Grotte Santo Stefano: differenze tra le versioni

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== Luoghi d'interesse ==
== Luoghi d'interesse ==
All'interno della chiesa dedicata a [[Santo Stefano]], in piazza Dell'unità, sono conservate le ossa del santo patrono [[San Venerando]], le quali sono riposte all'interno di un'urna di legno intagliato donata alla parrocchia da Don Angelo Golini di [[Vitorchiano]] nel 1710 altre cose di valore, come per esempio l'organo a canne che era posto sopra la porta principale o i confessionali in legno intagliato risalenti al XVII secolo ed altri oggetti come candelabri e gli stessi angeli in legno posti sopra dell'urna del santo, sono stati venduti dai vari parroci che si sono succeduti, per far fronte alle spese di manutenzione della chiesa stessa, privandola così di quel poco di bello e di valore che la comunità aveva negli anni donato.
All'interno della chiesa dedicata a [[Santo Stefano]], in piazza dell'Unità, sono conservate le ossa del patrono [[San Venerando]], le quali sono riposte all'interno di un'urna di legno intagliato donata alla parrocchia da Don Angelo Golini di [[Vitorchiano]]. Nel 1710 altre cose di valore, come per esempio l'organo a canne che era posto sopra la porta principale o i confessionali in legno intagliato risalenti al XVII secolo ed altri oggetti come candelabri e gli stessi angeli in legno posti sopra l'urna del santo, sono stati venduti dai vari parroci che si sono succeduti, per far fronte alle spese di manutenzione della chiesa stessa.


Nella piccola chiesa della Madonna delle grazie, è conservato un affresco raffigurante la Madonna col Bambino risalente al XIII secolo il quale però avrebbe bisogno di maggiori attenzioni e cure.
Nella piccola chiesa della Madonna delle grazie è conservato un affresco raffigurante la Madonna col Bambino risalente al XIII secolo.


Nel rione di [[Magugnano]], in una viuzza vicino alla piazza, sono ben visibili i resti di una piccola fortificazione caratterizzata da alcuni archi che sono rimasti praticamente intatti fin dal XIII secolo.
Nel rione di Magugnano, in una viuzza vicino alla piazza, sono ben visibili i resti di una piccola fortificazione caratterizzata da alcuni archi che sono rimasti praticamente intatti fin dal XIII secolo. Da questa fortificazione, che era un avamposto del vicino castello di [[Montecalvello]], una modesta guarnigione poteva controllare la zona servendosi della torretta posta sopra due archi in mattoni che introducevano al piccolo borgo.


Scendendo per la via sotto la chiesa della Madonna del Traforo, si possono ancora vedere le grotte di origine etrusca che furono abitate dapprima dai Ferentani sfuggiti alla distruzione della loro città ed in seguito dai loro discendenti, in alcuni casi fino a primi decenni del '900.
Questa piccola fortificazione, era un avamposto del vicino castello di [[Montecalvello]] dove un piccolo gruppo di guardie poteva controllare la zona servendosi della torretta posta sopra due archi in mattoni che introducevano al piccolo borgo.
Altre di queste grotte si trovano invece nella parte bassa del rione Centarello (da Centrarello) dove era stata edificata la prima edicola a Santo Stefano che, in seguito, diede origine alla costruzione della piccola chiesa dedicata alla Madonna della buona morte.


In tempi più recenti queste antiche grotte sono state adibite stalle e ricoveri per animali domestici e oggi vengono utilizzate come piccoli magazzini. Molto suggestivi sono stati i presepi viventi allestiti in passato, durante le festività natalizie, dall'associazione G.P.A.L.(gruppo promotore attività locali) proprio in queste antiche grotte.
Scendendo per la via sotto la chiesa della Madonna del Traforo, si possono ancora vedere le grotte di origine etrusca che furono abitate dai Ferentani sfuggiti alla distruzione della loro città ed in seguito abitate dai loro discendenti, in alcuni casi fino a primi decenni del '900.
Altre di queste grotte si trovano invece nella parte bassa del rione Centarello (da Centrarello) dove, era stata edificata la prima edicola a Santo Stefano che in seguito, diede origine alla costruzione della piccola chiesa dedicata alla Madonna della buona morte.


