Annunciazione (Tintoretto Scuola Grande di San Rocco)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Annunciazione
AutoreTintoretto e Domenico Tintoretto
Data1582-1584
Tecnicaolio su tela
Dimensioni422×545 cm
UbicazioneScuola Grande di San Rocco, Venezia

L'Annunciazione è un dipinto del pittore veneziano Jacopo Tintoretto realizzato con l'aiuto del figlio Domenico circa nel 1582-1587. È ancora conservato nel luogo per cui fu creato, la Scuola Grande di San Rocco di Venezia.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il dipinto fa parte del ciclo mariano (o dell'infanzia di Cristo) dipinto tra il 1582-1584[1] per la sala terrena dell'edificio, ultima fatica del Tintoretto per la Scuola[2].

Descrizione e stile[modifica | modifica wikitesto]

Sebbene l'intero ciclo pittorico di San Rocco sia considerato dalla critica il più rappresentativo della controriforma cattolica[3] la serie mariana della sala terrena risulta meno controriformistica rispetto ai dipinti delle altre sale[4] presentando una certa indipendenza dalle scritture ed un diffuso riferimento ai testi apocrifi, in uno spirito tipicamente manierista[5] e con «caratteri originali e novità tutt'altro che irrilevanti nell'itinerario poetico di Tintoretto»[6].

Certamente la concezione di tutti i dipinti delle serie è decisamente ascrivibile a Jacopo ma sappiamo che per le opere di questo ambiente si avvalse più largamente di aiuti. Nell'Annunciazione sono in effetti riconoscibili gli interventi esecutivi del figlio Domenico: sia nell'impostazione naturale del trattamento di dettagli come gli attrezzi da falegname sparsi sia anche nel turbinoso corteo di angioletti, nel volto di Maria e nelle lumeggiature geometrizzanti del panneggio della veste di Gabriele[7].

La tela si trova significativamente all'inizio della sala terrena ad introdurre simbolicamente al mistero dell'incarnazione, che poi prosegue con le storie bibliche ed evangeliche raccontate nelle sale superiori[8]. Incarnazione intesa come fatto storico e definito nel tempo e che segna il passaggio da un prima a un dopo[9] e cioè dall'Età della Legge mosaica a all'Età della Grazia, quella in cui le profezie si avverano[10].

La scena è rappresentata, secondo la maniera più tipica di Tintoretto, in interno/esterno che scollega gli spazi e crea una conflazione di tempi diversi[11] ed è inoltre orientata a sottolineare la povertà della Sacra Famiglia (tema su cui Tintoretto insiste nel resto del ciclo)[12].

L'interno è quello che resta di un palazzo veneziano, abbandonato forse per incuria o forse per qualche calamità, in cui rimangono intatti un ordinato letto a baldacchino e il soffitto a cassettoni, questo forse un richiamo al soffitto della sala superiore. Ma anche la colonna decrepita posta su un alto basamento di mattoni scalcinati richiama e prolunga il colonnato che tripartisce la sala terrena, lo stesso vale per il pavimento a scacchiera. Un riferimento non pedissequamente didascalico (la forma del plinto della semicolonna è differente come diverso è l'orientamento mattonelle) ma atto a suggerire un'unione tra lo spazio reale e lo spazio virtuale[13]. L'esterno, costipato dalla bottega da falegname di Giuseppe, si apre appena su un paesaggio limitato da una lontana collina.

Già nella scenografia questa Annunciazione differisce dalle altre – non solo quelle di Tintoretto, tutte situate in ambienti ideali e puliti – anche l'insolito affollamento di figure la caratterizza: la scena non è più un "dialogo" tra due soli personaggi.

Davanti all'irrompere dalla porta dell'arcangelo che porge i gigli e il lieto sciamare turbinoso di cherubini e putti che penetrano dal sopraluce Maria è turbata, stupita, attonita, certamente ma non prostrata e compunta in venerazione. Se non proprio «garrula e scherzosa” come la definisce Coletti[14] è almeno naturalmente vivace e osserva ciò che avviene, non abbassa lo sguardo.

Oltre al sussulto in cui è fermata dal pittore sono da notare i dettagli del libro lasciato cadere sul grembo e aperto – secondo la tradizione – nelle pagine che contengono la profezia (Isaia 7,15 ) dell'avvenimento ora in corso[15] e del velo virginale caduto sul cuscino purpureo su cui Maria appoggiava i piedi[16]. Segni che si intonano al fatto che quello rappresentato non è solo l'annuncio quanto il momento stesso dell'incarnazione[17] con la luminescente colomba dello Spirito Santo che, indicata dall'arcangelo e precedendo il corteo di angioletti, scende ad ali spiegate sulla Vergine.

