Élisabeth Vigée Le Brun

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Autoritratto (1781), Kimbell Art Museum, Fort Worth.

Élisabeth Vigée Le Brun (Parigi, 16 aprile 1755Louveciennes, 30 marzo 1842) è stata una pittrice francese, considerata una delle più grandi ritrattiste del suo tempo, con Maurice Quentin de La Tour e Jean-Baptiste Greuze.

La sua arte e la sua eccezionale carriera la resero una testimone privilegiata degli sconvolgimenti della fine del XVIII secolo, della rivoluzione francese e della Restaurazione. Fervente realista, fedele all'ancien régime e quindi contraria alla rivoluzione e a Napoleone, fu pittrice della corte di Francia, di Maria Antonietta e di Luigi XVI, del Regno di Napoli, della corte dell'imperatore di Vienna, dell'imperatore di Russia e della Restaurazione. Si conoscono anche diversi autoritratti, di cui due con sua figlia.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

L'infanzia e la formazione[modifica | modifica wikitesto]

Suo padre, Louis Vigée (1715-1767), era pastellista. Di sua madre, Jeanne Maissin, si dice che fosse saggia e molto bella. Battezzata nella chiesa di Saint-Eustache a Parigi, fu poi messa a balia in campagna, a Épernon. Fu riportata a Parigi a sei anni, e messa in collegio al convento della Trinità. Qui si notò che la piccola Louise-Élisabeth disegnava dappertutto, sui muri della scuola non meno che sui suoi quaderni. La bambina aveva circa otto anni quando suo padre, estasiato davanti a un suo disegno, le profetizzò un avvenire di pittrice. A undici anni fu tolta dal convento e riportata a vivere in famiglia.

Nella sua autobiografia lei stessa ricorda come all'epoca si vedesse brutta e sgraziata, ma, una volta passati i quattordici anni, divenne una delle donne più belle di Parigi. In quel periodo morì suo padre, ed Elisabeth, inconsolabile, decise di darsi completamente alla passione che aveva condiviso con lui, il disegno. Si affermò precocemente come pittrice professionista, nonostante avesse solo quindici anni: gli ordini cominciarono ad arrivare, anche perché era divenuta la protetta di due grandi dame, Madame de Verdun, moglie di un fermier général (un grande appaltatore delle imposte) e la duchessa di Chartres.

Un'ascesa rapida[modifica | modifica wikitesto]

Autoritratto a 45 anni (1800)
Il fratello, Étienne Vigée (1773)

Nel 1768 la madre di Élisabeth si era risposata con un ricco gioielliere, Jacques-François Le Sèvre e la nuova famiglia Le Sèvre/Vigée era andata ad abitare a rue Saint-Honoré, di fronte al Palais-Royal. Nel 1770 Maria Antonietta arrivò in Francia per sposare il Delfino. Nonostante vivesse, per ragioni professionali, in un ambiente straordinariamente libertino, Louise-Élisabeth era una virtuosa signorina piccolo borghese, tanto da rifiutare spesso le richieste di ritratti che i mondani dell'epoca le facevano per incontrarla, ed è sorprendente la facilità con cui trovò il suo posto nella società dei grandi del regno.

Nel 1775 offrì due suoi ritratti all'Académie Royale, ottenendone in cambio l'ammissione alle sedute pubbliche. Il 31 maggio 1783 fu ammessa alla Accademia Reale di pittura e scultura (che divenne nel 1795 Académie des Beaux Arts), insieme con la sua diretta rivale, Adélaïde Labille-Guiard. Il suo maestro fu Gabriel Briard, pittore mediocre ma buon insegnante, che la presentò poi a Horace Vernet, allora al culmine della sua fama. Ormai Élisabeth si guadagnava da vivere facendo ritratti.