In località "Le Case" esiste un piccolo borgo, nato presumibilmente verso la fine del 1600 dove appunto vennero costruite le pirme case non troglodite, la stessa tipologia di costruzioni, è visibile anche in altre zone del paese con gruppetti di case sparsi qua e la senza seguire una vera e propria logica urbanistica, un esempio e la zona detta del "Casone" dove alcune case furono costruite intorno ad una grande costruzione che in origine era un convento di frati, e per le sue dimensioni era ed è chiamato il casone.
In tempi più recenti queste antiche grotte, sono state utilizzate come stalle e ricoveri per animali domestici e oggi vengono utilizzate dagli attuali proprietari, come piccoli magazzini.

Molto suggestivi, sono stati i presepi viventi allestiti in passato, durante le festività natalizie, dall'associazione G.P.A.L.(gruppo promotore attività locali) proprio in queste antiche grotte, chiedendole in prestito ai proprietari.

In località "Le Case" esiste un piccolo borgo nato presumibilmente verso la fine del 1600 dove appunto vennero costruite le pirme case non troglodite, la stessa tipologia di costruzioni, è visibile anche in altre zone del paese con gruppetti di case sparsi qua e la senza seguire una vera e propria logica urbanistica, un esempio e la zona detta del "Casone" dove alcune case furono costruite intorno ad una grande costruzione che in origine era un convento di frati, e per le sue dimensioni era ed è chiamato il casone.
Altri piccoli borghi, si trovano in località "San Biagio, "La Torre, "Il Poggio", "Il Bellagio", "Poggio Crudo", "Belvedere" (detto anche il Tigrè) ed "Il Centarello".
Altri piccoli borghi, si trovano in località "San Biagio, "La Torre, "Il Poggio", "Il Bellagio", "Poggio Crudo", "Belvedere" (detto anche il Tigrè) ed "Il Centarello".



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Grotte Santo Stefano è una frazione del comune di Viterbo. Si trova a circa 16 km dal capoluogo dell'alta Tuscia, percorrendo la strada Teverina, verso la valle del Tevere.

Fino al 2 gennaio 1927 era un comune della provincia di Roma. Con la riforma delle province attuata da Benito Mussolini, a partire dall'anno successivo fu aggregato a Viterbo assieme ai territori di Bagnaia, San Martino al Cimino e Roccalvecce.

All'epoca, in disputa con Viterbo per l'elevazione al rango di Provincia era Civitavecchia che perse l'opportunità, proprio perché Viterbo riuscì con le aggregazioni di altri comuni ad incrementare il proprio territorio e il numero degli abitanti.

Gli abitanti nel 1974 e 1985 tentarono di ricostituire il Comune autonomo, ma i tentativi non ebbero gli esiti sperati e a tutt'oggi, pur restando a 16 km di distanza da Viterbo e con una popolazione di circa 3.800 abitanti con origini e tradizioni diverse, Grotte Santo Stefano resta praticamente un "quartiere decentrato" di Viterbo.

Storia

Le origini di Grotte Santo Stefano hanno inizio con la distruzione di Ferento, avvenuta nel 1172 ad opera dei viterbesi che vedevano la ricca città romana come rivale poco gradita. I Ferentani, sopravvissuti all'assalto notturno delle milizie viterbesi, scapparono verso la valle del Tevere, e trovarono rifugio presso alcune grotte di origine etrusca, utilizzandole come abitazioni.

Con il passare degli anni, si formò una nuova comunità di contadini e di pastori ai quali il Vescovo di Bagnoregio assegnò il parroco della parrocchia di Santo Stefano dove, fin dal 1202, erano custodite le maggiori ricchezze materiali e spirituali, appartenute alle chiese ferentane, dedicate a San Gemini e San Bonifacio. Vicino alla zona delle antiche grotte, fu eretta una piccola edicola in onore del Santo e da qui il nome di Grotte di Santo Stefano.

