Temi

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Temi
Nome orig.Θέμις
Caratteristiche immaginarie
Epiteto"Irremovibile"
SpecieTitanide
Sessofemmina
ProfessioneTitanide dell'ordine, della giustizia e del diritto

Temi (in greco antico: Θέμις?, Thèmis) è un personaggio della mitologia greca, figlia di Urano (il cielo) e di Gea (la terra)[1].

Genealogia[modifica | modifica wikitesto]

Sposa di Zeus ebbe da lui le Ore (Eunomia, Dike ed Eirene), le Moire (Cloto, Lachesi e Atropo)[1][2] e le ninfe Temeidi[3].

Eschilo indica Temi come madre di Prometeo nella sua tragedia intitolata Prometeo incatenato[4].

Genealogia (Esiodo)[modifica | modifica wikitesto]

Urano
Gaia
Ponto
Oceano
Teti
Iperione
Teia
Crio
Euribia
Potamoi
Oceanine
Elio
Selene
Eos
Astreo
Pallante
Perse
Crono
Rea
Ceo
Febe
Estia
Era
Ade
Zeus
Latona
Asteria
Lelanto
Demetra
Poseidone
Giapeto
Asia o Climene
Temi
(Zeus)
Mnemosine
Atlante
Menezio
Prometeo
Epimeteo
Ore
Muse


Mitologia[modifica | modifica wikitesto]

Il significato del nome Temi è "irremovibile" e forse per questo motivo questa figura mitologica fu considerata non tanto una dea, quanto la personificazione dell'ordine, della giustizia e del diritto, tanto che si usava invocarla nel momento in cui qualcuno doveva prestare un giuramento.

In alcuni casi, Temi è stata anche identificata con la madre Gea.

Fu la seconda moglie di Zeus. Essa inizialmente è la dea del diritto naturale, e passò poi a designare la legge e l'ordine. In Omero svolge il compito di convocare, per comando di Zeus, le assemblee degli dei e di presiedere i loro banchetti. Successivamente il mito la voleva seduta al fianco di Zeus con Dike e Nemesi. Dal matrimonio col padre degli olimpi, secondo la Teogonia (vv.901 sgg.), nacquero le Ore, che Omero presenta nell'Iliade come le custodi delle porte del cielo. Esse sono state immaginate come le divinità che regolavano le stagioni poiché, secondo le credenze dei Greci, dalle porte del cielo uscivano tutti i fenomeni meteorologici. Originariamente il numero delle Ore non era fisso, perché da principio non erano personificate. In primavera le ore passavano gran parte del proprio tempo cantando e danzando con le Muse, le Càriti e con Afrodite, della quale sono le ancelle. Esiodo dice che esse "si prendono cura delle opere dei mortali", perciò nel tempo assunsero una certa importanza anche nella vita umana, in particolare erano considerate protettrici della gioventù. Dato che le stagioni ritornano regolarmente e periodicamente, si sviluppò il concetto che le Ore fossero figlie di Zeus, la suprema divinità dell'ordine universale. Ad Atene le Ore erano inizialmente solamente due: Tallo, la fioritura primaverile, e Carpo, la fruttificazione autunnale; solo più tardi venne aggiunta Auxo, il rigoglio estivo. Anche nella Teogonia sono presenti in numero di tre: Eunomia (la buona usanza), Dike (la giustizia) e Eirene (la pace). Esse erano tre perché in Grecia le stagioni erano tre: primavera, autunno e inverno. Quando in tempi successivi l'anno venne diviso in quattro stagioni, si disse che anche queste fossero quattro.[5]

Secondo altri miti era la padrona dell'oracolo di Delfi prima che Apollo nascesse ed Ovidio narra infatti che l'oscuro responso che diede a Deucalione e Pirra indicasse loro di lanciare dietro di sé le ossa della loro madre. Essi compresero allora che l'oracolo si riferiva alla Terra (Gea) e che dovevano gettare alle loro spalle delle pietre, cosicché quando queste avessero toccato terra si sarebbero trasformate in persone[6].

Dante Alighieri nomina la dea nel Purgatorio nel canto XXXIII, dove è citata per la sua nebulosa profezia.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b HESIOD, THEOGONY - Theoi Classical Texts Library, su theoi.com. URL consultato il 4 aprile 2022.
  2. ^ APOLLODORUS, THE LIBRARY BOOK 1 - Theoi Classical Texts Library, su theoi.com. URL consultato il 4 aprile 2022.
  3. ^ APOLLODORUS, THE LIBRARY BOOK 2 - Theoi Classical Texts Library, su theoi.com. URL consultato il 4 aprile 2022.
  4. ^ Eschilo, Prometeo incatenato (Eschilo) VIII e 211 e 873.
  5. ^ Fausto Codino, Miti greci e romani, Bari, Laterza, 1971 pp.81
  6. ^ OVID, METAMORPHOSES 1 - Theoi Classical Texts Library, su theoi.com. URL consultato il 4 aprile 2022.

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