Anime: differenze tra le versioni

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=== Cenni storici ===
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I primi anime a sbarcare nel Bel Paese sono stati alcuni lungometraggi distribuiti nei cinema italiani tra il [[1969]] ed il [[1975]], tra i quali ''Saiyuki'' del [[1960]], distribuito con il titolo ''Le tredici fatiche di Ercolino'', ''Andersen monogatari'' del [[1968]], tradotto in ''Le meravigliose favole di Andersen'', e ''Nagagutsu o haita neko'' del 1969, da noi conosciuto con il titolo ''Il gatto con gli stivali''.
Domenica [[4 settembre]] [[1977]] l'allora seconda rete [[RAI]] (oggi [[Raidue]]) trasmise ''[[Vickie il vichingo]]'' (''Chiisana Viking Vikke''): era la prima volta che un cartone animato giapponese veniva trasmesso in [[Italia]], seguito nel [[1978]] da ''[[Heidi]]'' (''Alps no shōjo Heidi'') e ''[[Ufo Robot Goldrake|Atlas UFO Robot]]'' (''UFO Robot Grendizer'').
Tuttavia la vera svolta nella diffusione degli anime in Italia si è avuta nella seconda metà degli anni settanta, con l'inizio dell'importazione di serie televisive da parte, inizialmente, della televisione di Stato. Domenica [[4 settembre]] [[1977]] l'allora seconda rete [[RAI]] (oggi [[Raidue]]) trasmise ''[[Vickie il vichingo]]'' (''Chiisana Viking Vikke''): era la prima volta che un cartone animato giapponese veniva trasmesso in televisione in [[Italia]], seguito nel [[1978]] da ''[[Heidi]]'' (''Alps no shōjo Heidi'') e ''[[Ufo Robot Goldrake|Atlas UFO Robot]]'' (''UFO Robot Grendizer'')<ref>cfr. Marco Pellitteri. ''Mazinga Nostalgia. Storia, valori e linguaggi della Goldrake-generation''. King|Saggi, 2002, pp. 256 e ss.</ref>.


L'Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad importare ''anime'', e soprattutto tra la fine degli anni [[Anni 1970|settanta]] e l'inizio degli anni [[Anni 1980|ottanta]] furono centinaia le serie arrivate nel nostro paese (probabilmente come in nessun altro), sia grazie alla televisione di Stato, sia grazie alle emittenti private (in maggior misura le reti che poi sarebbero diventate [[Fininvest]], ma anche altre realtà prettamente locali).
L'Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad importare ''anime'', e soprattutto tra la fine degli anni [[Anni 1970|settanta]] e l'inizio degli anni [[Anni 1980|ottanta]] furono centinaia le serie arrivate nel nostro paese (probabilmente come in nessun altro), sia grazie alla televisione di Stato, sia grazie alle emittenti private (in maggior misura le reti che poi sarebbero diventate [[Fininvest]], ma anche altre realtà prettamente locali).
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A partire però dalla metà degli anni ottanta la RAI iniziò ad importare sempre meno serie, i costi per le reti locali diventarono sempre più proibitivi e restò, per oltre un decennio, praticamente solo il gruppo Fininvest a proporre novità: perlopiù erano serie dedicate a [[target]] di età più bassa (ma ciò non impediva manomissioni e censure) o serie prevalentemente shōjo. I pochi shōnen venivano dirottati sulle reti locali associate al gruppo ([[Italia 7]], [[Odeon TV]]).
A partire però dalla metà degli anni ottanta la RAI iniziò ad importare sempre meno serie, i costi per le reti locali diventarono sempre più proibitivi e restò, per oltre un decennio, praticamente solo il gruppo Fininvest a proporre novità: perlopiù erano serie dedicate a [[target]] di età più bassa (ma ciò non impediva manomissioni e censure) o serie prevalentemente shōjo. I pochi shōnen venivano dirottati sulle reti locali associate al gruppo ([[Italia 7]], [[Odeon TV]]).