Quando il paese era ormai cresciuto, i cittadini grottani manifestarono alle autorità ecclesiali il desiderio di avere un Santo Patrono proprio e ottennero dal Vaticano, tramite la Diocesi di Bagnoregio, le ossa di un martire cristiano al quale era stato dato il nome di Venerando (da "ossa venerande" o da venerare).

San Venerando è tutt'oggi patrono di Grotte Santo Stefano e si festeggia nella prima domenica di settembre. Il copatrono Santo Stefano si festeggia invece il 26 dicembre.

Feudo della famiglia Doria Pamphili, nel 1809 la comunità acquisì l'autonomia amministrativa sotto la dominazione francese per volontà di Napoleone I. Lo status di comune autonomo durò fino al 1928, quando Grotte Santo Stefano venne accorpata al comune di Viterbo.

Negli ultimi decenni la cittadinanza di Grotte Santo Stefano ha avanzato più volte la richiesta di ricostituire il comune autonomo, lamentando uno scarso interesse del comune di Viterbo nei confronti della frazione. Tali richieste non hanno avuto esito.

A Grotte Santo Stefano, per alcuni anni, ha vissuto anche il famosissimo poeta romano Carlo Alberto Salustri, più conosciuto come il Trilussa. Si era trasferito nel piccolo centro per inseguire il suo grande amore, una giovane attrice figlia di una cittadina grottana. Infatti, quando questa da Roma tornò al paese di origine, lui la seguì ma, dopo aver capito che lei non avrebbe mai ricambiato il suo amore, il poeta tornò "sconsolato" a Roma.

Tra il 1926 ed il 1929 visse a Grotte Santo Stefano, in veste di sorvegliato speciale e farmacista, Pietro Farini, uno dei padri del socialismo italiano. Nel dattiloscritto autobiografico "In marcia con i lavoratori", custodito presso l'Istituto Gramsci di Roma, Farini parla del suo soggiorno a Grotte Santo Stefano.[1] Nel suo libro Pietro Farini racconta del giorno in cui alcuni impiegati del Comune di Viterbo arrivarono in paese per togliere dalla facciata del Palazzo Comunale di Grotte Santo Stefano lo stemma e portare via quanto si trovasse dai locali, accompagnati da un forte dispiegamento delle forze dell'ordine. In questa occasione Farini prende parte alle proteste e dice ai grottani: "Avete ben ragione, col comune i cittadini di Grotte perdono tutti i loro diritti".

Negli anni '50, le industrie tessili Marzotto tentarono di acquisire gli stabilimenti della Società Monte Amiata dove si lavoravano le farine fossili, richieste dai cementifici, ma non ci furono sviluppi nella trattativa e tutto rimase come era, fino alla chiusura degli stabilimenti.

Il 27 luglio del 1966, in località Poggio del gallo, a Grotte Santo Stafano, viene fatta una importante scoperta archeologica:lungo il corso del "Fosso Campanile", in una zona ricca di farine fossili, venne rinvenuto lo scheletro di un animale preistorico perfettamente conservato. Si tratta di un Elephas antiquus ed il prof. Ambrosetti, dell'Istituto Paleontologico di Roma, lo fa risalire al periodo Quaternario. Dopo la completa estrazione dal suolo lo scheletro è stato ricomposto presso lo stesso istituto a Roma, dove è tutt'ora visibile. Altre scoperte dello stesso tipo hanno portato alla luce altri reperti, tra i quali le zanne di un elefante preistorico, conservate ed esposte al museo di Valentano.

