Benito Juárez: differenze tra le versioni

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Juárez riuscì a far desistere [[Londra]] e [[Madrid]] dal continuare l'impresa, tramite gli accordi di Orizaba firmati in aprile, ma i francesi, appoggiati dai reazionari e dai clericali, ostili alle riforme del presidente, rimasero intransigenti. Nel frattempo Juárez riuscì ad ottenere un prestito dagli Stati Uniti, ad ottenere pieni poteri dal Congresso e a debellare gli oppositori interni; sentendosi abbastanza forte da resistere, si preparò a fronteggiare l'invasione francese. L'esercito messicano riuscì ad ottenere una prima vittoria su quello francese a Puebla il 5 maggio [[1862]], ma quando l'imperatore francese [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]] inviò cospicui rinforzi e le truppe francesi ripresero l'offensiva, Juárez fu costretto, il 31 maggio [[1863]], ad abbandonare la capitale e a rifugiarsi a [[San Luis Potosí (città)|San Luis Potosí]], portando con sé il tesoro dello Stato. [[Città del Messico]] cadde in mano francese il 7 giugno: per volontà di Napoleone III, il 10 luglio un'assemblea di notabili messicani proclamò il [[Secondo Impero messicano]], offrendo la corona imperiale al granduca austriaco [[Massimiliano I del Messico|Massimiliano d'Asburgo]], che arrivò in Messico, proveniente dall'Europa, il 28 maggio [[1864]], mentre l'esercito francese guadagnava terreno, conquistando le principali città e porti messicani.
Juárez riuscì a far desistere [[Londra]] e [[Madrid]] dal continuare l'impresa, tramite gli accordi di Orizaba firmati in aprile, ma i francesi, appoggiati dai reazionari e dai clericali, ostili alle riforme del presidente, rimasero intransigenti. Nel frattempo Juárez riuscì ad ottenere un prestito dagli Stati Uniti, ad ottenere pieni poteri dal Congresso e a debellare gli oppositori interni; sentendosi abbastanza forte da resistere, si preparò a fronteggiare l'invasione francese. L'esercito messicano riuscì ad ottenere una prima vittoria su quello francese a Puebla il 5 maggio [[1862]], ma quando l'imperatore francese [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]] inviò cospicui rinforzi e le truppe francesi ripresero l'offensiva, Juárez fu costretto, il 31 maggio [[1863]], ad abbandonare la capitale e a rifugiarsi a [[San Luis Potosí (città)|San Luis Potosí]], portando con sé il tesoro dello Stato. [[Città del Messico]] cadde in mano francese il 7 giugno: per volontà di Napoleone III, il 10 luglio un'assemblea di notabili messicani proclamò il [[Secondo Impero messicano]], offrendo la corona imperiale al granduca austriaco [[Massimiliano I del Messico|Massimiliano d'Asburgo]], che arrivò in Messico, proveniente dall'Europa, il 28 maggio [[1864]], mentre l'esercito francese guadagnava terreno, conquistando le principali città e porti messicani.


Di fronte all'incalzare delle truppe d'invasione, Juárez dovette rifugiarsi, nell'agosto del [[1864]], a El Paso del Norte (l'odierna [[Ciudad Juárez]]), alla frontiera con gli Stati Uniti, con i quali rimase sempre in contatto. Non risulta però che avesse contatti, nemmeno informali o mediati da altri, con il presidente [[Abraham Lincoln|Lincoln]]. Dopo la morte di Lincoln il 15 aprile 1865, e la fine della guerra civile americana, la collaborazione con gli Stati Uniti si intensificò. Il governo di [[Washington]] si schierò apertamente con il Messico, compiendo manovre militari lungo il confine del [[Rio Grande (fiume Stati Uniti d'America)|Rio Bravo]] e chiedendo alla Francia, il 12 febbraio [[1866]], il ritiro delle truppe, seguendo così i principi della cosiddetta [[dottrina Monroe]]. La minaccia di intervento da parte degli americani intimorì Napoleone III, che annunciò il ritiro del contingente francese a partire dal 31 maggio. Seguirono diversi successi campali dell'esercito messicano, guidato dal generale [[Porfirio Díaz]], che riconquistò ad uno ad uno tutti i territori occupati dai francesi: privo dell'appoggio francese, Massimiliano nel febbraio [[1867]] abbandonò la capitale e si rifugiò a [[Santiago de Querétaro]], che venne assediata dai messicani.
Di fronte all'incalzare delle truppe d'invasione, Juárez dovette rifugiarsi, nell'agosto del [[1864]], a El Paso del Norte (l'odierna [[Ciudad Juárez]]), alla frontiera con gli Stati Uniti, con i quali rimase sempre in contatto. Non risulta però che avesse contatti, nemmeno informali o mediati da altri, con il presidente [[Abraham Lincoln|Lincoln]]. Dopo la morte di Lincoln il 15 aprile 1865, e la fine della guerra civile americana, la collaborazione con gli Stati Uniti si intensificò. Il governo di [[Washington]] si schierò apertamente con il Messico, compiendo manovre militari lungo il confine del [[Rio Grande (fiume Stati Uniti d'America)|Rio Bravo]] e chiedendo alla Francia, il 12 febbraio [[1866]], il ritiro delle truppe, seguendo così i principi della cosiddetta [[dottrina Monroe]]. La minaccia di intervento da parte degli statunitensi intimorì Napoleone III, che annunciò il ritiro del contingente francese a partire dal 31 maggio. Seguirono diversi successi campali dell'esercito messicano, guidato dal generale [[Porfirio Díaz]], che riconquistò ad uno ad uno tutti i territori occupati dai francesi: privo dell'appoggio francese, Massimiliano nel febbraio [[1867]] abbandonò la capitale e si rifugiò a [[Santiago de Querétaro]], che venne assediata dai messicani.


