Alleanza Nazionale per la Libertà

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L'Alleanza nazionale per la libertà fu un'associazione clandestina antifascista italiana, fondata dal poeta Lauro De Bosis nel 1928, e ispirata all'ideologia liberale, monarchica e moderata, nonché all'anticomunismo. Si sciolse nel 1931.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Mario Vinciguerra, al tempo sorvegliato speciale del regime per i suoi rapporti con altri antifascisti, racconta[1] che la sua costituzione nacque a seguito del suo incontro con il De Bosis, conosciuto nel 1927, col quale nella primavera del 1930 raggiunse una "grande sintonia di pensiero". De Bosis fondò il gruppo, coinvolgendovi Umberto Zanotti Bianco, Romolo Ferlosio, Renzo Rendi e il duca Giovanni Antonio Colonna di Cesarò.

L'attività provocò le ire della sinistra[2], fu prodotto durante il processo cui il Tribunale speciale per la difesa dello Stato sottopose il Vinciguerra[3], che pochi mesi dopo la costituzione del gruppo era stato arrestato, insieme al Rendi ed alla madre del De Bosis, con l'accusa di cospirazione finalizzata all'insurrezione armata.

Poiché l'imputazione poteva valere la pena capitale, il De Bosis allestì una campagna stampa internazionale di pressione sul regime[4]; il 22 dicembre il tribunale condannò Vinciguerra ed il Rendi a 15 anni di reclusione, di cui uno in segregazione. La madre del De Bosis, che aveva scritto a Mussolini, fu invece assolta.

Lauro De Bosis si trovava all'estero e, avuta notizia degli esiti processuali, concepì per il suo rientro l'azione spettacolare nella quale trovò la morte, un raid aereo in solitaria col quale effettuare un volantinaggio sopra la città di Roma. La morte del De Bosis nel 1931 e la carcerazione del Vinciguerra e del Rendi posero fine alla breve esperienza politica del gruppo.

Caratteristiche ed attività[modifica | modifica wikitesto]

L'associazione, definita dal Candeloro «gruppo di carattere liberal-conservatore e monarchico»[5], si proponeva di contrastare la crescita in Italia di sentimenti antimonarchici ed anticlericali (che il regime indicava come unica possibile alternativa al fascismo) e di catalizzare intorno a sé una coalizione antifascista di ampio spettro, comprensiva appunto delle forze monarchiche e filoclericali (anche se De Bosis non era affatto un clericale, ma un sostenitore della formula laica cavouriana[6]), ma con l'esclusione dei comunisti e di Giustizia e Libertà, per la destituzione di Mussolini ed il ritorno alle "libertà costituzionali"[7].

L'attività politica era incentrata sulla composizione di un bollettino quindicinale, su un solo foglio, da diffondere clandestinamente[8]. Nel primo dei bollettini si legge:

«Guai a lasciare ai sovversivi il monopolio della lotta al fascismo! Non solo si rischia che al momento dell'inevitabile crisi non vi siano di pronti che loro, ma si finisce col lasciar identificare nell'opinione pubblica antifascismo con comunismo, col risultato che chiunque ha interessi da difendere preferisce in ultima analisi rassegnarsi al fascismo.»

Personalità aderenti[modifica | modifica wikitesto]

Aderirono all'associazione Benedetto Croce[9], che da Napoli la seguì con Gino Doria e Francesco Flora, mentre padre Enrico Rosa, di Civiltà Cattolica, distribuiva i bollettini agli incontri dell'Azione Cattolica.[10]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ In Mario Vinciguerra, I girondini del '900 e altri scritti politici Rubbettino Editore srl, 2005 - ISBN 8849807708, 9788849807707
  2. ^ Malgrado i buoni rapporti fra Alleanza nazionale ed alcuni esponenti dell'antifascismo di sinistra, ad esempio con Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini, il manifestino aveva anche provocato nel 1930 una reazione dialetticamente violenta dell'organo di Giustizia e Libertà. Fonte: Vinciguerra, op.cit.
  3. ^ Il bollettino è infatti in ACS, Tsds, busta 298, fasc. 2684.
  4. ^ Ad es. fu intervistato dal The Guardian ("Fascist Fear of News", 10 dicembre 1930)
  5. ^ Giorgio Candeloro, Storia dell'Italia moderna. Il fascismo e le sue guerre, Milano, Feltrinelli, 1981, p. 351.
  6. ^ Alessandro Cortese de Bosis, Introduzione a "Storia della mia morte" di L. De Bosis
  7. ^ Testuale, Vinciguerra, op.cit.
  8. ^ I manifestini furono raccolti nel libro del De Bosis (a cura di Mario Vinciguerra e Gaetano Salvemini) Storia della mia morte ed altri scritti, De Silva, Torino, 1948
  9. ^ Renzo De Felice, Mussolini il Duce - I - Gli anni del consenso - 1926-1936, Torino, 1974
    Antonio Jannazzo, Il liberalismo italiano del Novecento: da Giolitti a Malagodi, Rubbettino, 2003, ISBN 8849807201, 9788849807202
  10. ^ Fonte: Tracy H. Koon, Believe, Obey, Fight: Political Socialization of Youth in Fascist Italy, 1922-1943, UNC Press, 1985, ISBN 0807816523, 9780807816523

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]