Anni di piombo

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Milano, via De Amicis 14 maggio 1977: Giuseppe Memeo punta una pistola contro la polizia durante una manifestazione di protesta; foto di Paolo Pedrizzetti. Quest'immagine è diventata l'icona degli anni di piombo.

Per anni di piombo, in Italia, si intende un periodo storico generalmente coincidente con gli anni settanta e gli inizi degli anni ottanta del XX secolo, in cui si verificò un'estremizzazione della dialettica politica che si tradusse in violenze di piazza, nell'attuazione della lotta armata e di atti di terrorismo.

L'espressione deriva dal titolo omonimo del film Anni di piombo regia di Margarethe von Trotta uscito nel 1981 che trattava l'esperienza storica analoga e contemporanea vissuta dalla Germania Ovest[1]. Questa espressione può anche essere vista in un contesto internazionale e più ampio, comprendendo le varie attività terroristiche, come la strategia della tensione, e di appoggio a regimi dittatoriali, come l'operazione Condor, svolte dalle varie nazioni durante la guerra fredda, il conflitto a distanza tra Stati Uniti d'America e Unione Sovietica.

Contesto storico

Lo stesso argomento in dettaglio: Sessantotto, Autunno caldo e Strage di piazza Fontana.

L'arco di tempo del periodo così chiamato non è perfettamente definito, si considera solitamente dalla fine degli anni sessanta all'inizio degli anni ottanta, tuttavia gli anni considerati di inizio e fine possono variare in funzione delle convinzioni politiche dello storico[2][3][4]. L'inizio è talvolta individuato con quella che genericamente è chiamata contestazione del Sessantotto, talaltra con la strage di piazza Fontana[5].

Il primo caso di scontro violento del movimento del '68 contro le forze dell'ordine si ebbe a Roma il 1º marzo 1968 durante la Battaglia di Valle Giulia[6]. Il primo morto degli anni di piombo è spesso considerato Antonio Annarumma, ucciso il 19 novembre 1969 a Milano, mentre il primo atto della strategia della tensione che caratterizzò quegli anni fu la strage di piazza Fontana avvenuta a Milano il 12 dicembre 1969[7] (non considerando le bombe del 25 aprile di quell'anno a Milano, che non causarono morti).

Nell'immaginario collettivo molti associano questo periodo alle imprese di alcune organizzazioni extraparlamentari di sinistra, come Lotta Continua, il Movimento Studentesco o altre attive negli anni settanta, o realmente terroristiche come Prima Linea e le Brigate Rosse o altre, attive al di fuori dell'Italia come la Rote Armee Fraktion (RAF) in Germania Ovest, ma in quel periodo operarono anche molti gruppi di estrema destra di quello che si autodefiniva «spontaneismo armato», come i NAR, Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale, Terza Posizione che si contrapponevano a quelli di estrema sinistra nella lotta politica, scrivendo la pagina particolarmente cruenta e solo parzialmente esplorata del terrorismo nero e dello stragismo in Italia[8].

Per alcuni opinionisti e commentatori politici gli anni di piombo vengono considerati gli anni del «terrorismo di sinistra», per altri dell'«eversione di destra», per altri ancora di «stragismo di Stato». Altre posizioni ritengono che al riguardo «esista solo una verità giudiziaria parziale, confusa e spesso contraddittoria»[9]. I commentatori francesi Marc Lazar e Marie-Anne Matard-Bonucci hanno definito questo periodo della storia italiana come una «guerra civile a bassa intensità»[10][11].

Avvenimenti

Le stragi

Lo stesso argomento in dettaglio: Strategia della tensione in Italia.
L'interno della Banca Nazionale dell'Agricoltura, luogo della strage di piazza Fontana, dopo l'esplosione della bomba (12 dicembre 1969).

Il periodo si caratterizza soprattutto per diverse stragi che apparvero insensate e talvolta senza colpevoli: riguardo ad alcune di esse non vi è tuttora certezza sugli esecutori, e in nessun caso risultano noti i nomi di eventuali mandanti. Infatti tra il 1968 e il 1974 in Italia furono compiuti 140 attentati, tra i quali quello di piazza Fontana fu tra i più sanguinosi (e il più sanguinoso di sempre dopo la strage di Bologna avvenuta nel 1980):

Accadimenti storici, politici ed economici

Sono da citare in questo periodo anche altri avvenimenti, quali la promulgazione dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 20 maggio 1970), la legge Fortuna-Baslini (legge 898 del 1º dicembre 1970) che istituì il divorzio in Italia e il referendum del 1974, con il quale fallì il tentativo di abrogare tale legge. Un evento un po' passato sotto tono fu, il 15 agosto 1971, la decisione del presidente americano Richard Nixon di sospendere la convertibilità del dollaro in oro, abrogando di fatto il sistema aureo raggiunto con gli accordi di Bretton Woods.

Nel settembre 1972, durante le Olimpiadi di Monaco di Baviera, un commando di terroristi palestinesi appartenenti a Settembre Nero uccise due atleti israeliani e ne rapì altri nove, chiedendo il rilascio di ben 234 fedayin detenuti; nella sparatoria che ne seguì rimasero uccisi cinque terroristi, un pilota di elicottero, un poliziotto tedesco, e tutti i nove ostaggi israeliani.