Luoghi d'interesse

All'interno della chiesa dedicata a Santo Stefano, in piazza dell'Unità, sono conservate le ossa del patrono San Venerando, le quali sono riposte all'interno di un'urna di legno intagliato donata alla parrocchia da Don Angelo Golini di Vitorchiano. Nel 1710 altre cose di valore, come per esempio l'organo a canne che era posto sopra la porta principale o i confessionali in legno intagliato risalenti al XVII secolo ed altri oggetti come candelabri e gli stessi angeli in legno posti sopra l'urna del santo, sono stati venduti dai vari parroci che si sono succeduti, per far fronte alle spese di manutenzione della chiesa stessa.

Nella piccola chiesa della Madonna delle grazie è conservato un affresco raffigurante la Madonna col Bambino risalente al XIII secolo.

Nel rione di Magugnano, in una viuzza vicino alla piazza, sono ben visibili i resti di una piccola fortificazione caratterizzata da alcuni archi che sono rimasti praticamente intatti fin dal XIII secolo. Da questa fortificazione, che era un avamposto del vicino castello di Montecalvello, una modesta guarnigione poteva controllare la zona servendosi della torretta posta sopra due archi in mattoni che introducevano al piccolo borgo.

Scendendo per la via sotto la chiesa della Madonna del Traforo, si possono ancora vedere le grotte di origine etrusca che furono abitate dapprima dai Ferentani sfuggiti alla distruzione della loro città ed in seguito dai loro discendenti, in alcuni casi fino a primi decenni del '900. Altre di queste grotte si trovano invece nella parte bassa del rione Centarello (da Centrarello) dove era stata edificata la prima edicola a Santo Stefano che, in seguito, diede origine alla costruzione della piccola chiesa dedicata alla Madonna della buona morte.

In tempi più recenti queste antiche grotte sono state adibite stalle e ricoveri per animali domestici e oggi vengono utilizzate come piccoli magazzini. Molto suggestivi sono stati i presepi viventi allestiti in passato, durante le festività natalizie, dall'associazione G.P.A.L.(gruppo promotore attività locali) proprio in queste antiche grotte.

In località "Le Case" esiste un piccolo borgo, nato presumibilmente verso la fine del 1600 dove appunto vennero costruite le pirme case non troglodite, la stessa tipologia di costruzioni, è visibile anche in altre zone del paese con gruppetti di case sparsi qua e la senza seguire una vera e propria logica urbanistica, un esempio e la zona detta del "Casone" dove alcune case furono costruite intorno ad una grande costruzione che in origine era un convento di frati, e per le sue dimensioni era ed è chiamato il casone. Altri piccoli borghi, si trovano in località "San Biagio, "La Torre, "Il Poggio", "Il Bellagio", "Poggio Crudo", "Belvedere" (detto anche il Tigrè) ed "Il Centarello".

Nelle campagne circostanti il piccolo centro, ci sono vari cippi funerari di origine etrusca e lungo la strada che unisce Grotte Santo Stefano al piccolo borgo Roccalvecce, si può vedere "La pietra dell'anello" uno spuntone di roccia calcarea che, posto in modo suggestivo sopra una piccola collina, ha da sempre suscitato la fantasia dei Grottani, dando origine a numerose leggende, tra cui la più famosa è quella della "Chioccia con le uova d'oro".

In località "Santigiglio" (probabilmente da Sant'Egidio) si trova "Il buco della Fata", si tratta di un tunnel con la volta a V rovesciata largo circa un metro e lungo circa cinquanta, che si inoltra nel sottosuolo.

Di questo tunnel, non si conoscono notizie certe, ma presumibilmente, è di origine etrusca vista la presenza in zona di numerose tombe, comunque sembra che il curioso nome sia dovuto al fatto che i bambini, incuriositi dalla vista di quel buco, chiedevano ai genitori che erano nelle campagne a lavorare, di cosa si trattasse e questi rispondevano: ...è il buco della Fata... intimorendo così i piccoli che rinunciavano alla loro voglia di entrarci dentro.

Il paesaggio rurale intorno a Grotte Santo Stefano presenta siti archeologici di origine etrusca, il castello medievale di Montecalvello e, a pochissimi chilometri, i resti della antica città di Ferento.

