gli embrioni fossero persone.[6] Seguendo l'embriologia di Aristotele, Tommaso d'Aquino insegnò invece che l'anima razionale viene creata quando, dopo un certo tempo, i principi antecedenti della vita hanno reso il feto un organismo appropriato per la vita razionale, predisponendo in particolare gli organi sensoriali[7]

Per Gregorio, l’uomo è un ente eccezionale creato a immagine e somiglianza di Dio. L'umanità è teomorfica sia nella propria autocoscienza che nel libero arbitrio, che conferisce ad ogni individuo il potere di esistere a condizione di non rinnegare Dio, poiché negare Dio equivale a negare se stessi. Nel commento al Cantico dei Cantici, Gregorio descrive metaforicamente le vite umane come dipinti creati da apprendisti di un maestro: gli apprendisti (le volontà umane) imitano l'opera del loro maestro (la vita di Cristo) con bei colori (virtù), e in tale modo l'uomo si sforza di essere un riflesso di Cristo.[8] In netto contrasto con la maggior parte dei pensatori della sua epoca, vide una grande bellezza nell'autunno: dopo il peccato di Adamo, a partire da due esseri umani perfetti alla fine sarebbero sorti una miriade di creature.[8]

Agostino d'Ippona[modifica | modifica wikitesto]

Sant'Agostino d'Ippona, Dottore della Chiesa, fu uno dei primi autori cristiani latini a formular e una chiara visione antropologica. Più vicino alle concezioni di Aristotele che a quelle di Platone[9][10], Agostino riteneva che l'uomo fosse il composto di due sostanze: l'anima aspaziale[11] e il corpo tridimensionale.[12] L'anima partecipa della ragiona e governa il corpo.[13]

Tommaso d'Aquino[modifica | modifica wikitesto]

Tommaso d'Aquino dimostrò che anima e corpo formano un'unica sostanza e non due sostanze distinte. Per questo motivo, il corpo è destinato alla risurrezione della carne e a riunirsi con l'anima. Mentre la scuola francescana sosteneva l'esistenza di una pluralità di anime, Tommaso affermò l'esistenza di un'unica anima e di un'unica forma del corpo umano: l'anima intellettiva. Il corpo è quindi manifestazione e fenomeno dell'anima di cui il corpo è funzione e in vista della quale esiste.

Tecnicamente, l'anima si dice forma sostanziale del corpo umano. Essa non è accanto o contenuta nel corpo umano, bensì interamente presente in ogni più piccola parte del corpo umano.

L'anima esercita tre operazioni sussistenti senza il corpo: il riconoscimento degli universali, il riconoscimento di sé (l'autocoscienza) e il riconoscimento degli altri corpi. Secondo il principio scolastico dell'operari sequitur esse (all'operare segue l'essere), a un operare sussistente (cioè senza il corpo) dell'anima segue un essere sussistente dell'anima rispetto al corpo. L'anima è forma sussistente, cioè dotata di vita autonoma rispetto al corpo umano, e quindi di natura spirituale (essendo incorporea). Per la presenza di attività intellettive extracorporee, essa persiste alla morte.

Termini o componenti[modifica | modifica wikitesto]

Corpo[modifica | modifica wikitesto]

Il corpo (σῶμα, soma) è l'aspetto fisico di un essere umano. I cristiani credono nella risurrezione della carne alla fine dei tempi.

Rudolf Bultmann afferma quanto segue[14]:

«Che il soma appartenga inseparabilmente e costitutivamente all'esistenza umana è più evidente in modo più chiaro dal fatto che Paolo non può concepire nemmeno un'esistenza umana futura dopo la morte, 'quando ciò che è perfetto sarà venuto', come un'esistenza senza ‘’soma’’ - in contrasto con il punto di vista di coloro che a Corinto negano la risurrezione (1 Cor 15[15], specialmente vv. 35ss.).[16]

L'uomo non ha un soma; è un soma

Scoto Eriugena nel De divisione naturae affermava che «il corpo è nostro, ma non è noi».[17][18]

Anima[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Anima § Cristianesimo, Nephesh e Psiche.