Nell'autunno del 1973 l'OPEC rincarò il prezzo del petrolio, provocando la crisi energetica del 1973, poi seguita dalla crisi energetica del 1979. L'Italia intraprese una politica di risparmio energetico, la famosa austerity. Nel 1975 ci fu la riforma del diritto di famiglia, con la quale venne sancita la parità tra i coniugi. Nello stesso anno venne abbassata la maggiore età da 21 a 18 anni.

A fine 1975 fu firmato il Trattato di Osimo, il quale sanciva la cessione alla Jugoslavia della Zona B dell'ex Territorio Libero di Trieste, riconoscendo lo Stato di fatto venutosi a realizzare dopo la fine della seconda guerra mondiale. Negli anni settanta, in Italia si raggiunge il record dei sequestri di persona a scopo di estorsione, compiuti soprattutto da bande della 'Ndrangheta e dell'Anonima sarda: si registrarono infatti in tutto 40 rapimenti nel 1974, 62 nel 1975, 47 nel 1976 e 75 nel 1977[12]. Verso la fine degli anni settanta si fermò la crescita della popolazione italiana, che si stabilizzò poco sotto i 60 milioni di abitanti.

Cronologia degli accadimenti più importanti

L'Italia alla fine degli anni sessanta

Lo stesso argomento in dettaglio: Autunno caldo e Miracolo economico italiano.

Sul finire degli anni sessanta l'economia italiana era cresciuta rapidamente e il miglioramento del tenore di vita, iniziato con il miracolo economico italiano, era percettibile. La mortalità infantile si era fortemente ridotta e l'analfabetismo era praticamente scomparso. Con circa un secolo di ritardo rispetto ai tempi ufficiali, l'Italia cominciava ad essere una nazione, con una lingua diffusamente parlata (o almeno capita) dalla Sicilia fino alle Alpi. La Rai era riuscita, oltre che a diffondere una lingua nazionale, a creare una certa attenzione verso i simboli nazionali, almeno in occasione di Mondiali di calcio, Olimpiadi e fenomeni analoghi.

In quegli anni si stava anche formando una crescita culturale, molto spesso egemonizzata dalla sinistra, secondo la dottrina di egemonia culturale sviluppata da Antonio Gramsci, con effetti favorevoli in occasione delle consultazioni elettorali. Nello stesso tempo tuttavia cominciavano le prime grandi manifestazioni e sconvolgimenti sociali, come ad esempio la già citata contestazione del '68 e l'autunno caldo.

La continua crescita del Partito Comunista Italiano non era ben vista dagli Stati Uniti, che valutarono il passaggio a forme d'intervento più incisive, rispetto al precedente finanziamento della sinistra non comunista[13].

L'inizio degli anni di piombo

Un corteo di militanti di Autonomia Operaia.

L'inizio degli anni di piombo si sovrappone al periodo della contestazione del Sessantotto, che interessò l'Italia e l'Europa.

Il 1969 fu un anno ancora denso di contestazioni. Dopo le proteste studentesche arrivarono le lotte dei lavoratori per i rinnovi contrattuali, con forti contrasti nei posti di lavoro e nelle fabbriche. Era il cosiddetto «autunno caldo».

Il 25 aprile di quell'anno scoppiò un ordigno a Milano, al padiglione FIAT della Fiera provocando diversi feriti gravi, ma nessun morto, e una bomba viene ritrovata all'Ufficio Cambi della Stazione Centrale. Qualche mese dopo, il 9 agosto vengono fatte scoppiare otto bombe su diversi treni, che provocarono 12 feriti.

Il 19 novembre, durante una manifestazione a Milano dell'Unione Comunisti Italiani morì l'agente di polizia Antonio Annarumma, colpito da un tubo d'acciaio mentre si trovava alla guida di un fuoristrada. Per diversi storici è la prima vittima degli anni di piombo[14].

Il 12 dicembre avvennero in Italia, nell'arco di 53 minuti, 5 attentati. Il più grave fu la strage di piazza Fontana: a Milano una bomba esplosa nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura provocò 17 morti e 88 feriti.

Dall'estremismo al terrorismo

Le stragi contribuirono a far precipitare il clima già agitato. Se già c'erano turbolenze e manifestazioni di piazza che degeneravano in guerriglia urbana, il livello dello scontro si alzò sempre di più e, mentre per gli attentati vengono accusate persone che poi si riveleranno estranee, come Pietro Valpreda, qualcuno cominciò a parlare di «stragi di Stato».

Nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970 l'ex comandante fascista Junio Valerio Borghese, a capo del Fronte Nazionale, tentò un colpo di Stato che passerà alla storia come «Golpe Borghese» e che, per motivi non chiariti, venne improvvisamente annullato mentre era in fase di avanzata esecuzione.