Molte reti locali continuarono invece per anni a trasmettere repliche delle serie acquistate precedentemente. Le sempre più elevate spese per l'acquisizione dei diritti ed i costi di doppiaggio imponevano infatti tabelle di marcia rallentate per l'edizione italiana delle nuove opere. Ciò ha determinato un grosso ritardo per quanto riguarda la distribuzione degli anime in Italia (tanto nel mercato televisivo quanto su [[DVD]] o [[VHS]]), colmato soltanto in parte negli ultimi anni grazie alla recente crescita del genere nel mercato [[home video]].
Molte reti locali continuarono invece per anni a trasmettere repliche delle serie acquistate precedentemente. Le sempre più elevate spese per l'acquisizione dei diritti ed i costi di doppiaggio imponevano infatti tabelle di marcia rallentate per l'edizione italiana delle nuove opere. Ciò ha determinato un grosso ritardo per quanto riguarda la distribuzione degli anime in Italia (tanto nel mercato televisivo quanto su [[DVD]] o [[VHS]]), colmato soltanto in parte a partire dalla metà degli anni novanta grazie alla crescita del genere nel mercato [[home video]], da taluni definita il "Second Impact" dell'animazione giapponese in Italia<ref>Eleonora Benecchi. ''Anime, cartoni con l'anima''. Hybris, 2005, pp. 60 e ss.</ref>.


Negli ultimi anni [[Internet]] è diventato un nuovo canale distributivo per l'animazione giapponese, sia per iniziativa delle stesse case di produzione, che sempre più di frequente rilasciano le opere inizialmente come [[Original net animation|ONA]] per [[Web TV]], sia ad opera di privati che le diffondono però in modo illecito. Nell'ultimo caso si possono distinguere due tipologie: l'immissione in rete di copie di prodotti già rilasciati in Italia, ovvero di copie di prodotti inediti nel mercato italiano sottotitolati da gruppi amatoriali, cosiddetti [[fansub]]. In quest'ultimo caso i gruppi in genere si impegnano a sospendere la distribuzione quando i diritti per quel preciso titolo vengono acquistati in patria e a non trarre lucro dall'attività, che rimane comunque illecita per la violazione del [[diritto d'autore italiano|diritto d'autore]].
Negli ultimi anni [[Internet]] è diventato un nuovo canale distributivo per l'animazione giapponese, sia per iniziativa delle stesse case di produzione, che sempre più di frequente rilasciano le opere inizialmente come [[Original net animation|ONA]] per [[Web TV]], sia ad opera di privati che le diffondono però in modo illecito. Nell'ultimo caso si possono distinguere due tipologie: l'immissione in rete di copie di prodotti già rilasciati in Italia, ovvero di copie di prodotti inediti nel mercato italiano sottotitolati da gruppi amatoriali, cosiddetti [[fansub]]. In quest'ultimo caso i gruppi in genere si impegnano a sospendere la distribuzione quando i diritti per quel preciso titolo vengono acquistati in patria e a non trarre lucro dall'attività, che rimane comunque illecita per la violazione del [[diritto d'autore italiano|diritto d'autore]].

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Anime (アニメ, pronuncia animé), dall'abbreviazione di animēshon, adattamento giapponese della parola inglese animation, ovvero "animazione", è il termine con cui in Giappone si indicano le opere d'animazione in genere, mentre in Occidente viene utilizzato per indicare le opere di animazione di produzione specificamente giapponese.


Definizione

In Italia è un sinonimo di "cartone animato giapponese". Gli anime spaziano in generi molto diversi tra loro: amore, avventura, fantascienza, storie di bambini, romanzi, sport, fantasy, erotismo (vedi hentai) e molti altri.