L'imperatore messicano tentò di fuggire oltre le linee nemiche, ma fu fatto prigioniero e condannato a morte da una corte marziale messicana. Malgrado gli appelli di molti sovrani e personalità politiche europee (come [[Victor Hugo]] e [[Giuseppe Garibaldi]]) a risparmiare la vita al deposto monarca, Juárez si dimostrò inflessibile e decise per la condanna a morte per fucilazione, al fine di dare un esempio agli Stati europei per evitare altre interferenze negli affari del Messico. Così Massimiliano fu fucilato il 19 giugno [[1867]] insieme ai generali Miramón e [[Tomás Mejía]]: Città del Messico capitolò il giorno successivo. Appena ripreso possesso della sua capitale, il presidente messicano convocò il Congresso federale, che ripristinò la Costituzione del 1857 e lo riconfermò alla presidenza il 25 dicembre [[1867]].
L'imperatore messicano tentò di fuggire oltre le linee nemiche, ma fu fatto prigioniero e condannato a morte da una corte marziale messicana. Malgrado gli appelli di molti sovrani e personalità politiche europee (come [[Victor Hugo]] e [[Giuseppe Garibaldi]]) a risparmiare la vita al deposto monarca, Juárez si dimostrò inflessibile e decise per la condanna a morte per fucilazione, al fine di dare un esempio agli Stati europei per evitare altre interferenze negli affari del Messico. Così Massimiliano fu fucilato il 19 giugno [[1867]] insieme ai generali Miramón e [[Tomás Mejía]]: Città del Messico capitolò il giorno successivo. Appena ripreso possesso della sua capitale, il presidente messicano convocò il Congresso federale, che ripristinò la Costituzione del 1857 e lo riconfermò alla presidenza il 25 dicembre [[1867]].

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Benito Pablo Juárez García

26º Presidente del Messico
Durata mandatomarzo 1861 –
10 luglio 1863
PredecessoreMiguel Miramón
SuccessoreJuan Nepomuceno Almonte

Durata mandato19 giugno 1867 –
18 luglio 1872
PredecessoreMassimiliano I del Messico (come Imperatore del Messico)
SuccessoreSebastián Lerdo de Tejada

Dati generali
Partito politicoPartito Liberale
FirmaFirma di Benito Pablo Juárez García

Benito Pablo Juárez García (San Pablo Guelatao, 21 marzo 1806Città del Messico, 18 luglio 1872) è stato un politico e avvocato messicano. È stato Presidente del Messico, primo indigeno nella storia dell'intero continente a ottenere tale carica, dal marzo del 1861 al 10 luglio 1863 e dal 19 giugno 1867 al 18 luglio 1872 e, in patria, è considerato un eroe nazionale.

Durante il suo mandato dovette fronteggiare l'occupazione francese del Messico, contro la quale combatté vittoriosamente. Fu poi protagonista di una serie di riforme tese a modernizzare e sviluppare la nazione dell’America Centrale.

