Andrea Dworkin

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Andrea Dworkin in una trasmissione televisiva del maggio 1988.

Andrea Rita Dworkin (Camden, 26 settembre 1946Washington, 9 aprile 2005) è stata una saggista statunitense.

Teorica del femminismo radicale, è conosciuta soprattutto per una dura critica della pornografia, accostata nel suo giudizio allo stupro.

La sua riflessione si identificò in parte nella seconda ondata femminista, ma senza appoggiare le istanze libertarie di molte aderenti alla rivoluzione sessuale nelle cosiddette guerre sessuali femministe; il suo femminismo, e quello dell'allieva Catharine MacKinnon, si oppose difatti al cosiddetto "femminismo sessuale positivo", a causa delle differenze di vedute su questioni come la pornografia, l'erotismo, la prostituzione, il sadomasochismo e altre questioni sessuali come il ruolo degli uomini.[1][2][3][4][5][6][7][8]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nata nel 1946 a Camden, nel New Jersey, Andrea era figlia di Harry Dworkin, nipote di un ebreo russo fuggito dalla Russia a 15 anni per sottrarsi al servizio militare, e di Sylvia Spiegel, figlia di immigrati ebrei ungheresi. Suo fratello minore Mark, nato nel 1949, divenne un biologo molecolare specializzato nello studio delle cellule cancerogene prima di morire di cancro il 30 aprile 1992.[9] Ebrea praticante, la sua famiglia era anche particolarmente impegnata nel sostegno allo stato di Israele e, come racconterà la Dworkin stessa in un'intervista del 2000, «tutto il resto della mia famiglia è composto, direi, da fanatici sionisti».[10] Spiegherà pure che fu da suo padre, un insegnante socialista, che ereditò la passione per la giustizia sociale e, in uno dei suoi scritti, riconoscerà che, nonostante i loro rapporti burrascosi, fu la fede della madre nel controllo delle nascite e nell'interruzione volontaria della gravidanza «ben prima che questi divenissero concetti rispettabili» a ispirare il suo successivo impegno di attivista.[11]

Anche se nelle sue descrizioni la famiglia Dworkin appare dominata sotto molti aspetti dalla memoria della Shoah, essa nondimeno le offrì un'infanzia felice fino all'età di nove anni, quando uno sconosciuto l'aggredì sessualmente in una sala cinematografica.[12] L'anno successivo i Dworkin si trasferirono in periferia, a Cherry Hill,[13] città una decina di km a sudest di Filadelfia; anni dopo, racconterà di aver vissuto l'esperienza del trasferimento come quella di chi "è stato rapito dagli alieni e rinchiuso in una colonia penale".[14] Nel sesto anno di scuola (corrispondente alla 1ª media italiana) venne punita per essersi rifiutata di cantare con la classe Silent Night (Astro del Ciel), non accettando come ebrea di essere costretta ad eseguire un canto cristiano.[15]

Da quell'età la Dworkin cominciò anche a scrivere poesie e racconti, attività che proseguì fino al termine del liceo con l'appoggio dei genitori. Commenterà in seguito di essere stata influenzata soprattutto da Arthur Rimbaud, Charles Baudelaire, Henry Miller, Fëdor Dostoevskij, Che Guevara e dai poeti della Beat Generation, in modo particolare da Allen Ginsberg.[16]

Alla soglia dei vent'anni diviene un'attivista contro la guerra del Vietnam (nel 1965 fu arrestata durante una manifestazione e ha raccontato di avere subito degli abusi sessuali durante una perquisizione da parte di agenti di polizia[17]), si avvicina alle posizioni anarchiche, per poi trasferirsi a Creta. Lì scrive una serie di poesie intitolate (Vietnam) Variations, una raccolta di prosa e poesia di nome Child e un romanzo dal titolo Notes on Burning Boyfriend.