Nel quadro di quella che verrà poi definita da alcuni storici come strategia della tensione, la società sembra sempre più divisa e si formano gruppi che fanno politica extraparlamentare e non rifiutano la violenza. Negli ambienti più estremi si passò alla clandestinità e alla lotta armata. Nella società si generò sempre più un clima di insicurezza e pericolo, anche perché non furono compiuti soltanto attentati clamorosi, ma si verificò uno stillicidio continuo di attacchi contro obiettivi minimi, singoli cittadini, forze dell'ordine, fattorini di banca, in esecuzione di disegni talvolta rimasti ignoti e misteriosi. Tra le forze governative e nell'opinione pubblica moderata prese piede la teoria degli opposti estremismi. Questa teoria fu avallata in seguito a un rapporto del prefetto di Milano Libero Mazza, scritto successivamente agli scontri avvenuti in città il 12 dicembre 1970 tra militanti del MS e le forze dell'ordine: il testo del documento, diventato pubblico quattro mesi dopo, scatenò dure polemiche soprattutto dalla stampa e dagli uomini politici di sinistra.

L'Unità lo bollò come «uno pseudo rapporto nel quale si farneticava di fantomatiche organizzazioni paramilitari di sinistra»; Eugenio Scalfari, futuro direttore del quotidiano la Repubblica, dichiarò che il prefetto era «uno sciocco, che non capisce quanto accade, o un fazioso che non vuole capire», mentre il sindaco Aldo Aniasi (che amava porsi in testa a cortei per il disarmo della polizia) deplorò le tesi di Mazza, considerandole inutilmente allarmistiche e politicamente pericolose, oltre a lamentarsi del fatto che del documento non gli fosse stata data visione prima dell'invio al Ministro dell'Interno Franco Restivo[2]. Solo il vicedirettore de La Stampa, Carlo Casalegno (ucciso nel 1977 dalle Brigate Rosse) prese le difese di Mazza[15].

Nelle manifestazioni di piazza molti manifestanti si presentano mascherati e spesso armati di spranghe, chiavi inglesi (la famosa «Hazet 36»[16], lunga 40–45 cm), talvolta di bombe incendiarie o addirittura di pistole (come la Walther P38).

A Milano il 3 marzo 1972 le Brigate Rosse compiono il loro primo sequestro di persona, rapendo l'ingegner Idalgo Macchiarini, dirigente della Sit-Siemens, che prelevato di fronte allo stabilimento, sarà fotografato con un cartello al collo con scritto: «Mordi e fuggi. Niente resterà impunito. Colpiscine uno per educarne cento. Tutto il potere al popolo armato!» e sottoposto ad un interrogatorio (chiamato dalle Brigate Rosse «Processo Proletario nel Carcere del Popolo») di quindici minuti sui processi di ristrutturazione in corso nella fabbrica. A questa azione ne seguiranno altre, in un crescendo di intensità e di rilevanza delle persone rapite. A Genova il 18 aprile 1974 l'obiettivo si sposta verso persone che sono parte delle strutture delle istituzioni, nella loro logica di attacco allo Stato, rapiscono Mario Sossi, un magistrato che l'anno precedente era stato PM nel processo che portò alla condanna dei membri del gruppo terroristico Gruppo XXII Ottobre, Sossi fu rilasciato a Milano il 23 maggio 1974.

Pochi mesi dopo i brigatisti Renato Curcio e Alberto Franceschini furono arrestati dai carabinieri del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, e c'erano le condizioni tecniche per eliminare il nascente terrorismo, anche se mancò la volontà politica: ciò era impedito dal fatto che tutta la sinistra (sia socialista che comunista) non era intimorita dalla nascita e dallo sviluppo della propaganda armata, bensì era intimorita da eventuali prevaricazioni della polizia contro i manifestanti, al punto da organizzare cortei contro le forze dell'ordine di cui si chiedeva il disarmo. I politici firmatari di appelli e manifesti – presenti anche nella DC – parlavano di «fantomatiche» Brigate Rosse, enfatizzando invece la minaccia dei gruppi neofascisti e neonazisti[2].

Le leggi speciali

I partiti di governo – la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista Democratico Italiano, il Partito Repubblicano Italiano, il Partito Liberale Italiano e il Partito Socialista Italiano – rafforzati dal sostegno del Partito Comunista, trovarono l'intesa politica per elaborare una serie di leggi per far fronte alla situazione di crisi che il Paese stava vivendo.

In ragione dell'emergenza terrorismo, si producono alcuni significativi interventi legislativi, sottoposti anche al vaglio della Corte costituzionale[17], che rafforzano, tra l'altro, i poteri di intervento delle forze di polizia, ma sempre nel rispetto delle riserve di legge e di giurisdizione, previste dalla Costituzione.

  • Significativa è l'approvazione della legge Reale (n. 152 del 22 maggio 1975), che introdusse una serie di misure repressive.
    La legge in questione suscitò molte polemiche e fu sottoposta a referendum, attuato l'11 giugno 1978, da cui emerse il favore da parte dell'opinione pubblica: il 76,46% votò per il mantenimento e il 23,54% per l'abrogazione[18].
  • Nel 1978 seguirà l'istituzione di corpi speciali con finalità antiterrorismo: il GIS (Gruppo di intervento speciale) dei Carabinieri e il NOCS (Nucleo Operativo Centrale di Sicurezza) della polizia e, più avanti, i reparti SVATPI (Scorta Valori Anti Terrorismo Pronto Impiego, in seguito divenuti ATPI), della Guardia di Finanza.
  • Nel 1980 verrà emanata la legge Cossiga (legge n. 15 del 6 febbraio), che prevede condanne sostanziali per chi venga giudicato colpevole di terrorismo ed estende ulteriormente i poteri della polizia. Tale legge, dopo che furono sollevati alcuni dubbi di costituzionalità[19], è stata considerata conforme a Costituzione dalla Corte Costituzionale.
    Anche questo provvedimento fu sottoposto a referendum abrogativo, tenuto il 17 maggio 1981, da cui risultò invece il favore dell'opinione pubblica per questa legge: l'85,12% infatti votò per il mantenimento della legge e solo il 14,88% per l'abrogazione[20].