Il dominio semantico dell'anima nella Bibbia si basa sulla parola ebraica nephesh, che presumibilmente significa "respiro" o "essere che respira".[19] Questa parola non indica mai un'anima immortale o una parte incorporea dell'essere umano[20] che può sopravvivere alla morte del corpo come lo spirito dei morti.[21] Questa parola di solito designa la persona nel suo insieme o la sua vita fisica. Nella Septuaginta, nephesh è per lo più tradotto come psiche (ψυχή) e, eccezionalmente, nel Libro di Giosuè come empneon (ἔνμπεον), cioè "essere che respira".[22]

Tuttavia, l'episodio della strega di Endor nell'Antico Testamento indica chiaramente la possibilità dei vivi di comunicare con lo spirito dei morti, aprendo alla fede in una vita ultraterrena immediatamente dopo la morte del corpo. Altri riferimenti sono lo Sheol, in Sapienza 3,1-5[23] («Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà. [...] Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza resta piena d’immortalità. In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé. Nel giorno del loro giudizio risplenderanno, […] Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro.»)[24] e Sapienza 3,10[25] («gli empi riceveranno una pena conforme ai loro pensieri» perché «non hanno avuto cura del giusto e si sono allontanati dal Signore»). Similmente, la fede nella vita ultraterrena dell’anima è ribadita nel Nuovo Testamento in Filippesi 1,23[26], nonché dalla parabola di Lazzaro e del ricco epulone in cui il povero è condotto dagli angeli in Paradiso subito dopo la morte, e nelle parole di Gesù rivolte al ladrone penitente in croce («oggi tu sarai con me in Paradiso»).

Il Nuovo Testamento segue la terminologia dei Settanta, e quindi usa la parola psiche in modo analogo a quello del dominio semantico ebraico[27], cioè come un potere invisibile (o sempre più, per i platonici, immortale e immateriale) che dà vita e movimento al corpo ed è responsabile dei suoi attributi.

Verso la fine del II secolo, nel pensiero patristico, influenzato dal platonismo, la psiche era intesa più in senso greco che ebraico, ed era contrapposta al corpo. Nel III secolo, sotto '’influsso di Origene, si affermò definitivamente la dottrina dell'intrinseca immortalità dell'anima e della sua natura divina.[28] Essa esisteva già dall'inizio dell’era cristiana nel Credo apostolico il quale affermava che Gesù discese agli Inferi e dunque che le anime dei giusti erano vive in tale luogo dopo la morte e prima della Sua risurrezione, nonché la fede nella Comunione dei santi che fin dall'inizio della dottrina include vivi e anime dei defunti nell’unico Corpo Mistico di Cristo.Origene insegnò anche la trasmigrazione delle anime e la loro preesistenza alla nascita, teorie per le quali egli fu condannato come eretico dal Quinto Concilio Ecumenico. 'immortalità intrinseca dell'anima fu accettata dai teologi occidentali e orientali durante tutto il Medioevo e dopo la Riforma, come evidenziato dalla Confessione di Westminster.

Un certo numero di studiosi protestanti moderni ha adottato punti di vista vicino alla tesi dell'immortalità condizionale, tra cui Edward Fudge e Clark Pinnock.

Negli ultimi sei decenni, l'immortalità condizionale, o meglio "immortalità per grazia" (κατὰ χάριν ἀθανασία, kata charin athanasia), dell'anima è stata ampiamente accettata anche tra i teologi ortodossi orientali.[29] Tale tesi nega il dogma dell'Inferno affermando la vita eterna per le sole anime che hanno creduto in Gesù Cristo.

La Chiesa avventista del settimo giorno si è attenuta all'immortalità condizionale sin dalla metà del XIX secolo.

Il dominio semantico dell'anima nella Bibbia si basa sulla parola ebraica nephesh, che presumibilmente significa "respiro" o "essere che respira".[19] Questa parola non indica mai un'anima immortale o una parte incorporea dell'essere umano[20] che può sopravvivere alla morte del corpo come lo spirito dei morti.[21] Questa parola di solito designa la persona nel suo insieme o la sua vita fisica. Nella Septuaginta, nephesh è per lo più tradotto come psiche (ψυχή) e, eccezionalmente, nel Libro di Giosuè come empneon (ἔνμπεον), cioè "essere che respira".[22]

