Rocco (famiglia): differenze tra le versioni

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Andrea.rocco (discussione | contributi)
m Qualifiche di Alberto Rocco
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|cognome = [[File:Crown of Italian patrician.svg|50px]]<br/>Rocco<br/><small>del Seggio di Montagna</small>
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|cognome = [[File:Princely Hat.svg|50px]]<br/>Rocco<br/><small> di Torrepadula</small>
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|stemma = Stemma Rocco Torrepadula.jpg
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|blasonatura = <small>Di [[Azzurro (araldica)|azzurro]] con tre [[Banda (araldica)|bande]] d'[[Oro (araldica)|oro]] ed il [[Capo (araldica)|capo]] di [[Rosso (araldica)|rosso]], caricato di tre [[Rocco (araldica)|rocchi]] d'[[Argento (araldica)|argento]] posti in fascia, cucito sostenuto da una [[fascia (araldica)|fascia]] pure d'[[Oro (araldica)|oro]].<br/>Cimato d'elmo posto in profilo, sormontato da un pennacchio di tre penne dei colori dello scudo, infilzate da quattro corone antiche d'oro, due nella penna di mezzo, una in ciascuna penna di lato. Raccolto sotto un manto di velluto di porpora, soppannato di seta bianca e bordato d'oro, a sua volta sormontato da elmo d'oro, posto di fronte e semiaperto.<br/>Corona principesca.</small>
Cimato d'elmo posto in profilo, sormontato da un pennacchio di tre penne dei colori dello scudo, infilzate da quattro corone antiche d'oro, due nella penna di mezzo, una in ciascuna penna di lato.
Raccolto sotto un manto di velluto di porpora, soppannato di seta bianca e bordato d'oro, a sua volta sormontato da elmo d'oro, posto di fronte e semiaperto<br/>
Corona principesca.</small>
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|cognome = [[File:Crown of Italian patrician.svg|50px]]<br/>Rocco<br /><small>di Lettere</small>
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|stemma = Stemma Rocco di Lettere.jpg
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|stato = {{simbolo|Bandera de Nápoles - Trastámara.svg|20|border}} [[Regno di Napoli]]<br/>{{simbolo|Flag of the Kingdom of the Two Sicilies (1816).svg|20|border}} [[Regno delle Due Sicilie]]
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[[File:Epigrafe Giovanni Antonio Rocco.jpg|right|miniatura|Epigrafe dedicata a Giovanni Antonio Rocco presso la Basilica di San Lorenzo Maggiore in Napoli]]
[[File:Epigrafe Giovanni Antonio Rocco.jpg|right|miniatura|Epigrafe dedicata a Giovanni Antonio Rocco presso la Basilica di San Lorenzo Maggiore in Napoli]]
[[File:Epigrafe Decio Rocco.jpg|right|miniatura|Epigrafe dedicata a Decio Rocco presso la Basilica di San Lorenzo Maggiore a Napoli]]
[[File:Epigrafe Decio Rocco.jpg|right|miniatura|Epigrafe dedicata a Decio Rocco presso la Basilica di San Lorenzo Maggiore a Napoli]]
*'''Francesco''', che fu "savio amministratore della cosa pubblica"<ref name="EE">{{Cita|Padiglione|p. 5.|Padiglione}}</ref> e "Cavalier assai lodato né maneggi de' publici affari della Città e testimonio ne fu la sua morte pianta e compassionata da tutti i buoni"<ref name="BB" />. Quale rappresentante del Seggio di Montagna, fu chiamato a far parte - insieme ad altri due Rocco, '''Giovanni Simone''' e '''Pietro''' - della cerimonia solenne dell'ingresso trionfale di Carlo V a Napoli, il 25 novembre 1535<ref>L'ingresso trionfale da [[Porta Capuana]] di Carlo V il 25 novembre 1535 fu uno degli avvenimenti di maggior rilievo della storia di Napoli del Cinquecento. L'evento fu raffigurato nel bassorilievo funebre che il viceré [[Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga]] fece realizzare per sé da [[Giovanni da Nola]], nella basilica di [[Pontificia reale basilica di San Giacomo degli Spagnoli|S. Giacomo degli Spagnoli]], in cui però poi non fu inumato</ref>. Il ruolo di primo piano rivestito dai tre Rocco in quella circostanza fu sottolineato dal poeta coevo Giovanni Battista Pino<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it//enciclopedia/giovan-battista-pino_(Dizionario-Biografico)|titolo=PINO, Giovan Battista in "Dizionario Biografico"|sito=www.treccani.it|lingua=it-IT|accesso=2019-03-24|urlmorto=sì}}</ref> nella sua opera maggiore ''Triompho di Carlo Quinto a’ cavalieri et alle donne napoletane'', edito a Napoli l'anno successivo, nel quale si leggono i seguenti versi, tra quelli che descrivevano le maggiori personalità napoletane, in attesa dell'arrivo dell'Imperatore d'Asburgo:<ref name="EE" />
*'''Francesco''', che fu "savio amministratore della cosa pubblica"<ref name="EE">{{Cita|Padiglione|p. 5.|Padiglione}}</ref> e "Cavalier assai lodato né maneggi de' publici affari della Città e testimonio ne fu la sua morte pianta e compassionata da tutti i buoni"<ref name="BB" />. Quale rappresentante del Seggio di Montagna, fu chiam

{{Citazione|Vedi quei dieci, e tra collor tre Rocchi, / Gian Simone, Francesco e Piero degno / che a honor e a fama sempre volgon l'occhi}}
* '''Decio''', figlio di '''Giovanni Antonio''' e Livia Pisanella, fu "''Preside e Governatore delle Provincie di [[Capitanata]] e [[Contado di Molise]]''<ref name=":2" /><ref name="AA" /><ref name="BB" /> presso il capoluogo di quei territori, [[Lucera]]. Nel 1591 e 1593 fu deputato al Parlamento Generale di Napoli, in rappresentanza del Seggio di Montagna.<ref>{{Cita|Privilegj e capitoli 1719|p. 24 e 34.|Privilegj e capitoli 1719}}</ref> Sposò [[Carafa|Camilla Carafa della Spina]], dalla quale non ebbe figli. Ancora oggi la cappella di famiglia in San Lorenzo Maggiore, adornata dello stemma congiunto bipartito Rocco-Carafa, ospita la tomba dei due con l'iscrizione:<ref>{{Cita|D'Engenio Caracciolo|p. 107.|D'Engenio Caracciolo}}</ref>

{{Citazione|Decio Rocco spectatae virtutis Equiti, publicis rebus administrandis fide et integritatae praeclaro, domusque amplitudine augenda eximio, et Camillae Carrafae eius uxori, Caesar Roccus ex testamento haeres cum lachrymis posuit}}
* '''Cesare''', citato nell'epigrafe precedente, fratello di Decio e suo "erede per testamento", sposò [[Carafa|Ippolita Carafa della Spina]], sorella della cognata Camilla, dalla quale ebbe dodici figli "''cavalieri degnissimi tra quanti ne nacquero in questa Città di Napoli''".<ref>{{Cita|Capaccio|p. 707|Capaccio}}.</ref> Cesare Rocco fu militare di professione, dapprima "''Capitano di una Compagnia di 300 lance albanesi''"<ref name=":2" /> e poi "''Governatore di otto Compagnie d'Infanterie Napoletane''", con le quali fu tra i protagonisti di alcuni fatti d'arme dell'esercito napoletano nei territori lombardi.<ref name=":2" /><ref name="AA" /> Tornato a Napoli, Cesare fu eletto al Parlamento Generale di Napoli, dapprima come Deputato per il Seggio di Montagna (1586)<ref>{{Cita|Privilegj e capitoli 1719|p. 3|Privilegj e capitoli 1719}}.</ref> e successivamente come Sindaco (1621).<ref>{{Cita|Privilegj e capitoli 1719|p. 123.|Privilegj e capitoli 1719}}</ref> Essendosi dimostrato anche "''nei magistrati civili, operoso e solerte ed eloquentissimo nei parlamenti''",<ref name="DD" /> gli fu concesso il feudo di [[Riserva naturale Montedimezzo|Montedimezzo]]<ref>{{Cita|Serra di Gerace|p. 475.|Serra di Gerace}}</ref> in Molise ed il titolo nobiliare di [[barone]].
Dei dodici figli di Cesare Rocco e Ippolita Carafa furono ricordati '''Bernardo''', Razionale della [[Regia Camera della Sommaria]]''<ref name="P8">{{Cita|Padiglione|p. 8.|Padiglione}}</ref>, '''Ottavio''','' che seguì le orme militari paterne "militando in Fiandra, Alemagna e Ungheria, nei quali combattimenti si segnalò per tratti di valore",<ref name="P8" /> "al suo comando ebbe più di mille soldati e tiene oggi (1644) carico di Sergente Maggiore del Battaglione nella Provincia di Terra d'Otranto",<ref name=":2" /><ref name="BB" /> '''Fra Gennaro''' dei Conventuali Francescani, "Diffinitore Generale perpetuo" nella provincia di Napoli (massima carica locale dell'Ordine), curatore della Basilica di San Lorenzo Maggiore e promotore di cospicui restauri della chiesa, che recuperò da rovina certa. Fra Gennaro Rocco fu altresì ricordato dal Capecelatro per essere stato protagonista in un episodio della rivolta popolare del 1647:<ref>{{Cita|Padiglione|p. 9.|Padiglione}}</ref>
{{Citazione|con animo impavido (si recò) in casa di [[Gennaro Annese]], da armajuolo gridato capitan generale del popolo, nei torbidi del 1647, per persuaderlo di restituire gli oggetti tolti dalle case di cospicui e ricchi cittadini, fu minacciato dallo stesso di morte, ove tosto non tacesse}}

== Disimpegno dal Seggio di Montagna e diffusione nelle altre provincie del Regno ==
Il clima di incertezza che si respirava a Napoli all'inizio del Seicento, per le sempre più frequenti crisi pestilenziali che affliggevano il golfo e per la situazione politica e di ordine pubblico, che lasciava presagire i sommovimenti popolari che sarebbero drammaticamente esplosi alla metà del secolo, indusse molte famiglie nobili a cercare fuori dai confini della capitale del Regno altre forme di interesse e di investimento fondiario.

