Cefalù: differenze tra le versioni

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==Collegamenti esterni==
==Collegamenti esterni==
* [http://www.comune.cefalu.pa.it Sito ufficiale del Comune di Cefalù]
* [http://www.comune.cefalu.pa.it Sito ufficiale del Comune di Cefalù]
* [http://www.itinerarisicilia.it/sentieri/cefalu/la-rocca-1.php Itinerario di visita della Rocca di Cefalù] www.itinerarisicilia.it


{{Cefalù}}{{Siti archeologici della Sicilia}}{{Comuni del Parco delle Madonie}}
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Cefalù (Cifalù in siciliano) è un comune di 13.777 abitanti in provincia di Palermo; è situato sulla costa siciliana settentrionale, a circa 70 km da Palermo, ai piedi di un promontorio roccioso. È uno dei maggiori centri balneari di tutta la provincia; nonostante le sue dimensioni, ogni anno attrae milioni di turisti provenienti da ogni parte della Sicilia e anche, in genere, da tutta l'Italia. Nel periodo estivo la popolazione arriva anche a duplicarsi, rendendo affollate le principali piazze e le strade più importanti del paese.
La cittadina, che fa parte del Parco delle Madonie, è inclusa nel club de I borghi più belli d'Italia, ossia un'esclusiva associazione di piccoli centri italiani che si distinguono tra l'altro per grande interesse artistico, culturale e storico, per l'armonia del tessuto urbano, vivibilità e servizi ai cittadini[1].

Clima

Lo stesso argomento in dettaglio: Stazione meteorologica di Cefalù.

Storia di Cefalù

Cefalù prima degli anni '50
Cefalù negli anni 2000

Tracce di frequentazione del sito risalgono all'epoca preistorica, in particolare in due grotte che si aprono sul lato settentrionale del promontorio su cui sorse la città. A un insediamento pre-ellenico si riferisce la cinta muraria di tipo megalitico, datata alla fine del V secolo a.C., che circonda l'attuale centro storico ed è in gran parte ancora conservata, e il contemporaneo "tempio di Diana", un santuario costituito da un edificio megalitico, coperto con lastroni di pietra di tipo dolmenico che ospita una precedente cisterna più antica (IX secolo a.C.).

Nel IV secolo a.C. i Greci diedero al centro indigeno il nome di Kefaloidion, dal greco Kefa o kefalé, ovvero "testa, capo"; riferito probabilmente al suo promontorio.

Nel 307 a.C. venne conquistata dai Siracusani e nel 254 a.C. dai Romani, che le diedero in latino il nome di Cephaloedium. La città ellenistico-romana ebbe una struttura urbanistica regolare, formata da strade secondarie confluenti sul principale asse viario e chiusa ad anello da una strada che segue il perimetro della cinta muraria.

Nel periodo del dominio bizantino l'abitato si trasferì dalla pianura sulla rocca e restano tracce di lavori di fortificazione di quest'epoca (mura merlate), oltre a chiese, caserme, cisterne per l'acqua e forni). La vecchia città non venne tuttavia del tutto abbandonata, come prova il recente rinvenimento di un edificio di culto cristiano, con pavimento in mosaico policromo risalente al VI secolo.

Nell'858, dopo un lungo assedio, venne conquistata dagli Arabi, che le diedero il nome di Gafludi, e fece parte dell'emirato di Palermo. Di questo periodo si hanno tuttavia notizie scarse e frammentarie e mancano anche testimonianze monumentali.

Nel 1063 fu liberata dai Normanni di Ruggero I e, nel 1131, grazie a Ruggero II, fu rioccupato l'antico abitato sulla costa, rispettando la struttura urbana preesistente: a questo periodo risalgono parecchi dei monumenti cittadini, quali:

  • L'Osterio Magno sul corso Ruggero sede dei Ventimiglia a Cefalù.

Precisamente al 1131 è datata in particolare la basilica cattedrale.

Tra la metà del XIII secolo e il 1451 passò sotto il dominio di diversi feudatari e da ultimo divenne possedimento del vescovo di Cefalù.

La storia successiva di Cefalù si può assimilare a quella della Sicilia e del resto dell'Italia. Nel 1752 vi si iniziano a stabilire i consolati stranieri (Francia, Danimarca, Olanda, Norvegia e Svezia) e la città diventa meta del Grand Tour. Durante il Risorgimento, vi venne fucilato, il 14 marzo 1857, il patriota Salvatore Spinuzza. Dopo lo sbarco di Giuseppe Garibaldi del gennaio 1861, la città proclamò la sua adesione al Regno d'Italia.