Tuttavia, l'episodio della strega di Endor nell'Antico Testamento indica chiaramente la possibilità dei vivi di comunicare con lo spirito dei morti, aprendo alla fede in una vita ultraterrena immediatamente dopo la morte del corpo. Altri riferimenti sono lo Sheol, in Sapienza 3,1-5[30] («Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà. [...] Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza resta piena d’immortalità. In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé. Nel giorno del loro giudizio risplenderanno, […] Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro.»)[24] e Sapienza 3,10[31] («gli empi riceveranno una pena conforme ai loro pensieri» perché «non hanno avuto cura del giusto e si sono allontanati dal Signore»). Similmente, la fede nella vita ultraterrena dell’anima è ribadita nel Nuovo Testamento in Filippesi 1,23[32], nonché dalla parabola di Lazzaro e del ricco epulone in cui il povero è condotto dagli angeli in Paradiso subito dopo la morte, e nelle parole di Gesù rivolte al ladrone penitente in croce («oggi tu sarai con me in Paradiso»).

Il Nuovo Testamento segue la terminologia dei Settanta, e quindi usa la parola psiche in modo analogo a quello del dominio semantico ebraico[27], cioè come un potere invisibile (o sempre più, per i platonici, immortale e immateriale) che dà vita e movimento al corpo ed è responsabile dei suoi attributi.

Verso la fine del II secolo, nel pensiero patristico, influenzato dal platonismo, la psiche era intesa più in senso greco che ebraico, ed era contrapposta al corpo. Nel III secolo, sotto '’influsso di Origene, si affermò definitivamente la dottrina dell'intrinseca immortalità dell'anima e della sua natura divina.[28] Essa esisteva già dall'inizio dell’era cristiana nel Credo apostolico il quale affermava che Gesù discese agli Inferi e dunque che le anime dei giusti erano vive in tale luogo dopo la morte e prima della Sua risurrezione, nonché la fede nella Comunione dei santi che fin dall'inizio della dottrina include vivi e anime dei defunti nell’unico Corpo Mistico di Cristo.Origene insegnò anche la trasmigrazione delle anime e la loro preesistenza alla nascita, teorie per le quali egli fu condannato come eretico dal Quinto Concilio Ecumenico. 'immortalità intrinseca dell'anima fu accettata dai teologi occidentali e orientali durante tutto il Medioevo e dopo la Riforma, come evidenziato dalla Confessione di Westminster.

Un certo numero di studiosi protestanti moderni ha adottato punti di vista vicino alla tesi dell'immortalità condizionale, tra cui Edward Fudge e Clark Pinnock.

Negli ultimi sei decenni, l'immortalità condizionale, o meglio "immortalità per grazia" (κατὰ χάριν ἀθανασία, kata charin athanasia), dell'anima è stata ampiamente accettata anche tra i teologi ortodossi orientali.[29] Tale tesi nega il dogma dell'Inferno affermando la vita eterna per le sole anime che hanno creduto in Gesù Cristo.

La Chiesa avventista del settimo giorno si è attenuta all'immortalità condizionale sin dalla metà del XIX secolo.

Costituzione o natura della persona[modifica | modifica wikitesto]

I teologi cristiani hanno assunto posizioni storicamente divergenti in relazione al numero di componenti costitutive dell'essere umano.

Tesi del dicotomismo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Dualismo (filosofia della mente).

L'opinione più popolare, affermata da un gran numero di fedeli laici e teologi di molte tradizioni cristiane, è che l'essere umano è formato da due componenti: materiale (corpo/carne) e spirituale (anima/spirito). L'anima o lo spirito si allontana dal corpo al momento della morte e si riunirà ad esso alla risurrezione della carne.

Tesi tripartitista[modifica | modifica wikitesto]

Una significativa minoranza di teologi, sia in Oriente che in Occidente, ha sostenuto che gli esseri umani sono costituiti da tre componenti distinte: corpo o carne, anima e spirito. I testi biblici tipicamente usati per sostenere questa posizione sono 1 Tessalonicesi 5:23[33] ed Ebrei 4:12[34].[35]

Tesi monista[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Monismo.