Nonostante il luogo comune occidentale che riduce gli anime a prodotto esclusivamente destinato ad un pubblico infantile o, al contrario, a carattere pornografico (con conseguente censura), in realtà l'animazione giapponese è una forma d'arte espressamente commerciale, di cui esistono produzioni per ogni tipo di pubblico, dai bambini agli adolescenti, e agli adulti. Addirittura, la categorizzazione dei sottogeneri ha creato anime e manga pensati e disegnati per categorie specifiche come impiegati, casalinghe, studenti, ecc.

Gli anime possono essere prodotti in diversi format: per la televisione come serie, direttamente per il mercato home video come OAV, ovvero ancora per il cinema, come lungometraggi.

Cenni storici

La prima produzione anime risale all'inizio del XX secolo, quando i registi giapponesi iniziarono a sperimentare quelle stesse tecniche di animazione nate in Francia, Germania, Stati Uniti o Russia.

L'industria del cinema in Giappone, al contrario di quella americana ed europea, soffriva a causa di una cronica mancanza di fondi e anche le ambientazioni erano molto limitate. Per esempio, la scarsità di attori dai lineamenti caucasici (o in generale non orientali), rendeva quasi impossibile la produzione di film ambientati al di fuori dell'Asia. L'animazione, quindi, permise agli artisti di creare personaggi e luoghi più innovativi. I primi film tuttavia non erano sempre originali, e l'ispirazione alle produzioni Disney spesso arrivava alla ripetizione di scene e gag tratte dai film prodotti in America.

Negli anni '30 la politica nazionalista del governo giapponese impose uno stretto controllo anche sul cinema. La produzione di anime veniva comunque incoraggiata come strumento di propaganda ed in modo da mostrare la cultura giapponese: una grande fonte di finanziamenti era l'Esercito, e per questo i film ritraevano i giapponesi (spesso rappresentati come scimmie) vincitori sulle forze nemiche grazie alla loro astuzia e destrezza.

Il primo anime a colori, il lungometraggio Hakujaden, risale al 1958. Anche i film di questo periodo sono ispirati alle produzioni Disney, ma con un maggior numero di componenti originali. Nei film della Toei Animation, per esempio, ogni animatore portava nelle produzioni un suo stile personale: nacque così un vero e proprio movimento "progressista", del quale più tardi avrebbe fatto parte anche Hayao Miyazaki.

Negli anni settanta, la crescente popolarità dei manga di Osamu Tezuka permise la realizzazione di film basati sulle strisce a fumetti. Verso la fine del decennio il genere venne rivoluzionato da Yoshiyuki Tomino, proprio mentre venivano sviluppati gli elementi caratteristici dell'anime odierno. Nacquero così i più famosi generi di anime, come quello dei robot anime (Gundam, Macross).

Da questo momento l'anime, anche se ancora meno diffuso del manga in Giappone, vede un costante aumento nel numero di estimatori sia in Giappone sia (soprattutto verso la fine degli anni novanta) all'estero.

Autori principali

(in ordine alfabetico)

  • Go Nagai· La sua importanza negli anime può essere paragonata a quella di Jack Kirby nel fumetto. Nagai è stato il precursore di molti generi e il suo stile è stato largamente imitato dai produttori per anni. Si dice sia anche l'autore del primo anime hentai.
  • Osamu Tezuka· Considerato unanimemente "il primo mangaka" (fumettista, in giapponese), autore di fumetti di altissimo prestigio internazionale, è stato anche importante autore di anime. Tra le sue opere Black Jack, Astro Boy, La storia dei tre Adolf e Kimba, il leone bianco, prima serie anime realizzata a colori. Per essere stato il primo disegnatore di manga in senso moderno, viene spesso chiamato "il dio dei manga".
  • Yoshiyuki Tomino· L'autore, tra l'altro, della prima serie di Gundam (Mobile Suit Gundam), che introdusse il concetto del cosiddetto real robot nel genere robotico. Questa serie diede origine ad una fortunatissima saga che continua ancora oggi, e la sua influenza nel panorama anime è paragonabile a quella delle produzioni nagaiane.