Oggi è una località marina e una meta turistica per le sue spiagge e le opere d'arte che conserva.

Evoluzione demografica

Abitanti censiti[2]

Le strade

Il centro storico di Cefalù ha un impianto medievale caratterizzato da strade strette, pavimentate con i ciottoli della spiaggia e il calcare della Rocca.

Chiese

Basilica-Cattedrale

La cattedrale di Cefalù
Lo stesso argomento in dettaglio: Duomo di Cefalù.

Secondo la leggenda, il duomo ("basilica cattedrale") di Cefalù sarebbe sorto in seguito al voto fatto al Santissimo Salvatore da Ruggero II, scampato ad una tempesta e approdato sulle spiagge della cittadina. La vera motivazione sembra piuttosto di natura politico-militare, dato il suo carattere di fortezza.

Le vicende costruttive furono complesse, con notevoli variazioni rispetto al progetto iniziale, e l’edificio non fu mai completato definitivamente. La posa della prima pietra avvenne il giorno di Pentecoste nel 1131 alla presenza di Ugone arcivescovo di Messina a cui la ricostituita Diocesi di Cefalù era suffraganea e nel 1145 furono realizzati, da manodopera bizantina, i mosaici nell'abside e sistemati i sarcofagi porfiretici che Ruggero II aveva destinato alla sepoltura sua e della moglie, poi trafugati da Federico II "approfittando dell'assenza temporanea dell'allora vescovo di Cefalù Jocelmo" e portati a Palermo dove ancora oggi si trovano. Le spoglie di Ruggero II avrebbero dovuto riposare nella navata trasversale della basilica, lo testimoniano le figure in rilievo rappresentanti il leone: simbolo di regalità; la tartaruga: simbolo di eternità; il Profeta Elia trasportato in cielo dai capelli dell'angelo; Edipo cieco simboleggiante gli enigmi della vita. Annesso al duomo è un elegante chiostro con colonne binate sormontate da capitelli figurati, fra i più notevoli esempi di scultura medievale in Sicilia.

L'Itria

Chiesa dell'Itria

La chiesa sorge in Piazza Crispi, addossata al bastione di capo Marchiafava. In origine si trattava di due chiese contigue, San Giovanni Evangelista e Santa Maria dell'Odigitria, comunemente detta "dell'Itria". La prima, probabilmente di origini cinquecentesche, apparteneva alla confraternita dello stesso titolo, citata in atti notarili del 1509 e del 1535. La seconda era in origine una cappella, intitolata a San Michele Arcangelo, anch'essa di proprietà della confraternita. In seguito ceduta al vescovo Ottaviano Preconio, che istituì la confraternita di Santa Maria dell'Itria (o di S. Nicola da Tolentino) e la cappella venne presto trasformata in chiesa e oratorio.

Le due chiese divennero un'unica parrocchia nel 1961, con il titolo dell'Itria e di San Giovanni. Di conseguenza, i due edifici vennero unificati aprendo delle arcate sulla parete all'interno, per farle comunicare, e creando, all'esterno, un unico prospetto.

Sant'Andrea

Sorge in fondo a via Porto Salvo, quasi in asse con Porta Pescara o Porta di Mare. La chiesa apparteneva al convento dei frati Minori Osservanti, fondato nel 1560 presso la precedente chiesa di Santa Maria di Porto Salvo. Il convento è oggi scomparso e la chiesa è sconsacrata e utilizzata come sede dell'"Associazione dei marinai d'Italia"; ne restano visibili comunque i due portali architravati. Da qui proviene forse una statua marmorea, chiamata "Madonna con il Bambino", oggi visibile nel Palazzo vescovile.

Sant'Oliva

Si trova sul lato sud di via Candeloro (in origine un torrente), alle spalle del Seminario Vescovile. Fu edificata nel 1787 ed è sede della devozione del "settenario".

La semplice facciata, affiancata da due piccoli campanili, presenta un portale in tufo con un arco a tutto sesto, sormontato da una finestrella ad arco ribassato con coronamento a timpano. Lo scalino di ingresso reca la data di edificazione della chiesa. L'interno è a navata unica.