Il 7 agosto 1775 Élisabeth Vigée sposò Jean-Baptiste-Pierre Le Brun, pittore sfaccendato (sfrutterà la celebrità della moglie e il glorioso cognome del suo pro - prozio Charles Le Brun), giocatore accanito e altrettanto accanito donnaiolo. Tuttavia Le Brun era anche un grande mercante di quadri, che fece molto per la carriera della moglie. Il 12 febbraio 1780 Madame Vigée Le Brun diede alla luce la prima e unica figlia, Jeanne-Julie-Louise. Si dice che continuasse a dipingere anche durante le prime contrazioni e che a fatica si decidesse a lasciare i suoi pennelli durante il parto.

Il successo continuò dopo la maternità: i suoi ritratti in cui i soggetti femminili risultavano allo stesso tempo somiglianti e imbelliti le conquistarono la simpatia e l'amicizia inseparabile di Maria Antonietta, che fece di lei la sua pittrice preferita e ufficiale nel 1778, e fu in intimo e fedele contatto con la corte prima e dopo la rivoluzione. Ebbe come allieva, verosimilmente, la giovane Hortense Haudebourt-Lescot. Certo, il successo aveva il suo prezzo: la familiarità con l'ambiente di corte generò sul conto di Madame Vigée Lebrun pettegolezzi e vere e proprie calunnie che le attribuivano orge, dissipazione, relazioni adulterine con tutta Parigi, esattamente come avveniva per la sua protettrice Maria Antonietta. Le uniche liaisons che forse ebbe, furono quella con il conte di Vaudreuil, già amante della favorita della regina, Yolande de Polastron, duchessa de Polignac, e quella con Calonne, ministro delle finanze che succedette a Necker nel 1783.

L'esilio[modifica | modifica wikitesto]

Nell'estate del 1789 Madame Vigée Le Brun era ospite di Madame du Barry, di cui aveva iniziato il ritratto. Le due donne sentirono tuonare il cannone dentro Parigi. L'antica amante del re avrebbe esclamato: «Ai tempi del re Luigi XV queste cose non sarebbero accadute!». La pittrice comunque non attese che la folla ostile venisse ad importunarla: nella notte fra il 5 e il 6 ottobre 1789, mentre la famiglia reale veniva arrestata, lei abbandonò Parigi con sua figlia, la sua governante e 100 luigi, lasciandosi dietro il marito che la incoraggiò a fuggire, i quadri e il successo. Dirà più tardi, della fine dell'ancien régime, «Allora regnavano le donne. La rivoluzione le ha detronizzate».

In fuga dalla rivoluzione, la pittrice fu invitata, e continuò così a dipingere, in tutte le corti d'Europa - a Roma, a Vienna, a Londra, a San Pietroburgo, rifiutandosi di leggere i giornali, per non sapere quali dei suoi amici erano stati ghigliottinati. Il "Grand Tour" che fece nella penisola italiana la vide viaggiare da Torino a Napoli, passando per Parma, Modena, Bologna, Venezia, Firenze e Roma.

A Parma, il 15 luglio 1792, fu accolta tra gli accademici d'onore dell'Accademia Parmense, per cui, secondo la consuetudine, alla Galleria Nazionale di Parma[1] lasciò una sua opera eseguita per l'occasione, Il ritratto della figlia.[2]

Nel 1800 sua figlia sposò un certo Gaëtan Bertrand Nigris, sgradito alla pittrice. Questo evento fu per Élisabeth Vigée Le Brun un vero strazio: delusa dal marito, ella aveva fondato tutto il proprio mondo affettivo su quell'unica figlia, che ora l'abbandonava. Le due donne non si riconciliarono mai del tutto. Nello stesso anno l'artista fu cancellata dalla lista degli émigrés e sarebbe potuta dunque rientrare a Parigi, ma lo fece solo due anni dopo.

Il ritorno in Francia[modifica | modifica wikitesto]

La tomba a Louveciennes.

Nel 1805 la pittrice eseguì il ritratto di Carolina Murat, una delle sorelle di Napoleone, ma evidentemente l'ambiente non le piacque se il suo commento su questa giovane regina parvenu fu:

«Ho dipinto delle vere principesse: non mi hanno mai infastidita e non mi hanno mai fatto aspettare.»