I Rocco non fece eccezione e a partire dalla generazione successiva a quella di Decio e Cesare, i primi che - a causa degli incarichi pubblici rivestiti - avevano potuto rendersi conto delle potenzialità offerte da altri territori, cominciarono a diffondersi dapprima nei centri circostanti la capitale e, poco dopo, anche in altre provincie del Regno. In particolare, i primi possedimenti acquistati dagli eredi di Cesare furono quelli di [[Casoria]], dove - come si vedrà - la linea principale della famiglia si assesterà nei secoli successivi, pur mantenendo l'inevitabile legame con Napoli.

Il trasferimento degli interessi principali della casata portò tuttavia al graduale, inevitabile disimpegno dalla gestione del Seggio di Montagna, culminato all'indomani dei moti popolari del 1647. Per questo motivo alcuni cronisti e genealogisti di fine Seicento dissero "estinta" la famiglia Rocco, intendendo per questo l'allontanamento dalla gestione del Seggio di Montagna.<ref name="DL405">{{Cita|De Lellis|p. 405.|De Lellis}}</ref>

===<span style="font-size: 120%;">Il ramo di Casoria e il principato di Torrepadula</span>===

==== Carlo Rocco, il primo Principe ====
L'ultimo Rocco a rivestire cariche pubbliche nell'ambito del Seggio di Montagna fu '''Carlo''' (*1 settembre 1588 - † 22 gennaio 1651), figlio primogenito di Cesare, che intorno al 1620 fu eletto dal Patriziato napoletano nel "Corpo della Città di Napoli" (la giunta municipale ante litteram)<ref>{{Cita|Libro della nobiltà italiana|p. 491.|Libro della nobiltà italiana}}</ref> e più tardi nominato Giudice della [[Gran Corte della Vicaria]] per il quadriennio 1623 / 1626.<ref>{{Cita|Toppi|p. 29 e segg.|Toppi}}</ref>

Per i meriti acquisiti nell'espletamento soprattutto di quest'ultimo incarico, il sovrano [[Filippo IV di Spagna|Filippo IV]] dapprima lo insignì del cavalierato dell'[[Ordine militare di Calatrava|Ordine di Calatrava]] - una delle massime onorificenze della monarchia spagnola - quindi lo nominò "Regio consigliere" e successivamente, con privilegio del 13 febbraio 1641, lo investì del titolo di '''[[Principe]] di [[Torrepaduli|Torrepadula]].''' Il provvedimento regio, nel riconoscere l'"antica nobiltà della sua casa, dei meriti di suo padre e dei suoi maggiori e dei servigi resi alla Corona"<ref name="P10">{{Cita|Padiglione|p. 10.|Padiglione}}</ref>, recava anche l'ambita qualifica onoraria di "consanguineo fedele diletto" del re.

{{Discendenza
|allinea=destra|larghezza=600|didascalia='''Discendenza dei Principi di Torrepadula dalla famiglia Rocco del Seggio di Montagna'''<br />Stralcio riferito ai soli nominativi citati nel testo<br /><br />{{Discendenza/P|1}} <small>Ippolita Rocco, di Ottavio, ottenne da Filippo IV di Spagna l'assenso a trasferire il titolo di Principe sul feudo di Trebisacce, di proprietà del marito Andrea Petagna</small><br />{{Discendenza/P|2}} <small>Con sentenza del Tribunale civile di Napoli del 20 agosto 1860, Giovanni Rocco ottenne il riconoscimento della validità del titolo di Principe di Torrepadula, retroattivo per otto generazioni sulla linea di successione maschile</small><br />{{Discendenza/P|3}}<small>Nel 1940, alla morte del fratello Giovanni, privo di eredi maschi, Giuseppe divenne undicesimo Principe di Torrepadula. Nel 1946, con l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana (XIV disposizione transitoria) i titoli nobiliari cessarono di essere riconosciuti. Nel 1954, tuttavia Giuseppe Rocco ottenne dal Tribunale civile di Roma l'autorizzazione ad aggiungere il predicato nobiliare al cognome, che da quel momento divenne "Rocco di Torrepadula" </small>
| 1|-1|'''Andrea'''<ref name="P14" />|<small>Maestro Razionale</small>
| 2| 1|'''Simonello'''|<small>Presidente della Camera della Sommaria</small>
| 3| 2|'''Mattia'''|<small>Barone di Casella</small>
| 4| 2|Giacomo<br /><small>(†1503)</small>|<small>Ambasciatore presso quattro re aragonesi</small>
| 5| 2|Giovanni Tommaso|<small>Regio Ciambrerio</small>
| 6| 3|Giovanni Ferdinando|<small>Barone di Casella</small>
| 7| 3|'''Giovanni Antonio'''|
| 8| 7|Decio<br /><small>(†1610)</small>|<small>Governatore di Capitanata e Molise</small>
| 9| 7|'''Cesare'''<br /><small>(†1625)</small>|<small>Barone di<br />Montedimezzo</small>
|10| 9|'''Carlo'''<br /><small>(*1558-†1651)</small>|<small>'''I Principe di Torrepadula (1641)'''<br />Rinuncia (1649)</small>
|11| 9|Giovanni<br /><small>(*1559-†1652)</small>|<small>Si trasferisce<br />a Casoria (1610)</small>
|13| 9|Ottavio|
|15|11|Agostino|
|16|13|'''Ippolita'''<small><br />(†1672)</small>|<small>''sp. Andrea Petagna''<br />'''Principi di Trebisacce (1655)''' {{Discendenza/P|1}}</small>
|17|15|'''Giovanni'''<small>(*1611)</small>|<small>'''II Principe di Torrepadula (1649)'''</small>
|18|17|'''Giuseppe'''<small>(*1639)</small>|
|19|18|'''Giovanni'''<small>(*1660)</small>|
|20|19|'''Marco'''<small>(*1685)</small>|
|21|20|'''Innocenzo'''<small>(*1731)</small>|
|22|21|'''Marco'''<small>(*1770-)</small>|
|25|22|'''Giovanni'''<br /><small>(*1806-†1864)</small>|<small>'''VIII Principe di Torrepadula'''<br /></small>{{Discendenza/P|2}}<small>Sent. 20.8.1860</small>
|24|22|Nicola<br /><small>(*1811-†1877)</small>|
|26|22|Gennaro<br /><small>(*1814-†1899)</small>|
|27|22|Giuseppe<br /><small>(*1815-†1884)</small>|
|30|25|'''Innocenzo''' <br /><small>(*1851-†____)</small>|<small>'''IX Principe di Torrepadula'''</small>
|31|25|Marco<br /><small>(*1859-†1938)</small>|<small>Deputato<br />XXII e XXIII leg.<br />Regno d'Italia<br />Sindaco di Casoria</small>
|34|30|'''Giovanni''' <br /><small>(*1874-†1940)</small>|<small>'''X Principe di Torrepadula'''</small>
|35|30|'''Giuseppe''' <br /><small>(*1883-†1967)</small>|<small>'''XI Principe di Torrepadula'''<br /></small>{{Discendenza/P|3}}
|33|24|Marco<br /><small>(*1848-†1916)</small>|<small>Conte di Torrepadula<br />Deputato<br />dalla XV alla XXI leg.<br />Regno d'Italia</small>
|36|26|Pietro<br /><small>(*1851-†1898)</small>|<small>Deputato<br />XV leg.<br />Regno d'Italia</small>
|37|26|Giovanni<br /><small>(*1853-†1894)</small>|
|38|36|Marco<br /><small>(*1887-†1943)</small>|<small>Deputato<br />XXV e XXVI leg.<br />Regno d'Italia<br />Sindaco di Casoria</small>
|39|37|Luigi<br /><small>(*1894-†1951)</small>|<small>Deputato<br />alla Costituente<br />Sindaco di Casoria</small>
}}

Il titolo di principe, conferito "''suosque heredes et successores",'' era del tutto onorifico: ad esso non corrispondeva un principato reale su cui esercitare lo jus territoriale. Il feudo di Torrepadula, infatti, oggi [[Torrepaduli]] in terra d'Otranto, passò di mano in mano a diversi acquirenti, ma non appartenne mai a casa Rocco: come è stato sottolineato "la concessione del titolo infisso su di un feudo posseduto da altri è rarissima e mostra la speciale benevolenza del sovrano" .<ref name="P10" />

La posizione di primazia nelle grazie reali costò a Carlo l'indesiderata attenzione dei rivoltosi del 1647, durante la sollevazione popolare di [[Masaniello]]. Agli insorti era giunta voce che il Principe di Torrepadula, in combutta con il Viceré [[Rodrigo Ponce de León|Rodrigo Ponce de Leon]], celasse nel suo palazzo l'originale di un decreto di Carlo V che assicurava alla popolazione l'affrancamento da una serie di tasse e gabelle, diceria rivelatasi poi infondata.

Nella furiosa ricerca del documento, che avrebbe fornito sostanza giuridica alle rivendicazioni popolari, "le turbe crudeli ed irragionevoli (si slanciarono) contro di lui (e) non solo gli bruciarono i mobili della sua casa in Napoli, ma gli spianarono un'altra sua casa a [[Posillipo]] e gli tagliarono gli alberi fruttiferi e le viti di un nobil podere che vi aveva.<ref>{{Cita|Capecelatro|p. 35.|Capecelatro}}</ref>

Nonostante gli attacchi ricevuti e pur potendo ricorrere ai possedimenti della più tranquilla Casoria, Carlo Rocco non si diede alla fuga e rimase fedele al fianco del Viceré, riparato in [[Maschio Angioino|Castel Nuovo]], fino alla conclusione della rivolta<ref name="P10" />.

Gli eventi rocamboleschi vissuti nel periodo rivoluzionario dovettero tuttavia segnargli la vita, facendogli "venire in fastidio il secolo". Decise allora di cambiare drasticamente pagina: "vivente la moglie e rinunciando alle vanità del mondo, si fece degnissimo sacerdote della religione dei Padri [[Chierici regolari teatini|chierici regolari dell'Ordine teatino]]"<ref name="DL405" /> e "entrò nel chiostro della [[Chiesa di Santa Maria della Vittoria (Napoli)|Santa Maria della Vittoria]], ove visse e morì assai esemplarmente".<ref>{{Cita|Padiglione|p. 11.|Padiglione}}</ref>

Non ebbe figli dalla moglie Maria Rossi del Barbazzale<ref>{{Cita web|url=http://www.nobili-napoletani.it/Rossi-Barbazzale.htm|titolo=Famiglia Rossi del Barbazzale|sito=www.nobili-napoletani.it|accesso=2019-03-26}}</ref>, la cui presenza ingombrante non fu probabilmente estranea alla decisione del ritiro monastico, se è vero che il Capecelatro ce la descrive "vecchia, brutta, infermiccia e fastidiosa".<ref name="P14">{{Cita|Padiglione|p. 14.|Padiglione}}</ref>

La nuova vita claustrale indusse in Carlo Rocco la rinuncia al titolo principesco che il 2 settembre 1649<ref>Atto per mano del notar Andrea Rocchino di Casoria, 2 settembre 1649. Cfr. Padiglione, pag. 13</ref> decise di trasferire al pronipote '''Giovanni,''' nipote del suo omonimo fratello che già da qualche anno aveva trasferito la casata a [[Casoria]].