Il movimento del 1977

Lo stesso argomento in dettaglio: Movimento del '77.
Autonomi che agitano le tre dita, simbolo della P38.

L'anno della svolta violenta, quello che caratterizza il periodo, è probabilmente il 1977, così riassunto da Moroni e Balestrini[21]: «Nel '77, divampò la generalizzazione quotidiana di un conflitto politico e culturale che si ramificò in tutti i luoghi del sociale, esemplificando lo scontro che percorse tutti gli anni settanta, uno scontro duro, forse il più duro, tra le classi e dentro la classe, che si sia mai verificato dall'unità d'Italia. Quarantamila denunciati, quindicimila arrestati, quattromila condannati a migliaia di anni di galera, e poi morti e feriti, a centinaia, da entrambe le parti».

Durante gli anni di piombo ci fu molta indulgenza verso il terrorismo di sinistra. Terroristi noti potevano entrare alla mensa della Marelli e sedersi – ammirati – al tavolo delle impiegate; in alcune scuole medie superiori e nelle Università le loro azioni ricevevano applausi, mentre nei cortei si gridava «Basta coi parolai, armi agli operai»[2].

L'11 marzo 1977, durante scontri a Bologna lo studente Pier Francesco Lorusso, simpatizzante di Lotta Continua, cadde colpito a morte da un proiettile. Alle successive proteste degli studenti il Ministro dell'Interno Francesco Cossiga rispose inviando mezzi cingolati nel centro di Bologna[22]. Nel successivo settembre venne arrestato il carabiniere Massimo Tramontani, accusato di aver esploso il colpo mortale, successivamente prosciolto in istruttoria per mancanza di prove. Il provvedimento destò perplessità e rabbia in parte dell'opinione pubblica di estrema sinistra, nell'immaginario della quale permaneva – e tuttora permane – l'identificazione della morte di Lorusso con un colpo sparato alla schiena (l'autopsia accertò invece che era stato colpito al petto).

Il 31 marzo Venezia è scossa dai tumulti delle notti dei fuochi del Veneto. Il 22 marzo a Roma muore, ucciso dal militante dei NAP Antonio Lo Muscio mentre tentava di arrestare su un autobus le due terroriste Maria Pia Vianale e Franca Salerno, l'agente di P.S. Claudio Graziosi.

Il 5 aprile a Napoli viene rapito Guido De Martino, figlio dell'ex segretario socialista Francesco De Martino, che verrà liberato il 15 maggio dopo confuse trattative e pagamento di un riscatto di un miliardo di lire. Il rapimento fu inizialmente rivendicato da un gruppo combattente di Sesto San Giovanni vicino ai NAP, con telefonate a giornali e agenzie di stampa, imponendo la lettura di un loro messaggio in televisione. Questa rivendicazione venne smentita da un successivo comunicato nappista al Il Messaggero di Roma che accusava del rapimento il terrorismo nero. Sul fatto, il primo che vide coinvolto direttamente un politico italiano di alto livello, non mai stata fatta piena luce[23].

Scontri a Torino il 1º ottobre 1977 a Torino che precedono l'attentato all'Angelo Azzurro.

Il 21 aprile 1977 a Roma, nel corso degli eventi che seguirono lo sgombero dell'Università, militanti dell'area dell'autonomia spararono contro le forze dell'ordine. L'allievo sottufficiale di P.S. Settimio Passamonti, raggiunto da due colpi, cadde ucciso. L'agente Antonio Merenda, altri due agenti e un carabiniere furono feriti, ma si salvarono. Rimase ferita anche Patrizia Bermier, giornalista.

Il 28 aprile 1977 a Torino fu ucciso dai nucleo delle Brigate Rosse formato da Rocco Micaletto, Lorenzo Betassa, Raffaele Fiore e Angela Vai, l'avvocato Fulvio Croce, presidente dell'Ordine degli avvocati di Torino, nel tentativo di far saltare il processo al cosiddetto «nucleo storico» dell'organizzazione. Il 12 maggio 1977 a Roma, in piazza Navona, durante una manifestazione caratterizzata da duri scontri con le forze dell'ordine venne uccisa la studentessa Giorgiana Masi, feriti Elena Ascione e il carabiniere Francesco Ruggiero. Il 14 maggio 1977 a Milano, nel corso di una manifestazione, alcuni manifestanti dell'area dell'Autonomia estrassero le pistole, presero la mira e aprirono il fuoco contro la polizia, uccidendo l'agente di P.S. Antonio Custra. Un fotografo riprese la scena di un dimostrante che a mani giunte punta la pistola contro la polizia e spara. È il tempo delle P38. Le pagine di cronaca del Corriere della Sera rifiutarono di pubblicare quella foto, a differenza degli altri quotidiani. Più tardi risultò che lo sparatore, identificato, non era l'assassino di Custra, e ciò bastò a farne, per alcuni, una sorta di innocente perseguitato[2].