San Sebastiano

Particolare superiore della facciata della chiesa di San Sebastiano

Prospetta su Piazza Marina e risale forse al 1523, data che si leggeva sull'antica facciata. Dipende attualmente dal "collegio di Santa Maria", istituito (1743-1770) dal vescovo Gioacchino Castelli nell'adiacente "convento di Santa Maria di Monte Carmelo". Il convento era stato fondato nel 1578 ad opera di frate Alberto da Monaco e fu successivamente ingrandito da Matteo Orlando, vescovo di Cefalù (1674 - 1694).

La chiesa ha navata unica, con due nicchie affrescate per lato sulle pareti laterali. Sull'altare maggiore si conserva un tabernacolo dorato tardo-seicentesco.

Monastero e chiesa di Santa Caterina

Il monastero femminile benedettino occupa un'area di 2.500 m2 di fronte al duomo. Dell'originaria costruzione del XII-XIII secolo restano il portale dell'ingresso principale, ad arco acuto in conci di pietra squadrata, un prospetto di una piccola finestra squadrata e i resti di quella che poteva essere una bifora. Il monastero accoglieva monache dalla famiglie nobili della città e nel Settecento venne modificato in modo da assumere le caratteristiche dei palazzi nobiliari del tempo. Con l'abolizione degli ordini religiosi nel 1866 divenne proprietà statale e fu adibito a distretto militare: per le nuove esigenze vi fu innalzata una torre quadrangolare addossata al muro di cinta. Dagli anni Cinquanta vi ha sede il "Palazzo di Città".

Il chiostro di pianta rettangolare era di raccordo a tutti gli ambienti del complesso monastico (chiesa, ambienti per la vita comunitaria, officine, cellerie). La chiesa, attualmente sconsacrata ed utilizzata per mostre e convegni, presenta una pianta ottagonale, con un'abside forse attribuibile all'architetto Giovanni Biagio Amico (1684-1754). Resta ben poco del decoro barocco e neoclassico.

San Leonardo

Dettaglio della chiesa di San Leonardo

Si trova sul lato sud di via Porto Salvo. Originariamente dedicata a San Giorgio, viene citata in documenti del 1159 e del 1252 ed è attribuita (Fazello, Carandino, Passafiume, Auria) ad una fondazione di Ruggero II precedente a quella del duomo. Venne restaurata nel 1558, periodo in cui sembra abbia ricevuto la titolatura attuale. Nel 1648 fu annessa alla "Casa delle orfanelle riparate" dal vescovo Marco Antonio Gussio e nel 1875 fu nuovamente restaurata dal vescovo Ruggero Blundo.

Restano tracce dell'originario portale centrale, attualmente tamponato, con arco a sesto acuto in conci di pietra e colonnine binate con capitelli a motivi floreali, poggianti su palmette che richiamano simili decorazioni del duomo. L'interno a navata unica, presenta sul fondo un coro con due tribune sovrapposte:, quella superiore affacciata sulla navata con un profondo arcone. La parte inferiore dell'arcone è chiusa da un muro sul quale si aprono tre arcate della tribuna inferiore, più grande quella centrale: le arcate sono decorate da cornici in stucco e danno accesso a cantorie settecentesche in legno scolpito, sporgenti sulla navata.

Immacolatella

Chiesa dell'Immacolatella

La chiesa, che si trova sul lato nord di via Mandralisca, quasi di fronte al museo Mandralisca, venne edificata nel 1661 dal sacerdote Matteo Piscitello e dedicata all'Immacolata, dichiarata patrona della città nel 1655. Ospitava la congregazione del Santissimo Salvatore, che aveva il compito di assistere i moribondi. La chiesa è stata restaurata nel 1986.

La semplice facciata ha un portale cuspidato, sormontato da un piccola finestra circolare, e cantonali a freccia terminanti con una palla in pietra. L'interno è a navata unica e sopra l'altare si conserva, in una nicchia, una statua della Vergine con decorazioni in argento.

Cappella di San Biagio

Presso il Lavatoio Medievale, sul lato nord di via XXV Novembre, risulta dall'unione delle due piccole chiese dedicate a San Crispino (fondata nel 1580) e a San Biagio (del 1502, in seguito al trasferimento della dedica di una precedente chiesa extraurbana), entrambe di proprietà della famiglia Martino. Secondo il Bianca, nel 1660 la chiesa avrebbe accolto delle reliquie del santo portate da Roma.

La chiesa ha semplice facciata a capanna, con portale timpanato, sormontato da un'ampia finestra arcuata. Il campanile, poco più alto della facciata, presenta una finestra semicircolare alla sommità. Su uno dei fianchi sono presenti altre due finestre semicircolari. L'interno, a pianta quadrata e decorato da modanature in stucco, ha un ingresso delimitato da due colonne che sorreggono un'arcata, mentre un ambiente sul fondo, di modeste dimensioni, ospita l'altare.