La scenografica Cascata dell'Infernaccio generata dal salto di livello che il fiume Rigo incontra lungo il suo percorso verso il Tevere, è raggiungibile a piedi lungo un interessante itinerario naturalistico.

Grotte Santo Stefano, è stata anche terra di Briganti che utilizzavano la vicina macchia di Piantorena, come luogo ideale per le loro scorribande. Tra i birganti più famosi del territorio circostante a Grotte Santo Stefano, spicca il brigante Luigi Rufoloni detto "Rufolone" il quale, originario della vicina Sant'Angelo si era trasferito proprio a Grotte Santo Stefano.

Tra Grotte Santo Stefano e Ferento, in località Vallecontina, vicino al fiume Vezza c'è una solfatara di medie dimensioni dove i fanghi, ribollono per effetto dei gas solforosi che risalgono dal sottosuolo, a conferma delle origini vulcaniche della zona.

Numerose sono le sorgenti di acqua che si possono trovare nel territorio e vista la presenza di molti minerali ed in particolare quelli ferrosi, in molte di queste sorgenti, sgorga acqua di un sapore particolare che tutti chiamano "l'acqua forte".

Una di queste si trova in località "Lo spicchione", un'altra, dove l'acqua è particolarmente ricca di ferro ed è veramente "Forte", dà il nome a tutta la zona che si chiama appunto, località "Acqua Forte", un'altra sorgente, si trova in località "Il Conventino" chiamata proprio "Acqua del conventino" perché all'inizio della strada che porta a questa sorgente, sorgeva un piccolo convento di epoca medievale del quale e ben visibile il rudere che oggi è utilizzato come magazzino agricolo.

Nella vicina macchia di Piantorena, oltre la piccola chiesa del S.S. Salvatore risalente al XV secolo, ci sono i resti di un antico convento, una torre medievale che stava a guardia del vicino castello di Montecalvello e alcune grotte funerarie chiamate "colombari" di origine etrusca.

Intorno alle campagne di Grotte Santo Stefano, ci sono diversi siti di origine ertrusca con tombe e cippi funerari tra i quali, la "Tomba Rossa" sita in un terreno privato nel territorio della vicina Vitorchiano.

Scendendo da Montecalvello verso il Tevere, si arriva alla Chiesa della Madonna dell'aiuto dove ogni anno in settembre, si svolge l'antica fiera contadina. La piccola Chiesa, ha la tipica architettura delle chiese medieveli di campagna e al suo interno, conserva gli ex voto che i fedeli donavano per grazia ricevuta.

Tradizioni popolari

Tra le tradizioni popolari di Grotte Santo Stefano è interessante la maschera paesana che è chiamata "Bucefere" il quale, vestito completamente di nero e incappucciato sfilava il martedi grasso del carnevale, lungo le vie del paese scegliendo tra i giovani che gli porgevano il cappello, 40 carnevalotti ai quali donava un nastrino colorato.

Finita la scelta, i carnevalotti dovevano difendersi dagli attacchi degi altri non scelti che tentavano di rubare il nastrino e, se questo avveniva, il carnevalotto derubato doveva cercare di recuperarlo per evitare le vergate da parte del Bucefere.

Una volta arrivati in piazza, il Bucefere saliva sulla scalinata di una casa e leggeva il proprio "Testamento" che era composto ad arte per mettere alla berlina i paesani rendendo pubblici fatti e misfatti avvenuti durante l'anno.

Oggi, la tradizione viene rinnovata ogni anno ma in maniera diversa e più leggera, in rispetto della legge sulla privacy.

Il primo giorno di maggio, ogni anno tutta la popolazione di Grotte Santo Stefano, si ritrova presso il santuario del S.S. Salvatore nella vicina macchia di Piantorena dove oltre a partecipare alle funzioni religiose, se il tempo lo permette, è solita organizzare pranzi con carne alla brace e buon vino, restando poi fino a sera, intrattenendosi con semplici giochi popolari, restando immersi nel verde che circonda la piccola Chiesa rurale sita sul posto.

