Radice (linguistica)

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La radice, nella linguistica, è quell'elemento irriducibile (non ulteriormente suddivisibile) che esprime il significato principale della parola.

Per limitare ambiguità, nella grammatica descrittiva si definisce radice un morfema che sia contemporaneamente legato e lessicale.

Il termine radice viene usato anche per definire la rima e come sinonimo di tema a cui si possono aggiungere affissi (prefisso o suffisso/desinenza).

Grammatica tradizionale[modifica | modifica wikitesto]

Nella grammatica tradizionale, la radice è quell'elemento linguistico a cui vanno aggiunte poi le desinenze ed eventuali prefissi o suffissi che servono a specificarne il significato.

Data quindi una parola - o un lemma -, essa potrà essere suddivisa separando il tema dalla desinenza, e quindi individuando nel tema la radice: la radice sarà quell'elemento irriducibile (cioè che non può essere ulteriormente suddiviso) e parte fondamentale di una famiglia di parole.

Ad esempio: nel verbo "amare" si può individuare la desinenza flessiva "-re" = infinito presente separandola dal tema "ama"; a sua volta il tema si può analizzare come unione della radice "am-" e della vocale tematica "-a-" = 1ª coniugazione. La radice "am-" ci permette di identificare il verbo come appartenente alla stessa famiglia del sostantivo "amore", radice che esprime appunto il concetto di amare.

Per fare un esempio in lingua ido: una volta definita la radice "frat-" che rappresenta il concetto di essere figli degli stessi genitori, si può applicare il suffisso "-ul-" che significa "maschile" o il suffisso "-in-" che significa "femminile", e infine la desinenza "-o" che significa "sostantivo singolare", per ottenere le parole "fratulo" ossia "fratello" e "fratino" ossia "sorella". Applicando invece la desinenza "-a" ossia "aggettivo" direttamente alla radice, si ottiene "frata" che significa "fraterno".

La definizione tradizionale di "radice" ha difficoltà di applicazione nelle parole composte; in questo caso occorre prima scomporre la parola nelle varie componenti (per esempio "portaborse" diventa "porta" + "borse") e poi si individuano le varie radici, una in ogni componente ("port-" e "bors-").

Linguistica contemporanea[modifica | modifica wikitesto]

Nella linguistica contemporanea sono dunque considerate radici:

  • le radici in senso tradizionale;
  • i prefissoidi e i suffissoidi (elementi come "tele-" ossia "a distanza" o "-dendr-" ossia "pianta") e in generale tutti i termini fossilizzati (dunque anche l'elemento "-dur-" che si trova in "con-dur-re", "ad-dur-re", ecc.), ossia quegli elementi che non hanno più un significato autonomo nella lingua ma che derivano da termini ormai obsoleti o presenti solamente nelle lingue di origine.

Alcuni linguisti fanno fatica a considerare radici:

  • i lemmi fondamentali delle lingue agglutinanti e delle lingue isolanti, in quanto possono essere morfemi liberi oltre che legati (in lingua finlandese "kirja" è già una parola, "libro", ma forma anche parole come "kirjani" ossia "il mio libro", ecc.; in lingua inglese "dog" è già una parola, "cane", ma forma anche parole come "dogs" ossia "cani", ecc.); questi linguisti preferiscono usare per queste parole il termine tema, che però può risultare ambiguo con l'uso che se ne fa in altri ambiti;
  • alcuni termini fossilizzati, in particolare quando l'elemento è l'unico morfema lessicale di una parola; in un esempio precedente sarebbe dunque sbagliato (secondo questi linguisti) considerare "-dur-" come morfema (e quindi come radice) in quanto non può formare parole in modo autonomo cioè senza prefissi; di conseguenza gli elementi indivisibili e dunque le radici sarebbero rispettivamente "condur-", "addur-", ecc.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàThesaurus BNCF 41248 · NDL (ENJA00577096
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