Oratorio del Santissimo Sacramento

Oratorio del Santissimo Sacramento

L'oratorio si trova in via Passafiume e venne edificato nel 1688 come sede della "confraternita del Santissimo" (o "confraternita dei Bianchi", in contrapposizione a quella "dei Neri" della chiesa del Purgatorio).

Nel basamento è stato reimpiegato un blocco in calcare con l'iscrizione funeraria in greco a "Sosis il ghiottone", proveniente dalla necropoli ellenistica.

La facciata, preceduta da una breve scala, presenta due portali gemelli scolpiti, sormontati da un occhio circolare, e termina superiormente con un cornicione molto sporgente. Al di sopra un timpano mistilineo, dove si aprono tre finestre arcuate, quella centrale con campana.

Santissima Trinità

Si trova alle pendici della Rocca ed apparteneva in origine alla omonima confraternita, la cui esistenza è attestata già nel 1430. La chiesa venne ricostruita nel XVI secolo, secondo una tradizione non documentata con la collaborazione di Jacopo Del Duca. Era annessa al successivo convento di San Domenico.

La facciata, intonacata, presenta un portale decorato con motivi floreali, festoni e testine di angeli.

L'interno è a tre navate, separate da file di colonne sormontate da archi a serliana, che sono stati attribuiti al progetto di Del Duca. Le navate terminano in un abside centrale fiancheggiata da altre due più piccole

Santo Stefano o chiesa del Purgatorio

Chiesa del Purgatorio

La chiesa prospetta su una piazzetta aperta su corso Ruggero. L'isolato era in precedenza occupato da diverse costruzioni, tra le quali una precedente chiesa di Santo Stefano e la cappella di Santa Margherita, fondata nel 1466 dalla famiglia Giaconia e abolita agli inizi del Seicento.

La chiesa di Santo Stefano, inizialmente affidata alla omonima confraternita, era passata nel 1601 a quella "delli Nigri" (o "delle Anime purganti", fondata nel 1596 come continuazione della precedente confraternita "della morte"). La confraternita acquistò gli immobili adiacenti alla propria chiesa ed edificò la nuova chiesa del Purgatorio, la cui facciata venne terminata nel 1668. Nel 1868 la pavimentazione della piazza esterna venne ribassata. Del 1895 è la sede anche della "congregazione della Vergine", appena istituita. Nel 1927 si svolse un restauro: furono fatti gli intonaci del prospetto esterno, messi in simmetria i muri della base e sistemata la finestra del prospetto. La facciata è preceduta da una scenografica scalinata a doppia rampa e presenta un portale barocco. In origine aveva due torri: quella di destra, incompleta, è in parte nascosta da un edificio successivo, mentre quella di sinistra, culminante in una cuspide, svolge le funzioni di campanile. L'interno della chiesa è suddiviso in tre navate distinte da colonne con fusti monolitici. Vi si trovano la cappella del Crocifisso e quella di San Pietro Apostolo, fondata nel 1614, che ospita una statua dell'Addolorata di cui aveva cura la "nazione dei macellai".

Sopra l'altare maggiore si trova un grande dipinto del 1813 ("Cristo che impartisce l'eucaristia alle anime in pena"). Nel 1867 vi fu traslata la sepoltura del barone Enrico Pirajno di Mandralisca, con un sarcofago in marmo, opera di Emanuele Labiso.

Santissima Annunziata

Chiesa dell'Annunziata

È ubicata lungo il corso Ruggero, di fronte al palazzo dell'ex Municipio. Costruita presumibilmente intorno al 1511, fu danneggiata nel 1964 per il crollo dell'edificio adiacente.

Sulla facciata presenta un grande rosone, che sormonta il portale scolpito con un rilievo dell'"Annunciazione", Il portale è stato smontato e rimontato più in basso nella seconda metà del XIX secolo in seguito all'abbassamento del piano stradale, che ha comportato anche la creazione di due scale interne. Il campanile non molto alto, fiancheggia la facciata e presenta una bifora.

L'interno è a pianta rettangolare allungata e a navata unica, con abside sul fondo. Al di sotto della chiesa è un'ampia cripta destinata in passato alle sepolture: secondo la tradizione vi sarebbe stato sepolto Jacopo Del Duca e fino alla metà del XX secolo vi erano conservati i corpi mummificati dei membri di alcune famiglie nobili locali. Nella chiesa era venerato anche san Rocco, nominato patrono della città nel 1530. Vi è custodita inoltre una statua lignea dell'"Addolorata" (oggi nella chiesa di San Francesco) che tradizionalmente viene portata in processione il venerdì santo.