La luce della finestra della sala terrena colpisce di lato il quadro e penetra nella stanza[18] proiettando l'ombra del pilastro sulle ginocchia di Maria perché come proseguì Gabriele «E la potenza dell'altissimo ti coprirà con la sua ombra»[19].

Sul banchetto da lavoro restano un arcolaio ed un rocchetto, gli strumenti con cui la tradizione racconta che Maria fosse intenta a lavorare. Dall'altra parte della stanza sono una sedia spagliata e sopra una panchetta un cestino da lavoro.

All'esterno, in secondo piano, è il promesso sposo Giuseppe, ignaro e intento a segare un qualcosa tra gli attrezzi sparsi a terra ed appesi. Quella stessa notte un angelo gli apparirà in sogno ad ammonirlo di non ripudiare Maria incinta. Qualcuno ha messo in dubbio che si tratti di Giuseppe, perché il personaggio rappresentato è troppo giovane, proponendo, in un salto temporale ammissibile nell'ottica tintorettesca, che sia invece un Gesù fanciullo intento a fabbricare la propria ventura croce nella bottega del padre putativo[20].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ad ogni modo, secondo le ricerche documentali, i dipinti risultano già in situ nel 1586: cfr. Pallucchini-Rossi 1990, p. 110; Brunet 2012, pp. 107-108.; Sapienza 2007, pp. 106.
  2. ^ G. Romanelli in San Rocco 1994, p. 44.
  3. ^ Charles De Tolnay, L’interpretazione dei cicli pittorici del Tintoretto nella Scuola di San Rocco, in Critica d’arte, anno VII, numero 41, Firenze, Vallecchi,1960 citato in Pallucchini-Rossi 1990, p. 69.
  4. ^ Giandomenico Romanelli in San Rocco 1994, p. 44.
  5. ^ Giandomenico Romanelli in San Rocco 1994, pp. 40-42.
  6. ^ Giandomenico Romanelli in San Rocco 1994, p. 39.
  7. ^ Pallucchini-Rossi 1990, p. 110.
  8. ^ Brunet 2012, p. 13.
  9. ^ Brunet 2012, p. 108.
  10. ^ Brunet 2012, p. 112.
  11. ^ Giandomenico Romanelli in San Rocco 1994, pp. 40, 43.
  12. ^ Charles De Tolnay, L’interpretazione dei cicli pittorici del Tintoretto nella Scuola di San Rocco, in Critica d’arte, anno VII, numero 41, Firenze, Vallecchi,1960 citato in Pallucchini-Rossi 1990, p. 118.
  13. ^ Sapienza 2007, p. 95; San Rocco 1994, p. 320.
  14. ^ Coletti 1944, p- 43.
  15. ^ Andrea Gallo in San Rocco 1994, p. 320
  16. ^ Sapienza 2007, p. 95.
  17. ^ Sapienza 2007, p. 95; Brunet 2012, p. 13.
  18. ^ Andrea Gallo in San Rocco 1994, p. 320.
  19. ^ Brunet 2012, p. 113.
  20. ^ Augusto Gentili, Personaggi e metafore nell'Annunciazione di Jacopo Tintoretto per la Scuola Grande di San Rocco, in Venezia Cinquecento, anno VI, nº 12, 1996, Roma, Bulzoni, pp. 235-24.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Rodolfo Pallucchini e Paola Rossi, Tintoretto - L'opera completa, vol. 1, nuova edizione, Milano, Electa, 1990, pp. 100-101 e passim.
  • Robert Echols e Frederik Ilchman (a cura di), Tintoretto 1519 - 1594, Marsilio, 2018, ISBN 978-88-317-1135-7.
  • Carlo Bernardi (presentazione) e Salvatore De Vecchi (apparati critici), L'opera completa del Tintoretto, Milano, Rizzoli, 1970.
  • Giandomenico Romanelli, Andrea Gallo e Antonio Manno, Tintoretto - La Scuola Grande di San Rocco, a cura di Giandomenico Romanelli, Milano, Electa, 1994.
  • Valentina Sapienza, Miti, metafore e profezie – Le Storie di Maria di Jacopo Tintoretto nella sala terrena della Scuola Grande di San Rocco, in Venezia Cinquecento – Studi di storia dell'arte e della cultura, Anno XVII, n. 33, Roma, Bulzoni, 2007.
  • Ester Brunet, La Bibbia secondo Tintoretto – Guida biblica e teologica dei dipinti di Jacopo Tintoretto nella Scuola Grande di San Rocco, Venezia, Marcianum Press, 2012.
  • Luigi Coletti, Il Tintoretto, 2ª ed., Bergamo, Istituto Italiano d'Arti Grafiche, 1944.
  • Francesco Valcanover, Jacopo Tintoretto e la Scuola Grande di San Rocco, Venezia, Storti, 1991, p. 106.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]