I teologi modernisti sostengono sempre più l'idea che l'essere umano sia un'unità indissolubile.[35] Questa tesi è nota come olismo o monismo. Il corpo e l'anima non sono considerati componenti separati di una persona, ma piuttosto come due aspetti di un tutto unito.[36] Si ritiene che questo rappresenti più accuratamente il pensiero ebraico, mentre il dualismo corpo-anima è più caratteristico del pensiero platonico e cartesiano greco classico. Il monismo è la posizione ufficiale della Chiesa avventista del settimo giorno, che aderisce alla dottrina del "sonno dell'anima". Il monismo è coerente con la teoria fisicalista che riconduce l’autocoscienza, il libero arbitrio, le emozioni e gli affetti alle strutture cerebrali piuttosto che ad un’anima immateriale e immortale.[37]

Un esponente di spicco di questo punto di vista fu il teologo liberale Rudolf Bultmann[38], reso popolare da Oscar Cullmann.[39]

Origine dell'umanità[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Creazionismo ed Evoluzionismo teista.

Il Libro della Genesi insegna che gli esseri umani furono creati dalla mano di Dio. Alcuni cristiani credono che ciò debba aver comportato un atto creativo miracoloso, mentre altri sono a proprio agio con l'idea che Dio abbia operato attraverso il processo evolutivo.

L'immagine di Dio nell'umano[modifica | modifica wikitesto]

In merito all'imago Dei, il significato esatto di questo passo biblico è stato oggetto di dibattito teologico nel corso della storia della chiesa.

Origine/trasmissione dell'anima[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Traducianismo.

Esistono due punti di vista opposti su come l'anima ha origine in ogni essere umano. Il creazionismo insegna che Dio crea un'anima nuova all'interno di ogni embrione umano nell’istante o dopo il concepimento. Secondo tale dottrina, l’anima sarebbe pura in quanto creata da Dio, che è sommo Bene e non può peccare o trasmettere il peccato, mentre il peccato originale si trasmesso mediante la carne dei genitori.

Il traducianismo, al contrario, insegna che l'anima è ereditata dai genitori dell'individuo, insieme al suo materiale biologico e al peccato originale.

Natura umana[modifica | modifica wikitesto]

La maggior parte della teologia cristiana insegna tradizionalmente che l’uomo e la donna nacquero santi e immacolati da peccato originale e proprio, ma che la loro natura divenne corrotta dopo la caduta e l’espulsione dal Giardino dell'Eden. La dottrina della chiesa si è storicamente preoccupata di discernere quale ruolo giochi l'essere umano nella Redenzione da quella caduta.[4][40][41]

Pelagio credeva che la natura dell'uomo fosse intrinsecamente buona e insegnava che tutti i bambini nascono “come una nuova creazione di Dio e quindi buoni".[41] Per Pelagio la libertà è una parte costitutiva della natura umana[42] e, in quanto grazia divina ereditaria, non è contaminata. Gli esseri umani sono in grado di seguire le leggi divine (come i Dieci Comandamenti) e vivere moralmente.[43]

Agostino credeva che tutti gli esseri umani nascano nel peccato perché ognuno è erede del peccato originale di Adamo.[44] Senza la grazia di Dio l'umanità è incapace di scegliere il bene e quindi di perseguire Dio.[45] La salvezza quindi diventa o una cooperazione tra la libertà della volontà umana e la grazia divina (sinergismo) o un atto unilaterale della volontà divina indipendente dall'opera umana (monergismo).

La posizione di Pelagio fu condannata al Concilio di Cartagine (418) e al Concilio di Efeso e al Secondo Concilio di Orange. Tuttavia, i concili ammorbidirono la posizione di Agostino sulla predestinazione.[46]

Durante la Riforma Protestante il monergismo visse una rinascita grazie alla dottrina della depravazione totale da parte di Giovanni Calvino.

All'interno dei circoli protestanti si svolse un dibattito tra i seguaci di Giovanni Calvino e quelli di Jacob Arminio sulla natura della grazia nel percorso della salvezza. Ispirandosi ad Agostino, gli arminiani sostengono che Dio ripristini il libero arbitrio dell'umanità riguardo alla capacità di scegliere la salvezza, laddove invece il calvinismo classico si attiene a un rigoroso monergismo.