Santissima Maria della Catena o dell'Addoloratella

Chiesa dell'Addoloratella

La chiesa sorge in piazza Garibaldi, dove venne fucilato il patriota Salvatore Spinuzza, nei pressi della Porta Reale (demolita nel 1787). A causa della sua posizione presso l'ingresso principale della città, i vescovi di Cefalù vi indossano i paramenti sacri prima del corteo del loro solenne ingresso nella diocesi.

La chiesa venne compiuta nel 1780 ad opera della famiglia Legambi, a cui si sostituì in seguito nel patrocinio la famiglia D'Anna. Nel 1790 Pietro Legambi vi fondò il "collegino dell'Addolorata", che doveva proseguire l'opera della "comunità della Santa Vergine Addolorata", fondata prima del 1642 presso la chiesa di Santa Maria di Gesù al Borgo). Nel 1902 vi venne istituito un altare con una statua dedicato a santa Maria della Catena, in ricordo di un miracolo avvenuto a Palermo alla fine del XIV secolo

La facciata in tufo giallo presenta una loggia di ingresso con ampio arco a tutto sesto sorretto da coppie di pilastri con capitelli ionici, ai cui lati sono nicchie con statue. Al di sopra della loggia un'altra nicchia fiancheggiata da due finestre ospita una statua della Madonna. Il portale di accesso, all'interno della loggia, è sopraelevato di alcuni gradini.

Sul campanile, che ingloba nella base resti delle mura megalitiche, furono collocati nel 1881 due orologi, per i quali fu necessario rialzare di un piano la torretta terminale e per la cui suoneria si riutilizzarono due delle tre campane del convento di Santa Caterina.

L'interno è ad una sola navata, illuminata dalle finestre della facciata e del fianco meridionale.

Nel 2008 è stata sottoposta ad un'operazione di restauro.

Chiesa di Santa Maria

Chiesa di Santa Maria

La chiesa, che si trova in via Umberto I, fu costruita nel 1686, per volere di Monsignor Pietro Cimino, decano della cattedrale e membro del Tribunale dell'Inquisizione. Là dove sorge ora la chiesa, un tempo vi era una cappella dedicata a san Vito. È una chiesa ad unica navata, con tetto in legno a capriate. All'interno, inoltre, possiamo ammirare quattro nicchie contenenti ognuna delle statue. La chiesa ha una facciata ad intonaco liscio, decorata in modo molto semplice. Internamente vi erano degli affreschi che andarono perduti.

Chiesa del S.S. Salvatore

Chiesa del S.S. Salvatore

È la Chiesa dedicata al patrono della città. Si trova fuori le mura rispetto alle altre chiese. Chiamata anche chiesa del Salvatorello o SS. Salvatore alla Torre perché nelle vicinanze vi sorgeva un' antica torre di difesa oggi purtroppo distrutta.

Altri edifici

Palazzo vescovile

Lo stesso argomento in dettaglio: Diocesi di Cefalù.
Particolare del portale del palazzo vescovile

L'attuale impianto del Palazzo Vescovile si deve al vescovo Francesco Gonzaga alla fine del Cinquecento e l'edificio fu completato dal vescovo Francesco Vanni, alla fine del Settecento, dandogli forma di palazzo signorile secondo il gusto e lo stile del tempo. Il suo stemma con la data 1793 campeggia sopra il portale d'ingresso. Sul cortile prospettano le tre facciate interne del palazzo, ritmate dai balconi con cornici in tufo, con coronamento alternativamente a timpano e arcuato. Il lato in cui si apre il portale d'ingresso è dato da un corpo basso con copertura a terrazza, che permette la comunicazione con il contiguo seminario. Recentemente l’aggiunta di un piano ha appesantito il complesso.

Il seminario vescovile

Lo stesso argomento in dettaglio: Diocesi di Cefalù.
Ingresso del seminario vescovile

Il seminario venne fondato presso il palazzo vescovile dallo stesso vescovo Francesco Gonzaga nel 1590. Presenta una facciata suddivisa in tre settori di ampiezza irregolare. Il settore di destra, più ampio è ripartito da larghe lesene coronate da mensole sporgenti e ha al centro un balcone al piano nobile, con cornice e timpano in tufo; al di sotto si aprono un portale e due finestre, prive di decorazioni. Gli altri due settori sono ripartiti da lesene, più strette, limitate alla parte superiore e presentano balconi maggiormente articolati, con timpano ad arco spezzato e cornici marcate, in pietra lumachella; l'ultimo piano, ha una breve loggetta e una cornice aggettante.