Generi

Gli anime vengono catalogati in numerosi sottogeneri, a seconda delle tematiche e del pubblico cui sono destinati:

  • Shōjo - per ragazze dai dieci anni fino alla maggiore età;
    • Mahō shōjo - in cui le protagoniste sono ragazze con poteri magici;
    • Shōnen'ai - per adolescenti a sfondo omosessuale;
    • Shōjo-ai - in cui le ragazze hanno relazioni tra di loro;
  • Shōnen - per ragazzi dai dieci anni fino alla maggiore età;
  • Seinen - con tematiche complesse per giovani dai 18 ai 30 anni di età;
  • Mecha - i cui protagonisti sono piloti di robot (generalmente da combattimento);
  • Hentai - con rappresentazioni sessuali, o pornografiche esplicite

Industria e mercato

Al 2004 il 60% circa dell'animazione mondiale era di produzione giapponese.

L'industria dell'anime conta circa 430 case di produzione in Giappone, di cui più della metà (264) ha sede nei quartieri centrali di Tokyo, con un indotto rilevantissimo (si pensi ad esempio al doppiaggio degli anime, per il quale esistono attori professionisti specializzati noti come seiyū, ovvero alla musica creata appositamente per essi). Il costo di produzione di un episodio di 30 minuti per la TV si aggira mediamente attorno ai dieci milioni di yen (circa 80.000 euro) ma può scendere fino a cinque.[1]

La Japan External Trade Organization nel 2004 JETRO White Paper on International and Trade and Foreign Direct Investment indica l'industria dei contenuti, e l'animazione quale rilevante fenomeno produttivo del settore, come una «importante risorsa culturale e turistica»[2] cruciale per la promozione dell'immagine del Giappone nel mondo (soft power) in vista della auspicata creazione, sotto la sua guida, di un'area di libero scambio in Estremo Oriente.

Gli Anime in Italia

Cenni storici

I primi anime a sbarcare nel Bel Paese sono stati alcuni lungometraggi distribuiti nei cinema italiani tra il 1969 ed il 1975, tra i quali Saiyuki del 1960, distribuito con il titolo Le tredici fatiche di Ercolino, Andersen monogatari del 1968, tradotto in Le meravigliose favole di Andersen, e Nagagutsu o haita neko del 1969, da noi conosciuto con il titolo Il gatto con gli stivali. Tuttavia la vera svolta nella diffusione degli anime in Italia si è avuta nella seconda metà degli anni settanta, con l'inizio dell'importazione di serie televisive da parte, inizialmente, della televisione di Stato. Domenica 4 settembre 1977 l'allora seconda rete RAI (oggi Raidue) trasmise Vickie il vichingo (Chiisana Viking Vikke): era la prima volta che un cartone animato giapponese veniva trasmesso in televisione in Italia, seguito nel 1978 da Heidi (Alps no shōjo Heidi) e Atlas UFO Robot (UFO Robot Grendizer)[3].

L'Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad importare anime, e soprattutto tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta furono centinaia le serie arrivate nel nostro paese (probabilmente come in nessun altro), sia grazie alla televisione di Stato, sia grazie alle emittenti private (in maggior misura le reti che poi sarebbero diventate Fininvest, ma anche altre realtà prettamente locali).

A partire però dalla metà degli anni ottanta la RAI iniziò ad importare sempre meno serie, i costi per le reti locali diventarono sempre più proibitivi e restò, per oltre un decennio, praticamente solo il gruppo Fininvest a proporre novità: perlopiù erano serie dedicate a target di età più bassa (ma ciò non impediva manomissioni e censure) o serie prevalentemente shōjo. I pochi shōnen venivano dirottati sulle reti locali associate al gruppo (Italia 7, Odeon TV).