Per i Grottani "DOC" è un appuntamento irrinunciabile, specialmente per quelli che seguono la tradizione arrivando sul posto a piedi, percorrendo i 5 km che separano la Chiesa del S.S. Salvatore dal centro del paese.

A questa giornata è legata una piccola curiosità, infatti dopo il furto della campana che era posta sul piccolo campanile della chiesa, con una raccolta di fondi fatta da alcuni volontari, i grottani hanno fatto fondere una nuova campana presso la fonderia pontificia Marinelli di Agnone in provincia di Isernia mettendola al suo posto la mattina del 1° maggio, per poi riportala indietro la sera.

Sul mantello della piccola campana, sono raffigurati, il Cristo benedicente, lo stemma pontificio di Papa Giovanni Paolo II ed alcune decorazioni mentre nella parte bassa c'è riportata la scritta "A DEVOZIONE DEL POPOLO DI GROTTE SANTO STEFANO 1 Maggio 2003".

La campana del S.S. Salvatore è conservata presso la piccola pinacoteca allestita all'interno del palazzetto dell'ex Comune insieme ad altri oggetti che fanno parte della storia del paese come il vecchio orologio da torre, che è stato recentemente recuperato e restaurato.

La sera del 5 gennaio, la tradizione grottana vuole che la Befana passi a trovare tutti i bambini del paese per capire se sono meritevoli dei doni richiesti. Infatti per le vie del paese, si snoda un piccolo corteo che con la banda musicale accompagna la Befana a far visita a tutti i bambini, nelle case di tutto il paese.

Cultura e associazioni

Grotte Santo Stefano conta numerose associazioni che tengono viva la comunità locale.

L'associazione Pro loco Santo Stefano durante l'anno promuove varie attività tra le quali, nel mese di giugno, la Sagra delle fettuccine; il G.P.A.L. (gruppo promotore attività locali) che si distingue in particolare per l'organizzazione della "Gipalissima", una sorta di competizione a squadre che si contendono un trofeo in varie manifestazioni di tipo sportivo, artistico e di abilità in generale, durante tutta l'estate; il motogruppo "I Tasci Grottani" è una associazione di motociclisti locali che organizza il Tascio Fest, grande raduno che richiama motociclisti da molte parti della provincia e non solo.

Altre associazioni, sono:I cavalieri di Ferento, La soc. Sportiva, La Misericordia, L'AVIS, L'Associazione per l'impegno Sociale ed altre, le quali garantiscono la promozione delle attività nel paese e di fatto si sostituiscono con spirito di sacrificio alla mancanza degli assessorati di un comune che purtroppo Grotte Santo Stefano non ha.

Infatti la totale dipendenza da Viterbo, non ha favorito e non favorisce lo sviluppo e la normale crescita che un paese come Grotte Santo Stefano avrebbe dovuto e dovrebbe avere.

Grotte Santo Stefano può inoltre vantare una tradizione bandistica con più di 80 anni di storia. La banda "Ferentum" infatti nasce nel 1920 e si esibisce per la prima volta il 15 luglio dello stesso anno, in piazza del Comune (piazza dell'Unità dopo l'aggregazione a Viterbo) continuando a percorrere la sua strada fino ai nostri giorni con ripetuti e apprezzati successi. La banda "Ferentum" come già detto nasce a Grotte Santo Stefano, per volontà di un piccolo gruppo di appassionati che affrontando le prime spese riuscirono a organizzare una scuola musicale, prima con il M° La Renza poi con il M° La Vicina. La banda, con un primo organico di circa 20 elementi, diretto dal M° Sebastiano Rapisarda, si esibì per la prima volta, nella piazza del piccolo comune il 15 Luglio del 1920, riscuotendo il suo primo impotrante successo, tanto che nel giro di poco tempo, gli elementi salirono ad una cinquantina.