Monte di Pietà

Monte di Pieta

Venne fondato sulla Via Mandralisca nel 1703 dal vescovo Matteo Muscella. Presenta un prospetto in pietra grigia, con portale barocco in pietra lumachella. Al secondo piano sono ancora conservati gli arredi settecenteschi e una cassaforte che serviva alla custodia degli oggetti più preziosi depositati.

Museo Mandralisca

Lo stesso argomento in dettaglio: Museo Mandralisca di Cefalù.

Il Mandralisca è un museo che si trova nell'omonima via. Il museo, oltre a conservare dipinti quattrocenteschi e altri reperti archeologici, conserva l'opera che ha contribuito a rendere famosa la città: il Ritratto d'Ignoto, il dipinto di Antonello da Messina. Oltre a questi, vi si possono trovare una vasta collezione di monete antiche e conchiglie.

Palazzo Atenasio Martino dei baroni di Rocca e Valdina

Sito nella piazza del Duomo, risale al XV - XVI secolo, ad opera della famiglia Burragato. Fu ampliato nel XVI secolo, inglobando alcuni edifici contigui, ad opera della famiglia Ruffino. Verso la fine del XVIII secolo passò in proprietà a Casimira Martino dei Baroni di Rocca e Valdina sposa di Luigi Atenasio, in seguito, per eredità passò alla figlia baronessa Giuseppina Atenasio. Alla morte di questa il palazzo, per testamento, passò a Giovanna Cerami Atenasio De Spuches sposata con il Comm. Grande Ufficiale del Regno D' Italia prof. Girolamo Maranto che rivestì la carica di Sindaco della città di Cefalù. Oggi il palazzo è di proprietà degli eredi Maranto.

In origine il palazzo, limitato al piano nobile, si articolava attorno ad una grande corte quadrata con pozzo, che presentava un'imponente scalone di accesso in pietra lumachella. Nell’androne del cortile recentemente sono stati riportati alla luce degli affreschi del XVI secolo. Nella seconda metà dell’Ottocento fu soprelevato il secondo piano e per accedere ad esso il grande scalone d’accesso al primo piano fu coperto da una nuova scala e fu invasa in buona parte la corte originaria. Rimane sul prospetto il portale di tufo ottocentesco.

Palazzo Legambi

Palazzo Legambi

È un palazzo settecentesco, innalzato presso la torre sud della cattedrale dalla famiglia Legambi in stile neoclassico. La facciata presenta sul piano nobile una partizione a lesene, che inquadrano balconi con timpani alternativamente triangolari e semicircolari. Le altre aperture sono delimitate da semplici cornici piatte. Interessanti il portale decentrato in relazione alla situazione topografica, e le decorazioni in conci di tufo giallastro, che spiccano sul resto delle parti intonacate.

Palazzo Pirajno

Ingresso Piazza Duomo del Palazzo Pirajno

Sito in Piazza Duomo, fu costruito verso la fine del 1500 dalla Nobile Famiglia Leone Muratori, poi è passato ai Pirajno di Mandralisca. Del prospetto, riconoscibile nell'originario impianto cinquecentesco, si segnalano gli eleganti portalini dei balconi, in lumachella, nonché il portale a conci di tufo, a bugnato. Ben leggibile, malgrado alcuni guasti, il cortile con elementi derivanti dall'architettura catalana con scala addossata al muro di fondo. Notevoli, infine, i corrimano litici, modanati, e gli eleganti mensoloni scolpiti che reggono il ballatoio di disimpegno. Degli ambienti interni originari sono discretamente leggibili alcuni saloni con soffitti lignei a cassettoni.

Palazzo Maria

Il palazzo, di origini duecentesche, che sicuramente doveva essere la sede del Palazzo Comunale nel 1300, subì diverse modifiche nel corso del tempo. Passò in proprietà della famiglia Maria, dei baroni di Alburquia, che si era stabilita a Cefalù intorno al 1599. Nei primi anni dell’Ottocento fu soprelevato di un piano. Fu in seguito adibito a convitto maschile ed oggi è utilizzato come abitazioni private.