==== Il trasferimento del titolo sul feudo di Trebisacce ====
L'atto di rinuncia del titolo in favore di Giovanni rimase però un mero documento notarile, che non aveva ricevuto l'assenso del re, come previsto dall'ordinamento dell'epoca.

Alla morte di Carlo (1651), la validità dell'atto fu contestato dalla nipote '''Ippolita''', che aveva sposato Andrea Petagna, da poco proprietario del feudo di [[Trebisacce]]. Ippolita fece istanza al sovrano affinché il titolo di principe di Torrepadula fosse trasferito sul feudo di Trebisacce e dunque conferito direttamente al marito. Nel 1655 [[Filippo IV di Spagna|Filippo IV]] concesse formale assenso alla richiesta e Ippolita e Andrea Petagna poterono fregiarsi del rango di Principi di Trebisacce. Il principato di Torrepadula veniva pertanto cancellato dagli elenchi nobiliari napoletani.

A sua volta, la linea principesca di Trebisacce scomparve dopo un secolo e mezzo, quando cioè si estinse del tutto la famiglia veneziana dei [[Correr]], che aveva ereditato il feudo per successione dai Petagna.<ref>{{Cita|Shamà|p. 49.|Shamà}}</ref>

Per circa un secolo e mezzo dopo questi accadimenti, gli esponenti casoriani della famiglia "menarono vita modesta e intenta alle loro faccende"<ref>{{Cita|Padiglione|p. 31.|Padiglione}}</ref>, concentrandosi sulla gestione dei propri possedimenti.

==== Quattro giuristi e cinque parlamentari ====
Alla fine del Settecento si mise invece in evidenza '''Marco''' (*1770), discendente in linea di retta da Giovanni, già brillante avvocato e poi elemento di spicco della magistratura napoletana, per essere stato prima giudice della [[Gran Corte della Vicaria|Gran corte della Vicaria]] e poi Consigliere della Gran Corte Criminale.<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it//enciclopedia/gran-corte-criminale|titolo=Gran corte criminale nell'Enciclopedia Treccani|sito=www.treccani.it|lingua=it-IT|accesso=2019-03-26|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160406235057/http://www.treccani.it/enciclopedia/gran-corte-criminale/|dataarchivio=6 aprile 2016|urlmorto=sì}}</ref><ref>{{Cita|Pesce - Silvestri|p. 8.|Pesce - Silvestri}}</ref>

Marco Rocco sposò la baronessa Orsola Perillo: dei loro cinque figli, quattro si diedero alla giurisprudenza e risultarono giuristi di chiara fama:

*'''Giovanni''' (*1806-†1864), fu dapprima giudice nella [[Gran Corte de' Conti]], organo di controllo e di giurisdizione in materia contabile e amministrativa, istituita in luogo della Camera della Sommaria, e divenne poi Sostituto Procuratore del Re presso il tribunale civile di Palermo, nel 1842. Tornato a Napoli, fu nominato prima Avvocato Generale della Gran Corte e, nel 1856, Procuratore Generale. [[Ferdinando II di Napoli|Ferdinando II]] lo nominò nel 1859 Cavaliere di grazia del [[Ordine costantiniano di San Giorgio|Sacro militare ordine costantiniano di San Giorgio]], mentre [[Francesco II delle Due Sicilie|Francesco II]] - negli ultimi giorni del [[Regno delle Due Sicilie]] - gli conferì l'incarico di formare un governo, l'ultimo dell'epoca borbonica. Ma Giovanni declinò la proposta, un po' perché titubante nel lasciare gli incarichi prestigiosi rivestiti in magistratura, e un po' per l'intempestività dell'offerta, approssimandosi ormai il settembre 1860 ed i vari [[Plebisciti risorgimentali|plebisciti]] di annessione delle Due Sicilie al Regno d'Italia. Appassionato cultore di arte e scavi, negli ultimi anni della sua vita fu eletto vicepresidente dell'Accademia di archeologia, lettere e belle arti di Napoli<ref>{{Cita|Pesce - Silvestri|p. 16.|Pesce - Silvestri}}</ref>. Inoltre, Giovanni si impegnò a fondo per ricostruire il blasone familiare, a partire dal riconoscimento giuridico dell'atto di rinuncia e cessione del titolo principesco voluto da Carlo nel 1649. Finalmente, nel luglio 1860, il Tribunale di Napoli riconobbe la legittimità della discendenza e sancì il diritto di Giovanni a fregiarsi del titolo di '''ottavo Principe di Torrepadula'''<ref>{{Cita|Pesce - Silvestri|p. 14-15.|Pesce - Silvestri}}</ref>;
*'''[[Nicola Rocco|Nicola]]'''<ref>In alcuni testi, anche recenti, è riportato il nome Niccola, che riprende ciò che fu inciso sulla lapide sepolcrale nel Cimitero di Casoria. Qui si è preferito riprendere il nome originale di '''Nicola''', come si legge nel registro delle nascite del Comune di Casoria, anno 1811, in [http://dl.antenati.san.beniculturali.it/v/Archivio+di+Stato+di+Napoli/Stato+civile+napoleonico+comuni+della+provincia/Casoria+e+Casavatore/Nati/1811/5545/101388473_00145.jpg.html?g2_imageViewsIndex=0 Immagine 145 | Antenati]</ref> (*1811-†1877) è considerato a buon diritto il padre fondatore del Diritto civile internazionale per aver pubblicato nel 1837, a soli ventisei anni, "''Dell’uso e autorità delle leggi del Regno delle Due Sicilie considerate nelle relazioni con le persone e col territorio degli stranieri''", subito accolto da lusinghiere recensioni in patria e all'estero. Anch'egli esercitò l'incarico di giudice della Gran Corte criminale e fu poi nominato Sostituto Procuratore presso il tribunale civile di Palermo. La sua carriera nell'amministrazione giudiziaria proseguì anche dopo l'unità d'Italia con l'incarico di Presidente di Sezione della Corte d'Appello di Napoli;<ref>{{Cita|Pesce - Silvestri|p. 19-20.|Pesce - Silvestri}}</ref>
*'''Gennaro''' (*1814-†1899) condivise con i fratelli la brillante carriera in magistratura, arrivando a ricoprire le cariche di Procuratore del Re presso il tribunale civile di Napoli e di Sostituto procuratore generale presso la Corte d'Appello della capitale del regno. Appassionato di filosofia, pubblicò alcune opere critiche come l'"''Elogio storico di Giambattista Vico"'' del 1844 e i "''Pensieri sulla storia civile dell’Italia nuova"'' del 1897;
*'''Giuseppe''' (*1815-†1884), insegnante di diritto amministrativo e diritto civile presso la Scuola del Ministero delle Finanze borbonico e nella "''Scuola di applicazione de' ponti e strade"'', fu considerato tra i massimi amministrativisti napoletani, per la pubblicazione dei volumi "''Quistioni di diritto amministrativo"'' del 1860 e "''La filosofia del diritto amministrativo e delle leggi che lo conservano''" del 1867.
<gallery>
Image: Marco rocco 1848.jpg|On. Marco Rocco <small><br/>(XV-XVI-XVII-XVIII-XIX-XX-XXI legislatura del Regno d'Italia)</small>
Image: Pietro rocco.jpg|On. Pietro Rocco <small><br/>(XV-XVI legislatura del Regno d'Italia)</small>
Image: Marco rocco 1859.jpg|On. Marco Rocco <small><br/>(XXII-XXIII legislatura del Regno d'Italia)</small>
Image: Marco rocco 1887.jpg|On. Marco Rocco <small><br/>(XXV-XXVI legislatura del Regno d'Italia)</small>
Image: Luigi rocco.jpg|On. Luigi Rocco <small><br/>(I legislatura repubblicana)</small>
</gallery>

La generazione successiva a quella dei quattro giuristi, ormai in piena epoca sabauda, fu notevolmente impegnata in politica:
* '''Marco''' (*1848-†1916), figlio di Nicola, fu eletto alla Camera dei Deputati ininterrottamente dalla XV alla XXI legislatura, dal 1882 al 1904<ref>{{Cita web|url=https://storia.camera.it/deputato/marco-rocco-18480228#nav|titolo=Marco Rocco / Deputati / Camera dei deputati - Portale storico|sito=storia.camera.it|accesso=2019-03-29}}</ref>. Non appartenendo alla linea ereditaria del titolo principesco, assunse il titolo di Conte di Torrepadula;
*'''Pietro''' (*1851-†1898), figlio di Gennaro, fu Deputato della XV legislatura (1882-1886)<ref>{{Cita web|url=https://storia.camera.it/deputato/pietro-rocco-18510615#nav|titolo=Pietro Rocco / Deputati / Camera dei deputati - Portale storico|sito=storia.camera.it|accesso=2019-03-29}}</ref>;
*'''Marco''' (*1859-†1938), figlio di Giovanni, rimase in Parlamento per la XXII e XXIII legislatura (1904-1913) e fu nello stesso periodo anche Sindaco di Casoria<ref>{{Cita web|url=https://storia.camera.it/deputato/marco-rocco-18590425#nav|titolo=Marco Rocco / Deputati / Camera dei deputati - Portale storico|sito=storia.camera.it|accesso=2019-03-29}}</ref>;
*'''Marco''' (*1887-†1943), figlio di Pietro, fu Deputato per la XXV e XXVI legislatura (1904-1913)<ref>{{Cita web|url=https://storia.camera.it/deputato/marco-rocco-di-torrepadula-18870121#nav|titolo=Marco Rocco Di Torrepadula / Deputati / Camera dei deputati - Portale storico|sito=storia.camera.it|accesso=2019-03-29}}</ref>.
Più tardi, nel 1949, anche '''Luigi''' (*1894-†1951), figlio di Giovanni fece la sua esperienza parlamentare nella I legislatura repubblicana (1949-1952), reggendo anche, al pari dei suoi cugini, il Municipio di Casoria.<ref>{{Cita web|url=https://storia.camera.it/deputato/luigi-rocco-18940601#nav|titolo=Luigi Rocco / Deputati / Camera dei deputati - Portale storico|sito=storia.camera.it|accesso=2019-03-29}}</ref>

==== Vicissitudini di un titolo nobiliare (1860-1954)<ref>{{Cita web|url=http://www.famiglienobilinapolitane.it/Genealogie/Rocco%20di%20Torrepadula.htm|titolo=ROCCO DI TORREPADULA|sito=www.famiglienobilinapolitane.it|accesso=2019-03-29}}</ref><ref>{{Cita|Libro d'oro della nobiltà italiana|p. 491.|Libro d'oro della nobiltà italiana}}</ref>====
Il riconoscimento del titolo di Principe di Torrepadula ottenuto dalla famiglia Rocco nel 1860 non fu automaticamente confermato dopo l'annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno d'Italia, l'anno successivo. Solo nel 1925, con Regio Decreto dell'11 giugno di quell'anno, i Rocco si videro riattribuire il titolo di "Nobile".