Il sinergismo e la sua affermazione della partecipazione della volontà umana alla salvezza è la classica posizione patristica della Chiesa Cattolica Romana, della Chiesa Ortodossa Orientale, così come di molte Chiese protestanti di influenza arminiana. Il monergismo è diventato la posizione della maggior parte delle chiese che fanno parte della Tradizione Riformata.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Antropologia biblica, su Dizionario biblico, adiudine.it, Chiesa Cristiana Evangelica Assemblee di Dio - Udine. URL consultato il 26 dicembre 2022.
  2. ^ The Greek text: PG 44, 123–256; SCh 6, (1944) Jean-Jacques Courtiau (ed.)
  3. ^ Étienne Gilson, p. 56
  4. ^ a b (EN) Florin George Calian, André Scrima, , trans. Octavian Gabor, Perspectives on Philosophy and Religious Thought 17, Piscataway, New Jersey, Gorgias Press 2016, 259 p., ISBN 978-1-4632-0565-2, in Review of Ecumenical Studies Sibiu, vol. 12, n. 3, 1º dicembre 2020, pp. 535–539, DOI:10.2478/ress-2020-0039.
  5. ^ Maspero & Mateo Seco, p. 38
  6. ^ Maspero & Mateo Seco, p. 41
  7. ^ Siegfried, Francis. "Creationism." The Catholic Encyclopedia Vol. 4. New York: Robert Appleton Company, 1908
  8. ^ a b Maspero & Mateo Seco, p. 42
  9. ^ Hendrics, E., p. 291.
  10. ^ Massuti, E., p.98.
  11. ^ De quantitate animae 1.2; 5.9
  12. ^ Cf. A. Gianni, pp.148–149
  13. ^ De quantitate animae 13.12: Substantia quaedam rationis particeps, regendo corpori accomodata.
  14. ^ (DE) Rudolf Bultmann, Theologie des Neuen Testaments, Tubinga, Mohr, 1953, pp. 189–249. (traduzione in inglese: Theology of the New Testament 2 voll., Londra: SCM, 1952, 1955)
  15. ^ 1 Cor 15, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  16. ^ Bultmann, I: 192
  17. ^ prof. Giordano Trapasso, Storia della Filosofia: dalla Patristica Al Medioevo (DOC), Ancona, Istituto Teologico Marchigiano, p. 73. URL consultato il 27 gennaio 2023 (archiviato dall'url originale il 25 luglio 2021).
  18. ^ Storia del pensiero occidentale. Dagli inizi del Cristianesimo al secolo XIV, vol. 2, Milano, Marzorati, 1973, p. 275, OCLC 2850946.
  19. ^ a b Hebrew-English Lexicon, Brown, Driver & Briggs, Hendrickson Publishers.
  20. ^ a b Dictionary of Biblical Theology, Father Xavier Leon Dufour, 1985.
  21. ^ a b New International Dictionary.
  22. ^ a b "Un attento esame del materiale βiblico, in particolare delle parole nefesh, neshama e ruaḥ, che sono spesso tradotte in modo troppo ampio come “anima” e “spirito”, indica che queste non devono essere intese come riferite al lato psichico di una condizione psicofisica. paio. Un uomo non possedeva un nefesh ma piuttosto era un nefesh, come dice Gen. 2:7: "wayehi ha-adam le-nefesh ḥayya" ("... e l'uomo divenne un essere vivente"). L'uomo era, per la maggior parte degli scrittori biblici, ciò che è stato definito "un'unità di forza vitale", non una creatura duale separabile in due parti distinte di importanza e valore disuguali. Mentre questa comprensione della natura dell'uomo dominava il pensiero biblico, nella letteratura apocalittica (II secolo a.C.-II secolo d.C.) il termine nefesh cominciò a essere visto come un'entità psichica separabile con un'esistenza distinta dal corpo”—Britannica, 2004.
  23. ^ Sap 3,1-5, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  24. ^ a b Il passo non è riferito al Giorno del giudizio, bensì al “loro” giudizio particolare poiché il Nuovo Testamento predice che alla fine dei tempi ogni autorità sarà annullata e riportata a Dio e dunque non vi saranno più nazioni da governare; inoltre, Galati 3,22-29, su laparola.net. predice che alla fine dei tempi “non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna" e dunque nessun popolo sul quale avere potere.
  25. ^ Sap 3,10, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  26. ^ Filippesi 1,23, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  27. ^ a b Exegetical Dictionary of the New Testament
