Affreschi del ninfeo sotterraneo della villa di Livia

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Nella villa di Livia di Prima Porta, a Roma, venne scoperto nel 1863 un ninfeo sotterraneo, dove si è conservata una notevole pittura parietale di giardino ad affresco, importante sia per qualità che per completezza e datazione (sono le pitture di giardino romane più antiche, databili al 40-20 a.C.). In seguito ai danni della seconda guerra mondiale si decise di staccare gli affreschi nel 1951-1952 a cura dell'Istituto Centrale del Restauro; da allora sono conservati nel Museo Nazionale Romano, sezione di palazzo Massimo alle Terme.

La pittura di giardini illusionistici, ben documentata nell'epoca romana, derivò forse da modelli orientali (esempi di qualità più bassa si trovano in alcune tombe della necropoli di Alessandria).

Pittura di giardino dalla villa di Livia

Descrizione

Dettaglio della parete corta meridionale

La grande sala ipogea misura 5,90 x 11,70 metri e venne realizzata per Livia Drusilla, la terza moglie dell'imperatore Augusto. Non si conosce l'uso antico della sala, alla quale si accede da una scalinata in discesa. Sulle pareti si apre solo la porta di accesso e non vi sono finestre: può darsi che esistesse però un lucernario nella volta a botte. Forse qui si trovava un ambiente fresco dove ripararsi durante la calura estiva; alcune stalattiti geometriche che coronano la parte alta della parete dovevano forse dare l'impressione di una grotta.

L'intonaco dipinto era applicato su una parete composta da una parete di tegole disposte in cinque file, staccate dal muro in modo da creare un'intercapedine che isolasse dall'umidità.

Il giardino dipinto

Abete, parete lunga occidentale

La mancanza di luce a aria nell'ambiente sotterraneo era sommamente contrastante col soggetto della decorazione pittorica, un arioso giardino raffigurato nei minimi particolari e con grande varietà di specie vegetali e avicole, a grandezza naturale e senza interruzioni, nemmeno agli spigoli. Sono assenti elementi architettonici verticali (colonne o pilastrini), ma sono dipinti alcuni elementi orizzontali, che organizzano con sapienza la prospettiva del giardino: alla staccionata di canne e rami di salice in primo piano, fa da contrappunto una balaustra marmorea in secondo piano. Tra questi due elementi prende vita il giardino vero e proprio, con gli alberi variopinti, ricchi di fiori e frutta. La doppia recinzione ha la funzione di definire illusionisticamente lo spazio verde, "allontanando" lo spettatore dalle piante porte oltre la balaustra. Anche la scalatura dei dettagli delle piante (finissimi per quelle in primo piano, tanto che possibile una precisa analisi botanica di ciascuna pianta, via via più approssimativa e sfumata all'allontanarsi) dà un preciso senso di profondità spaziale, oltre a una rarissima (la prima per quell'epoca) sensazione dell'atmosfera, grazie alle fini variazioni di colore. Lo sfondo è vago, indistintamente verde fino all'orizzonte oltre il quale si staglia un cielo finemente turchese, confine ultimo dello sguardo.

Il giardino è organizzato con un occhio di riguardo all'accorta simmetria, in una rete di suggestioni spaziali data dagli elementi che suggeriscono il movimento: gli uccelli in volo e i rami con le cime piegate dal vento.

Lo spazio tra le due recinzioni è composto da un prato con pochi arbusti a intervalli regolari. Al centro delle pareti sono disposti gli alberi principali, affiancati da altri alberi in composizioni bilanciate da riferimenti simmetrici, secondo precise regole compositive. Si tratta di uno spazio concluso (l'estensione del giardino è finita nella rappresentazione, non sterminata), dove però la parete è negata, come se fosse sfondata tramite la pittura, o come se si trattasse di un padiglione di vetro circondato da un giardino reale.

Le specie vegetali sono 23 e quelle avicole ben 69[1]. La grande verosimiglianza dei dettagli però non sottintende un giardino reale: vi si trovano infatti specie che non fioriscono nel medesimo periodo dell'anno. Si tratta quindi più di un "catalogo" botanico, che di un ritratto esatto di un giardino.

Gabbia con uccelli, dettaglio della parete corta meridionale

Tra le specie vegetali la più frequente è quella dell'alloro (mai al centro della rappresentazione, ma spesso nella fascia tra gli alberi principali e lo sfondo generico). Questa presenza è sicuramente da mettere in relazione con la leggendaria fondazione della villa ad gallinas albas, tramandata da Plinio, Svetonio e Cassio Dione, secondo la quale un'aquila avrebbe fatto cadere sul ventre di Livia, al tempo delle sue nozze con Augusto, una gallina con un rametto di alloro nel becco. Consigliata dagli aruspici essa allevò la prole del volatile e piantò il rametto generando un bosco nei pressi della villa, dal quale gli imperatori coglievano i ramoscelli da tenere in mano durante le battaglie e da usare nei trionfi. Svetonio ricorda anche come l'inaridirsi delle piante di alloro fosse un cattivo presagio per l'imperatore, come accadde alla morte di Nerone, ultimo discendente della dinastia di Augusto. In questo senso, il giardino sempreverde degli affreschi doveva avere anche un significato politico apotropaico, legato all'eternità augurale delle piante e della stirpe di Augusto[2]. Il fatto che gli allori non si trovino mai in primo piano sarebbe in un certo senso emblematico del carattere della politica augustea, in bilico sempre tra un prudente "dire e non dire", anche in espressioni artistiche ufficiali come l'Ara Pacis.

Altre immagini

Note

  1. ^ S.Settis, cit., pag. 16.
  2. ^ L'esaltazione familiare legata al programma decorativo della villa è dopotutto testimoniata anche dal ritrovamento della statua dell'Augusto loricato, avvenuto proprio alla villa di Prima Porta.

Bibliografia

  • Salvatore Settis, Le pareti ingannevoli. La villa di Livia e la pittura di giardino, Electa, Verona 2006.

Voci correlate

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