Nel 1809 Madame Vigée Le Brun, a 54 anni, prese a vivere dividendosi tra Parigi, dove aprì un salotto letterario, e Louveciennes, in una casa di campagna vicino al castello di Madame du Barry, alla quale prima della rivoluzione aveva fatto tre ritratti. Nel 1814, gioì per il ritorno di Luigi XVIII, «Il monarca che si adattava all'epoca», scrisse nelle sue memorie.

Tra il 1813 e il 1820 perse quanto le restava del nucleo familiare: l'ex marito nel 1813, la figlia nel 1819, il fratello Louis-Jean-Baptiste-Étienne (nato nel 1758) nel 1820. Verso il 1835, a 80 anni, pubblicò i propri Souvenirs, che ebbero un grande successo e restano a tutt'oggi un documento molto interessante sugli sconvolgimenti dell'epoca in cui ella aveva così intensamente vissuto conoscendo tutti i personaggi importanti, gli artisti e le corti del suo tempo.

Morì a quasi 87 anni, il 30 marzo 1842, e fu sepolta nel cimitero di Louveciennes.

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Augusta Ghidiglia, Arturo Carlo Quintavalle, La Galleria Nazionale di Parma, S.P.A. Poligrafici Il Resto del Carlino, Bologna, 1956, p. 99.
  2. ^ Ritratto della figlia, su complessopilotta.it.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Ricordi dall'Italia, a cura di Marina Premoli, Collana La diagonale n.49, Palermo, Sellerio, 1990.
  • Viaggio in Italia di una donna artista. I "Souvenirs" di Elisabeth Vigée Le Brun 1789-1972, a cura di Fernando Mazzocca, Collana Arte e cultura, Milano, Electa, 2004.
  • Memorie di una ritrattista, traduzione di Giovanna Parodi, Con uno scritto di Benedetta Craveri, Collana Primapersona, Milano, Mursia, 1990, ISBN 978-88-425-0716-1. - Collana Carte d'Artisti n.79, Milano, Abscondita, 2006-2018, ISBN 978-88-841-6681-4.
  • Alberto Macchi, Irene Parenti, pittrice e poetessa fiorentina vissuta nella seconda metà del XVIII secolo: atto unico teatrale fra realtà e ipotesi, prefazione di Angela Sołtys, Aetas, Roma, 2006.
  • (FR) Geneviève Haroche-Bouzinac, Louise Élisabeth Vigée Le Brun, histoire d'un regard, Paris, Flammarion, 2011.
  • (FR) Marie-Josèphe Bonnet, Liberté, Égalité, Exclusion, Femmes peintres en révolution - 1770-1804, Paris, Vendémiaire, 2012.
  • (FR) Geneviève Haroche-Bouzinac, Élisabeth Vigée Le Brun - Souvenirs 1755-1842, Paris, Champion Classiques Littérature, 2015.
  • (FR) Xavier Salmon e Jacopo Ranzani, Élisabeth Louise Vigée Le Brun: L'expo, Paris, RMN, 2015, ISBN 978-2711862771..
  • (FR) Cécile Berly, Louise Élisabeth Vigée Le Brun, Artlys, 2015.
  • Carmine Mastroianni, Il Grand Tour nell'anno della Rivoluzione Francese. Roma nei Souvenirs di Louise-Élisabeth Vigée Le Brun, in Roma e la sua campagna. Immagini e testi del Grand Tour, catalogo della mostra Fondazione Ivan Bruschi 22 maggio - 3 luglio 2016 Arezzo, ed. Edifir 2016, pp. 25–30.
  • (FR) Cécile Berly, Trois femmes: Madame du Deffand, Madame Roland, Madame Vigée Le Brun, Paris, Passés/Composés, 2020, ISBN 978-2-3793-3221-0.

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