Il 3 ottobre 1977 morì a Torino Roberto Crescenzio. Durante una manifestazione rimase gravemente ustionato a causa di una Molotov lanciata durante un attacco al locale dove si trovava come cliente, il bar l'Angelo Azzurro. La manifestazione era stata organizzata da vari gruppi di sinistra.

Il 1978 e il sequestro Moro

Lo stesso argomento in dettaglio: Agguato di via Fani, Cronaca del sequestro Moro e Caso Moro.

L'inizio del 1978 fu segnato da un avvenimento che provocò nelle file della destra eversiva una reazione che avrebbe avuto ripercussioni sensibili anche nei successivi anni: la strage di Acca Larentia[2]. La sera del 7 gennaio, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, giovani missini della sezione Acca Larentia nel quartiere Tuscolano a Roma, furono uccisi a colpi di mitraglietta Skorpion sparati da un gruppo armato successivamente rivendicatosi come Nuclei Armati per il Contropotere Territoriale. La sera stessa, in seguito agli scontri con le forze dell'ordine, anche un terzo giovane attivista del Fronte della Gioventù, Stefano Recchioni, fu ucciso da un colpo di pistola sparato ad altezza d'uomo dal capitano dei carabinieri Edoardo Sivori. Questo fatto segnò l'inizio di un'offensiva del terrorismo nero (protagonista il gruppo armato dei NAR) non solo contro le forze antifasciste ma anche contro lo Stato, considerato corresponsabile di quel fatto di sangue.

L'agguato di via Fani, in cui persero la vita i cinque componenti della scorta di Aldo Moro (16 marzo 1978).

Il 16 marzo 1978 avvenne l'agguato di via Fani a Roma, con lo sterminio della scorta, il sequestro e il successivo assassinio dell'allora presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, consumato il 9 maggio 1978 da un commando delle Brigate Rosse, che definirono l'azione come «attacco al cuore dello Stato»[2]. Durante il processo presso la Corte d'assise di Roma la moglie di Moro, Eleonora Chiavarelli, affermò che i mitra della scorta si trovavano nei bagagliai delle auto per il fatto che «questa gente le armi non le sapeva usare perché non facevano mai esercitazioni di tiro, non avevano abitudine a maneggiarle, tanto che il mitra stava nel portabagagli. Leonardi ne parlava sempre. "Questa gente – diceva – non può avere un'arma che non sa usare. Deve saperla usare. Deve tenerla come si deve. La deve tenere a portata di mano. La radio deve funzionare, invece non funziona." Per mesi si è andati avanti così. Il maresciallo Leonardi e l'appuntato Ricci non si aspettavano un agguato, in quanto le loro armi erano riposte nel borsello e uno dei due borselli, addirittura, era in una foderina di plastica.»[2]; quest'ultima frase è stata smentita dalla vedova del maresciallo Leonardi, dichiarando che il marito «ultimamente andava in giro armato perché si era accorto che una macchina lo seguiva.»[2]. Uno dei brigatisti presenti in via Fani, Franco Bonisoli, dichiarò che la decisione di rapire il presidente democristiano «fu presa una settimana prima, fu fissato un giorno, poteva essere il 15, poteva essere il 17.»[2].

Nel corso degli anni alcuni collaboratori hanno dichiarato che durante una visita a Washington, Moro ebbe un duro scontro con l'allora Segretario di Stato Henry Kissinger (contrario a un'eventuale entrata del PCI nel governo italiano)[24][25]. Secondo Sergio Flamigni, Steve Pieczenik (consigliere del Presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter) fu il regista del «depistaggio del lago della Duchessa», con l'approvazione di Francesco Cossiga mentre, nello stesso giorno, qualcuno faceva in modo che fosse scoperto il covo BR di via Gradoli[26].

Il 18 marzo 1978 due giorni dopo il rapimento Moro vengono assassinati a Milano Fausto Tinelli e Lorenzo «Iaio» Iannucci, all'epoca diciottenni, frequentanti il Centro Sociale Leoncavallo, uccisi da otto colpi di pistola a opera di estremisti di destra e successivamente rivendicato anche dai NAR.

In seguito all'omicidio, il 10 maggio 1978, l'allora Ministro dell'Interno Francesco Cossiga si dimise. Il generale dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa fu incaricato il 10 agosto successivo (con decreto dell'allora Presidente del Consiglio Andreotti) di coordinare la lotta contro il terrorismo. Dalla Chiesa impiegò tecniche innovative nelle indagini sul terrorismo ed ottenne notevoli risultati. Nel 1982 fu inviato in Sicilia come prefetto per la lotta alla mafia ma, privo delle risorse e del sostegno politico del quale aveva goduto nel precedente incarico, fu totalmente lasciato solo e cadde assassinato dalla mafia a Palermo, assieme alla giovane moglie, Emanuela Setti Carraro, il 3 settembre 1982.