La facciata presentava in origine il piano nobile articolato dalla scansione delle bifore e il piano terra con la trasformazione a botteghe attuata nel Cinquecento. L’origine medievale è attestata dall'elegante portale ogivale in conci squadrati e cordoli concentrici sorretti da due leoni. Su un prospetto laterale si apre una finestra ogivale, con ghiera decorata a fogliame con una resa che richiama le decorazioni catalane; la finestra è inserita in un grande arco in conci di tufo squadrati, solo in parte leggibile, sopra la cui chiave di volta si trova a coronamento un fregio a fogliame sovrapposto, di forte vibrazione plastica.

Osterio Magno

Osterio Magno visto dal Corso Ruggero

Secondo la tradizione il palazzo sarebbe stato costruito per ordine di Ruggero II per farne la sua dimora. Nel XIV secolo il palazzo fu di proprietà della famiglia Ventimiglia e sicuramente venne in parte ricostruito o riadattato in quest'epoca modificando preesistenti edifici forse di origine ruggeriana. All'inizio del XVII secolo il palazzo fu ceduto ai frati domenicani e in seguito fu suddiviso in appartamenti e botteghe.

Il palazzo con un fronte sull'odierna via G. Amendola si sviluppava sino al vecchio mercato ittico e su Corso Ruggero sino all'odierno palazzo Pintorno. Con ingresso principale sulla via Amendola e grande corte interna, dove si trovava lo scalone di accesso al piano nobile. All'interno di una sala al pianterreno si conservano i resti di un pozzo. Appartenenti alla prima fase costruttiva, di epoca normanna, fino ad una certa altezza, sono le mura della torre quadrangolare. Ad una seconda fase appartiene la sopraelevazione della grande torre quadrangolare con un suo sviluppo di tre piani in altezza con un coronamento a difesa piombante, oggi non più esistente, ed una terza ed ultima fase quella della costruzione del cosiddetto Palazzetto bicromo dove si conservano bifore e trifore con una decorazione lapidea di chiara ascendenza nordica, che risalgono alla seconda metà del XIII secolo.

Nell'ambito dei lavori di restauro dell'intero edificio effettuati nel 1989 e diretti dal compianto architetto Silvana Braida, in seguito ad alcuni scavi archeologici diretti dal prof. Amedeo Tullio, all’interno della costruzione, sono venuti alla luce resti di edifici di epoca ellenistica, monete di bronzo del IV secolo a.C. numerosi reperti ceramici, tra i cui uno splendido bacile da parata con leone araldico del XIV secolo egregiamente restaurato dal prof. Sandro Varzi.

Lavatoio medioevale

Dettaglio dell'antico lavatoio

In via Vittorio Emanuele si trova il lavatoio pubblico conosciuto come "Lavatoio medioevale", presso il tardo-rinascimentale palazzo Martino. Nel 1514 fu demolito e ricostruito in posizione più arretrata rispetto alle mura cittadine e il fiume che scorreva a cielo aperto venne coperto nel XVII secolo. Nell’estate del 1991 sono stati ultimati i lavori di restauro.

Il lavatoio si presenta con una scalinata in pietra lavica che conduce ad una pavimentazione levigata dal tempo e ad una serie di vasche che si colmano con le acque che scorrono da ventidue bocche di ghisa (di cui quindici teste leonine) disposte lungo le pareti sovrastate da basse volte. Attraverso un piccolo antro, l’acqua raggiunge il mare. Nelle vasche sono evidenti gli appoggi che servivano per strofinare i panni.

Teatro comunale

Sito in via Spinuzza, di proprietà dei baroni di Bordonaro, ha avuto una storia travagliata: chiuso e riaperto parecchie volte, fu addirittura adibito a lazzaretto in occasione di un’epidemia di peste. Dagli anni '20 fu utilizzato anche come cinema. Fu abbandonato negli anni '80 e passò in proprietà del Comune che ne ha iniziato i restauri.

La sala ha tre ordini di palchi. Conserva una decorazione pittorica del 1885 di Rosario Spagnolo (tela del soffitto, fondali e sipario).

Feste e folclore

Festeggiamenti del SS. Salvatore

Lo stesso argomento in dettaglio: Festa del Santissimo Salvatore della Trasfigurazione.

Dal 2 al 6 agosto si svolge la festa del SS. Salvatore, titolare della basilica cattedrale e patrono della città. Nonostante sia l'Immacolata la patrona di Cefalù, il SS. Salvatore è stato sempre festeggiato come patrono di Cefalù.

