Ferdinando van den Eynde, I marchese di Castelnuovo
Ferdinando van den Eynde, I marchese di Castelnuovo | |
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Marchese di Castelnuovo | |
In carica | 1660 – 1674 |
Predecessore | Titolo inesistente |
Successore | Giovanna van den Eynde |
Nascita | probabilmente Napoli, XVII secolo |
Morte | Napoli, 1674 |
Dinastia | Van den Eynde |
Padre | Jan van den Eynde |
Madre | Elisabetta Salvatori |
Consorte | Olimpia Piccolomini |
Religione | Cattolicesimo |
Ferdinando van den Eynde, I marchese di Castelnuovo (XVII secolo – Napoli, 1674), è stato un nobile, mercante, collezionista d'arte e mecenate italiano.
Van den Eynde era il padre di Elisabetta van den Eynde, principessa di Belvedere e baronessa di Gallicchio e Missanello[1][2] e di Giovanna van den Eynde, principessa di Galatro e Sonnino.[1][2] Van den Eynde non va confuso con il suo omonimo, e zio, Ferdinand van den Eynde.[2][3]
Famiglia
[modifica | modifica wikitesto]Van den Eynde nacque nel XVII secolo, probabilmente a Napoli. Era figlio di Jan van den Eynde, un mercante fiammingo estremamente facoltoso che divenne uno degli uomini più ricchi di Napoli grazie al commercio e alla sua attività di banchiere.[1][2] Suo padre Jan divenne una delle figure più importanti della Napoli del XVII secolo, nonché il proprietario della più grande collezione d'arte nel napoletano.[4] Jan era fratello di Ferdinand van den Eynde, che fu sepolto nel 1630 nella chiesa di Santa Maria dell'Anima a Roma.[3][5][6]
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]I Van den Eynde erano imparentati con importanti artisti olandesi come Brueghel, Jode, e Lucas e Cornelis de Wael.[7][8] Lucas e Cornelis de Wael erano nipoti di suo zio Ferdinand.[6][9] Nel 1653, suo padre Jan acquisì il Palazzo Zevallos Stigliano,[10][11][12][13][14] oltre che un titolo nobiliare per suo figlio Ferdinando.[1][2]
Il marchese Ferdinando ristrutturò Palazzo Zevallos e, tra il 1671 e il 1674, fece costruire la monumentale Villa Carafa di Belvedere sul Vomero, che oggi è la villa più storica del Vomero, e rimane una delle più note ville di Napoli.[15][16]
Quando Gaspar Roomer, che fu amico e socio in affari sia suo che di suo padre,[2][17][18] morì nel 1674, egli lasciò in eredità a van den Eynde la sua collezione di dipinti, composta di 70[19] o 90[20] opere, che includeva pezzi di Peter Paul Rubens e Luca Giordano, ampliando così la collezione di van den Eynde.[19] Tuttavia, Ferdinando morì di tisi lo stesso anno,[20] e la sua enorme collezione passò perciò alle figlie, Elisabetta e Giovanna.[2] Giordano era stato un amico di van den Eynde, e redasse lui stesso l'inventario del lascito di van den Eynde[21] (a quel tempo Giordano contò dieci dipinti di mano sua nella collezione di van den Eynde[21]). Le figlie di van den Eynde, Giovanna ed Elisabetta, sposarono gli eredi di due delle più potenti famiglie italiane, i Colonna e i Carafa. Giovanna sposò Giuliano Colonna di Stigliano, I principe di Sonnino,[1][2] mentre Elisabetta sposò Carlo Carafa, III principe di Belvedere, VI marchese di Anzi e signore di Trivigno.[1][2]
Matrimonio e figli
[modifica | modifica wikitesto]Van den Eynde sposò Olimpia Piccolomini, nipote di Celio Piccolomini.[2][22] La coppia ebbe i seguenti figli:
- Giovanna van den Eynde-Colonna, principessa di Galatro e Sonnino.[1][2]
- Elisabetta van den Eynde-Carafa, baronessa di Gallicchio e Missanello e principessa di Belvedere.[1][2]
- Caterina van den Eynde
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d e f g h Maria Grazia Lanzano, 6. Dai Coppola ai Lentini, su dizionariogallic.altervista.org, Dizionario Dialettale di Gallicchio. URL consultato il 1º giugno 2020.