Il 1980 e la fine

Lo stesso argomento in dettaglio: Strage di Bologna.

Dal giugno 1978 al dicembre 1981 aumentarono gli agguati, le uccisioni e i ferimenti terroristici. Le statistiche segnalarono una continuità di attentati mai conosciuta in Europa: il numero delle organizzazioni armate attive in Italia era passato da 2 nel 1969 a 91 nel 1977, e a 269 nel 1979. In quello stesso anno si registrò la cifra record di 659 attentati[25]. Tuttavia l'anno con più vittime fu il 1980 in cui morirono 125 persone, di cui 85 nella strage della Stazione Centrale di Bologna[25].

Probabilmente secondo per risonanza internazionale solo al sequestro Moro fu il sequestro del generale statunitense James Lee Dozier ad opera delle Brigate Rosse, che coincise nel tempo con il periodo considerato comunemente come conclusivo di un ciclo degli anni di piombo. Il sequestro Dozier destò scalpore per la capacità delle Brigate Rosse di colpire un obiettivo militare tanto significativo: il generale era infatti all'epoca vice comandante della NATO nel sud Europa e venne sequestrato a Verona il 17 dicembre 1981. Fu poi liberato a Padova il 28 gennaio 1982 da un'azione dei NOCS.

Lentamente verso il finire del decennio gli episodi di violenza scemarono. In particolare crollò il sostegno alle Brigate Rosse dopo l'assassinio dell'operaio Guido Rossa nel 1979. Rossa aveva denunciato un suo collega sorpreso a distribuire materiale di propaganda delle BR. Gli anni di piombo stavano terminando, l'opinione che la lotta armata potesse portare al cambiamento dell'assetto costituzionale dello Stato stava cessando. Lo scrittore Bifo Berardi, già esponente della sinistra extraparlamentare, ha affermato: «Alla fine del decennio settanta ogni comportamento anti-lavorista venne colpevolizzato, criminalizzato e rimosso, [...] il realismo del capitale riprendeva il posto di comando, con il trionfo delle politiche neo-liberiste. Iniziava la controffensiva capitalistica, la vita sociale veniva nuovamente sottomessa alla produttività, la competizione economica veniva santificata come unico criterio di progresso.»[27].

All'inizio degli anni novanta il giudice per le indagini preliminari di Savona Fiorenza Giorgi, nel decreto di archiviazione relativo ad un'indagine su alcune bombe esplose in città tra il 1974 ed il 1975, compie un'analisi degli attentati avvenuti nella prima fase della strategia della tensione, in cui, tra le altre cose, cita le coperture garantite dai servizi italiani ad alcune azioni terroristiche ed all'operato di personaggi come Junio Valerio Borghese. Secondo quanto riportato dal giudice:

«Dal 1969 al 1975 si contano 4.584 attentati, l'83 percento dei quali di chiara impronta della destra eversiva (cui si addebitano ben 113 morti, di cui 50 vittime delle stragi e 351 feriti), la protezione dei servizi segreti verso i movimenti eversivi appare sempre più plateale.»

Il terrorismo politico dopo gli anni di piombo

La fine degli anni di piombo non significò la fine del terrorismo ma il succedersi di singoli attentati e singoli episodi tendenti ad agire sui conflitti sociali e politici non riuscì più a mettere in pericolo la forma costituzionale-parlamentare dello Stato.

Le azioni terroristiche del triennio 1978-1981 intimorirono l'opinione pubblica e diedero l'impressione che fosse in atto qualcosa di inarginabile: qualcuno, drammatizzando, parlò di soglia della guerra civile[25]. In realtà (ma lo si capì solo a posteriori) quegli attacchi terroristici erano colpi di coda pericolosi, ma senza prospettive: il generale Carlo Alberto dalla Chiesa era stato investito delle più ampie responsabilità per la lotta al terrorismo e mise presto a segno qualche colpo di grande efficacia[29].

Il 29 maggio 1982 fu approvata definitivamente la legge n. 304, che prevedeva forti sconti di pena per chi avesse dato «contributi utili alla lotta contro l'eversione». Per le organizzazioni terroristiche fu una legge devastante, poiché molti militanti iniziarono a collaborare con i giudici rivelando i nomi dei complici[29].

Da quel momento, fino al 1988, ci furono altri colpi di coda, ma si trattava comunque di episodi relativamente isolati. L'idea che la lotta armata potesse essere un mezzo per risolvere i conflitti sociali aveva perso alquanto credito anche nelle ali estreme di entrambi gli schieramenti politici.

Il politologo Ernesto Galli della Loggia esaminò il problema dell'anomalia italiana in riferimento al terrorismo mettendo in luce come l'Italia sia il solo grande Paese europeo ove il terrorismo politico abbia una sua lunga cittadinanza (con l'eccezione dell'Irlanda del Nord e dei Paesi Baschi, che hanno problematiche differenti). La sua analisi, che imputa questa caratteristica a un fondo di violenza proprio della società italiana, suscitò consensi e dissensi[30].