Antinna a mari

Lo stesso argomento in dettaglio: Antinna a mari.

Il pomeriggio dell'ultima giornata dei festeggiamenti del SS. Salvatore, si svolge una gara chiamata Antinna a mari o 'Ntinna a mari. La gara vede giovani ed anziani pescatori protesi alla conquista di una bandierina colorata attaccata alla punta di un lunghissimo tronco, reso scivoloso da sapone, che viene sistemato orizzontalmente al mare e saldamente fissato alla banchina.

’A vecchia strina

Secondo il folklore cittadino, "a vecchia strina" è una figura di vecchia benefica che la sera del 31 dicembre porta doni ai bambini buoni e carbone e cenere per quelli cattivi, come in altre città siciliane fanno "i morti". Nei giorni precedenti ai bambini si raccomanda di non fare troppo rumore perché "a vecchia strina du casteddu si ‘nna adduna": la sua dimora è infatti immaginata sulla Rocca. La sera della vigilia i ragazzi più grandi girano per le strade suonando "i rinali" (latte e vasi rotti), mentre ai bambini che vanno a dormire si raccomanda di tenere gli occhi chiusi, se non vogliono che la vecchia venga "cu spitu infucatu" a bruciare loro gli occhi.

L’ottava del Corpus Domini

L’"ottava del Corpus Domini" corrisponde agli otto giorni del mese di giugno, da un giovedì al successivo giovedì, nei quali si celebrava la festa del Corpus Domini, con le processioni degli aderenti alle varie corporazioni che portavano i grandi stendardi custoditi all’interno della Cattedrale.

Le corporazioni riconosciute dalla città, che si alternavano nei giorni di festa erano:

  • "i mastri nichi": i giovani "mastri" delle varie categorie artigiane;
  • "i ucciera": ossia i macellai;
  • "i piscatura": i pescatori, un tempo considerato la forza economica della città;
  • "i viddani": i contadini, ai quali era affidata l’organizzazione dei carri allegorici ispirati alla vita dei campi e ai prodotti della terra, le primizie;
  • "i marinara di riviela": i marinai di velieri, che nonostante provenissero per la maggior parte dal ceto dei pescatori si distinguevano per la loro esperienza di navigazione;
  • " parrini": i sacerdoti, che avevano un particolare riguardo sociale, oltre – s’intende – un certo rilievo economico;
  • "galantuomini": un ceto aristocratico che in Sicilia, come pure a Cefalù, assolveva un ruolo di primo piano;
  • "i mastri ranni": letteralmente i maestri grandi, ossia la maestranza per eccellenza, che si esprimeva perlopiù nel settore edile ed artigianale, specificatamente, nel settore dell’ebanisteria.

In occasione dell’ottava, ed esattamente la domenica si faceva la "frottola", termine con cui si intendeva non una poesia suscettibile d’essere musicata, ma la sfilata di carri allegorici lungo le vie del paese, con in testa un tamburo rullante costantemente. I carri rappresentano con i fiori, il "Santissimo Sacramento" e la vita contadina. Subito dopo il suonatore di tamburo ("tamburaro") vi sono "frotte" di bambini che portano i "cucciddati", pani a forma di ciambella realizzati con la farina del primo frumento dell’anno, che vengono appesi su dei bastoni, e i bambini gridano l’espressione augurale: "Viva ‘u pani". Anticamente, quando ogni strada aveva il nome di un santo, la "frottola" si fermava e venivano recitate delle nenie inneggianti alle virtù dei cristiani.

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Note

  1. ^ Associazione Borghi più belli d'Italia, su borghitalia.it.
  2. ^ Statistiche I.Stat - ISTAT;  URL consultato in data 28-12-2012.

Bibliografia

  • G. Misuraca, Cefalù nella Storia, Roma, Ed. Misuraca, 1962-1980.
  • G. Agnello di Ramata, Cefalù, Palermo, Ed. Flaccovio, 1962.
  • A. Tullio, Cefalù Antica, Cefalù, Lions Cefalù, 1984.
  • A. Tullio, Censimento dei beni culturali di Cefalù, Cefalù, Lions Cefalù, 1988-1989.
  • D. Portera, Cefalù: La città di Ruggero, Cefalù, Ed. Misuraca, 1982.
  • D. Portera, Cefalù - Momenti storici, Palermo, Ed. La Bottega di Hefesto, 1988.
  • D. Portera, Gibilmanna - Monte della Fede, Cefalù, Ed. Misuraca, 1979.

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