Abu al-Hasan al-Ash'ari

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Abū al-Ḥasan ʿAlī ibn Ismāʿīl al-Ashʿarī

Abū al-Ḥasan ʿAlī ibn Ismāʿīl al-Ashʿarī, più noto in occidente come al-Ashʿarī (in arabo أبو الحسن الأشعري?; Bassora, 874Hamadan, 936), è stato un teologo e filosofo arabo, fondatore della scuola giuridico-teologica dell'Asharismo.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Al-Ashʿarī nacque a Bassora, in Iraq, e fu discendente di un famoso compagno di Maometto. Trascorse gran parte della sua vita a Baghdad. Nonostante provenisse da una famiglia di ortodossi, divenne il pupillo del grande maestro dei mutaziliti al-Jubbāʿī, e lui stesso rimase con i mutaziliti fino all'età di quarant'anni.

Nel 912 abbandonò i Mutaziliti e divenne uno dei loro più noti oppositori, usando i metodi filosofici che gli avevano insegnato. Al-Ashʿarī quindi trascorse gli ultimi anni di vita sviluppando un suo modello filo-teologico scrivendo molti trattati polemici nei confronti dei mutaziliti. Lui stesso affermò di aver composto oltre un centinaio di lavori, dei quali solo quattro o cinque furono diffusi pubblicamente e ne fu provata l'esistenza[senza fonte].

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Al-Ashʿarī si mise in evidenza, tra i primi filosofi musulmani, per i suoi insegnamenti sull'atomismo, influenzato dai concetti sugli atomi, del tempo e del senso della vita sviluppati dagli antichi greci e dagli indù; rispetto alle sue fonti originarie, al-Ashʿarī aggiunse la figura fondamentale di Allah, posta al centro dei fenomeni della creazione e della vita del cosmo. Quindi, secondo il concetto di al-Ashʿarī, gli uomini non sono in grado di percepire i veri segnali e le dinamiche della vita, del mondo e della creazione.[1]

I musulmani lo considerano giustamente come il fondatore della corrente di pensiero del cosiddetto Asharismo che in seguito fu alimentato in diverso modo da pensatori quali al-Razi, al-Maturidi, al-Baqillani, l'Imam al-Haramayn Juwayni o al-Ghazali,[2] personaggi molto vicini alla scuola giuridica islamica sciafeita.[3] Secondo alcuni storici, nell'ultimo periodo di vita, al-Ashʿarī deviò verso l'eresia athari che si era accostata a una concezione antropomorfista di Allah[3][4][5][6]

Durante il corso della sua vita, al-Ashʿarī, si è sempre opposto alla visione religiosa della scuola mutazilita a causa della eccessiva enfasi posta da questa ultima alla ragione, inoltre ha sempre criticato la visione teologica ortodossa della scuola zahirita, di quella degli antropomorfisti e dei tradizionalisti.[7] Lo studioso asharita Ibn Furak ha valutato in 300 l'insieme delle opere prodotte da Abu al-Hasan al-Ashʿarī, mentre il biografo Ibn Khallikan ha calcolato un numero di lavori pari a 55.[7] Solo una piccola parte di queste opere è giunta fino a noi; le tre più importanti fra esse sono:

  • Maqālāt al-islāmiyyīn, in cui egli esaminò i problemi del kalām, del nome divino e degli attributi di Allah;
  • Kitāb al-luma;
  • Kitāb al-ibāna ʿan usūl al-diyān, trattato di critica nei confronti della dottrina del Mutazilismo.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ William Montgomery Watt, Free-Will and Predestination in Early Islam, Londra, Luzac & Co., 1948.
  2. ^ Scholar of renown: Abul-Hassan Al-Ash'ari By Adil Salahi, Arab News
  3. ^ a b Re-Formers of Islam: The Mas'ud Questions - Imam al-Asha'ri repudiating Asharism By Shaikh Nuh Ha Mim Keller
  4. ^ Salafi Publications ... The Creed of Abu Hasan al-Ash'aree[collegamento interrotto]
  5. ^ Abul' Hassan al-Ashari da Dr. G.F Haddad
  6. ^ Al-Ash'ari da Dr. G.F Haddad
  7. ^ a b M. Abdul Hye, Ph.D, Ash'arism, Philosophia Islamica.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Lemma «al-Ashʿarī, Abū 'l-Ḥasan» (W. M. Watt, in: The Encyclopaedia of Islam, Second edition.
  • Lemma «al-Ashʿarī» (Mohammad Javad Anvari e Matthew Melvin Koushki), in: Encyclopaedia Islamica, diretta da Wilferd Madelung e Farhad Daftary.
  • Richard J. McCarthy, The Theology of al-Ash'ari, Beirut, Imprimerie Catholique 1953.
  • Joseph Schacht, Der Islām mit Ausschluss des Qur'āns,Tübingen, Mohr/Siebeck, 1931, S. 54–61. Digitalizzato
  • Fuat Sezgin, Geschichte des arabischen Schrifttums, Leiden, Brill, 1967, Band 1, S. 602–604
  • Arthur Stanley Tritton, Muslim Theology, London, 1947, S. 166–174
  • William Montgomery Watt, Free Will and Predestination in Early Islam, London, 1948, S. 135–150
  • William Montgomery Watt, The Formative Period of Islamic Thought, Edinburgh, Edinburgh University Press, Chicago, Aldine, 1973, S. 246–247; 302–312

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