Molte reti locali continuarono invece per anni a trasmettere repliche delle serie acquistate precedentemente. Le sempre più elevate spese per l'acquisizione dei diritti ed i costi di doppiaggio imponevano infatti tabelle di marcia rallentate per l'edizione italiana delle nuove opere. Ciò ha determinato un grosso ritardo per quanto riguarda la distribuzione degli anime in Italia (tanto nel mercato televisivo quanto su DVD o VHS), colmato soltanto in parte a partire dalla metà degli anni novanta grazie alla crescita del genere nel mercato home video, da taluni definita il "Second Impact" dell'animazione giapponese in Italia[4].

Negli ultimi anni Internet è diventato un nuovo canale distributivo per l'animazione giapponese, sia per iniziativa delle stesse case di produzione, che sempre più di frequente rilasciano le opere inizialmente come ONA per Web TV, sia ad opera di privati che le diffondono però in modo illecito. Nell'ultimo caso si possono distinguere due tipologie: l'immissione in rete di copie di prodotti già rilasciati in Italia, ovvero di copie di prodotti inediti nel mercato italiano sottotitolati da gruppi amatoriali, cosiddetti fansub. In quest'ultimo caso i gruppi in genere si impegnano a sospendere la distribuzione quando i diritti per quel preciso titolo vengono acquistati in patria e a non trarre lucro dall'attività, che rimane comunque illecita per la violazione del diritto d'autore.

La vexata quaestio della censura

Per quanto riguarda la trasmissione degli anime in televisione, essi hanno subito sistematicamente, almeno da metà anni ottanta in poi, la censura che soprattutto sulle reti Rai e Mediaset (in misura molto più lieve sulle emittenti locali) ha molto spesso deturpato il prodotto, snaturato di frequente anche da cattivi adattamenti dovuti sia a scarsa comprensione o a traduzioni superficiali dei copioni originali (che talvolta giungevano addirittura incompleti), sia a modifiche arbitrarie[5]. A causa di un equivoco culturale di fondo, che in Italia vuole l'animazione rivolta sempre e solo ai bambini, molti anime destinati originariamente ad adulti o adolescenti sono stati infatti adattati forzatamente ad una fascia di età infantile[6]. Il cambiamento di target ha così comportato una revisione dei dialoghi, per edulcorarli e renderli più comprensibili a un pubblico molto giovane, ed il taglio di sequenze, o più raramente di intere puntate, ritenute non adatte a un pubblico infantile. Anche il Moige ha spesso impropriamente scatenato battaglia contro alcuni anime per i loro contenuti ritenuti inadatti ai bambini, anziché contro chi si ostinava a trasmetterli in fasce orarie ad essi destinate, senza considerare che si trattava invece di prodotti concepiti per ragazzi o adulti. Per questo esiste un'associazione, l'ADAM Italia, che si occupa proprio di contrastare il fenomeno della censura, a tutela dell'integrità artistica delle opere di animazione nipponiche. In Giappone, infatti, l'animazione è considerata, al pari della cinematografia, una forma d'espressione artistica che può veicolare messaggi d'ogni genere e tipo, destinati a fasce d'età differenziate: esistono, dunque, anime per bambini, anime per adolescenti ed anime per adulti[7]. Se questa è stata (ed in parte è ancora) la situazione relativa alla trasmissione degli anime sulle TV generaliste, va d'altra parte evidenziato che con l'inizio del terzo millennio si è fatto strada un nuovo approccio culturale alla diffusione televisiva dell'animazione giapponese grazie ad emittenti, quale MTV (Italia) (talvolta anche La 7), più attente al target originario delle opere trasmesse e, quindi, non avvezze alla pratica della censura[8].

