Zellige: differenze tra le versioni

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Lo zellige è un [[elemento architettonico]] maghrebino, di provenienza [[berberi|berbera]] e [[Arte hispano-moresca|hispano-moresca]], che si adatta perfettamente agli stili contemporanei di decorazione preservando così la produzione artigianale. Venne rinvenuto sotto forma di frammenti a [[Al-Mansuriyya]] in [[Tunisia]], probabilmente risalenti alla fondazione dei [[Fatimidi]] della metà del X secolo o all'occupazione degli [[Ziridi]], tribù originaria dall'[[Algeria]], della metà dell'XI, suggeriscono che la tecnica potrebbe essersi sviluppata nel mondo islamico occidentale intorno a questo periodo.<ref>{{Cita libro|autore=Jonathan Bloom|autore2=Sheila S. Blair|autore3=Sheila Blair|titolo=Grove Encyclopedia of Islamic Art & Architecture. Oxford University Press|annooriginale=2009|p=201|urlcapitolo=https://books.google.com/books?id=un4WcfEASZwC&pg=PA201|ISBN=978-0-19-530991-1}}</ref> [[Georges Marçais]] ha sostenuto che questi frammenti, insieme a decorazioni simili trovate a [[Mahdia]], indicano che la tecnica probabilmente ebbe origine a [[Ifriqiya]] e fu successivamente esportata più a ovest.<ref>{{Cita libro|autore=Marçais, Georges|titolo=L'architecture musulmane d'Occident. Paris: Arts et métiers graphiques.|annooriginale=1954|pp= 99, 335}}</ref>
Lo zellige è un [[elemento architettonico]] maghrebino, di provenienza [[berberi|berbera]] e [[Arte hispano-moresca|hispano-moresca]], che si adatta perfettamente agli stili contemporanei di decorazione preservando così la produzione artigianale. Venne rinvenuto sotto forma di frammenti a [[Al-Mansuriyya]] in [[Tunisia]], probabilmente risalenti alla fondazione dei [[Fatimidi]] della metà del X secolo o all'occupazione degli [[Ziridi]], tribù originaria dall'[[Algeria]], della metà dell'XI, suggeriscono che la tecnica potrebbe essersi sviluppata nel mondo islamico occidentale intorno a questo periodo.<ref>{{Cita libro|autore=Jonathan Bloom|autore2=Sheila S. Blair|autore3=Sheila Blair|titolo=Grove Encyclopedia of Islamic Art & Architecture. Oxford University Press|annooriginale=2009|p=201|urlcapitolo=https://books.google.com/books?id=un4WcfEASZwC&pg=PA201|ISBN=978-0-19-530991-1}}</ref> [[Georges Marçais]] ha sostenuto che questi frammenti, insieme a decorazioni simili trovate a [[Mahdia]], indicano che la tecnica probabilmente ebbe origine a [[Ifriqiya]] e fu successivamente esportata più a ovest.<ref>{{Cita libro|autore=Marçais, Georges|titolo=L'architecture musulmane d'Occident. Paris: Arts et métiers graphiques.|annooriginale=1954|pp= 99, 335}}</ref>


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Nel [[XI secolo]] la tecnica zellij aveva raggiunto un livello sofisticato nel mondo islamico occidentale, come attestato negli elaborati pavimenti rinvenuti a [[Qal'a dei Banu Hammad]] in [[Algeria]].<ref name="BloomBlair20092">{{Cita libro|autore1=Jonathan Bloom|urlcapitolo=https://books.google.com/books?id=un4WcfEASZwC&pg=PA201|titolo=Grove Encyclopedia of Islamic Art & Architecture|autore2=Sheila S. Blair|autore3=Sheila Blair|editore=Oxford University Press|anno=2009|isbn=978-0-19-530991-1|p=201|capitolo=Architecture; X. Decoration; B. Tiles}}</ref> Probabilmente derivato dal mosaico [[arte romana|romano]] e [[Arte bizantina|bizantino]]<ref>Ivo Grammet, Min Dewachter et Els De Palmenaer pour l'Etnografisch Museum d'Anvers, ''Maroc : Les artisans de la mémoire'', Gent, éditions Snoeck, 2006 ISBN 90-5349-577-0</ref>, lo zellige tradizionale apparve prima in Algeria e Tunisia fino ad arrivare in Marocco nel [[X secolo]] nelle tonalità di bianco e bruno, per poi espandersi nel [[XIV secolo]] sotto la dinastia dei [[Merinidi]], con l'utilizzo del blu, del verde e del giallo. Il rosso verrà utilizzato solo dal [[XVII secolo]]. I vecchi smalti con i colori naturali sono stati utilizzati fino all'inizio del [[XX secolo]] quando gli stessi non si erano probabilmente evoluti molto dai tempi dei merinidi. La dinastia dei Merinidi ne fece largo uso, specialmente a [[Fès]].


Oggi, la gamma di colori degli zellige è singolarmente ricca di colori brillanti che possono moltiplicarsi in composizioni infinite. La forma più comune di zellige è il quadrato le cui dimensioni sono variabili. Nella composizione sono possibili anche altre forme: l'ottagono combinato con un [[cabochon]], la stella e la croce.
Oggi, la gamma di colori degli zellige è singolarmente ricca di colori brillanti che possono moltiplicarsi in composizioni infinite. La forma più comune di zellige è il quadrato le cui dimensioni sono variabili. Nella composizione sono possibili anche altre forme: l'ottagono combinato con un [[cabochon]], la stella e la croce.

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Decorazioni del rivestimento del pavimento del Palazzo Zianide a Tlemcen in Algeria.
Decorazione in zellige della fontana di piazza El-Hedine a Meknès in Marocco.
Decorazione hispano-moresca, con l'aquila imperiale di Carlo V, Alhambra, Granada, Spagna.
Esempio di mosaico romano, probabile origine dello zellige.
Pavimento in pietra nera con inserti bianchi, I secolo, casa dei Ceii, Pompei.

Lo zellige (dall'arabo ﺯﻟﻴﺞ, zullayj, "ceramica, maiolica, piccola pietra levigata") è un assemblaggio di piastrelle tagliate in terracotta smaltata che riproduce un disegno geometrico. Le tessere di ceramica compongono una forma a mosaico, e sono collocate su un letto di intonaco.

Viene utilizzato principalmente come decorazione per pareti e pavimenti. Quest'arte decorativa è una caratteristica dell'architettura del Maghreb.

Storia

Lo zellige è un elemento architettonico maghrebino, di provenienza berbera e hispano-moresca, che si adatta perfettamente agli stili contemporanei di decorazione preservando così la produzione artigianale. Venne rinvenuto sotto forma di frammenti a Al-Mansuriyya in Tunisia, probabilmente risalenti alla fondazione dei Fatimidi della metà del X secolo o all'occupazione degli Ziridi, tribù originaria dall'Algeria, della metà dell'XI, suggeriscono che la tecnica potrebbe essersi sviluppata nel mondo islamico occidentale intorno a questo periodo.[1] Georges Marçais ha sostenuto che questi frammenti, insieme a decorazioni simili trovate a Mahdia, indicano che la tecnica probabilmente ebbe origine a Ifriqiya e fu successivamente esportata più a ovest.[2]

Nel XI secolo la tecnica zellij aveva raggiunto un livello sofisticato nel mondo islamico occidentale, come attestato negli elaborati pavimenti rinvenuti a Qal'a dei Banu Hammad in Algeria.[3] Probabilmente derivato dal mosaico romano e bizantino[4], lo zellige tradizionale apparve prima in Algeria e Tunisia fino ad arrivare in Marocco nel X secolo nelle tonalità di bianco e bruno, per poi espandersi nel XIV secolo sotto la dinastia dei Merinidi, con l'utilizzo del blu, del verde e del giallo. Il rosso verrà utilizzato solo dal XVII secolo. I vecchi smalti con i colori naturali sono stati utilizzati fino all'inizio del XX secolo quando gli stessi non si erano probabilmente evoluti molto dai tempi dei merinidi. La dinastia dei Merinidi ne fece largo uso, specialmente a Fès.

Oggi, la gamma di colori degli zellige è singolarmente ricca di colori brillanti che possono moltiplicarsi in composizioni infinite. La forma più comune di zellige è il quadrato le cui dimensioni sono variabili. Nella composizione sono possibili anche altre forme: l'ottagono combinato con un cabochon, la stella e la croce.

Lo zellige è utilizzato per le pareti, ma anche per i pavimenti. Viene poi modellato e ha uno spessore di circa 2 cm. Ve ne sono di quadrati 10 × 10 cm o semplicemente tagliati per essere combinati con un cabochon ad angoli colorati. Per i pavimenti vengono utilizzate anche le piastrelle "bejmat" 5 × 15 cm con spessore di 2 cm.

Il materiale può essere naturale o smaltato e può essere messo in posa in modo semplice o a spina di pesce.

Note

  1. ^ Jonathan Bloom, Sheila S. Blair e Sheila Blair, https://books.google.com/books?id=un4WcfEASZwC&pg=PA201, in Grove Encyclopedia of Islamic Art & Architecture. Oxford University Press, 2009, p. 201, ISBN 978-0-19-530991-1.
  2. ^ Marçais, Georges, L'architecture musulmane d'Occident. Paris: Arts et métiers graphiques., 1954, pp.  99, 335.
  3. ^ Jonathan Bloom, Sheila S. Blair e Sheila Blair, Architecture; X. Decoration; B. Tiles, in Grove Encyclopedia of Islamic Art & Architecture, Oxford University Press, 2009, p. 201, ISBN 978-0-19-530991-1.
  4. ^ Ivo Grammet, Min Dewachter et Els De Palmenaer pour l'Etnografisch Museum d'Anvers, Maroc : Les artisans de la mémoire, Gent, éditions Snoeck, 2006 ISBN 90-5349-577-0

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