- ^ a b c d e f g h i j k l Renato Ruotolo, Mercanti-collezionisti fiamminghi a Napoli: Gaspare Roomer e i Vandeneynden., Massa Lubrense Napoli - Scarpati, 1982, pp. 5–55.
- ^ a b Estelle Cecile Lingo, François Duquesnoy and the Greek Ideal, New Haven, Connecticut, Yale University Press, 2007, p. 74-78; 198.
- ^ Cristina Trimarchi, Rubens, Van Dyck e Ribera: Tre grandi artisti in un'unica prestigiosa esposizione a Napoli, su classicult.it, Classicult. URL consultato il 23 agosto 2020.
- ^ Epitaph of Ferdinand van den Eynde, su wga.hu, Web Gallery of Art. URL consultato il 1º giugno 2020.
- ^ a b Ferdinand van den Eynde, su rkd.nl, RKD. URL consultato il 22 agosto 2020.
- ^ Rubens, Van Dyck, Ribera: 36 capolari in mostra a Palazzo Zevallos, in Il Mattino, 5 dicembre 2018.«Stretti rapporti di parentela legavano la famiglia Vandeneynden a quelle di diversi artisti fiamminghi (i Brueghel, i de Wael, i de Jode)»
- ^ Mediterranean Masterpieces - This Collection Tells the Story of Naples Through Its Art, su amuse.vice.com, Vice Media. URL consultato il 22 agosto 2020.
- ^ A. De Waal, Geschichte des Geschlechtes De Waal, Görlitz, 1935, p. 146.
- ^ GALLERIE D’ARTE PALAZZO ZEVALLOS STIGLIANO, su cbnapoli.it, Napoli Convention Bureau. URL consultato il 10 agosto 2020 (archiviato dall'url originale il 23 ottobre 2021).
- ^ Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Newton & Compton, 2001, ISBN 88-541-0122-2.
- ^ Intesa San Paolo AA.VV., Gallerie di Palazzo Zevallos Stigliano, Intesa Sanpaolo, 2008.
- ^ Arte'm AA.VV., Gallerie di Palazzo Zevallos Stigliano, Intesa Sanpaolo, 2014, ISBN 978-88-569-0432-1.
- ^ Donatella Mazzoleni, I palazzi di Napoli, Arsenale Editrice, 2007, ISBN 88-7743-269-1.
- ^ Sergio Attanasio, La Villa Carafa di Belvedere al Vomero, Napoli SEN, 1985, pp. 1–110.
- ^ Antonio La Gala, Vomero. Storia e storie, Guida, 2004, pp. 5–150.
- ^ G.J. van der Sman G.Porzio, ‘La quadreria Vandeneynden' 'La collezione di un principe', A. Denunzio, 2018, pp. 51–76.
- ^ Alison Stoesser, Tra Rubens e van Dyck: i legami delle famiglie de Wael, Vandeneynden e Roomer, 2018, pp. 41–49.
- ^ a b A. Berision, Napoli nobilissima, Charlottesville, Virginia, University of Virginia, 1970, pp. 161–164.
- ^ a b Roger Ward Bissell, Artemisia Gentileschi and the Authority of Art, University Park, Pennsylvania, Pennsylvania State University Press, 1970, pp. 196–197.
- ^ a b Bernardo De Dominici, Fiorella Sricchia Santoro e Andrea Zezza, Vite de' pittori- Dominici, Paparo Edizioni, p. 772.
- ^ Biagio Aldimari, Historia genealogica della famiglia Carafa pt 2, Stamperia di Giacomo Raillard, 1691, p. 314.