Si dovette invece attendere il 1936, quando Vittorio Emanuele III, con Regio Decreto ''motu proprio'' del 13 gennaio'','' riconobbe il titolo principesco "ai discendenti legittimi e naturali, maschi da maschi in linea e per ordine di primogenitura, da Marco Rocco, nato nel 1770".

Con l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana (XIV disposizione transitoria) i titoli nobiliari non venivano più riconosciuti dall'ordinamento statale.

Il 20 maggio 1954, l'ultimo Principe Giuseppe Rocco ottenne dal Tribunale civile di Roma l'autorizzazione ad aggiungere il predicato al cognome della sua casata che, da quel momento, mutò in "Rocco di Torrepadula".

===<span style="font-size: 120%;">Il ramo di [[Lettere (Italia)|Lettere]]</span>===

Nella seconda metà del Cinquecento, '''Claudio''' Rocco del Seggio di Montagna trasferì la sua residenza a Lettere, un piccolo centro alle falde dei Monti Lattari. L'appartenenza di Claudio alla linea principale della famiglia - controversa per alcuni - era stata certificata già dal 1664 da uno dei figli di Cesare Rocco, il "Diffinitore generale perpetuo" dei frati Conventuali Fra Gennaro, che aveva rilasciato regolare attestazione di parentela per consentire ai discendenti di Claudio di poter usufruire dei benefici riservati ai nobili cittadini.<ref name=":6">{{Cita|Padiglione|pag. 28 e segg..|Padiglione}}</ref>

Il nome di Claudio Rocco compare per la prima volta a Lettere in un verbale di adunanza del Sedile dei Nobili cittadini del 4 settembre 1572, convocata per nominare il nobile "eletto" che affiancava il sindaco nella gestione amministrativa cittadina<ref>{{Cita|Marciano-Casale|pag. 21.|Marciano-Casale}}</ref>. Da quel momento in poi, i discendenti di Claudio saranno presenti ininterrottamente nel corpo dei nobili della cittadina, fino all'inizio dell'Ottocento, ovvero fino ai radicali cambiamenti imposti alle organizzazioni municipali nel periodo murattiano.
[[File:Tomba Francesco Rocco.jpg|miniatura|Monumento funebre a Francesco Rocco, presso la Chiesa della Pietà dei Turchini in Napoli]]
I Rocco di Lettere potevano fregiarsi dei titoli di "Patrizio di Lettere" e, dal 1701, anche di "Nobili di Castellammare", a seguito dell'accoglimento dell'istanza avanzata da alcuni pronipoti di Claudio. Tali prerogative furono confermate nel 1780 dalla [[Real Camera di Santa Chiara]].<ref name=":6" />

Gli esponenti più in vista furono:

*'''[[Francesco Rocco|Francesco]]''' ([[1629|*1629]] – †[[1706]]), [[giurista]] di enorme fama, [[avvocato]] e magistrato della [[Vicaria]], poi regio consigliere e infine presidente del tribunale di [[Foggia]]. È ricordato come uno dei maggiori esperti nel campo delle cause mercantili, avendo scritto "''Responsorum legalium cum decisionibus centuria prima ac secunda"'', pubblicato in due tomi, ognuno contenente oltre cento ''responsa'' in materia di [[diritto privato]], [[Diritto marittimo|marittimo]] e [[Diritto commerciale|commerciale]]. La prima edizione risale al [[1655]], ma il testo venne integralmente ripubblicato nel [[1702]]. È inumato nella Chiesa della Pietà dei Turchini, all'interno della cappella gentilizia di famiglia, decorata da opere di [[Andrea Vaccaro|Andrea]] e [[Nicola Vaccaro (pittore)|Nicola Vaccaro]];
*'''Giovanni Battista''' (Giambattista), figlio di Francesco, che insegnò Diritto feudale presso l'Università napoletana e poi, da esperto di diritto tributario, fu nominato Presidente della Regia Camera di Santa Chiara (Padiglione 28);
*'''Emmanuele''' (*1811-†1892), fu un noto letterato "che mantenne con decoro il lustro avito, che rende ancora più splendido con la cultura dell'ingegno" (Padiglione 26), studioso di cose napoletane, autore di trattati sulla letteratura classica greca e latina e di un piccolo dizionario di ''Anonimi e pseudonimi italiani'' nel 1888.<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it//enciclopedia/emanuele-rocco|titolo=Ròcco, Emanuele nell'Enciclopedia Treccani|sito=www.treccani.it|lingua=it-IT|accesso=2019-03-31|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150928143720/http://www.treccani.it/enciclopedia/emanuele-rocco/|dataarchivio=28 settembre 2015|urlmorto=sì}}</ref>

Nei suoi noti manoscritti, il genealogista Livio Serra di Gerace<ref>{{Cita|Serra di Gerace|pag. 583.|Serra di Gerace}}</ref> ipotizzò che alla discendenza dei Rocco di Lettere appartenessero pure i due fratelli, illustri architetti-ingegneri napoletani, '''Emmanuele''' (*1852-†1922) e '''Alberto''' (*1849): il primo noto per essere stato il progettista della [[Galleria Umberto I]] di Napoli (1887-1890) ispirata alle architetture in ferro e vetro delle grandi esposizioni universali di fine Ottocento: il secondo, più che per la propria attività di tecnico (era un alto funzionario ministeriale, Presidente di Sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici), divenne famoso per i suoi quattro figli, giuristi di primissimo piano, che [[Indro Montanelli]] definì "un allevamento di cavalli di razza"<ref>Corriere della Sera (18 gennaio 1998) - Pagina 33</ref> per il contributo apportato nel panorama della dottrina giurisprudenziale nazionale:

* '''[[Alfredo Rocco|Alfredo]]''' (*1875 – †1935), che fu anche eminente uomo politico e accademico, Presidente della Camera dei Deputati e Senatore del Regno, nonché Ministro di Grazia e Giustizia per sette anni (1925-1932) durante i quali promosse - tra l'altro - il [[Codice penale italiano|codice penale]] ancora vigente ed il [[codice di procedura penale]], rimasto in vigore dal 1930 al 1988;
* [[Arturo Rocco|'''Arturo''']] (*1875 – †1935), giurista e docente di diritto penale in varie università italiane;
*'''Ugo''', professore ordinario di [[Diritto processuale civile]] presso l'Università napoletana;
* [[Ferdinando Rocco|'''Ferdinando''']] (*1881-†1967), magistrato e alto dirigente statale, Presidente del Consiglio di Stato e, successivamente, della Cassa per il Mezzogiorno.

Indipendentemente dalle valutazioni di Serra di Gerace, Alfredo Rocco non rivendicò tuttavia l'appartenenza della sua famiglia alla casata del Seggio di Montagna o di Lettere. Nel 1933 ottenne a parte l'iscrizione al Libro d'Oro della nobiltà italiana con il titolo di [[Nobiltà|nobile]]<ref>Regio Decreto di autorizzazione 11 luglio 1933, citato in Libro della nobiltà italiana, p. 494, Roma 1939</ref>, evidentemente più per i suoi meriti intellettuali e politici che per ragioni di stirpe, e si dotò di un suo stemma inedito, del tutto diverso da quello della linea originaria napoletana.<ref>Cfr. fascicolo personale del Sen. Alfredo Rocco, in http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/All/F0567EFEFC4A81644125646F005F106C/$FILE/1916%20Rocco%20Alfredo%20fascicolo.pdf</ref>

===<span style="font-size: 120%;">Il ramo di [[Bovino (Italia)|Bovino]]</span>===
Il debutto della famiglia Rocco nel [[Tavoliere delle Puglie]] avvenne per la prima volta con Decio (†1610) che, come si è detto, nell'ultimo quarto del XVI secolo fu "Preside e Governatore di Capitanata e Contado di Molise", il cui capoluogo era [[Lucera]].
[[File:Stemma Rocco Bovino.jpg|200px|left|Stemma della famiglia Rocco di Bovino]]
La stanzialità in [[Capitanata]] di un ramo della famiglia si ebbe invece una generazione più tardi, come attesta [[Berardo Candida Gonzaga|Berardo Candido Gonzaga]], quando segnala che fu '''Giuseppe''' Rocco, all'inizio del Seicento, militare di professione ("Capitano a Guerra") a portarsi nella città di Lucera, dove "fu graduato delle sessanta some di terraggio e stabilì la sua famiglia".<ref>{{Cita|Candido Gonzaga|pag. 161-162.|Candido Gonzaga}}</ref>

Il cosiddetto "terraggio lucerino", ovvero la concessione a lungo termine di porzioni del territorio demaniale della città regia di Lucera, era una pratica risalente all'inizio del Trecento, inaugurata da [[Carlo II di Napoli|Carlo II d'Angiò]] per cercare di stimolare la rinascita di questa regione, al termine di un lungo periodo di dominazione saracena. Nel 1353, [[Giovanna I di Napoli|Giovanna I]] regolamentò in maniera più complessa la materia, stabilendo che le dimensioni dei fondi oggetto di concessione variassero in funzione della classe di appartenenza dei destinatari. I "nobilissimi cittadini" ovvero titolari di patriziato, avevano diritto appunto a "sessanta some" di terraggio, dove ciascuna soma era equivalente a tre [[Antiche unità di misura del circondario di Foggia|versure]]: quindi un latifondo di oltre 220 ettari per ciascuna famiglia patrizia.<ref>{{Cita|Storia del terraggio lucerino|pag. 23 e segg.|Storia del terraggio lucerino}}</ref>

La presenza dei Rocco tra i "sessantisti" di Lucera (come erano chiamati i nobili destinatari delle sessante some) è confermata, oltre che da [[Berardo Candida Gonzaga|Candida Gonzaga]], anche dai coevi D'Amelj e [[Carlo Padiglione|Padiglione]], nonché da studi più recenti.<ref>{{Cita|Lombardo - Battista|pag. 18|Lombardo - Battista}}.</ref>

Fu tuttavia una presenza fugace: già nei registri delle graduazioni della seconda metà del XVII secolo non vi è più traccia di esponenti della famiglia<ref>{{Cita|Lombardo - Battista|pag. 8 e segg.|Lombardo - Battista}}</ref>, che da Lucera si trasferì a Bovino, distante poche decine di chilometri dal capoluogo.