Biografia

Le prime esperienze politiche

Juárez nacque a San Pablo Guelatao, nello Stato di Oaxaca, il 21 marzo del 1806, da una famiglia contadina di etnia zapoteca. Alto appena 137 cm[1], dopo essersi laureato in giurisprudenza esercitò l'avvocatura fin dal 1834, per poi divenire giudice della corte civile nel 1843 e successivamente, nel 1845, segretario generale del governatore dello Stato di Oaxaca.

L'anno dopo, Juárez fece parte di una specie di triumvirato che si creò nel suo Stato in seguito ai moti rivoluzionari che rovesciarono il governo del dittatore messicano Antonio López de Santa Anna e venne subito dopo eletto deputato al Congresso come deputato di Oaxaca. Nel 1847 venne nominato governatore dello Stato natio, mantenendo tale carica fino al 1853, quando, con il ritorno di Santa Anna al potere, Juárez dovette andare in esilio nel Stati Uniti.

Fu qui che il liberale messicano sperimentò il nuovo modello politico statunitense, intuendo che l'unico modo di rendere il Messico una nazione moderna, fosse quello di abbattere la dittatura di Santa Anna e instaurare un governo liberale. Ritornò in Messico l'anno dopo, quando, il 1º marzo, insieme agli altri oppositori liberali del dittatore messicano, come Ignacio Comonfort, Juan N. Álvarez e Melchor Ocampo, si coalizzarono per abbattere il regime dittatoriale messicano, sfruttando il malcontento della popolazione e soprattutto della borghesia messicana contro Santa Anna, reduce da pochi anni dalla sconfitta contro gli Stati Uniti, che lo aveva reso molto impopolare. Il patto, detto Piano di Ayutla dal nome dell'omonima cittadina dello Stato di Guerrero, fissò i principi ideologici del nuovo movimento liberale che, organizzatosi militarmente, riuscì a sconfiggere e a deporre Santa Anna il 14 agosto 1855, dopo un anno di guerra civile.

I liberali, entrati a Città del Messico, iniziarono subito un vasto piano di riforme per modernizzare il Paese; anche Juárez vi partecipò attivamente, specie quando il vecchio compagno di lotta Álvarez divenne Presidente del Messico e lo nominò ministro della Giustizia e dei Culti. Nella nuova carica ministeriale, il politico messicano, di idee anticlericali, avviò una lotta contro i privilegi del clero e dell'esercito, emanando, il 25 novembre 1855 una legge per la soppressione dei tribunali ecclesiastici e militari. Dopo le dimissioni di Álvarez, l'11 dicembre, e la salita alla presidenza di Comonfort, Juárez divenne vicepresidente e governatore dello Stato di Oxaca, ma, deposto Comonfort nel gennaio 1858 ad opera del generale reazionario Félix María Zuloaga, si ritirò con i membri del partito liberale a Veracruz, dove diede vita ad un governo provvisorio. Scoppiata la guerra civile, i liberali vennero dapprima sconfitti dall'esercito del generale Miguel Miramón, che nel frattempo era succeduto, il 23 dicembre 1858, allo stesso Zuloaga alla presidenza della Repubblica.

Miramòn mise d'assedio Veracruz, centro del governo provvisorio di Juárez, il quale riuscì ad accordarsi con il Governo degli Stati Uniti, che, in cambio del protettorato sugli Stati messicani di Sonora e Chihuahua, confinanti con la California, concesse al governo provvisorio armi, denaro e rifornimenti di vettovaglie. Grazie all'aiuto statunitense, dunque, i liberali ripresero l'iniziativa, prima costringendo le truppe di Miramón ad abbandonare l'assedio, sconfiggendolo due volte durante la ritirata, per poi riuscire a sbaragliare il presidente conservatore nella battaglia di San Miguel de Calpulalpam, il 22 dicembre 1860.

Allo stesso tempo, il presidente liberale apportò significative riforme alla Costituzione messicana, emanando provvedimenti contro i privilegi ecclesiastici e nobiliari e favorevoli ai ceti umili (legge del 12 luglio 1859 per la nazionalizzazione dei beni ecclesiastici; legge del 23 luglio 1859 per l'introduzione del matrimonio civile; legge del 4 dicembre 1860 per la libertà di culto). Infine Miramón, battuto, dovette abbandonare Città del Messico e rifugiarsi prima a Cuba e poi in Europa. Alla fine Juárez rientrò a Città del Messico l'11 gennaio 1861, e, dopo essersi vista riconosciuta la sua autorità da Francia e Inghilterra, l'11 giugno dello stesso anno venne eletto Presidente del Messico.