Fu così che nel 1922 fu fondata la "Società Musicale Ferentum" la quale aveva lo scopo di sostenere la banda, nella sua opera formativa e ricreativa, importantissima per i giovani e non solo, che popolavano il piccolo centro. Il consiglio direttivo della banda, affida ad un certo punto, la direzione al M° Etolo Braccioni di Grotte Santo Stefano, il quale curerà anche l'insegnamento musicale per circa 40 anni, garantendo alla banda stessa una certa stabilità, con la formazione di ottimi Musicanti, alcuni dei quali costituiscono ancora oggi, i pilastri dell'attuale organico.

Per raggiunti limiti di età, il M° Braccioni lascia la direzione della banda che negli anni, viene affidata in successione ai Maestri Carmine D'Ambrosio, Evo Bonsanti, Antonio Bossone e poi al M° Vincenzo Gioiosi di Grotte Santo Stefano, che la guiderà, modernizzando il repertorio, fino al 2002, anno in cui prende la direzione il M° Carlo Pierluigi De Santis, anch'esso di Grotte Santo Stefano.

Negli anni '70 la banda si dà una nuova immagine, inserendo nel proprio organico un gruppo di Majorette, le quali daranno un tono più moderno e spettacolare.

Oggi la Banda musicale Ferentum, è formata da una cinquantina di elementi più 20 Majorette e mantiene al suo interno sia la scuola musicale per la formazione di nuovi Musicanti, sia la scuola di Twirlig, per la formazione delle Majorette.


All'interno del palazzetto in piazza Dell'Unità, antica sede del vecchio Comune, è conservato quel poco che resta dell'archivio storico, recuperato dopo anni di insistenti richieste rivolte al Comune di Viterbo. L'archivio tuttavia non è ancora stato sistemato in modo da poter essere visionato e consultato, per poter ricostruire una parte importante della storia e dell'identità del paese.

Lo stemma del Comune per esempio, stando ad alcuni scritti, dovrebbe essere stato lo stesso che in passato fu di Donna Olimpia Maidalchini la quale, essendo la cognata del Papa Innocenzo X (Giovanni Battista Pamphili) fu proprietaria del castello di Montecalvello.

Scendendo a sinistra della Chiesa in piazza Dell'Unità, si arriva davanti al palazzo Doria Pamphili risalente al XVIII secolo. Sopra il portone principale è posto un fregio in peperino che riproduce lo stemma della famiglia.

Il palazzo fu donato dalla famiglia alle Suore del Preziosissimo Sangue che lo usarono come convento e come scuola, fino agli inizi degli anni settanta quando, con una raccolta di fondi tra la popolazione, fu acquistato dalla Parrocchia Santo Stefano. Oggi la struttura versa in un forte degrado e avrebbe bisogno di un serio recupero, ma la mancanza di fondi rende la cosa per ora impossibile.

Tra i cittadini di Grotte Santo Stefano, ci sono alcuni che per la passione per la propria terra, hanno sentito il bisogno di srivere dei libri, tra questi, interessante è quello di Tito Sensi, intitolato "il Paese della nostalgia" oppure i libri storico/geografici di Rifeo Santoni o di Padre Felice Rossetti, scritti su Grotte Santo Stefano, Piantorena e Montecalvello.

Durante la festa del patrono, era stata istituita l'assegnazione del premio "Grotte ai suoi figli migliori" con il quale veniva appunto premiato chi di origini Grottane, si fosse distinto nel mondo. Infatti negli anni sono stati premiati, un Cardinale, un Generale dell'esercito, un Medico, poi però per qualche strano motivo si è smesso di farlo.

Note

  1. ^ L'autobiografia è tuttora inedita anche se lo studioso umbro Angelo Bitti ne sta curando la pubblicazione. La parte relativa al centro tiberino è comunque consultabile all'interno dell'articolo "E finì a Grotte a fà 'l farmacista", apparso in Biblioteca e Società, Vol. XVI, 1985-1986.

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