Il dibattito storico

Non pochi scrittori e opinionisti ritengono gli anni settanta in Italia un'occasione mancata. Essi ritengono che, a seguito dello sviluppo economico e culturale degli anni sessanta, i tempi avrebbero potuto essere maturi per affrontare in maniera incisiva i problemi storici – tra i quali lo squilibrio strutturale tra nord e sud del Paese che fu spesso chiamato questione meridionale e lo strapotere della criminalità organizzata – ma anche per stabilire un'economia industriale moderna e ben regolamentata.[senza fonte]

Alcuni commentatori hanno sostenuto che, in contrapposizione con le spinte innovative espresse dalla società nel Sessantotto, «il terrorismo riuscì paradossalmente nell'obiettivo che non era riuscito alla strategia stragista: soffocare la partecipazione democratica, ricacciare i cittadini spaventati nelle proprie case, far prevalere la logica della repressione e della paura. Gli "anni di piombo" segnarono la fine di quella stagione, che poi regredì nel cosiddetto "riflusso" degli anni '80»[31]. Secondo altri commentatori, come Indro Montanelli e Massimo Fini, gli anni di piombo sono stati una conseguenza del Sessantotto[32], in cui i contestatori seri erano quelli che impugnarono la pistola diventando terroristi[33][34].

Tali problemi storici italiani, insieme a numerosi altri, rimasero invece irrisolti: secondo alcuni per l'insipienza delle classi dirigenti, secondo altri perché mancavano le condizioni oggettive per risolverli. Gli uni come gli altri ritengono che tale fallimento abbia aperto la strada al degrado politico e morale, preannunciato dalla scoperta della loggia massonica P2 nel 1981, che raggiunse il suo culmine negli episodi di corruzione di Tangentopoli emersi nel corso delle indagini giudiziarie durante Mani pulite.[senza fonte]

Opere dedicate

Cinema, televisione e teatro

Narrativa

Agli anni di piombo s'ispirano alcune opere di narrativa italiana, quasi tutte di tipo documentaristico, con pochissimo spazio all'immaginazione[35].

La scrittrice statunitense Rachel Kushner ha ambientato nella Roma della manifestazione del marzo 1977 un capitolo del suo romanzo The Flamethrowers (Scribner, 2013, trad. it. Il lanciafiamme, Ponte alle Grazie, 2014). Il romanzo La guerra di Nora, scritto da Antonella Tavassi La Greca sotto forma di diario, permette di ricostruire una vicenda ambientata negli anni di piombo.