Infatti, a partire dal 1634 e fino a tutto il 1652, compaiono nei registri della [[Concattedrale di Santa Maria Assunta (Bovino)|Cattedrale]] e della Chiesa di San Pietro di Bovino le indicazioni dei battesimi dei dieci figli di Giuseppe Rocco e Caterina Nocella, che costituiscono le prime tracce del trasferimento dei Rocco - ormai del tutto decaduti da qualsiasi forma di nobiltà civica - nella cittadina bovinese.<ref>Registri dei battesimi celebrati nella Cattedrale di Bovino e nella Chiesa di San Pietro, Archivio diocesano</ref>

I Rocco di Bovino furono perlopiù proprietari terrieri e, a partire dai primi anni dell'Ottocento, professionisti ed esponenti del notabilato locale, con frequenti incarichi di governo nelle amministrazioni locali.

Assunsero spiccata notorietà, in particolare:

* [[Carlo Rocco|'''Carlo''']] (*1799-†1849), insigne matematico e trattatista;
* [[Italo Alessandro Rocco|'''Italo Alessandro''']] (*1898-†1998), avvocato e politico, attivo soprattutto nel periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale.

==[[Arma (araldica)|Arma]]==
<gallery>
Image: Stemma Rocco.jpg|Rocco del Seggio di Montagna (1550),<br /><small> ''"Insignia Neapolitanorum", Bayerische Staatsbibliothek, Monaco''</small><ref>{{Cita|Insignia Neapolitanorum|p. 66.|Insignia Neapolitanorum}}</ref>
Image: Stemma rocco mazzella.jpg|Rocco del Seggio di Montagna (1601),<br /><small> ''"Descrittione del Regno di Napoli", di Scipione Mazzella''</small><ref>{{Cita|Mazzella|p. 668.|Mazzella}}</ref>
Image: Stemma rocco tutini.jpg|Rocco dei Principi di Torrepadula (1644),<br /><small> ''"Dell'origine e fundatione dei seggi di Napoli", di Camillo Tutini''</small><ref name="BB" />
Image: Stemma_Rocco_di_Lettere.jpg|Rocco, Patrizi di Lettere (1650 circa),<br /><small> ''"Manoscritto X A 40", Biblioteca Nazionale "Vittorio Emanuele III", Napoli''</small>
Image: STemma rocco napoli x a 42.jpg|Rocco del Seggio di Montagna (1650 circa),<br /><small> ''"Manoscritto X A 45", Biblioteca Nazionale "Vittorio Emanuele III", Napoli''</small>
Image: Stemma_rocco_lettere.jpg|Rocco, Patrizi di Lettere (1706),<br /><small> ''Cappella di S.Anna, Chiesa della Pietà dei Turchini, Napoli''</small>
Image: Rocco casoria 2.jpg|Rocco dei Principi di Torrepadula (1750 circa), <br /><small> ''Portale di Palazzo Rocco, Casoria''</small>
Image: Stemma rocco candida gonzaga.png|Rocco del Seggio di Montagna (1875), <br /><small> ''"Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia", di Bernardo Candida Gonzaga''<ref name=":2" /></small>
Image: Stemma_Rocco_Torrepadula.jpg|Rocco dei Principi di Torrepadula (1880), <br /><small> ''"Della Casa Rocco", di Carlo Padiglione''<ref>{{Cita|Padiglione}}.</ref></small>
Image: Stemma rocco libro della nobiltà.jpg|Rocco dei Principi di Torrepadula (1937), <br /><small> ''Libro della nobiltà italiana 1937-39''<ref>{{Cita|Libro della nobiltà italiana}}.</ref></small>
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=== Rocco del Seggio di Montagna ===
[[Blasonatura]]: Di [[Azzurro (araldica)|azzurro]] con tre [[Banda (araldica)|bande]] d'[[Oro (araldica)|oro]] al [[Capo (araldica)|capo]] di [[Rosso (araldica)|rosso]], caricato di tre [[Rocco (araldica)|rocchi]] d'[[Argento (araldica)|argento]] posti in fascia.

Le prime raffigurazioni dello stemma della famiglia Rocco sono visibili presso le tombe cinquecentesche presenti nella Basilica napoletana di [[Basilica di San Lorenzo Maggiore|San Lorenzo Maggiore]].

Il [[Campo (araldica)|campo]] [[Azzurro (araldica)|azzurro]] con tre [[Banda (araldica)|bande]] d'oro si riferisce ai colori della monarchia [[Angioini|angioina]], in particolare allo stemma di [[Borgogna|Borgogna antica]] e quindi alla figura di [[Margherita di Borgogna]], seconda moglie di [[Carlo I d'Angiò]], sotto la cui protezione si posero i capostipiti della famiglia, Guido e Filippo Rocco.

Ancora oggi, lo [[stemma del Regno delle Due Sicilie]] riporta quei colori in alcune partizioni del proprio [[Stemma|blasone]], comuni anche ad altre famiglie napoletane che gravitarono nell'ambito della corte angioina, come i [[Armoriale delle famiglie italiane (Se)#Sers|Sersale]], i [[Armoriale delle famiglie italiane (Pa-Pall)#Pag|Pagano]], gli [[Armoriale delle famiglie italiane (Alc-Alg)#Ald|Aldimari]], i Gattula, i Muscettola.

Il capo di [[Rosso (araldica)|rosso]], caricato di tre [[Rocco (araldica)|rocchi]] d'[[Argento (araldica)|argento]] posti in [[fascia (araldica)|fascia]], fa dell'arma dei Rocco un tipico "stemma parlante"<ref>{{Cita|Bascapè - Del Piazzo|p. 199.|Bascapè - Del Piazzo}}</ref> ossia dove il nome della figura principale caratterizzante l'insegna coincide con quello della famiglia: il [[Rocco (araldica)|rocco di scacchiera]], "termine utilizzato in araldica per indicare la torre degli scacchi"<ref name="Manno">{{Cita|Manno}}.</ref>.

Il termine "''rocco''" deriva dal persiano “''rukh''”<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it//vocabolario/rocco|titolo=ròcco in Vocabolario - Treccani|sito=www.treccani.it|lingua=it-IT|accesso=2019-03-22|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190609041544/http://www.treccani.it/vocabolario/rocco/|dataarchivio=9 giugno 2019|urlmorto=sì}}</ref><ref>{{Cita|Pianigiani|voce "rocco"}}.</ref>, antico carro da guerra recante una sovrastruttura turrita utilizzata per lo scavalcamento delle mura delle città assediate; non a caso, la torre degli scacchi (in inglese ''rook'', in spagnolo ''roque'') era intesa non come “''rocca''”, ovvero parte di una fortezza, ma come macchina da guerra, uno strumento di attacco dinamico al pari di alfiere e cavallo.

Il segno grafico convenzionale del rocco era la figura delle “''due corna (o due rostri) sopra un piede"<ref name="Manno" />'' e mantenne tale forma nella simbologia scacchistica, come in quella araldica, fino a tutto il Settecento.

Successivamente, la modernizzazione delle forme grafiche portò il rocco ad assumere il disegno della [[Torre (scacchi)|torre]] vera e propria.

=== Rocco di Torrepadula ===
[[Blasonatura]]: Di [[Azzurro (araldica)|azzurro]] con tre [[Banda (araldica)|bande]] d'[[Oro (araldica)|oro]] ed il [[Capo (araldica)|capo]] di [[Rosso (araldica)|rosso]], caricato di tre [[Rocco (araldica)|rocchi]] d'[[Argento (araldica)|argento]] posti in fascia, cucito sostenuto da una [[fascia (araldica)|fascia]] pure d'[[Oro (araldica)|oro]].

Le differenze dell'arma rispetto a quella della linea originaria sono efficacemente descritte da Carlo Padiglione, nel suo "''Della Casa Rocco e del diritto che ha di fregiarsi del titolo di Principe di Torrepadula"<ref>{{Cita|Padiglione|p. 35-37.|Padiglione}}</ref>''
{{Citazione|Lo scudo è cimato d'elmo posto in profilo, sormontato da un pennacchio di tre penne dei colori dello scudo. Lungo il gambo delle tre penne sono infilzate quattro corone antiche d'oro: la penna di mezzo ne ha due, l'una sovrapposta all'altra con lieve distacco fra loro. Le altre due corone passano una nella penna a diritta, l'altra nella sinistra.
Le penne, che tremole son ma salde e benché mosse dal vento, non però ne son portate via dal soffio, indicano fermezza contro qualsiasi avverso suggerimento e quindi accennano all'attaccamento che ebbe ai re aragonesi Giacomo Rocco, che insieme con le quattro corone primo le usò a mostrare la sua fedeltà ai quattro re di Casa d'Aragona, dei quali era stato ambasciatore in Turchia e in Egitto, rappresentandoli presso quelle Corti con senno, prudenza e dignità cavalleresca.
L'intero stemma è raccolto sotto un manto sormontato dall'elmo con corona principesca. Il manto è di velluto di porpora soppannato di seta bianca e bordato d'oro. L'elmo è tutto d'oro, rabescato, posto di fronte e semiaperto, senza alcuna graticella, colla visiera alta a metà e colla gorgieretta.
La corona è un cerchio d'oro, tempestato di gemme di varii colori, brunito ai margini, sostenente cinque fioroni d'oro, di cui i due ultimi laterali in profilo, caricati ciascuno da una perla nel cuore: essa corona cinge la base di un tòcco di velluto color di porpora, sormontato da un fiocco d'oro a pennello }}
=== Rocco di Lettere ===
[[Blasonatura]]: Di [[Azzurro (araldica)|azzurro]] con tre [[Banda (araldica)|bande]] d'[[Oro (araldica)|oro]] al [[Capo (araldica)|capo]] di [[Rosso (araldica)|rosso]], caricato di tre [[Rocco (araldica)|rocchi]] d'[[Argento (araldica)|argento]] posti in fascia, sostenuto da una [[Fascia (araldica)|fascia]] pure d'[[Oro (araldica)|oro]]. Sormontato da [[Corona (araldica)|corona]] del [[Patrizio (titolo)|Patriziato]].