Presidente del Messico

Quando Juárez divenne presidente, il Messico era sull'orlo di una gravissima crisi finanziaria ed amministrativa ereditata dal precedente governo; per rimettere ordine alle finanze dello Stato, il presidente iniziò l'incameramento dei beni ecclesiastici, già nazionalizzati qualche anno prima, e l'innalzamento delle imposte. Tuttavia, poiché questi provvedimenti non riuscirono a ridurre il deficit statale, Juárez emanò, il 17 luglio 1861, un decreto presidenziale che sospendeva per due anni il debito estero messicano verso le potenze straniere. Questo atto provocò l'immediata reazione di Inghilterra, Francia e Spagna, le quali, per proteggere i propri interessi, decisero di intervenire negli affari interni del Messico. Nel gennaio del 1862 le flotte inglese, francese e spagnola giunsero nel porto di Veracruz, seguite in marzo da un corpo di spedizione francese comandato dal generale Charles de Lorencez.

Juárez riuscì a far desistere Londra e Madrid dal continuare l'impresa, tramite gli accordi di Orizaba firmati in aprile, ma i francesi, appoggiati dai reazionari e dai clericali, ostili alle riforme del presidente, rimasero intransigenti. Nel frattempo Juárez riuscì ad ottenere un prestito dagli Stati Uniti, ad ottenere pieni poteri dal Congresso e a debellare gli oppositori interni; sentendosi abbastanza forte da resistere, si preparò a fronteggiare l'invasione francese. L'esercito messicano riuscì ad ottenere una prima vittoria su quello francese a Puebla il 5 maggio 1862, ma quando l'imperatore francese Napoleone III inviò cospicui rinforzi e le truppe francesi ripresero l'offensiva, Juárez fu costretto, il 31 maggio 1863, ad abbandonare la capitale e a rifugiarsi a San Luis Potosí, portando con sé il tesoro dello Stato. Città del Messico cadde in mano francese il 7 giugno: per volontà di Napoleone III, il 10 luglio un'assemblea di notabili messicani proclamò il Secondo Impero messicano, offrendo la corona imperiale al granduca austriaco Massimiliano d'Asburgo, che arrivò in Messico, proveniente dall'Europa, il 28 maggio 1864, mentre l'esercito francese guadagnava terreno, conquistando le principali città e porti messicani.

Di fronte all'incalzare delle truppe d'invasione, Juárez dovette rifugiarsi, nell'agosto del 1864, a El Paso del Norte (l'odierna Ciudad Juárez), alla frontiera con gli Stati Uniti, con i quali rimase sempre in contatto. Non risulta però che avesse contatti, nemmeno informali o mediati da altri, con il presidente Lincoln. Dopo la morte di Lincoln il 15 aprile 1865, e la fine della guerra civile americana, la collaborazione con gli Stati Uniti si intensificò. Il governo di Washington si schierò apertamente con il Messico, compiendo manovre militari lungo il confine del Rio Bravo e chiedendo alla Francia, il 12 febbraio 1866, il ritiro delle truppe, seguendo così i principi della cosiddetta dottrina Monroe. La minaccia di intervento da parte degli statunitensi intimorì Napoleone III, che annunciò il ritiro del contingente francese a partire dal 31 maggio. Seguirono diversi successi campali dell'esercito messicano, guidato dal generale Porfirio Díaz, che riconquistò ad uno ad uno tutti i territori occupati dai francesi: privo dell'appoggio francese, Massimiliano nel febbraio 1867 abbandonò la capitale e si rifugiò a Santiago de Querétaro, che venne assediata dai messicani.

L'imperatore messicano tentò di fuggire oltre le linee nemiche, ma fu fatto prigioniero e condannato a morte da una corte marziale messicana. Malgrado gli appelli di molti sovrani e personalità politiche europee (come Victor Hugo e Giuseppe Garibaldi) a risparmiare la vita al deposto monarca, Juárez si dimostrò inflessibile e decise per la condanna a morte per fucilazione, al fine di dare un esempio agli Stati europei per evitare altre interferenze negli affari del Messico. Così Massimiliano fu fucilato il 19 giugno 1867 insieme ai generali Miramón e Tomás Mejía: Città del Messico capitolò il giorno successivo. Appena ripreso possesso della sua capitale, il presidente messicano convocò il Congresso federale, che ripristinò la Costituzione del 1857 e lo riconfermò alla presidenza il 25 dicembre 1867.