Note

  1. ^ Giuliano Boraso, Anni di piombo, su brigaterosse.org (archiviato dall'url originale il 22 luglio 2012).
  2. ^ a b c d e f g h i j Indro Montanelli e Mario Cervi, L'Italia degli anni di piombo, Milano, Rizzoli, 1991.
  3. ^ Cronologia degli anni di piombo, su comunistifriuli.it (archiviato dall'url originale il 26 agosto 2013).
  4. ^ (EN) John Loughlin, Subnational Democracy in the European Union: challenges and opportunities, New York, Oxford University Press, 2001, ISBN 0-19-829679-7.
  5. ^ Indro Montanelli, Avvertenza, in L'Italia degli anni di piombo, Milano, Rizzoli, 1991.
  6. ^ Fu il primo scontro in cui gli studenti in lotta non arretrarono e fronteggiarono le forze di polizia.
  7. ^ Le stragi in Italia: gli anni di piombo (in Avvenimenti Italiani), su rifondazione-cinecitta.org (archiviato dall'url originale il 18 ottobre 2007).
  8. ^ (EN) Leonard Weinberg, Italian Neo-Fascist Terrorism: a comparative perspective, in Terror form extreme right, Tore Bjǿrgo, 1995, ISBN 0-7146-4663-6.
  9. ^ Sandro Provvisionato, Anni di piombo: parte male il dibattito sul superamento, in Misteri d'Italia, n. 97, 21 febbraio 2005 (archiviato dall'url originale il 27 aprile 2014).
  10. ^ Anais Ginori, Anni di piombo L'errore storico di Mitterrand (PDF), in la Repubblica, 15 aprile 2010, p. 48. URL consultato il 3 maggio 2014 (archiviato dall'url originale il 9 maggio 2010).
  11. ^ (FR) Marc Lazar e Marie-Anne Matard-Bonucci, L'Italie des années de plomb, Collection Mèmorie/Histoire, 2010.
  12. ^ Giovanni Maria Bellu, In diciassette anni 600 sequestri, in la Repubblica, 17 giugno 1989. URL consultato il 19 gennaio 2014.
  13. ^ Frances Stonor Saunders, La Guerra Fredda culturale. La Cia e il mondo delle lettere e delle arti, Roma, Fazi, 2004.
  14. ^ Filmato audio Annarumma, la prima vittima degli anni di piombo, Rai Storia. URL consultato il 2 maggio 2014.
  15. ^ Carlo Casalegno, W il prefetto, in La Stampa, 20 aprile 1971. URL consultato il 30 agosto 2015.
  16. ^ Guido Passalacqua, Quando a Milano la chiave inglese faceva politica contro i fascisti, la Repubblica, 20 settembre 1985. «"Hazet 36, fascista dove sei". L'Hazet era la chiave inglese preferita dai servizi d'ordine dei gruppuscoli milanesi, un attrezzo d'acciaio lungo quanto un avambraggio. Lo slogan risuonava ossessivo nei cortei, scandito fino alla nausea; si trovava scritto con lo spray rosso sui muri vicino alle scuole frequentate dai "fasci", a volte addirittura illustrato da pitture murali che lo riproducevano, enorme, incombente. Per Milano la chiave inglese era il simbolo di quello che negli anni successivi al mitico sessantotto si chiamava "antifascismo militante"».
  17. ^ Ad esempio la sentenza 15/1982 della Corte Costituzionale afferma: «È comunque nella logica del discorso la constatazione che terrorismo ed evasione da un lato, prolungamento della custodia preventiva dall'altro, stanno tra loro in rapporto di causa ad effetto: ne sono prova documentale le riforme, in senso nettamente liberale, adottate progressivamente in materia a partire dal ripristino della vita democratica e l'inversione di tendenza a partire dal decreto legge 11 aprile 1974, n. 99, convertito nella legge 7 giugno 1974, n. 220, che venne adottato appunto in coincidenza con il dilagare della violenza».
  18. ^ Archivio Storico delle Elezioni – Referendum dell'11 giugno 1978, in Ministero dell'Interno. URL consultato il 10 aprile 2016.
  19. ^ Ad esempio, tre distinte questioni furono sollevate dal Tribunale di Padova e dalla Corte d'assise di Torino riguardo alla costituzionalità della legge, a cui la Corte costituzionale rispose con sentenza 15 del 1982, dichiarandole tutte non ammissibili o non fondate. Sono sintomatiche le motivazioni della Corte che riconoscono la validità delle misure prese in condizioni di emergenza democratica, ma affermano che: «Se si deve ammettere che un ordinamento, nel quale il terrorismo semina morte – anche mediante lo spietato assassinio di "ostaggi" innocenti – e distruzioni, determinando insicurezza e, quindi, l'esigenza di affidare la salvezza della vita e dei beni a scorte armate ed a polizia privata, versa in uno stato di emergenza, si deve, tuttavia, convenire che l'emergenza, nella sua accezione più propria, è una condizione certamente anomala e grave, ma anche essenzialmente temporanea. Ne consegue che essa legittima, sì, misure insolite, ma che queste perdono legittimità, se ingiustificatamente protratte nel tempo».
  20. ^ Archivio Storico delle Elezioni – Referendum del 17 maggio 1981, in Ministero dell'Interno. URL consultato il 10 aprile 2016.
  21. ^ Primo Moroni e Nanni Balestrini, L'orda d'oro, Milano, SugarCo Edizioni, 1988.
  22. ^ I carri armati all'Università, su tmcrew.org. URL consultato il 2 maggio 2014.
  23. ^ Cristiano Armati, Italia criminale, Roma, e-Newton, Newton Compton Editori, 2012.
  24. ^ Guerzoni conferma: Kissinger ebbe un duro scontro con Moro, in La Stampa, 11 novembre 1982. URL consultato il 30 agosto 2015.
  25. ^ a b c d Sergio Zavoli, La notte della Repubblica, Roma, Nuova Eri, 1992.
  26. ^ Sergio Flamigni, Operazione lago della Duchessa, Left, 4 maggio 2007.
  27. ^ Franco «Bifo» Berardi, Il sapiente, il mercante, il guerriero, Roma, Derive Approdi, 2004.
  28. ^ Tribunale di Savona, ufficio del giudice per le indagini preliminari, Decreto di archiviazione procedimento penale 2276/90 R.G. pag 23 a 25, citato nel libro intervista al generale dei carabinieri Nicolò Bozzo: Ruggiero Michele, Nei secoli fedele allo stato, Genova, Fratelli Frilli Editori, 2006, p. 229, ISBN 978-88-7563-239-7.
  29. ^ a b Indro Montanelli e Mario Cervi, L'Italia degli anni di fango, Milano, Rizzoli, 1993.
  30. ^ Ernesto Galli Della Loggia, Brigantismo senza fine, in Corriere della Sera, 27 aprile 2007, 44. URL consultato il 2 maggio 2014 (archiviato dall'url originale).
  31. ^ Marco Boato, La contraddizione degli anni Settanta, MondOperaio, n. 6/2014, p. 32.
  32. ^ Massimo Fini, Caro Capanna, ti autoassolvi con troppa disinvoltura, il Fatto Quotidiano, 5 settembre 2014.
  33. ^ La Storia d'Italia di Indro Montanelli – 09 – Il sessantotto e la politica di Berlinguer, su dailymotion.com. URL consultato il 10 aprile 2016.
  34. ^ Luciano Gulli, Quelli dalla parte sbagliata: non feci il '68, me ne vanto, in il Giornale, 30 gennaio 2008. URL consultato il 10 aprile 2016.
  35. ^ Esiste qualche elenco di romanzi e racconti italiani riferibili al terrorismo, tuttavia spesso tale riferimento è solo tangenziale. Si veda, ad esempio, la bibliografia che chiude il saggio di Raffaele Donnarumma, Storia, immaginario, letteratura: il terrorismo nella narrativa italiana (1969 - 2010), in AA. VV. (a cura di), Per Romano Luperini, Palermo, Palumbo, 2011.

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni