Anticipazione (filosofia)

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Con il termine anticipazione (in lingua greca πρόληψις, (prolepsis) prolessi dal verbo προλαμβάνω (prolambàno), anticipare, prendere prima; in latino anticipatio o praesumptio) nella filosofia stoica si indicano quei concetti universali di genere e specie (in greco: ennoiai, in latino: communes notitiae rerum), che si formano naturalmente e spontaneamente, con i quali i dati singoli empirici vengono anticipati, formulati, prima ancora di farne un'esperienza diretta.[1] Ad esempio con il concetto generico di "torre" identifico subito quella singola costruzione che avrà particolari caratteristiche (piccola, grande, tonda, quadrata ecc.) di cui dovrò fare esperienza diretta.

Per gli epicurei, l'anticipazione si origina dalle particolari esperienze sensibili fatte in passato e di cui conserviamo nella memoria il ricordo che applichiamo ai dati empirici in atto.

«Non potremmo ricercare ciò che è oggetto della nostra ricerca se prima non ne avessimo avuto conoscenza. [Grazie infatti alla prolessi] si pensa ai caratteri di ciò in base alle prece-denti sensazioni.[2]»

Epicuro avverte che la sensazione che ricaviamo con la prolessi di per sé è sempre vera (ad esempio un ramo che immerso nell'acqua appare spezzato) l'errore dipende dal giudizio che noi le attribuiamo.

«Così non direi che la vista ci inganna quando da una grande distanza vede una torre piccola e rotonda, da vicino grande e quadrata, ma che è verace, sia quando l’oggetto appariva piccolo e di quella particolare forma, poiché veramente era tale essendosi consunti i contorni dei simulacri durante il movimento attraverso l’aria, sia quando invece grande e di forma diversa, poiché anche allora aveva tali caratteri; poiché l’oggetto non era lo stesso in ambedue i casi. Questo infatti è lasciato alla falsa opinione, pensare che la cosa che causava rappresentazioni fosse la stessa, sia vista da vicino che da lontano.[3]»

In Cicerone le anticipazioni sono presentate come idee innate vere e proprie, avulse cioè nel loro essere e farsi, da ogni precedente esperienza e per questo comuni a tutti gli uomini e di valore assoluto.

«Quale è il popolo, o quale la stirpe di uomini, che non possegga, anche senza un'istruzione, una qualche conoscenza anticipata degli dèi? [4]»

Per anticipazione, Francesco Bacone intende le opinioni soggettive che affrettatamente ci formiamo, le anticipationes naturae, alterando così l'oggettività rigorosa di giudizio, la interpretatio naturae, dei fenomeni naturali.[5]

Nella Logica trascendentale Kant descrive le «anticipazioni della percezione». In tutti i fenomeni, il reale, che è un oggetto della sensazione, ha più o meno una quantità intensiva, ossia un grado di manifestazione col quale si presenta a chi lo percepisce.

«I fenomeni contengono ... oltre all'intuizione, anche la materia per un qualche oggetto in generale... ossia contengono il reale della sensazione...In tutti i fenomeni il reale che è oggetto della sensazione ha una quantità intensiva, in corrispondenza della quale, a tutti gli oggetti della percezione, in quanto questa contiene una sensazione, deve esser attribuita una quantità intensiva, ossia un certo grado d'influsso sui sensi...ogni sensazione, e perciò ogni realtà nel fenomeno, per piccola che sia, ha un grado ossia una quantità intensiva, sempre suscettibile di ulteriore diminuzione: fra la realtà e la negazione si distende una connessione continua di realtà possibili sempre minori. Ogni colore, il rosso ad esempio, ha un grado, il quale, per piccolo che sia, non è mai il minimo; lo stesso dicasi del calore, del momento della gravità.[6]»

Mentre la sensazione non può essere anticipata ma occorre farne un'esperienza a posteriori, il grado d'intensità della percezione stessa può essere identificato a priori, anticipandola. Di un oggetto sappiamo, senza farne un'esperienza specifica, a priori, che occuperà uno spazio ("la continuità") e che si presenterà con una caratteristica più o meno accentuata.

«...È degno di nota che nella quantità in generale ci è possibile conoscere a priori soltanto un'unica qualità, ossia la continuità, mentre in ogni qualità (il reale dei fenomeni) ci è possibile conoscere a priori null'altro che la sua quantità intensiva, cioè il suo avere un grado; ogni altra cosa è lasciata all'esperienza.[7]»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Diogene Laerzio, VII, 1, 54
  2. ^ Diogene Laerzio 10.33
  3. ^ Sesto Empirico (adv. mathem., VII 204-209 = 247 Usener) in Francesca Guadalupe Masi, Epicuro e la filosofia della mente. Il XXV libro dell’opera "Sulla Natura" , Academia Verlag, 2006
  4. ^ Cicerone, Sulla natura degli dèi, I 16, 43
  5. ^ F. Bacone, Novum Organum, I, 26
  6. ^ Immanuel Kant, Critica della ragion pura, Laterza, Roma-Bari 2000, pp. 152-158
  7. ^ Immanuel Kant, Critica della ragion pura, Laterza, Roma-Bari 2000, ibidem

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