Alpaide

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Alpaide di Cudot
Alpaide in un'illustrazione delle Cronache di Norimberga
 

Vergine

 
NascitaCudot, 1155 circa
MorteCudot, 3 novembre 1211
Venerata daChiesa cattolica
Beatificazione26 febbraio 1874 da papa Pio IX
Santuario principaleChiesa dell'assunzione, Cudot
Ricorrenza3 novembre
Attributicanocchia, agnello
Patrona diastronauti

Alpaide (Cudot, 1155 circa – Cudot, 3 novembre 1211) è stata una vergine reclusa del villaggio francese di Cudot.

Il suo culto come beata è stato confermato da papa Pio IX nel 1874.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Di povera famiglia contadina, fu costretta al lavoro nei campi sin dall'infanzia.[1]

A dodici anni cadde malata, forse di lebbra, e fu costretta al letto. Secondo la tradizione agiografica, dopo un anno, il giorno della vigilia di Pasqua, le apparve la Vergine Maria che la guarì dalle piaghe ma la lasciò immobile a letto (poteva muovere solo la testa e il braccio destro): la Vergine le annunciò che non avrebbe più avuto bisogno di cibo corporale e da quel giorno si sarebbe nutrita solo del pane eucaristico.[2]

Guglielmo, vescovo di Sens e zio del re di Francia Filippo II Augusto, ordinò che accanto alla camera dove giaceva immobile Alpaide venisse eretta una chiesa rettoria affidata a una comunità di canonici regolari: attraverso una finestra, la giovane avrebbe potuto assistere alle celebrazioni e ricevere la comunione.[3]

Alpaide ebbe fenomeni mistici ed estasi per tutto il resto della sua vita e numerosi ecclesiastici e nobili si recavano da lei per vederla e ascoltarla.[4]

Il culto[modifica | modifica wikitesto]

Il suo corpo fu sepolto nel coro della chiesa, davanti all'altare maggiore.[4]

Papa Pio IX, con decreto del 26 febbraio 1874, ne confermò il culto con il titolo di beata.[5]

Il suo elogio si legge nel martirologio romano al 3 novembre.[6]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Pietro Burchi, BSS, vol. I (1961), col. 884.
  2. ^ Pietro Burchi, BSS, vol. I (1961), col. 885.
  3. ^ Pietro Burchi, BSS, vol. I (1961), coll. 885-886.
  4. ^ a b Pietro Burchi, BSS, vol. I (1961), col. 886.
  5. ^ Index ac status causarum (1999), p. 405.
  6. ^ Martirologio romano (2004), p. 852.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Il martirologio romano. Riformato a norma dei decreti del Concilio ecumenico Vaticano II e promulgato da papa Giovanni Paolo II, Città del Vaticano, LEV, 2004.
  • Congregatio de Causis Sanctorum, Index ac status causarum, Città del Vaticano, 1999.
  • Filippo Caraffa e Giuseppe Morelli (curr.), Bibliotheca Sanctorum (BSS), 12 voll., Istituto Giovanni XXIII nella Pontificia Università Lateranense, Roma, 1961-1969.

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Controllo di autoritàVIAF (EN29124646 · ISNI (EN0000 0003 7417 4524 · CERL cnp00551582 · LCCN (ENno96026772 · GND (DE119268094 · WorldCat Identities (ENviaf-29124646