== Famiglie apparentate ==
[[File:Rocco carafa della spina.jpg|miniatura|right]] Ajossa — Andreassi — [[Caracciolo]] — [[Carafa]] — Carbone — Coppola — [[Coscia (famiglia)|Coscia]] — Evoli — Ferrillo — Frezza — [[Gambacorti (famiglia)|Gambacorta]] — Gattola — [[Grassi (famiglia)|Grassi]] — Migliore — Mormile — Palmieri — Perillo — de Petris — [[Pignatelli (famiglia)|Pignatelli]] — Pisanelli — Piscicelli — [[Del Pezzo (famiglia)|del Pezzo]] — Ricciardi — Rossi del Barbazzale — Sagarriga — Sambiase — [[Sanfelice]] — [[Di Sangro|Sangro]] — Sansone — Santangelo — Sersale — Siscar — di Tarsia.

==Note==
{{note strette}}
<references />

==Bibliografia==
Fonti principali:
*{{Cita libro
|titolo = Teatro genealógico de las familias nobles de Nápoles
|autore = Ramiro Núnez de Guzmán (?)
|url = http://bdh-rd.bne.es/viewer.vm?id=0000087587&page=1
|città = Manoscritto (Biblioteca Nacional de España - Madrid)|anno = XVII secolo
|cid = Teatro genealógico de las familias nobles de Nápoles}}
*{{Cita libro|titolo=Insignia Neapolitanorum|url=https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&l=it&bandnummer=bsb00001426&pimage=00147&v=100&nav=|città=Bayerische Staatsbibliothek|cid=Insignia Neapolitanorum|anno=1550-1555}}
*{{Cita libro|titolo=Delle famiglie nobili napoletane|autore=[[Scipione Ammirato]]|url=|città=Napoli|cid=Ammirato|anno=1580}}
*{{Cita libro|titolo=Apologia di tre seggi illustri di Napoli|autore=Marco Antonio Terminio|url=|città=Venezia|cid=Terminio|anno=1581}}
*{{Cita libro|titolo=Descrittione del Regno di Napoli|autore=Scipione Mazzella|url=|città=Napoli|cid=Mazzella|anno=1601}}
*{{Cita libro|titolo=Napoli sacra|autore=Cesare D'Engenio Caracciolo|url=|città=Napoli|cid=D'Engenio Caracciolo|anno=1623}}
*{{Cita libro|titolo=Discorsi delle famiglie estinte, forestiere o non comprese ne' Seggi di Napoli|autore=Ferrante Della Marra|url=|città=Napoli|cid=Della Marra|anno=1641}}
*{{Cita libro|titolo=Dell'origine e fundatione dei seggi di Napoli. Supplimento all'Apologia del Terminio|autore=[[Camillo Tutini]]|url=|città=Napoli|cid=Tutini|anno=1644}}
*{{Cita libro|titolo=Discorsi delle famiglie nobili del Regno di Napoli|autore=[[Carlo De Lellis]]|url=|città=Napoli|cid=De Lellis|anno=1654}}
*{{Cita libro|titolo=De origine tribunalium urbis neapolis|autore=Niccolò Toppi|url=|città=Napoli|cid=Toppi|anno=1666}}
*{{Cita libro|titolo=Raccolta di varie notizie historiche|autore=[[Biagio Aldimari]] (Tobia Almagiore)|url=|città=Napoli|cid=Aldimari 1675|anno=1675}}
*{{Cita libro|titolo=Memorie historiche di diverse famiglie nobili|autore=[[Biagio Aldimari]]|url=|città=Napoli|cid=Aldimari 1691|anno=1691}}
*{{Cita libro|titolo=Privilegj e capitoli con altre Grazie concedute alla fedelissima Città e Regno di Napoli |url=https://books.googleusercontent.com/books/content?req=AKW5QaeRsr_XMmoLSOXF4Oq7Cba8aFeHL7fbDS8sykv1JRwvL9QC1rievjZf9OY_eS4McbihJZBb5tsEXVZRKAsxjkBxzeLy3702oXwu6dU7xZSVzqD-ZZcRJBVey-3YxwmtsJj7lmr6qCmtzoivOwhzfjcTkOGA7UNQPjnTpVa3BwOVj9mSBEEV01jQjAvCwKuf74fixxRQ-DwDcwaLN53Y2TDlBNpgvo2nsh2eVikjrMpCJTjxEVSIVhDzx66tQ2W1_YmRovMT0vTsi1QPCNo2dFJlefat-w_i2U3X_1e5if0nR7kno5M|città=Milano|cid=Privilegj e capitoli 1719|anno=1719}}
*{{Cita libro|titolo=Tesoro lapidario napoletano|autore=Stanislao Aloe|url=|città=Napoli|cid=Aloe|anno=1835}}
*{{Cita libro|titolo=Diario contenente la storia delle cose avvenute nel Reame di Napoli negli anni 1647-1650|autore=Francesco Capecelatro|url=|città=Napoli|cid=Capecelatro|anno=1850}}
*{{Cita libro|titolo=Storia della città di Lucera|autore=Giambattista D'Amelj|url=|città=Lucera|cid=D'Amelj|anno=1861}}
*{{Cita libro|titolo=Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia|autore=[[Berardo Candida Gonzaga]]|url=|città=Napoli|cid=Candida Gonzaga|anno=1875}}
*{{Cita libro|titolo=Della Casa Rocco e del diritto che ha di usare il titolo di Principe di Torrepadula|autore=[[Carlo Padiglione]]|url=|città=Napoli|cid=Padiglione|anno=1880}}
*{{Cita libro|titolo=Memoria. Storia del Terraggio lucerino|url=http://www.internetculturale.it/jmms/iccuviewer/iccu.jsp?id=oai%3Awww.internetculturale.sbn.it%2FTeca%3A20%3ANT0000%3AFOG0492128&mode=all&teca=MagTeca+-+ICCU&fulltext=1|città=Lucera|cid=Storia del terraggio lucerino|anno=1882}}
*{{Cita libro|titolo=[[Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane]]|autore=[[Giovan Battista di Crollalanza]]|url=|città=Pisa|cid=Crollalanza|anno=1886}}
*{{Cita libro|titolo=Libro della nobiltà italiana|autore=|url=|città=Collegio Araldico, Roma|cid=Libro della nobiltà italiana|anno=1939}}
*{{Cita libro|titolo=Le famiglie patrizie di Lucera|autore1=Francesco Lombardo di San Chirico|autore2=Donatella Battista|città=Foggia|cid=Lombardo - Battista|anno=2011}}
*{{Cita libro|titolo=Titoli nobiliari del Regno di Napoli|autore1=Davide Shamà|città=Foggia|cid=Shamà|anno=2015}}
*{{Cita libro|titolo=I Rocco. Una famiglia di giuristi cattolici nella Napoli di metà '800|autore1=Giuseppe Pesce|autore2=Ludovico Silvestri|url=|città=Napoli|cid=Pesce - Silvestri|anno=2016}}
*{{Cita libro|titolo=''Manoscritti Serra di Gerace 1458 - 1944''|url=http://patrimonio.archiviodistatonapoli.it/asna-web/scheda/anagrafe/IT-ASNA-00033779/Serra-di-Gerace-1458-1944-.html|cid=Serra di Gerace|città=Archivio di Stato di Napoli|}}

Fonti secondarie:
*{{Cita libro
|titolo = [[Cronica di notar Giacomo|Cronica di Napoli]]
|autore = Notar Giacomo (Giacomo della Morte ?)
|url =
|città =
|anno = XVI secolo
|cid = Notar Giacomo}}
*{{Cita libro|titolo=Dell'historia napoletana|autore=[[Francesco De Pietri]]|url=|città=Napoli|cid=De Pietri|anno=1634}}
*{{Cita libro|titolo=Il forastiero|autore=[[Giulio Cesare Capaccio]]|url=|città=Napoli|cid=Capaccio|anno=1634}}
*{{Cita libro|titolo=Il genio bellicoso di Napoli|autore=Padre Raffaele Maria Filamondo|url=|città=Napoli|cid=Filamondo|anno=1694}}
*{{Cita libro|titolo=Il Regno di Napoli in prospettiva|autore=[[Giovan Battista Pacichelli]]|url=|città=Napoli|cid=Pacichelli|anno=1703}}
*{{Cita libro|titolo=L'Italia nobile nelle sue città e ne' cavalieri figli delle medesime|autore=Lodovico Araldi|url=|città=Venezia|cid=Araldi|anno=1722}}
*{{Cita libro|titolo=Istoria dell'antica Repubblica di Amalfi|autore=Francesco Pansa|url=|città=Napoli|cid=Pansa|anno=1724}}
*{{Cita libro|titolo=Istoria generale del reame di Napoli|autore=[[Placido Troyli]]|url=|città=Napoli|cid=Troyli|anno=1748}}
*{{Cita libro|titolo=Istoria dello studio di Napoli|autore=[[Giovanni Giuseppe Origlia Paolino]]|url=|città=Napoli|cid=Origlia|anno=1754}}
*{{Cita libro|titolo=Dell'Istoria|autore=Antonino Castaldo|url=|città=Napoli|cid=Castaldo|anno=1769}}
*{{Cita libro|titolo=Topografia universale della città di Napoli|autore=Niccolò Carletti|url=|città=Napoli|cid=Carletti|anno=1776}}
*{{Cita libro|titolo=Memorie storiche degli scrittori legali del Regno di Napoli|autore=[[Lorenzo Giustiniani]]|url=|città=Napoli|cid=Giustiniani 1789|anno=1789}}
*{{Cita libro|titolo=Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli|autore=[[Lorenzo Giustiniani]]|url=|città=Napoli|cid=Giustiniani 1797|anno=1797}}
*{{Cita libro|titolo=Diario di Francesco Capecelatro, contenente la storia delle cose avvenute nel Reame di Napoli negli anni 1647 - 1650|autore=Angelo Granito|url=|città=Napoli|cid=Granito|anno=1850}}
*{{Cita libro|titolo=Codice diplomatico del Regno di Carlo I e II d'Angiò|autore=Giuseppe Del Giudice|url=|città=Napoli|cid=Del Giudice|anno=1863}}
*{{Cita libro|titolo=Il "terraggio" lucerino|autore=Alfonso La Cava|url=|città=Napoli|cid=La Cava|anno=1939}}