  28. ^ a b I primi Ebrei apparentemente avevano un concetto dell'anima, ma non la separavano dal corpo, anche se in seguito gli scrittori ebrei svilupparono ulteriormente l'idea dell'anima. I riferimenti dell'Antico Testamento all'anima sono legati al concetto di respiro e non stabiliscono alcuna distinzione tra l'anima eterea e il corpo vero e proprio. La dicotomia cristiana corpo-anima ebbe origine con gli antichi greci e fu recepita nella teologia cristiana da san Gregorio di Nissa e da sant'Agostino.—Britannica, 2004
  29. ^ a b Immortality of the Soul, George Florovsky.
  30. ^ Sap 3,1-5, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  31. ^ Sap 3,10, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  32. ^ Filippesi 1,23, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  33. ^ 1 Tessalonicesi 5:23, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  34. ^ Ebrei 4:12, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  35. ^ a b Bruce Milne, Know The Truth, IVP, 2010, pp. 120–122.
  36. ^ "L'antropologia tradizionale incontra grossi problemi nella Bibbia e nella sua visione prevalentemente olistica degli esseri umani. Genesi 2:7 è un verso-chiave: 'Allora il SIGNORE Dio plasmò l'uomo dalla polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita, e l'uomo divenne un essere vivente" (NRSV). Il termine 'essere vivente' (tradizionalmente, 'anima vivente') è un tentativo di tradurre l'ebraico nephesh hayah, che nel contesto indica una 'persona vivente'. Più di un interprete ha fatto notare che questo testo non dice che l'essere umano ha un'anima ma piuttosto è un'anima. H. Wheeler Robinson ha riassunto la questione nella sua affermazione che 'L'ebreo concepiva l'uomo come corpo animato e non come un'anima incarnata.'" (Martin E. Tate, "The Comprehensive Nature of Salvation in Biblical Perspective," Evangelical review of theology, Vol. 23.)
  37. ^ AJ Gijsbers, The Dialogue between Neuroscience and Theology (PDF), su iscast.org, ISCAST, 2003. URL consultato il 28 gennaio 2023 (archiviato dall'url originale il 26 luglio 2011).
  38. ^ Martine C.L. Oldhoff, The Soul in the Bible: Monism in Biblical Scholarship? Analysing Biblical Studies from a Systematic Point of View (PDF), 2018, p. 154. URL consultato il 28 gennaio 2023 (archiviato dall'url originale il 20 gennaio 2023).
  39. ^ Luis Ivan Martinez-Toledo, The Naked State of Human Being: The Meaning of Gymnos in 2 Corinthians 5:3 and its Theological Implications, Wipf and Stock Publishers, 2016, pp. 11-12, ISBN 9781625649980.
  40. ^ Tillich, Paul, 1886-1965., A history of Christian thought : from its Judaic and Hellenistic origins to existentialism, Braaten, Carl E., 1929-, New York, 1972, pp. 122, ISBN 0-671-21426-8, OCLC 871159.
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  43. ^ A History of Christian Doctrine, Cunliffe-Jones, Hubert, Londra, 16 marzo 2006, pp. 159, ISBN 978-0-567-35921-6, OCLC 882503323.
  44. ^ A History of Christian Doctrine, Cunliffe-Jones, Hubert, London, 16 marzo 2006, pp. 162, ISBN 978-0-567-35921-6, OCLC 882503323.
  45. ^ A History of Christian Doctrine, Cunliffe-Jones, Hubert, London, 16 marzo 2006, pp. 166, ISBN 978-0-567-35921-6, OCLC 882503323.
  46. ^ A History of Christian Doctrine, Cunliffe-Jones, Hubert, London, 16 marzo 2006, pp. 169, ISBN 978-0-567-35921-6, OCLC 882503323.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Franco Giulio Brambilla, Antropologia teologica, Brescia, Queriniana, 2005, ISBN 978-88-399-2412-4.
  • Emanuel Pfoh (a cura di), T&T Clark Handbook of Anthropology and the Hebrew Bible, New York, Bloomsbury Academic, 2022, ISBN 978-056-770476-4.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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