Dopo la liberazione del Paese, Juárez riprese il suo programma di riforme liberali: concesse una larga amnistia, decretò una legge sulla libertà di stampa, combatté i privilegi del clero e dell'esercito, ridusse le spese militari e favorì l'istruzione pubblica, come la fondazione, nel 1869, dell'università dell'Hidalgo. Nel febbraio del 1870 il presidente dovette far intervenire l'esercito per sedare delle rivolte in alcune province interne.

Il 20 settembre 1871 venne rieletto alla presidenza. La sua rielezione provocò una rivolta organizzata da generali dell'esercito avversi a Juárez, che per alcuni mesi non riuscì a riprendere il controllo della situazione, con il Paese in preda all'anarchia. Proprio quando la situazione stava per normalizzarsi, il presidente del Messico morì improvvisamente, il 18 luglio 1872, nel palazzo presidenziale di Città del Messico, a causa di un attacco cardiaco, a 66 anni.

Massoneria

Iniziato in massoneria, vi adottò il nome simbolico di Guglielmo Tell.[2][3] Insignito del 33º grado, fu membro effettivo del supremo consiglio del Messico del Rito scozzese antico ed accettato.[4]

Juárez è ricordato principalmente per essere stato un riformatore progressista, attivamente impegnato nella vita democratica e per l'uguaglianza dei diritti degli indigeni del Messico, e per la sua personale avversione nei confronti delle religioni organizzate, e in modo particolare della Chiesa cattolica[5], e ciò che egli considerava la difesa della sovranità nazionale.

Negli anni trascorsi all'Istituto delle Arti e delle Scienze di Oaxaca de Juárez, Juárez ebbe contatti con numerosi membri del corpo docente, appartenenti alla massoneria. E nella capitale dell'omonimo stato messicano fu iniziato al rito di York. Successivamente, fu introdotto nel rito scozzese antico ed accettato, percorso nel quale raggiunse il 33° e massimo grado. Le idee politiche manifestate dal primo erano di stampo liberal-conservatore, mentre il rito scozzese, anch'esso esistente in Messico, era di tipo più sovranista.
Il rito scozzese del Messico si costituì a seguito di una scissione interna al rito di York, unitamente ad altri massoni iniziati dal rito scozzese, che condividevano il progetto di ottenere l'indipendenza dai Paesi esteri e di costruire un'identità nazionale messicana.

Fervente membro della massoneria, il suo nome è ricordato con venerazione da numerosi riti, nell'ambito di logge e corpi filosofici per i quali è una sorta di simbolo sacro[6].
Alla sua cerimonia di iniziazione parteciparono eminenti massoni dell'epoca, quali: Manuel Crescencio García Rejón, firmatario della Costituzione dello Yucatán nel 1840 e padre del diritto costituzionale messicano; Valentín Gómez Farías, Presidente della nazione messicana; Pedro Zubieta, comandante General nel Distretto Federale dello Stato del Messico; vari deputati. A conclusione del rito, Benito Juárez scelse il nome iniziatico di Guglielmo Tell.

Riconoscimenti e omaggi

Benito Juárez è ricordato tuttora in Messico come uno dei più importanti personaggi politici della storia del paese. In suo onore sono stati edificati numerosi monumenti e in suo nome sono state intitolate numerose località ed infrastrutture messicane, tra esse:

Note

  1. ^ Statesmen and stature: how tall are our world leaders?, The Guardian, 18 ottobre 2011
  2. ^ (ES) Benito Juárez y el pensamiento masónico - Q.H. Cuauhtémoc D. Molina García, Pietre-Stones Review of Freemasonry
  3. ^ Eugen Lennhof, Oskar Posner et Dieter Binder, Internationales FreimaurerLexikon, éd. Herbig, 2006 ISBN 978-3-7766-2478-6
  4. ^ Giordano Gamberini, Mille volti di massoni, Roma, Ed. Erasmo, 1975, p. 253.
  5. ^ http://www.jornada.unam.mx/2006/05/21/sem-arteche.html
  6. ^ (ES) D. Molina García, Benito Juárez y el pensamiento masónico. Cuauhtémoc, su freemasons-freemasonry.com.
  7. ^ Emilio Gentile, MUSSOLINI, Benito (Benito Amilcare Andrea) in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 77 (2012)

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

Predecessore Presidente del Messico Successore
Massimiliano I del Messico

Imperatore

1867 - 1872 Sebastián Lerdo de Tejada
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