Fonti araldiche:

*{{Cita libro|titolo=Vocabolario etimologico della lingua italiana|autore=[[Ottorino Pianigiani]]|url=http://www.etimo.it/?term=rocco&find=Cerca|città=Roma|cid=Pianigiani|anno=1907}}
*{{Cita libro|titolo=Vocabolario araldico ufficiale|autore1=Antonio Manno|url=|città=Roma|cid=Manno|anno=1907}}
*{{Cita libro|titolo=Insegne e simboli. Araldica pubblica e privata medievale e moderna|autore1=Giacomo C. Bascapè|autore2=Marcello Del Piazzo|url=|città=Roma|cid=Bascapè - Del Piazzo|anno=1983}}
*{{Cita libro|titolo=Il Sedile dei Nobili della Città di Lettere|autore1=Pasquale Marciano|autore2=Angelandrea Casale|url=|città=Amalfi|cid=Marciano - Casale|anno=2014}}
*{{Cita libro|titolo=Famiglie nobili del Regno di Napoli in uno stemmario seicentesco inedito|autore1=Angelandrea Casale|autore2=Felice Marciano|autore3=Vincenzo Amorosi|url=|città=Boscoreale|cid=Casale-Marciano-Amorosi|anno=2016}}
*{{Cita libro|titolo=Antiche testimonianze degli scacchi in Toscana|autore=Mario Leoncini|url=https://books.google.it/books?redir_esc=y&hl=it&id=K4PiDQAAQBAJ&q=rocco#v=snippet&q=rocco&f=false|città=Lucca|cid=Leoncini|anno=2016}}

==Voci correlate==
Principi di Torrepadula ([[Napoli]]-[[Casoria]]):
* [[Nicola Rocco|Nicola Rocco di Torrepadula]] 1811-1877

Ramo di [[Lettere (Italia)|Lettere]]:
* [[Francesco Rocco]] 1629-1706

Ramo di [[Bovino (Italia)|Bovino]]:
* [[Carlo Rocco]] 1799-1849
* [[Italo Alessandro Rocco]] 1898-1998

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Rocco
del Seggio di Montagna
Di azzurro con tre bande d'oro ed il capo di rosso, caricato di tre rocchi d'argento posti in fascia.
Stato Regno di Napoli
Regno delle Due Sicilie
Regno d'Italia
Titoli Barone di Casella
Barone di Montedimezzo
Patrizio Napoletano
Nobile
FondatoreGuido († 3 ottobre 1267)
Data di fondazioneXIII secolo
Rami cadetti

Rocco
di Torrepadula
Di azzurro con tre bande d'oro ed il capo di rosso, caricato di tre rocchi d'argento posti in fascia, cucito sostenuto da una fascia pure d'oro.
Cimato d'elmo posto in profilo, sormontato da un pennacchio di tre penne dei colori dello scudo, infilzate da quattro corone antiche d'oro, due nella penna di mezzo, una in ciascuna penna di lato. Raccolto sotto un manto di velluto di porpora, soppannato di seta bianca e bordato d'oro, a sua volta sormontato da elmo d'oro, posto di fronte e semiaperto.
Corona principesca.
Stato Regno delle Due Sicilie
Regno d'Italia
Bandiera dell'Italia Italia
Titoli Principe di Torrepadula
Barone di Montedimezzo
FondatoreCarlo (*1 settembre 1588 - † 22 gennaio 1651)
Data di fondazione1641

Rocco
di Lettere
Di azzurro con tre bande d'oro ed il capo di rosso, caricato di tre rocchi d'argento posti in fascia, cucito sostenuto da una fascia pure d'oro.
Corona del Patriziato.
Stato Regno di Napoli
Regno delle Due Sicilie
Titoli Patrizio di Lettere
Nobile di Castellammare

La famiglia Rocco è una casata originaria di Napoli, ascritta al Seggio di Montagna sin dal XIII secolo.

I suoi esponenti, insigniti dei titoli di nobile e patrizio napoletano, occuparono nei Regni di Napoli e delle Due Sicilie "fin dal tempo dei re angioini, importanti cariche in Corte ed uffici pubblici, nelle Milizie, nelle assemblee e nelle magistrature, distinguendosi specialmente nel campo giuridico, nel quale ebbero giureconsulti insigni"[1].

Dalla seconda metà del Cinquecento, un ramo collaterale si stabilì a Lettere, dove acquisì il titolo di famiglia Patrizia di quella città, e altri a Bovino, Rossano, Gallipoli, Cava dei Tirreni, dove persero invece le qualifiche nobiliari.

Alla linea principale napoletana, trasferitasi nel frattempo in Casoria, fu conferito nel 1641 il titolo di Principe di Torrepadula.

L'epoca angioina (1266 - 1442). Il Seggio dei Rocchi ed il Seggio di Montagna

La storia della famiglia Rocco è stata oggetto di studio - già dalla fine del XVI secolo - da parte dei più importanti genealogisti del Mezzogiorno d'Italia.

I primi membri della famiglia Rocco ad essere citati nelle cronache d'epoca furono due esponenti della classe mercantile di Amalfi che dopo il 1266 entrarono a far parte dei finanziatori di Carlo I d'Angiò, ottenendo in cambio posizioni di privilegio nell'ambito della corte angioina:

  • Guido († 3 ottobre 1267), dapprima Consigliere del Re[2], divenne presto Maestro Ciambellano[3][4][5] e fu successivamente inviato presso vari Paesi esteri come Ambasciatore del Sovrano.[2] Per effetto delle benemerenze maturate, Carlo I d'Angiò concesse a Guido Rocco ed ai suoi discendenti il diritto di essere seppelliti presso una cappella della Basilica di San Lorenzo Maggiore, appena ingrandita e rinnovata, dove "molte onorate sepolture di marmo fanno fede dell'antichità e nobiltà insieme della famiglia Rocco, tra le quali una ve n'era (...) nella quale si leggeva quest'epitaffio"[3]:

«Hic jacet Magnificus et estrenuus vir Dominus Guidus Roccus de Neapoli, Magister Ciambellanus, Serenissimi et incliti Regis Caroli I, qui obiit anno domini 1267, tertio nonas octobris. Iacobus Roccus eius nepos F.F.»

  • Filippo, venne ricordato tra quelli che ancora nel 1272 anticipavano denari per sovvenzionare le imprese militari di Carlo d'Angiò[4][6] e "tutti i suoi bisogni, aiutato da altri mercadanti gentil'uomini" della riviera amalfitana[7].

A Guido e Filippo fu da subito conferito il rango della nobiltà cittadina e il privilegio di sovraintendere alla gestione del Seggio di Somma Piazza (o Capo Piazza)"[8], uno dei ventinove sedili in cui - all'epoca di Carlo I - era ripartita la città di Napoli, i cui rappresentanti si riunivano periodicamente presso il convento di San Lorenzo Maggiore per assumere determinazioni nell'interesse della comunità .

Per la primazia esercitata dalla famiglia Rocco, il Seggio di Somma Piazza era conosciuto anche come "Seggio dei Rocchi".[9] La sede del sedile era situata nella regione più alta del centro antico della città, a ridosso del decumano superiore, nei pressi dello slargo dove in seguito fu costruita la chiesa di San Giuseppe dei Ruffi. La zona era denominata anche "Pozzo Bianco", poiché nei pressi insisteva un antico formale che la tradizione associava al mito virgiliano[10].

Quando Carlo II d'Angiò portò a termine la riforma dei sedili, riducendone il numero a sei (cinque seggi riservati alla nobiltà cittadina ed un sesto per i rappresentanti del popolo), il Seggio di Somma Piazza fu ricompreso nel Sedile di Montagna.

Anche sotto Carlo II "furono i Rocchi sempre impiegati ne servigi dei loro Re naturali"[11]:

  • Marino, Dottore in Legge, anch'egli scelto dal Re quale suo Consigliere ed Ambasciatore[3][4];
  • Giovanni, soldato, nominato dal Re Maestro Maresciallo e ricompreso tra gli "inquisitori dei feudatari" (funzionario periferico che aveva il compito di controllare l'operato dei titolari dei feudi)[4] nel 1285. "Per i suoi servigi ricevé dal Re in dono il Castello di Rocca di Baucio (o Baucia)".[6][11]

Nel periodo di re Roberto d'Angiò emersero, tra gli altri:

  • Marco, "dotto giureconsulto"[5] che inaugurò la tradizione familiare di esimi uomini di legge e che arrivò a ricoprire, nel 1332, la carica di Giudice della Gran Corte della Vicaria, la prima magistratura di appello di tutte le corti del Regno di Napoli per le cause criminali e civili. Conobbe diffusa popolarità poiché si fece promotore e autore di una legge che perseguiva "coloro che - sotto colore di matrimonio - rapivano le donzelle vergini"[4][5][6][11];
  • Nardo († 1335), fu nominato "Giustiziere" in Terra di Lavoro (antica denominazione della provincia di Caserta) che, ci informa Tutini, "tanto era, quanto Viceré di quella provincia"[4][5][6][11]. Anche di Nardo Rocco si conservava memoria di una tomba all'interno di San Lorenzo Maggiore, recante la seguente iscrizione:[12]

«Hic jacet Nardus de Rocco, qui fui Justitiarius Terrae Laboris, et obiit Anno Domini 1335»

  • Luca, militare di professione e "Cavaliere preclarissimo, fu etiandio di molta stima di Re Roberto"[3] e per questo inviato come "Capitano a guerra" presso la città di Santa Severina in Calabria[13], ovvero quale Prefetto della Città e Governatore politico e militare[4][5].