Impatto culturale

L'animazione giapponese ha avuto un significativo impatto sulla cultura dei giovani italiani nati dalla fine degli anni sessanta in avanti, la cui infanzia è stata caratterizzata dalle serie di animazione giapponesi. In particolare, per la prima generazione di spettatori di anime, quella degli anni settanta, i personaggi delle serie giapponesi dell'epoca sono diventati un topos letterario, nonché un elemento di identificazione generazionale, permeando la cultura popolare anche a livello di massa (si pensi ad esempio ai numerosi riferimenti all'animazione giapponese contenuti nei brani di Caparezza, o a gruppi come i Meganoidi). Su Internet ciò ha dato luogo a punti di ritrovo virtuale molto partecipati, come il newsgroup it.arti.cartoni, mentre si moltiplicano testi e saggi che trattano di anime e manga come fenomeno culturale e sociologico, spesso scritti proprio da ricercatori e studiosi di quella generazione.

A tanto ha contribuito anche un fenomeno prettamente italiano, quello delle sigle televisive degli anime: ritenendo gli originali cantati in giapponese inadatti ai bambini italiani, sin dalla fine degli anni settanta essi vennero molto spesso sostituiti da brani appositamente realizzati in lingua italiana, spesso scritti da musicisti come Vince Tempera o I cavalieri del re. Successivamente, le sigle dei cartoni animati divennero un fenomeno discografico di rilievo, particolarmente tramite l'attività di Cristina D'Avena a cui Fininvest/Mediaset ha affidato quasi tutte le sigle degli anime trasmessi a cavallo tra gli anni ottanta e novanta, spesso anche sostituendo le vecchie sigle italiane con delle nuove.

A partire dalla seconda metà degli anni novanta, si è sviluppato un rilevante fenomeno di revival di questo genere di brani, prima online, tramite il Progetto Prometeo, e poi anche in televisione e in radio; si sono inoltre affermati gruppi musicali specializzati nel riproporre o parodiare questi brani, come gli Amici di Roland e i Gem Boy.

Note

  1. ^ JETRO, Japan Animation Industry Trends in "Japan Economic Monthly", giugno 2005, PDF disponibile su [1]
  2. ^ 2004 JETRO White Paper on International Trade and Foreign Direct Investment, PDF disponibile su [2] (p. 35)
  3. ^ cfr. Marco Pellitteri. Mazinga Nostalgia. Storia, valori e linguaggi della Goldrake-generation. King|Saggi, 2002, pp. 256 e ss.
  4. ^ Eleonora Benecchi. Anime, cartoni con l'anima. Hybris, 2005, pp. 60 e ss.
  5. ^ cfr. Marco Pellitteri. Mazinga Nostalgia. Storia, valori e linguaggi della Goldrake-generation. King|Saggi, 2002, pp. 270 e ss.
  6. ^ cfr. Eleonora Benecchi. Anime, cartoni con l'anima. Hybris, 2005, pp. 101 e ss; Marco Pellitteri, op. cit., p. 275.
  7. ^ cfr. Eleonora Benecchi, op. cit., p. 102
  8. ^ cfr. Eleonora Benecchi, op. cit., p. 203 e ss.; Luca Raffaelli. Le anime disegnate: il pensiero nei cartoon da Disney ai giapponesi e oltre. 2005, p. 266

Bibliografia

  • Andrea Baricordi et al. (prefazione di Go Nagai). Anime: guida al cinema di animazione giapponese. Granata press, 1991, 319 pp., Dewey 791.4330952, ISBN 88-7248-014-0.
  • Eleonora Benecchi. Anime, cartoni con l'anima. Hybris, 2005, pp. 239, ISBN 88-8372-261-2.
  • Arianna Mognato. Super Robot Anime - Eroi e robot da Mazinga Z a Evangelion. Yamato Video, 1999, pp. 128.
  • Marco Pellitteri. Mazinga Nostalgia. Storia, valori e linguaggi della Goldrake-generation. Castelvecchi, 1999 (II ed. King|Saggi, 2002, 521 pp.) Dewey 791.4330952, ISBN 88-886-7801-8.
  • Luca Raffaelli. Le anime disegnate: il pensiero nei cartoon da Disney ai giapponesi e oltre. 2005 (II ed., I ed. 1995), Minimum Fax, 273 pp., ISBN 88-7521-067-5.


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