Dopo aver vissuto a Creta ritorna a Bennington per due anni, dove continua a studiare letteratura e partecipa a campagne contro il codice di condotta studentesca del college, per la contraccezione nei campus, per la legalizzazione dell'aborto e contro la guerra del Vietnam[18]. Si laurea in letteratura nel 1968. Dopo la laurea si trasferisce ad Amsterdam per intervistare anarchici olandesi e lì conosce anche quello che sarà suo marito, Cornelius (Iwan) Dirk de Bruin. Tuttavia, quest'ultimo inizia a maltrattarla e a picchiarla fino a farle perdere conoscenza[18], persino dopo la fine della loro relazione. Così Dworkin si trova spesso senza dimora e finisce persino a fare la prostituta.

Si avvicina al femminismo grazie a Ricki Abrams che la introduce a grandi capolavori del femminismo americano come Sexual Politics di Kate Millett, Sisterhood is Powerful di Robin Morgan e La dialettica dei sessi di Shulamith Firestone. Scrive oltre una dozzina di libri sulla teoria e la pratica del femminismo radicale. Nel giro di dieci-quindici anni il suo nome è conosciuto in tutti gli Stati Uniti come portavoce del movimento femminista contro la pornografia e come autrice di testi sullo sfruttamento economico delle immagini del corpo femminile e sulla rappresentazione degradata della sessualità, in particolare Pornography. Men Possessing Women (1981) e Intercourse (1987), che sono le sue due opere di maggior successo e notorietà. Tornata a New York dopo il periodo trascorso in Olanda, partecipa in una serie di manifestazioni contro la guerra, per i diritti delle lesbiche e contro l'apartheid in Sud Africa[18]. Inoltre, si guadagna grande fama come speaker presso conferenze ed eventi femministi e tramite l'organizzazione di diverse campagne. La sua salute cominciò a peggiorare, soffrì negli anni di diabete, sindrome metabolica, obesità, osteoartrite.[19][20][21] Dopo aver subito diverse operazioni alle ginocchia e ricoveri per vari problemi di salute, morì a 58 anni di miocardite nel 2005.[22]

Critiche ed elogi[modifica | modifica wikitesto]

Oltre che nel campo antifemminista, la sua figura è stata divisiva anche nel campo femminista (si vedano le cosiddette guerre sessuali femministe). La sua personalità, le sue affermazioni sferzanti e le sue posizioni inflessibili, soprattutto in riferimento alla sessualità, alla prostituzione e alla pornografia, sono state oggetto di aspre critiche da parte delle femministe contrarie alle sue teorie, che la accusarono di negare la libertà di autodeterminazione di una donna sul proprio corpo (compreso il diritto di esporlo o di "venderlo").[23] Sul versante opposto, la Dworkin è stata ammirata ed esaltata da numerose altre femministe che ne hanno riconosciuto la validità dei risultati e l'impegno in difesa delle donne. Tra le accuse più dure contro la Dworkin, vi fu anche quella di sostenere la censura contro la pornografia, censura paragonata al controllo dell'informazione di uno stato autoritario, che avrebbe dovuto colpire anche semplici autori erotici (come Georges Bataille).[24][25][26] Questa accusa fu sostenuta ad esempio in un dibattito con lei dall'avvocato liberal Alan Dershowitz, secondo cui le leggi censorie di certi paesi avrebbero colpito lo stesso libro di Dworkin.[27] In tempi recenti la pornostar Veronica Hart definì la Dworkin una "moralista":

«Non ho alcun bisogno che la moralista Andrea Dworkin mi dica cosa debbo pensare o come debba comportarmi... E non apprezzo essere chiamata "psicologicamente danneggiata" solo perché opero nel campo della pornografia![28]

Pubblicazioni[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Carolyn Bronstein, Battling Pornography: The American Feminist Anti-Pornography Movement 1976-1986, Cambridge University Press, 2011, pp. 88–97, ISBN 0-521-87992-2.
  2. ^ Elizabeth Gail Currens, Performing Gender, Enacting Community[collegamento interrotto], ProQuest, 2007, p. 50, ISBN 0-549-26870-7.
  3. ^ Andrew McBride, The Sex Wars, 1970s to 1980s, su outhistory.org (archiviato dall'url originale il 24 giugno 2012).
  4. ^ Duggan, Lisa e Hunter, Nan D., Sex wars: sexual dissent and political culture, New York, Routledge, 1995, ISBN 0-415-91036-6.
  5. ^ Hansen, Karen Tranberg e Philipson, Ilene J., Women, class, and the feminist imagination: a socialist-feminist reader, Philadelphia, Temple University Press, 1990, ISBN 0-87722-630-X.
  6. ^ Gerhard, Jane F., Desiring revolution: second-wave feminism and the rewriting of American sexual thought, 1920 to 1982, New York, Columbia University Press, 2001, ISBN 0-231-11204-1.
  7. ^ Leidholdt, Dorchen e Raymond, Janice G, The Sexual liberals and the attack on feminism, New York, Pergamon Press, 1990, ISBN 0-08-037457-3.
  8. ^ Vance, Carole S, Pleasure and Danger: Exploring Female Sexuality, Thorsons Publishers, ISBN 0-04-440593-6.
  9. ^ (EN) Alice Shalvi, "Andrea Dworkin 1946–2005", su Jewish Women: A Comprehensive Historical Encyclopedia del 1º marzo 2009 (Jewish Women's Archive). URL consultato il 19 luglio 2014.
  10. ^ (EN) "Take no prisoners", su The Guardian del 13 maggio 2000. URL consultato il 20 luglio 2014.
  11. ^ (EN) Dworkin, Heartbreak, cit., p. 23.
  12. ^ (EN) Katharine Viner, "She never hated men", su The Guardian del 12 aprile 2005. URL consultato il 20 luglio 2014.
  13. ^ Il nome Cherry Hill è stato adottato ufficialmente il 7 novembre 1961; all'epoca la città si chiamava Delaware Township.
  14. ^ (EN) Dworkin, Life and death, cit., p. 3.
  15. ^ (EN) Dworkin, Heartbreak, cit., pp. 21-22.
  16. ^ (EN) Dworkin, Heartbreak, cit., pp. 37-40 e Life and death, cit., pp. 23-24 e 28.
  17. ^ Dworkin, Heartbreak, pp. 77–81
  18. ^ a b c Dworkin, Andrea., Heartbreak : the political memoir of a feminist militant, Basic Books, 2002, ISBN 0465017533, OCLC 47716434. URL consultato l'11 agosto 2018.
  19. ^ Dworkin (April 23, 2005). "Through the pain barrier". The Guardian. London. Retrieved July 11, 2009.
  20. ^ Catherine Bennett (June 8, 2000). "Doubts about Dworkin". The Guardian. London. Retrieved July 11, 2009.
  21. ^ Dworkin, Life and Death, pp. 18–19
  22. ^ Beth Ribet (March 11, 2006). "First Year: An Interview with John Stoltenberg". Archived from the original on June 15, 2009. Retrieved July 12, 2009.
  23. ^ "Il corpo di una donna si può vendere. Per scelta", su il Fatto Quotidiano del 3 novembre 2013.
  24. ^ Recensione a Pornography.
  25. ^ J. M. Coetzee, Pornografia e censura, Donzelli, 1996, p. 42.
  26. ^ Steven Pinker, Tabula rasa.
  27. ^ (EN) Anita Diamant, Porn Again, in The Boston Phoenix, 31 maggio 2006. URL consultato il 16 febbraio 2010.
  28. ^ Wendy McElroy (1995), XXX: A Womanʼs Right to Pornography, One: Pornography As an Industry., Prelude Pr, USA, ISBN 0-312-13626-9

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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