Nell'interregno della Regina Giovanna I trovarono spazio nelle citazioni dei cronisti e dei genealogisti Simone, cavaliere citato in un indulto reale del 1380[4][5][6][11] e Francesco, anch'egli ricompreso tra i giudici della Gran Corte della Vicaria.

Sotto Re Ladislao I assunsero rilievo:

  • Andrea che, quando il sovrano determinò la riorganizzazione della Regia Camera della Sommaria, fu nominato "Maestro Razionale" ed entrò a far parte della Magna Curia Magistrorum Rationarum ovvero del massimo organo di revisione dei conti del Regno[4][5][6][11]. Il rango rivestito dava diritto anche ad Andrea Rocco di essere sepolto nella cappella familiare di San Lorenzo Maggiore, sotto una lapide - anch'essa persa a seguito delle ristrutturazioni di fine '400 - molto consumata dal tempo, tanto di non consentire di rilevarne la data di morte:[14]

«Hic jacet corpus egregij viri domini Andreae de Rocco de Neapolis militis, qui obijt Anno Domini 13..»

  • Marino, "Ambasciatore in corti straniere"[5], al quale per i servigi resi fu conferito il cavalierato dell'Ordine della Leonza (o Leonessa)[6][11][15].

Al tempo della Regina Giovanna II, Bartolomeo seguì le orme del suo avo Andrea e divenne a sua volta Maestro Razionale della Camera della Sommaria. Nel 1417 fu incaricato di sovraintendere alla revisione dei confini delle varie universitates del Regno ed in particolare di risolvere una vertenza di confini tra l'Agro aversano e quello di Capua[4][13][16].

L'epoca aragonese (1442 - 1516): da Simonello a Giacomo Rocco

Tomba di Giacomo Rocco presso la Basilica di San Lorenzo Maggiore in Napoli
Particolare dello stemma della famiglia Rocco

Anche sotto la dominazione aragonese la famiglia Rocco continuò a fornire esponenti di primo piano nelle gerarchie civili, giudiziarie e diplomatiche del Regno di Napoli.

Di quel periodo, si ricordano, in particolare:

  • Simonello (o Simonetto), "Cavaliero e Consigliero di Re Alfonso I"[13], rivestì varie cariche della gerarchia nell'ordinamento civile e giudiziario aragonese, fino a diventare Presidente della Regia Camera della Sommaria e, sotto Ferdinando I, Consigliere di Stato. Sposò Francesca Ferrillo dei Conti di Muro, dalla quale ebbe ben dodici figli[2][3][4][5][6][11];
  • Mattia, primogenito di Simonello, anch'egli membro di rilievo della corte aragonese, al quale Ferdinando I donò il feudo di Casella in Principato Citra (secondo alcuni corrispondente alla Rocca di Caselle in Pittari, in provincia di Salerno, già appartenuta al ribelle Guglielmo Sanseverino Conte di Capaccio e a questi requisita dal demanio dopo la repressione della "Congiura dei Baroni"), concedendo a sé e ai suoi successori il baronato di quel centro[5][6][11];
  • Giacomo († 1503), quintogenito di Simonello, a buon diritto considerato come l'esponente di maggior rilievo della famiglia, almeno per i primi quattro secoli di storia della casata. Collaboratore di primo piano di Re Federico, Ambasciatore della Casa aragonese in Egitto e Turchia, fu protagonista di delicate missioni diplomatiche tra il 1501 ed il 1503, tra il periodo di interregno della Casa Valois-Orléans e la riconquista del Regno di Napoli da parte di Ferdinando il Cattolico, a cui Giacomo prestò giuramento di fedeltà il 23 maggio 1503, pochi mesi prima di morire. Nella sua carriera diplomatica ebbe la singolare ventura di servire ben quattro re aragonesi (Alfonso I, Ferdinando I, Alfonso II, Ferdinando il Cattolico); in ricordo di ciò, qualche tempo dopo lo stemma di famiglia fu arricchito del cimiero da Patrizio napoletano, decorato da quattro grandi piume, ognuna caricata da una corona regale. La circostanza è eternata anche nei bassorilievi e nell'iscrizione che decorano il sarcofago marmoreo che ancora oggi si può ammirare presso uno degli ingressi laterali di San Lorenzo Maggiore:[3][6][11][13][16][17][18][19]

«Iacobus Roccus Patritius Neapolitanus postquam Aragoneis quatuor regibus et apud turcas, aegyptios, atque alios fideliter servivit, domum rediens hoc sibi condidit. MDIII. Quisquis es hoc te sepultus rogat, sua ne moveas, neve inquietes ossa, ut qui vivus numquam quievit, saltem quiescat mortuus (Giacomo (Iacopo) Rocco, Patrizio Napoletano, dopo aver servito fedelmente quattro re aragonesi, sia presso i Turchi che presso gli Egiziani ed altri, tornando a casa si fece seppellire qui. 1503 Chiunque tu sia, questa salma ti chiede di non spostare le sue inquiete ossa, affinché chi da vivo non riposò mai, riposi almeno da morto.

Detto di Fra Girolamo Rocco e dei suoi nipoti Fabio, Marcello, Annibale e Ferrante, cavalieri dell'Ordine dell'Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme alla fine del Quattrocento, ed in particolare gli ultimi due, che si distinsero in alcune delle battaglie contro i Turchi[16], nei primi decenni del secolo successivo conobbe altresì posizioni di rilievo Giovanni Tommaso, "Cavaliere della Corte di Ferdinando I"[20] che rivestì la carica di Regio Ciambrerio (o Cimbrerio o Assimbrerio) ovvero l'alto funzionario deputato alla convocazione dei "parlamenti regali e assemblee che si facevano in Regno"[6][11][16].

L'epoca degli Asburgo di Spagna (1516 - 1650)

Dopo la morte di Ferdinando III, i territori legati alla Corona d'Aragona passarono alla Casa d'Asburgo, che tramandò il Regno di Napoli attraverso la sua linea spagnola, iniziata da Carlo V (che come Re di Napoli assunse l'ordinale di Carlo IV).

Assunsero rilievo in quel periodo le figure di:

  • Pietro († 1518), cavaliere dell'Ordine della Leonza, che sposò Porfida Molosacchia (o Musacchia, o Musachi), principessa di sangue reale della stirpe dei Comneno Ducas, in quanto figlia di Giovanni Musachi despota dell'Epiro, ritiratosi a Napoli nel 1476 dopo la definitiva conquista del despotato da parte degli Ottomani[21]. Anche Pietro e Porfida furono seppelliti in San Lorenzo Maggiore e la loro storia succintamente raccontata nell'epigrafe posta sul sacello funebre[6][11][22][23][24]:

«Petrus Roccus ex nobilitate Neapolitanae et Domna Porfida Molosachia regio sanguine nata filia Serenissimi D. Ioannis Epyrotarum Despoti, ac utriusque Molosachiae Domini, saepe cum Amurate et Mahomete Imperatoribus Turcarum confligentis, tandem ab illorum potentia superati, Neapoli anno 1476 applicantis, locum ossibus concordissimi coniuges Socero et patri dedere, anno a mortalibus orco[25] ereptis 1518 (Pietro Rocco della nobiltà napoletana e Donna Porfida Molosacchia, nata da sangue reale, figlia del Serenissimo Don Giovanni, Despota d'Epiro, in frequente conflitto con gli Imperatori turchi Murad II e Maometto II e superato dalla potenza di entrambi, approdato a Napoli nel 1476, (dedicato) dal suocero e padre per dare posto alle ossa dei concordissimi coniugi, anno 1518

Epigrafe dedicata a Giovanni Antonio Rocco presso la Basilica di San Lorenzo Maggiore in Napoli
Epigrafe dedicata a Decio Rocco presso la Basilica di San Lorenzo Maggiore a Napoli
  • Francesco, che fu "savio amministratore della cosa pubblica"[26] e "Cavalier assai lodato né maneggi de' publici affari della Città e testimonio ne fu la sua morte pianta e compassionata da tutti i buoni"[11]. Quale rappresentante del Seggio di Montagna, fu chiam
  1. ^ Libro d'oro della nobiltà italiana, p. 490.
  2. ^ a b c Pansa, p. 161.
  3. ^ a b c d e f Mazzella, p. 669.
  4. ^ a b c d e f g h i j k Candida Gonzaga, p. 161 e segg.
  5. ^ a b c d e f g h i j Padiglione, p. 3.
  6. ^ a b c d e f g h i j k l Aldimari 1691, p. 437-439.
  7. ^ Pansa, p. 160.
  8. ^ De Pietri, p. 82.
  9. ^ Tutini, p. 45-46.
  10. ^ “Vicus Gurgos” – in questa strada era famoso un antico formale d’acqua, la cui apertura si diceva “Pozzo Bianco” nel “vico di S. Giuseppe dei Ruffi”. Questo pozzo è memorabile nella storia del Villani, perché racconta che, nella sua bocca di bianco marmo, Virgilio avesse scolpito certi segni astronomici per impedire in esso la formazione degl’insetti acquatici. Questa diceria era fomentata tra il volgo dalle figure di varie costellazioni, che vi si vedevano incise. Dal “pozzo bianco” diramandosi il formale nella direzione della strada che conduce oggi al “Duomo”, gli fece acquistare il nome di “Gurges”, di poi abbattuto per l’ampliamento del Duomo. (Matilde Serao, Napoli antica, 1995)
  11. ^ a b c d e f g h i j k l m Tutini, p. 16-20.
  12. ^ D'Engenio Caracciolo, p. 124.
  13. ^ a b c d Terminio, p. 36.
  14. ^ D'Engenio Caracciolo, p. 123.
  15. ^ Pansa, Pansa.
  16. ^ a b c d Padiglione, p. 4.
  17. ^ Notar Giacomo, p. 199.
  18. ^ Pansa, p. 161.
  19. ^ D'Engenio Caracciolo, p. 199.
  20. ^ De Pietri, p. 176.
  21. ^ Gran Cancelleria, Ordine Costantiniano di Epiro: Giovanni Musachi, Despota d'Epiro, su Ordine Costantiniano di Epiro, domenica 28 febbraio 2010. URL consultato il 24 marzo 2019.
  22. ^ D'Engenio Caracciolo, p. 111.
  23. ^ Pansa, p. 259.
  24. ^ Padiglione, p. 6.
  25. ^ "anno a mortalibus orco" era una delle espressioni utilizzate nell'epigrafia rinascimentale per indicare l'espressione "dopo Cristo"
  26. ^ Padiglione, p. 5.